La presente tesi si interroga sulla possibile relazione tra il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale e il sistema di raccolta fondi dal basso, definito «crowdfunding».
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WE, The City. Intelligenze civiche nella smart city
Sussidiarietà orizzontale e crowdfunding: un binomio possibile?
1. ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI
Corso di laurea in
SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA E SOCIALE
LA SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE E IL CROWDFUNDING:
UN BINOMIO POSSIBILE?
Tesi di laurea in
DIRITTO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Relatore: Prof. Daniele Donati
Correlatore: Prof.ssa Pina Lalli
Presentata da Angela Fauzzi
Seconda sessione
Anno Accademico 2012/2013
3. 3
Indice
Introduzione……………………………………………………………………. 5
1. Il principio di sussidiarietà……………………………………............... 8
1.1 Le origini storico filosofiche del principio di sussidiarietà................ 8
1.2 Sussidiarietà in Europa……………………………………………... 12
1.3 Evoluzione del principio nell’ordinamento giuridico italiano……... 14
1.4 Il principio come sancito dall’art. 118 comma 4 della Costituzione.. 16
1.5 Sussidiarietà come «amministrazione condivisa»……………......... 21
1.6 Sussidiarietà e Terzo settore: le imprese sociali……………............. 24
2. Il fenomeno del crowdfunding…………………………………………..28
2.1 Cos’è il crowdfunding………………………………………….……28
2.2 I modelli di crowdfunding…………………………………...…….. 30
2.2.1 Reward based………………………………………...…….. 30
2.2.2 Donation based…………………………………………….. 32
2.2.3 Social lending………………………………………………. 33
2.2.4 Equity based………………………………………………… 34
2.3 Le piattaforme di crowdfunding in Italia…………………………... 35
2.4 Il civic crowdfunding: fino a che punto è possibile parlare di
partecipazione……………………………………………………… 42
2.5 Le piattaforme di civic crowdfunding nel contesto internazionale… 44
2.6 Aspetti normativi: il regolamento Consob…………………………. 50
3. Sussidiarietà orizzontale e crowdfunding: l’analisi di casi……..…….. 57
3.1 Due casi studio: «Acquista con noi un pezzo di storia» e «Un passo
per San Luca»……………………………………………………… 57
3.2 La città di Torino coinvolta in una campagna di crowdfunding per
l’acquisizione di un bene culturale………………………………… 59
3.2.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nell’iniziativa………... 61
4. 4
3.2.2 L’attività di interesse generale: la valorizzazione di un bene
culturale…………………………………………….………. 62
3.2.3 La campagna di crowdfunding tra online e offline…………. 64
3.2.4 I risultati…………………………………………………….. 69
3.3 Il Comune di Bologna e i cittadini per il portico di San Luca……… 71
3.3.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto………...... 78
3.3.2 L’attività di interesse generale: la tutela e la valorizzazione
di un bene culturale…………………………………………. 79
3.3.3 Lo sviluppo della campagna di crowdfunding……………… 81
3.3.4 La percezione del crowdfunding per il bene comune: PA e
cittadini a confronto……………………………….….…… 86
Conclusioni…………………………………………………………………….. 92
Appendice……………………………………………………………………… 100
Bibliografia e sitografia………………………………………………………... 108
5. 5
Introduzione
La presente tesi si interroga sulla possibile relazione tra il principio costituzionale
della sussidiarietà orizzontale e il sistema di raccolta fondi dal basso, definito
«crowdfunding».
La ricerca di casi sussidiari da integrare a quelli raccolti e selezionati da Labsus, il
laboratorio per la sussidiarietà orizzontale, offerto dal corso di laurea in Scienze
della Comunicazione pubblica e sociale dell’Università di Bologna, ha favorito
l’interesse della scrivente verso l’attuazione di un principio costituzionale. In questa
occasione è nata in me la volontà di indagare e approfondire un principio sancito
all’interno della Carta fondamentale italiana, purtroppo sovente non considerato dai
cittadini, e troppo spesso ignorato, nonostante la sua grande potenzialità di
risoluzione di problemi di interesse generale.
La collaborazione tra soggetti pubblici e privati si pone come soluzione alla
necessità di cura di ciò che viene definito «bene comune». I cittadini, singoli e
associati, decidono di mettere a disposizione le proprie capacità e risorse per dare
risposte ai problemi della collettività, condividendo con i poteri pubblici la
responsabilità di governare.
In parallelo, la mia attenzione si è soffermata sul fenomeno del crowdfunding. Tale
sistema si differenzia dalla tradizionale raccolta fondi perché supportato dagli
strumenti del web 2.0, volti alla creazione di una vera e propria community che non
si limita a donare ma diventa co-creatrice del progetto da finanziare.
I casi esteri di ciò che viene definito «civic crowdfunding» pongono in evidenza
l’utilizzo di questo metodo per ottenere risorse economiche volte al finanziamento di
opere e progetti di interesse generale. Il capitale in gioco è di tipo «relazionale» e si
muove tra la sfera online e quella offline. È infatti fondamentale che le relazioni
createsi sul web possano concretizzarsi nella sfera pubblica offline mediante eventi
creati ad hoc.
6. 6
Potendo considerare la rete di soggetti attivi che si mobilitano verso la cooperazione,
il confronto, il dialogo e l’agire insieme come il punto in comune tra il principio di
sussidiarietà orizzontale e il crowdfunding, mi è sembrato opportuno indagare su
una possibile relazione e integrazione, valutando aspetti positivi e limiti.
Il tirocinio svolto con l’associazione bolognese GINGER, che gestisce una
piattaforma web di crowdfunding territoriale operante in Emilia-Romagna, mi ha
permesso di seguire passo per passo lo sviluppo di una campagna di crowdfunding
basata sulla partecipazione di soggetti pubblici e privati per la tutela e la
valorizzazione di un bene culturale della città di Bologna, il portico di San Luca.
Questo ha rappresentato un caso esemplare in cui scorge un possibile binomio tra
azioni sussidiarie e crowdfunding.
Il primo capitolo presenta il principio di sussidiarietà partendo dalle origini storico-
filosofiche, seguendo l’evoluzione del principio in Europa e nell’ordinamento
giuridico italiano, fino ad arrivare alla revisione costituzionale del titolo V e
l’introduzione del principio all’art.118. Ci si sofferma in seguito sul concetto di
sussidiarietà come «amministrazione condivisa» e sul rapporto con il Terzo Settore,
ponendo in evidenza come il principio non sia visto come un dovere di arretramento
dell’amministrazione dallo svolgimento di compiti di interesse generale, ma
piuttosto come possibile collaborazione con i cittadini, singoli o associati.
Il secondo capitolo è dedicato al fenomeno del crowdfunding e all’analisi dei quattro
differenti modelli riservando una particolare attenzione alle piattaforme italiane.
Viene posta in risalto la tendenza del local crowdfunding approfondita mediante
l’analisi di tre piattaforme.
Segue una lettura approfondita di ciò che viene definito «civic crowdfunding»
correlata all’analisi dei casi internazionali in riferimento al principio di
partecipazione. Il capitolo si conclude con un accenno al regolamento Consob,
mirato a regolamentare l’equity crowdfunding in Italia.
7. 7
Il terzo capitolo punta all’analisi di due casi studio accomunati dall’utilizzo di una
piattaforma di crowdfunding volta alla valorizzazione, in un caso, e alla tutela,
nell’altro, di un bene culturale.
I casi sono analizzati ponendo in primo piano da un lato l’attività di interesse
generale con riferimento alle disposizioni del «Codice dei beni culturali e del
paesaggio» e dall’altro le strategie comunicative legate alla campagna di
crowdfunding, dirette al coinvolgimento di soggetti pubblici e privati.
L’analisi dei casi mira alla valutazione di un possibile binomio tra i casi di
sussidiarietà orizzontale e l’utilizzo del sistema del crowdfunding.
8. 8
Capitolo 1
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
1.1 Le origini storico filosofiche del principio di sussidiarietà
L’aggettivo «sussidiario» deriva dal latino subsidium ed era usato in ambito
militare presso la civiltà romana per indicare le truppe di riserva che restavano nella
retroguardia, pronta a intervenire in aiuto alle coorti che combattevano in prima
linea.
Ad oggi è difficile definire la sussidiarietà che “è e resta una nebulosa di concetti, di
modelli, di valori, che viene chiamata in causa, quasi invocata ogni volta che si
progetta, regola, o anche solo auspica un ripensamento del ruolo della Pubblica
Amministrazione nelle sue relazioni con i cittadini”1
.
In ambito filosofico il principio di sussidiarietà emerge dapprima con Aristotele
secondo il quale l’individuo rappresenta “il fulcro del sistema politico e lo Stato, la
polis, deve agire in funzione del suo bene”2
. Pertanto, secondo il filosofo greco del
IV sec. a.C., allo Stato spetta il compito di garantire la libertà e di intervenire solo
nel caso in cui le collettività minori e, in primo luogo l’individuo, non siano in grado
di svolgere determinati compiti.
La riflessione di Aristotele sul principio di sussidiarietà fu poi ripresa da Tommaso
D’Aquino che si concentrò sulla legittimazione dell’azione umana. La persona è la
prima protagonista per la costruzione del bene comune e le istituzioni che detengono
il potere politico vengono considerate legittime solo nella misura in cui aiutano il
singolo a realizzare quegli obiettivi che quest’ultimo non è capace di svolgere in
modo autonomo. Compito del potere politico è quello di “correggere, se trova
qualcosa in disordine; supplire se ci sono mancanze; perfezionare se qualcosa di
meglio può essere fatto”3
. Ritroviamo in D’Aquino un’idea della sussidiarietà che
1
D.
Donati,
Origini,
connessioni
e
interpretazione
del
principio
di
sussidiarietà
orizzontale
nell’ordinamento
italiano,
in
D.
Donati
e
A.
Paci
(a
cura
di),
Sussidiarietà
e
concorrenza,
Bologna,
Il
Mulino,
2010,
pag.
26.
2
G.
D’Agnolo,
La
sussidiarietà
nell’Unione
Europea,
Cedam,
Padova
1998,
pag.
8.
3
F.
Vecchio,
Declinazioni
costituzionali
del
principio
di
sussidiarietà,
in
C.
Magnani
(a
cura
di),
Beni
pubblici
e
servizi
sociali
in
tempi
di
sussidiarietà,
Torino,
Giappichelli,
2007,
pag.
180.
9. 9
garantisce oltre al pluralismo del corpo sociale, una sfera di autonomia della persona
umana.
Ma è il filosofo tedesco Johannes Althusius a teorizzare una forma di sussidiarietà
verticale, anticipando le tematiche proprie del pensiero federalista. Nella società
teorizzata da Althusius ogni gruppo, comunità, tende all’autosufficienza ma il potere
pubblico si inserisce come garante del benessere creato dal popolo, incapace di
difendere la propria libertà in mancanza di un giudice imparziale che possa definire
le controversie tra gli individui.4
In Althusius troviamo una prima applicazione del principio di sussidiarietà sia
orizzontale che verticale: per la prima volta il potere statale viene chiamato a
confrontarsi non solo con soggetti privati come famiglie, corporazioni e associazioni
(sussidiarietà orizzontale) ma anche con soggetti detentori di poteri politici sul
territorio come città, province e signorie (sussidiarietà verticale).
Il principio di sussidiarietà viene declinato in senso negativo con Locke: il cittadino
si difende dallo Stato ponendo vincoli ben precisi alla sua autorità. Lo Stato è
un’organizzazione necessaria ma a esso spetta solo il compito di garantire la libertà
del mercato e la piena realizzazione dell’individuo. Non è ammessa alcuna
ingerenza pubblica salvo casi di stretta necessità, in caso contrario i cittadini
sarebbero legittimati a sciogliere il patto sociale.
Il principio di sussidiarietà è stato ampiamente trattato nell’ambito della dottrina
sociale della chiesa cattolica, in modo particolare in alcune encicliche papali.
Nell’enciclica Rerum Novarum del 1891 ritroviamo alcuni capisaldi della
sussidiarietà contemporanea.
Papa Leona XII scrive che la tutela da parte dello Stato sarebbe da evitare piuttosto
che cercare, nel momento in cui questo intervenga ponendo limiti ai diritti della
famiglia. Tuttavia, l’intervento dei pubblici poteri sarebbe utile nei casi di forte
ristrettezza economica della famiglia; in questo caso lo Stato è tenuto a tutelare e
4
“Per
impedire
che
la
sovranità
soffochi
le
varie
forme
di
organizzazione
sociale,
l’intervento
del
sovrano
deve
essere
limitato
alle
ipotesi
di
inefficacia
o
insufficienza
degli
altri
poteri
esistenti
sul
territorio”
in
F.
Vecchio,
op.
cit,
pag.
185.
10. 10
rispettare i diritti dei cittadini, “qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli
consente di andare oltre”5
.
Nell’enciclica viene messa in evidenza l’importanza della famiglia propugnando un
intervento dello Stato solo nel momento in cui questa non sia capace di provvedere
da sola alle proprie esigenze. Ne viene fuori una concezione positiva della
sussidiarietà in cui lo Stato è chiamato a intervenire attivamente lì dove risultasse
necessario.
Ma la prima formulazione organica del principio di sussidiarietà è espressa
dall’enciclica papale Quadragesimo Anno del 1931. L’enciclica pone il principio di
sussidiarietà nell’accezione negativa sottolineando il dovere di non ingerenza dello
Stato e l’attribuzione di limiti ben precisi al suo intervento. Si afferma che:
è un’ingiustizia, un grave danno e un turbamento del giusto ordine attribuire ad
una società maggiore e più elevata quello che possono compiere e produrre le
comunità minori e inferiori6
.
Tuttavia, nella stessa enciclica, è possibile ritrovare anche l’accezione positiva del
principio lì dove si afferma che:
L'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di
aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle
e assorbirle7
.
La riflessione filosofica della Chiesa sul principio di sussidiarietà sarà ripresa nel
1961 nell’enciclica Mater e Magistrain in cui Giovanni XXIII afferma che l’azione
dei pubblici poteri “che ha carattere d'orientamento, di stimolo, di coordinamento, di
supplenza e di integrazione, deve ispirarsi al principio di sussidiarietà” 8
.
Nell’enciclica si afferma che il mondo economico è frutto dell’iniziativa economica
5
Leone
XIII,
Enciclica
Rerum
Novarum,
Roma,
15
maggio
1891,
par.
11
in
http://www.vatican.va/offices/papal
docs
list
it.html
(consultato
il
25
luglio
2013)
6
PIO
XI,
Lettera
Enciclica
Quadragesimo
anno,
Roma,
15
maggio
1931
in
http://www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html
(consultato
il
25
luglio
2013)
7Ibidem.
8
Giovanni
XXIII,
Enciclica
Mater
et
Magistra,
Roma,
15
maggio1961,
parr.
39-‐40
in
www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html.
(consultato
il
25
luglio
2013)
11. 11
personale dei cittadini, singoli o associati, per il perseguimento di interessi comuni.
Al par. 42 si legge che lo Stato è chiamato a promuovere lo sviluppo produttivo in
funzione del progresso sociale. La presenza dello Stato in campo economico non
deve ridurre la sfera di libertà di iniziativa personale dei cittadini ma deve
rafforzarla tutelandola.
Nel 1991 Giovanni Paolo II riprende il concetto di sussidiarietà nell’enciclica
Centesimus Annus affermando che a causa di un’inadeguata comprensione dei
compiti lo Stato assistenziale presenta dei difetti. Si sottolinea che “una società di
ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine
inferiore”9
, lo Stato è tenuto a tutelare la comunità in viste della cura del bene
comune
Da questi scritti emerge come la dottrina sociale della Chiesa applichi alla
sussidiarietà sia un’accezione positiva (quando esorta all’aiuto pubblico in caso di
stretta necessità) sia un’accezione negativa (enfatizzando l’autonomia dei singoli).
Con Benedetto XVI si assiste a un’evoluzione del concetto sussidiario non più
basato sull’enfasi dell’autonomia della società civile in contrasto con lo Stato, ma
piuttosto su una collaborazione fra le due parti. Nell’enciclica Caritas in Veritate si
afferma che la sussidiarietà è espressione “inalienabile della libertà umana”, è un
aiuto alla persona offerto quando i singoli si trovano in difficoltà e necessitano
dell’aiuto degli altri. La sussidiarietà facendo leva sull’autonomia dei corpi
intermedi, li aiuta a sviluppare le proprie capacità rendendoli autonomi. La
sussidiarietà viene delineata come principio rispettoso dell’autonomia di ciascuno,
intesa come la capacità di fare scelte di cui ci si può assumere la responsabilità. Si
pone in evidenza come lo sviluppo umano sia strettamente legato all’autonomia dei
singoli10
.
9
Giovanni
Paolo
II,
Enciclica
Centesimus
Annus,
Roma,
5
gennaio
1991,
par.
48
in
www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html
(consultato
il
25
luglio
2013)
10
Cfr
Benedetto
XVI,
Enciclica
Caritas
in
Veritate,
Roma,
29
giugno
2009,
par.
57
in
www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html
(consultato
il
25
luglio
2013)
12. 12
Il contesto storico in cui si inserisce la Caritas in Veritate è caratterizzato dalla crisi
finanziaria e perciò vede nella collaborazione tra società civile e Stato una possibile
via d’uscita. In tale enciclica emerge una prospettiva nuova della sussidiarietà che si
muove tra l’aspetto personale e quello relazionale. Da un lato il principio è legato
alla persona umana, alla sua libertà e dignità; dall’altro il soggetto è considerato
come parte di una comunità che si muove in una rete di relazioni.
Sussidiarietà come «espressione dell’inalienabile libertà umana» è riscontrabile
anche all’art. 118 della Costituzione in cui si sostiene che i soggetti pubblici sono
tenuti a favorire l’iniziativa dei cittadini per la cura dei beni comuni. Si pone dunque
in evidenza la libertà dei cittadini e la loro responsabilità nell’agire per l’interesse
generale.
1.2 Sussidiarietà in Europa
Il principio di sussidiarietà, come principio regolatore dei rapporti tra Stati
membri e Unione, trova concreta formulazione nel 1992 con il trattato di Maastricht.
Secondo l’art. 3 b del trattato11
, la Comunità ha una competenza «sussidiaria»:
Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene,
secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli
obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti
dell’azione in questione, essere meglio realizzati a livello comunitario.
L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il
raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato12
.
La sussidiarietà diviene criterio di allocazione dei poteri tra i diversi livelli
decisionali operanti nella Comunità Europea. Si tratta di una sussidiarietà verticale
dal momento in cui la Comunità si sostituisce agli Stati, nelle materie che non sono
di sua esclusiva competenza, per garantire efficacia ed efficienza d’azione.
Pare che il principio sia declinato anche in senso orizzontale quando si afferma che
“le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini”13
. Ma è chiaro che
11
La
formulazione
adottata
allora
oggi
si
ritrova
nell’art.
5
del
trattato
sull’Unione
Europea.
12
Art.
3
B,
Trattato
di
Maastricht,
Gazzetta
ufficiale
n.
C
191
del
29
luglio
1992,
ora
art.
5
del
Trattato
dell’Unione
Europea.
13
Art.
A,
Trattato
di
Maastricht,
Gazzetta
ufficiale
n.
C
191
del
29
luglio
1992,
ora
art.
1
del
Trattato
dell’Unione
Europea.
13. 13
l’applicazione del principio in senso orizzontale sia di difficile attuazione
nell’ambito comunitario.
Con il trattato di Amsterdam, nel 1997, si afferma l’esigenza di tutelare il rispetto
del principio di sussidiarietà enunciato dal TUE. Nel Protocollo sull’applicazione
dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità al punto 3 si legge che “l’azione
della Comunità entro le sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo
richiedano e, inversamente, ristretta e sospesa laddove essa non sia più
giustificata”14
.
Al punto 4 si legge: “(…) le ragioni che hanno portato a concludere che un obiettivo
comunitario può essere conseguito meglio dalla Comunità devono essere confortate
da indicatori qualitativi o, ove possibile, quantitativi”. È prevista dunque
l’esposizione delle motivazioni che inducono a preferire l’azione comunitaria o
l’azione degli Stati membri.
Ma la messa in opera del protocollo non ha dato i risultati attesi. La Dichiarazione di
Laeken del 2001 ha messo in evidenza le lacune dell’Unione Europea in materia di
rispetto del principio di sussidiarietà15
.
Per tale motivo si è proposta una nuova definizione di sussidiarietà nel nuovo
protocollo allegato al Trattato di Lisbona16
.
Il Trattato associa i Parlamenti nazionali al controllo del principio di sussidiarietà
affermando loro il diritto di contestazione, dinanzi alla corte di giustizia dell’UE, di
un atto legislativo che non rispetti il principio di sussidiarietà17
.
Ai sensi del Trattato di Lisbona, l’Unione europea esercita solo le competenze che le
sono espressamente attribuite; tutte le altre rimangono in capo agli Stati membri. 18
14
Protocollo
sull'applicazione
dei
principi
di
sussidiarietà
e
di
proporzionalità
del
1997
in
http://eur-‐lex.europa.eu/it/treaties/dat/11997D/htm/11997D.html#0105010010
5
(consultato
il
27
luglio
2013)
15
Cfr
A.
Jannelli
et
al.
(a
cura
di),
Il
principio
di
sussidiarietà
nell’evoluzione
giuridica
europea,
in
«Eurofocus»,
n.
14,
2010
in
http://www.cr.piemonte.it/dwd/infoleg/eurofocus/2010/eurofocus_n_14.pdf
(consultato
il
25
luglio
2013)
16
Con
il
Trattato
di
Lisbona
del
2009
l’Unione
si
ritrova
oggi
ad
avere
due
fonti
fondamentali:
il
Trattato
sull’Unione
europea
(TUE)
e
il
Trattato
sul
funzionamento
dell’Unione
europea
(TFUE).
17
Il
trattato
di
Lisbona
associa
inoltre
al
controllo
del
principio
di
sussidiarietà
il
Comitato
delle
regioni.
18
Art.
6,
par.
3,
Trattato
di
Lisbona
si
legge:
“In
virtù
del
principio
di
sussidiarietà,
nei
settori
che
non
sono
di
sua
competenza
esclusiva
l'Unione
interviene
soltanto
se
e
in
quanto
gli
obiettivi
14. 14
Seppure sia chiaro che a livello comunitario la sussidiarietà va intesa nella sua
accezione «verticale», è possibile far riferimento ad alcune iniziative europee mirate
a rendere i cittadini dei cittadini «attivi», dando forma alla sussidiarietà orizzontale.
Un esempio è quello del programma della cittadinanza europea attiva che favorisce
“azioni che mirano a consolidare un sentimento di comune appartenenza tra i
cittadini europei e, attraverso questo, favorire lo sviluppo di una coscienza
autenticamente europea che favorisce il processo di integrazione istituzionale”19
.
1. 3 Evoluzione del principio nell’ordinamento giuridico italiano
Il principio di sussidiarietà ha fatto ingresso nella costituzione italiana
nell’ottobre 2001 con la legge di revisione costituzionale, ma era già previsto a
livello legislativo in diversi testi normativi, primo fra tutti la legge 15 marzo 1997,
n.59, la cosiddetta «legge Bassanini», Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Tra gli obiettivi delle
riforme Bassanini vi era quello della trasformazione della Pubblica
Amministrazione, statale e centralizzata, in un’amministrazione articolata in vari
livelli regionali e locali coesistenti con un’attività statale di indirizzo e di
coordinamento. Era previsto, dunque, il trasferimento di materie e funzioni dallo
Stato alle regioni alle autonomie locali.
L’art. 4 comma 3 definisce la sussidiarietà come
L’attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai
comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive
dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l’esclusione delle sole
funzioni incompatibili con le dimensioni medesime e l’attribuzione delle
responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e
di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità,
all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.
dell'azione
prevista
non
possono
essere
conseguiti
in
misura
sufficiente
dagli
Stati
membri,
né
a
livello
centrale
né
a
livello
regionale
e
locale,
ma
possono,
a
motivo
della
portata
o
degli
effetti
dell'azione
in
questione,
essere
conseguiti
meglio
a
livello
di
Unione.»
in
http://eur-‐lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:306:0010:0041:IT:PDF
(consultato
il
31
luglio
2013)
19
F.
Giglioni,
Alla
ricerca
della
sussidiarietà
orizzontale
in
Europa,
in
D.
Donati
e
A.
Paci
(a
cura
di),
Sussidiarietà
e
concorrenza,
Bologna,
Il
Mulino,
2010,
pag.
146.
15. 15
Il principio di sussidiarietà viene introdotto in entrambe le sue accezioni: verticale
(quando stabilisce che le funzioni amministrative devono essere svolte dalle autorità
territorialmente più vicine ai cittadini) e orizzontale ( quando si afferma che i privati
possono farsi carico non solo di attività relative al loro interesse individuale, ma
hanno titolo e risorse per assolvere ad attività che soddisfano interessi generali o
pubblici20
).
Una seconda formulazione del principio di sussidiarietà è riscontrabile nella legge 3
agosto 1999, n.265 che definisce l’«Autonomia dei comuni e delle province». Si
prevede che comuni e province possano essere allo stesso tempo titolari di funzioni
proprie e destinatari di funzioni amministrative ulteriori, conferite con la legge dello
Stato o delle regioni, secondo il principio di sussidiarietà. Le funzioni svolte dai
comuni e dalle province derivano inoltre dall’autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli e associati21
.
A differenza della l. 59/1997 viene introdotto il criterio dell’adeguatezza: il
potenziale intervento dei privati necessita di una valutazione a priori, dovendo essere
«adeguato»22
.
La terza formulazione del principio si ha con la legge 8 novembre 2000, n.328,
«Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali»23
.
Per la prima volta vengono riconosciute le prestazioni assistenziali come vero e
proprio diritto, infatti la legge valorizza l’intervento delle organizzazioni di
volontariato, delle associazioni e degli enti di promozione sociale. All’art. 5 si
afferma che “per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le
regioni e lo Stato (…) promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei
20
D.
Donati,
La
sussidiarietà
orizzontale
nell’evoluzione
normativa
dello
Stato
e
delle
Regioni,
in
G.
Arena
e
G.
Cotturri
(a
cura
di),
Il
valore
aggiunto.
Come
la
sussidiarietà
può
salvare
l’Italia,
Roma,
Carocci,
2010,
pag.
187.
21
Cfr
Ivi,
pag.
188.
22
Ivi,
pag.
189.
23
A
pochi
mesi
dall’approvazione
della
L.
328/2000,
questa
«viene
superata
dalla
riforma
costituzionale
che
assegna
alle
Regioni
la
piena
competenza
legislativa
e
ai
Comuni
quella
amministrativa»,
Ivi
pag.
190.
16. 16
soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative e interventi
per l’accesso agevolato al credito e ai fondi dell’Unione Europea”24
.
Con le tre norme si passa dalle disposizioni sul decentramento a quelle
sull’ordinamento degli enti locali, a quelle sul sistema dei servizi sociali ma come
spiega Donati25
da una lettura «tra le righe» delle tre disposizioni emerge un sistema
valoriale preciso che:
- mette in connessione la riallocazione in verticale delle funzioni e dei compiti
amministrativi con la crescita del ruolo attivo dei cittadini nella cura degli interessi
generali;
- punta all’affermazione della maggiore «prossimità» tra azione pubblica e cittadini
destinatari;
- incentiva le istituzioni territoriali e i cittadini a una attitudine alla flessibilità nelle
scelte in base alle condizioni specifiche di ciascun contesto territoriale.
1.4 Il principio come sancito dall’art. 118 comma 4 della Costituzione
La legge costituzionale 18 ottobre 2011, n.3 ha introdotto importanti
modifiche nel titolo V della Costituzione italiana: il principio di sussidiarietà è
diventato un vero principio costituzionale.
Già la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, nel 1997, segna un
punto importante. All’art. 56 di quel progetto di riforma si prevedeva che:
Le funzioni che non possono più essere più adeguatamente svolte
dall’autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in
Comuni, Province, Regioni e Stato, in base al principio di sussidiarietà e di
differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla
legge. La titolarità delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei
cittadini, secondo il criterio di omogeneità e di adeguatezza delle strutture
organizzative rispetto alle funzioni medesime.
È prevista da un lato l’assegnazione della titolarità delle funzioni agli enti locali più
vicini ai cittadini e dall’altro la titolarità dello svolgimento delle funzioni ai privati
24
Donati,
Origini,
connessioni
e
interpretazione
del
principio
di
sussidiarietà
orizzontale
nell’ordinameno
italiano,
pag.
43.
25
Donati,
La
sussidiarietà
orizzontale
nell’evoluzione
normativa
dello
Stato
e
delle
Regioni,
pag.
192.
17. 17
con l’obbligo di astensione del potere pubblico, salvo la non adeguata
organizzazione dei privati.
Ma tale testo fu presto sostituito dalla nuova disposizione elaborata dalla
Commissione che recita:
Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte
dall’autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le
funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla
base dei principi di sussidiarietà e differenziazione. La titolarità delle funzioni
compete rispettivamente ai Comuni, alla Province, alle Regioni e allo Stato,
secondo i criteri di omogeneità e adeguatezza. La legge garantisce le
autonomie funzionali.
Rispetto alla prima formulazione scompare il riferimento alla «autonomia dei
privati» sostituita dall’«autonoma iniziativa dei cittadini», ponendo enfasi su una
particolare comunità qual è quella della cittadinanza. Inoltre i pubblici poteri non
sono chiamati ad astenersi dallo svolgere funzioni pubbliche ma piuttosto a
rispettare le autonome iniziative dei cittadini.
La Commissione bicamerale non riuscì a portare a termine il proprio mandato e la
definitiva costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà avviene solo con la
riscrittura del Titolo V della parte seconda della Costituzione con la legge
costituzionale n. 3 del 2001. Il principio si colloca in coda all’art. 118 della
Costituzione:
1. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
2. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale,
secondo le rispettive competenze.
3. La legge statale disciplina le forme di coordinamento fra Stato e Regioni (…) e
disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei
beni culturali.
18. 18
4. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
L’art. 118 Cost. riserva un ruolo centrale al principio di sussidiarietà sia in senso
verticale che orizzontale. La verticalità (espressa nel primo comma) sta
nell’attribuzione della responsabilità e titolarità dell’intervento pubblico
all’istituzione più prossima al cittadino, i Comuni anzitutto che “proprio per questa
prossimità possono registrare con più precisione le necessità e corrispondere più
adeguatamente alle aspettative diffuse”26
.
L’orientamento orizzontale, quello di maggior rilevanza per questa ricerca, è
espresso nel quarto comma e prevede che siano prima di tutto i cittadini (singoli e
associati) a svolgere attività di interesse generale supportati dal sostegno di Comuni,
Province, Regioni e dallo Stato. Si concretizza una “Repubblica costruita dal basso,
dove è la società che inizia ad acquistare un ruolo centrale in nome della
sussidiarietà orizzontale”27
.
Il Comma 4 mette quindi in evidenza l’esigenza di perseguire le finalità istituzionali
dei pubblici poteri anche attraverso le iniziative autonome dei privati, singoli e
associati, la cui azione deve essere riconosciuta, favorita e valorizzata, attribuendo
alla stessa una rilevanza di interesse generale.
È importante sottolineare che non è previsto un arretramento dell’amministrazione
dallo svolgimento di compiti di cui i soggetti, pubblici e privati, possono
adeguatamente provvedere. È prevista invece una collaborazione tra soggetti
pubblici e privati.
Un’attenta analisi del testo dell’ultimo comma dell’art. 118 Cost. è opportuna per
una sua corretta interpretazione:
- “Gli enti amministrativi favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini”, il
termine «favoriscono» fa riferimento a un dovere più che a una possibilità. Se i
26
G.
Cotturri,
La
forza
riformatrice
della
cittadinanza
attiva,
Roma,
Carocci
Editore,
2013,
pag.
110.
27
M.
Musella
e
M.
Santoro,
L’economia
sociale
nell’era
della
sussidiarietà
orizzontale,
Torino,
Giappichelli,
2012,
pag.
30.
19. 19
cittadini si attivano per la cura dell’interesse generale, le pubbliche
amministrazioni devono aiutarli. Le amministrazioni possono scegliere come
sostenere concretamente l’iniziativa dei cittadini: concedendo il patrocinio di
un’iniziativa, autorizzando i privati all’uso di attrezzature o strutture di proprietà
dell’ente pubblico, rimborsando le spese sostenute o attraverso forme create ad
hoc di volta in volta.
Inoltre l’azione del favorire può essere analizzata facendo riferimento a due
criteri:
• il momento in cui avviene l’intervento a favore dei cittadini (interventi che
sostengono attività di privati già in corso o interventi propedeutici alla loro
attivazione)
• il modo in cui si esplica l’intervento a favore dei cittadini (interventi
diretti/indiretti, in positivo/in negativo, per azione/per omissione).28
- Rispetto all’espressione «autonoma iniziativa» viene posta l’idea che lo
svolgimento dell’attività di interesse generale da parte dei cittadini debba
avvenire spontaneamente. Questo comporta l’esclusione di qualsiasi forma di
retribuzione diretta e piena per le attività svolte. Inoltre, l’espressione autonoma
iniziativa può essere intesa come piena capacità dei cittadini di decidere
pienamente, nel rispetto delle leggi, sulla loro organizzazione, la loro attività e la
loro destinazione di risorse29
.
- Con l’espressione «cittadini singoli e associati» pare che la norma voglia
evidenziare l’appartenenza delle persone a un sistema istituzionale, sociale ed
economico e quindi al loro dovere di partecipare alla costruzione della comunità
in cui vivono. La sussidiarietà offre quindi all’individuo di costruire e non più
28
Cfr,
Donati,
Origini,
connessioni
e
interpretazione
del
principio
di
sussidiarietà
orizzontale
nell’ordinamento
italiano,
pag.
51.
29
Ovviamente
i
cittadini
non
possono
fare
tutto
ciò
che
fanno
le
amministrazioni,
non
possono
infatti
assumere
iniziative
in
materia
di
atti
precettivi,
di
concessioni,
di
autorizzazioni,
di
provvedimenti
ablatori
e
di
sanzioni
amministrative.
Cfr.
G.
Arena,
Cittadini
attivi,
Roma-‐Bari,
Editori
Laterza,
2006,
pagg.
122-‐123.
20. 20
delegare la cura di tutti quegli interessi che condivide con gli altri individui.
Sussidiarietà come collaborazione e non come delega.
La norma costituzionale non determina una esplicita distinzione tra attività con o
senza fini di lucro, si è infatti aperto un dibattito sulla natura lucrativa delle
attività ponendo attenzione sulle società senza scopo di lucro30
.
- Con la locuzione «interesse generale» si fa riferimento a “tutte le prestazioni di
beni e di servizi che sono mosse da uno spirito solidale del soggetto erogatore, e
che sono capaci di rispondere a bisogni socialmente o economicamente rilevanti,
individualmente non soddisfabili”31
.
L’interesse generale è l’interesse di una comunità in quanto tale, non ancora
assunto in seno ai pubblici poteri ma da questi lasciato alla cura degli stessi
cittadini.
L’interesse generale è evidentemente un’astrazione e storicamente il modo per
renderlo concreto consisteva nel trasformare l’interesse «generale» in interesse
«pubblico», inteso come interesse dello Stato. Questa concezione era legata al
paradigma panpubblicistico che ha caratterizzato il diritto amministrativo italiano
fin dalle sue origini e che ruota attorno a tre assunti progressivamente smentiti:
• Ciò che è di interesse generale è di interesse pubblico;
• Ciò che è di interesse pubblico è dello Stato;32
• Lo Stato provvede a ciò che è di interesse pubblico con apparati e strumenti
pubblici.33
30
A
tal
proposito
si
fa
riferimento
alla
disciplina
generale
della
fattispecie
di
società
senza
scopo
di
lucro,
la
Disciplina
dell’impresa
sociale,
a
norma
della
legge
13
giugno
2005,
n.118.
Le
imprese
sociali
per
essere
qualificate
tali
devono
rispondere
a
due
requisiti:
l’utilità
sociale
e
l’assenza
dello
scopo
di
lucro.
Cfr
Donati,
La
sussidiarietà
orizzontale
nell’evoluzione
normativa,
pagg.
204-‐205.
31
Donati,
Origini,
connessioni
e
interpretazione
del
principio
di
sussidiarietà
orizzontale
nell’ordinamento
italiano,
pag.
62.
32
L’assunto
implica
che
lo
Stato
rappresenta
l’unico
soggetto
titolare
della
sovranità.
Da
ciò
ne
deriva
un
forte
accentramento
dello
Stato
e
la
svalutazione
del
sistema
territoriale
e
locale.
A
smentire
l’assunto
è
la
legge
n.
142
del
1990
in
cui
si
afferma
la
capacità
delle
regioni
di
intervenire
nell’organizzazione
delle
funzioni
locali
e
di
farlo
in
modo
selettivo
e
si
riconoscono
al
Comune
le
funzioni
amministrative
attribuite
dallo
Stato.
33
Il
terzo
assunto
prevede
che
i
poteri
unilaterali
siano
una
caratteristica
esclusiva
del
diritto
amministrativo.
Con
l’avvio
della
stagione
delle
privatizzazioni
in
Italia
nel
2001
anche
tale
assunto
viene
smentito.
21. 21
Il primo assunto implica che non può esservi un interesse rilevante per la società
senza che questo sia “occupato” dal sistema politico-amministrativo. Tale assunto è
stato smentito con l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Si passa
da una concezione soggettiva dell’amministrazione a una oggettiva, ossia “da
un’amministrazione pubblica che è tale con il suo rapporto con lo Stato ad
un’amministrazione che si qualifica per la funzione svolta al servizio della
collettività”34
.
La norma costituzionale legittima i cittadini a uscire dal ruolo passivo di utenti dei
servizi pubblici per diventare soggetti attivi che si prendono cura di beni comuni. La
norma pone i cittadini su un piano di parità con le amministrazioni35
.
G. Arena36
pone in evidenza la questione dell’applicabilità immediata o meno
dell’art. 118. «La risposta positiva nel senso di immediata applicabilità si fonda sulla
constatazione che l’art. 118, u.c. non enuncia un principio, rinviando al legislatore
ordinario per la sua definizione, bensì prevede che si svolga un’attività fondata su un
principio, quello di sussidiarietà orizzontale»; non si tratta qui di dar forma a un
principio astratto ma di far riferimento a un’attività di cui sono già indicate
coordinate strutturali:
- i soggetti della relazione (istituzioni territoriali e cittadini)
- l’oggetto della relazione (svolgimento di attività di carattere generale)
- il principio che regola la relazione (il principio di sussidiarietà)
Al contrario, la necessità di ulteriori interventi da parte del legislatore per
l’applicabilità del principio, significherebbe attendere che sia chiarito ogni profilo
dell’enunciato in questione e quindi si finirebbe per escludere, per un periodo di
tempo indefinito, la vigenza del principio di sussidiarietà in Italia.
34
G.
Arena,
op.
cit,
pag.
112.
35
Ivi,
pag.
IX.
36
Ivi,
pagg.
62-‐63.
22. 22
Arena pone a questo punto in rilievo che l’attuazione dell’art. 118 non dipende dalle
istituzioni ma dai cittadini ai quali spetta assumere l’autonoma iniziativa
nell’interesse generale che costituisce il nucleo essenziale della norma.
1.5 Sussidiarietà come «amministrazione condivisa»
La sussidiarietà sfugge a una comprensione unica e unitaria. Si potrebbe
definire quale principio che regola la distribuzione di determinate funzioni che
riguardano sia i poteri pubblici che la società.
Tale principio implica due livelli di lettura: quello di sussidiarietà verticale e quello
di sussidiarietà orizzontale.
La sussidiarietà verticale prevede che le funzioni pubbliche siano affidate alle
istituzioni più prossime ai cittadini; solo quando il livello inferiore dimostra di non
essere in grado di svolgere le proprie funzioni interviene in forma «sussidiaria»
l’ente gerarchicamente superiore.
La sussidiarietà orizzontale disciplina i rapporti tra pubblico, privato e privato
sociale: non c’è contrapposizione, ma intreccio e collaborazione tra pubblico e
privato, tra cittadini e Stato37
.
Il grande cambiamento in merito ai rapporti tra amministrazioni e cittadini si è avuto
con la legge 7 agosto 1990, n.241 (la legge sul procedimento amministrativo e la
trasparenza amministrativa). Tale legge ha condotto le amministrazioni a
considerare i soggetti non solo «amministrati» ma anche portatori di interessi e
titolari di diritti quali il diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo, il
diritto all’informazione nei confronti dell’amministrazione e il diritto alla semplicità,
efficienza e efficacia dell’azione amministrativa. La legge in questione fu portatrice
di nuovi rapporti con le amministrazioni caratterizzati dal “passaggio dalla
separazione alla collaborazione, dalla diffidenza alla fiducia, dal segreto alla
comunicazione”38
.
37
M.
Musella
e
M.
Santoro,
op.
cit.,
pag.
29.
È
su
questo
tipo
di
sussidiarietà
che
vuole
concentrarsi
il
presente
elaborato
che
mira
a
individuare
una
possibile
integrazione
del
principio
alle
campagne
di
crowdfunding
che
coinvolgono
pubblici
e
privati
per
la
realizzazione
e
promozione
di
un
bene
comune.
38
G.
Arena,
op.
cit.,
pag.
21.
23. 23
Questi nuovi rapporti introducono quella che viene chiamata «amministrazione
condivisa» in cui il rapporto tra amministrazioni e cittadini diviene un rapporto di
collaborazione nell’interesse generale. È il ribaltamento del tradizionale «paradigma
bipolare»39
che vedeva da un lato l’amministrazione (autoritativa e di prestazione) e
dall’altro l’amministrato (un soggetto passivo).
Con il paradigma sussidiario il principio di partecipazione previsto dalla l. 241/1990
acquista un nuovo significato: mentre con la partecipazione al procedimento il
cittadino partecipa al processo decisionale della pubblica amministrazione in vista
dell’adozione di un provvedimento, con la partecipazione intesa come
«amministrazione condivisa» il cittadino partecipa con l’amministrazione alla
concreta soluzione di un problema di interesse generale.
Arena afferma che il modello dell’amministrazione condivisa può realizzarsi “o per
iniziativa della pubblica amministrazione, che autonomamente decide di uscire dal
paradigma bipolare, o per iniziativa dei cittadini, che si attivano sulla base dell’art.
118, u. c. della Costituzione”40
.
Le amministrazioni possono «favorire» l’iniziativa dei cittadini in diversi modi41
:
limitandosi ad attendere che i cittadini si attivino e chiedano sostegno o
collaborando direttamente con loro.
Arena sottolinea il fatto che siano i cittadini a dar vita al principio di sussidiarietà,
non le istituzioni che sono comunque chiamate ad assumere iniziative per
promuovere la conoscenza e quindi l’attuazione del principio in questione.
L’utilità dei cittadini attivi sta nel prendersi cura dei beni comuni42
.
Quando si parla di cittadini si fa riferimento ai singoli appartenenti a una comunità e
che in quanto tali sono portatori di diritti e doveri. Arena definisce la maggior parte
dei cittadini italiani «cittadini normali»; essi si collocano su una soglia minima di
39
“Il
paradigma
bipolare
si
fonda
sull’idea
che
«le
amministrazioni
hanno
il
monopolio
del
perseguimento
dell’interesse
pubblico
e
gli
amministrati
son
meri
destinatari
dell’intervento
pubblico”,
Ivi,
pag.
77.
40
Ivi,
pag.
34.
41
Le
amministrazioni
possono
mettere
a
disposizione
strumenti,
mezzi,
spazi
per
aiutare
concretamente
i
cittadini
a
prendersi
cura
dei
beni
comuni
o
possono
intervenire
con
un
semplice
patrocinio.
O
ancora
possono
svolgere
attività
di
comunicazione
per
promuovere
l’attuazione
della
sussidiarietà.
Cfr
Ivi,
pagg.
104-‐
105.
42
Quando
si
parla
di
beni
comuni
si
fa
riferimento
a
quei
beni
di
cui
ciascuno
può
godere
liberamente
ma
che
proprio
per
questo
motivo
sono
minacciati
da
un
uso
egoistico,
come
il
territorio,
l’ambiente,
l’aria,
l’acqua,
i
beni
culturali,
la
salute,
la
legalità,
i
diritti
dell’uomo,
l’istruzione,
le
infrastrutture,
i
servizi
pubblici.
24. 24
cittadinanza in quanto si limitano a rispettare le leggi e a rappresentare un modello
civico. Esistono poi coloro i quali vengono definiti «cittadini parassiti» per il loro
comportamento non conforme alla legge (ad esempio gli evasori) e i «cittadini
extra» che offrono alla comunità più di quanto ricevono (i volontari). Con il
principio di sussidiarietà l’attivarsi dei «cittadini normali» per il bene comune dà
vita ai cittadini attivi che “si assumono volontariamente verso la collettività doveri
ulteriori rispetto a quelli che comporta normalmente lo status di cittadino, cercando
di dare risposte non solo ai propri problemi ma anche a quelli che riguardano tutti”43
.
È importante sottolineare la necessità di collaborazione tra cittadini attivi e poteri
pubblici: i cittadini non si sostituiscono all’amministrazione ma si tratta di
un’alleanza tra soggetti tendenzialmente paritari.
A questo punto è necessaria una distinzione tra un’accezione negativa del principio e
un’accezione positiva. La concezione in negativo porta a considerare i cittadini
come coloro a cui i poteri pubblici possono delegare il proprio potere. L’intervento
dei soggetti pubblici è reso superfluo dall’intervento dei privati chiamati a svolgere
il maggior numero possibile di funzioni di interesse generale. Questo modo di
intendere il rapporto tra cittadini e amministrazioni sarebbe coerente con
l’applicazione del principio in accezione «verticale», basata sul limite di intervento
di un’autorità superiore rispetto a quella inferiore, qualora quest’ ultima abbia
capacità di azione autonoma. Ma la sussidiarietà in senso orizzontale prevede una
condivisione di risorse pubbliche e private per il perseguimento di fini di pubblica
utilità. La concezione in positivo della sussidiarietà prevede che soggetti pubblici e
privati si sostengano paritariamente a vicenda nel perseguimento dell’interesse
generale. I cittadini possono attivarsi «autonomamente» secondo l’art. 118 ma le
amministrazioni sono tenute a sostenerli e non limitarsi a osservare passivamente le
loro attività o ostacolarle.
1.6 Sussidiarietà e Terzo settore: le imprese sociali
Il principio di sussidiarietà orizzontale viene spesso definito come il nuovo sistema
di welfare. Il modello italiano di Welfare, sviluppatosi a partire dal dopoguerra, si è
fondato su un’alleanza tra Stato ed economia di mercato col fine di garantire le
43
Ivi,
pag.
99.
25. 25
classi più deboli attraverso finanziamenti erogati dallo Stato dal sistema tributario
progressivo. Ma il peso fiscale del sistema del welfare diventò la causa del problema
che doveva risolvere. Una delle cause della crisi del welfare è riscontrabile
nell’avvento della globalizzazione che sottrae allo Stato il potere di scegliere come
tassare la ricchezza.
Con la crisi del welfare state si è passati al welfare mix, “un sistema di
organizzazione della produzione e dell’offerta di servizi socio-assistenziali e sanitari
incentrata sulla pluralità di soggetti di offerta”44
. Quando si parla di pluralità non si
fa solamente riferimento alla numerosità di offerte ma alla pluralità e varietà di
queste. La molteplicità di soggetti di offerta e la varietà dei prodotti vanta tre aspetti:
- garantisce la copertura di un’ampia gamma di bisogni sociali;
- l’offerta si adegua in modo più rapido ed efficace al mutare dei bisogni;
- grazie al welfare mix viene stimolata la competizione per qualità dei servizi offerti.
Nella prima fase di passaggio dal welfare state al welfare mix il principio di
sussidiarietà è stato interpretato come principio che mira ad affidare allo Stato
funzioni dell’interesse generale, delegando parte delle funzioni a soggetti di livello
inferiore, in modo particolare ai soggetti del Terzo settore, vicini alle politiche
socio-assistenziali. Oggi si avverte invece la necessità di collaborazione e co-
decisione di tutti i soggetti interessati e coinvolti nell’interesse generale, pubblico e
privato. Si dà vita a un nuovo sistema di welfare definibile «locale» per la prossimità
ai cittadini e per la partecipazione dal basso.
Il rapporto tra il Terzo settore e Amministrazione pubblica si è diffuso sempre più
negli ultimi venti anni nell’ambito del welfare dove le organizzazioni dell’economia
sociale erano tenute a rispondere alla domanda pubblica/statale attraverso la
partecipazione a bandi e appalti a ribasso.
Con il principio di sussidiarietà il Terzo settore trova la possibilità di attuare
liberamente la programmazione e l’erogazione di servizi.
In modo particolare le organizzazione denominate «imprese sociali» cooperano
assieme alle istituzioni pubbliche alla costruzione dello spazio sociale e del bene
comune nell’ambito del sottosistema economico. L’impresa sociale dà avvio al
44
M.
Musella
e
M.
Santoro,
op.cit.,
pag.
17.
26. 26
mercato dei cosiddetti «beni relazionali», un mercato che fa riferimento alla qualità
sociale del prodotto e perciò “utilizza il denaro come mezzo per trasformare un
prodotto relazionale in un altro prodotto relazionale”45
. Tale categoria di beni
“necessita della partecipazione attiva dei soggetti nella loro identità di persone,
all’interno di un sistema culturale specifico”46
, si tratta quindi di beni che non
possono essere forniti né dal mercato né dallo Stato.
Nel nostro ordinamento la definizione dell’impresa sociale47
è contenuta nel decreto
legislativo 24 marzo 2006, n.155 che definisce «imprese sociali»:
Tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice
civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica
organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi di utilità
sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale.
La legge, all’art. 2, specifica quali sono «i beni e i servizi di utilità sociale», ossia
quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori:
assistenza sociale, assistenza sanitaria, tutela dell’ambiente, tutela dell’ecosistema,
turismo sociale, valorizzazione del patrimonio culturale, ricerca ed erogazione dei
servizi culturali, educazione, istruzione e formazione, turismo sociale, formazione
universitaria e post-universitaria, formazione extra scolastica, servizi strumentali
alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per
cento da organizzazioni che esercitano un'impresa sociale.
Inoltre la legge all’art. 2 definisce impresa sociale quell’impresa che prevede
l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili.
45
A.
Giorio,
Impresa
sociale,
crisi
e
sussidiarietà,
«Os-‐
servatorio
Isfol»,
I
(2011),
n.
3-‐4,
pag.
50,
in
http://www.isfol.it/pubblicazioni/osservatorio-‐isfol/numeri-‐pubblicati/allegati-‐anno-‐i-‐n.3-‐
4/giorio.
(consultato
il
18
agosto
2013).
46
F.
Gagliarducci
e
A.
Iurleo,
Impresa
sociale,
in
C.
Cittadino
(a
cura
di),
Dove
lo
Stato
non
arriva.
Pubblica
amministrazione
e
terzo
settore,
Bagno
a
Ripoli
(Firenze),
Passigli
Editori,
2008,
pag.
43.
47
L’impresa
sociale
è
definita
dall’art.
1
del
decreto
legislativo
come
un’organizzazione
privata
che
esercita
un’attività
economica
di
utilità
sociale
volta
a
realizzare
finalità
di
interesse
generale.
La
definizione
permette
di
collocare
l’impresa
sociale
nell’ambito
del
settore
non
profit;
possono
quindi
essere
imprese
sociali
anche
associazioni,
fondazioni,
comitati,
organizzazioni
di
volontariato
e
cooperative.
La
legge
8
novembre
1991,
n.381
che
istituiva
le
«cooperative
sociali»
può
essere
considerata
il
preludio
del
decreto
che
istituisce
le
imprese
sociali:
la
legge
consentiva
di
combinare
l’esercizio
di
attività
economica
con
il
perseguimento
dell’interesse
generale
della
comunità.
27. 27
Tre sono i requisiti fondamentali affinché un’organizzazione possa qualificarsi come
impresa sociale48
:
- è necessario che essa operi solo in ambito di particolare rilievo sociale o che
persegua l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili;
- assenza dello scopo di lucro;
- impossibilità per i soggetti pubblici e per le imprese private con finalità lucrative di
detenerne il controllo e di esercitare attività di direzione.
Tornando al principio di sussidiarietà è necessario sottolineare il fatto che questo sia
legato al principio di responsabilità che rende tutti i soggetti, singoli e associati,
portatori di specificità proprie.
Alle amministrazioni pubbliche spetta la responsabilità di garantire e sostenere
l’autonoma iniziativa dei soggetti. Allo stesso tempo le imprese sociali “devono
abbandonare logiche di richieste di riconoscimenti e contribuiti economici”49
sostituendole con richieste di strumenti di sostegno concreto per la realizzazione di
servizi e beni relazionali di cui sono portatori.
48
Cfr
Ivi,
pagg.
146-‐147.
49
A.
Giorio,
op.cit.,
pag.
54.
28. 28
Capitolo 2
IL FENOMENO DEL CROWDFUNDING
2.1 Cos’è il crowdfunding
Il crowdfunding è generalmente definito come il finanziamento dalla folla. Il
termine è composto da crowd folla e funding finanziamento.
Si tratta di una forma di finanziamento non tradizionale in cui la folla viene
coinvolta all’interno di un progetto.
Il crowdfunding affonda le proprie radici nel concetto di «micro-finanza»: micro
perché si tratta di piccole somme che una volta aggregate possono fare la
differenza50
.
Tramite il finanziamento dal basso più persone possono contribuire, con somme di
denaro di varia entità, alla realizzazione di un progetto o di un’iniziativa in cui
credono e a cui vogliono avvicinarsi partecipando attivamente.
Il concetto di crowdfunding esiste già da alcuni secoli ma oggi la vera novità è il
supporto di internet e dei social media, strumenti fondamentali per la creazione della
community pronta a finanziare progetti.
Nel libro scritto a due mani da Kavin Lawton e Dan Maron51
si fa riferimento a un
caso storico di crowdfunding risalente al 1884, quando la Francia donò
all’Inghilterra – in segno di amicizia – la statua della libertà. L’American Commette
non aveva a disposizione i 100.000 $ necessari per la realizzazione del piedistallo
che l’avrebbe sorretta, ma il noto giornalista Joseph Pulitzer riuscì a coinvolgere i
cittadini lanciando una campagna di finanziamento sul suo giornale52
. Furono
raccolti ben dodicimila micro-donazioni in soli cinque mesi. Questa iniziativa di
finanziamento permise la realizzazione del progetto, ma soprattutto il senso di
responsabilità dei cittadini nei confronti di un monumento alla cui realizzazione
avevano contribuito.
50
Cfr
D.
Castrataro
et
al.,
Crowdfuture.
The
Future
of
Crowdfunding,
2012,
pag.15
in
http://www.slideshare.net/crowdfuture/ebook-‐crowdfuture
(consultato
il
10
settembre
2013).
51
Kavin
Lawton
e
Dan
Maron,
The
crowdfunding
revolution:
how
to
raise
venture
capital
using
social
media,
McGraw-‐Hill,
2012,
pag.
XI.
52
Lo
storico
manifesto
che
sollecitava
le
donazioni
recitava:
“Every
american
citizen
should
feel
proud
to
donate
to
the
Pedestal
Fund
and
own
a
Model
in
token
of
their
subscription
and
proof
of
title
to
ownership
in
this
great
work”,
cfr
Ibidem.
29. 29
Il termine crowdfunding viene coniato nel 2006 da Michail Sullivan che lanciò
fundavlog una sorta di incubatore per progetti legati al videoblog. La piattaforma
includeva una semplice funzionalità per effettuare donazioni online ma si rivelò un
progetto fallimentare. Il termine «crowdfunding» si diffuse poi con l’avvento della
piattaforma Kickstarter, la più popolare piattaforma di reward based crowdfunding
lanciata nell’aprile 2009.53
I progetti su Kickstarter possono essere finanziati da
chiunque in qualsiasi parte del mondo ma possono essere presentati solo da persone
residenti negli Stati Uniti.
Prima che il sistema di crowdfunding diventasse una vera e propria tendenza
(soprattutto in America e Gran Bretagna) la «folla» era coinvolta in progetti di
«crowdsourcing», il processo di sviluppo collettivo di un prodotto. Si parla di
«saggezza della folla» e Wikipedia è uno dei migliori esempi54
.
Con il crowdsourcing e con il crowdfunding si dà vita a un nuovo tipo di
partecipazione attiva, i cui protagonisti si dividono tra la folla e il web. “Il vero
potere del crowdfunding” scrive Dan Maron “sta nella capacità di sfruttare la
saggezza della folla e creare una comunità di individui motivati ad avviare un vero
cambiamento”55
.
Si parla di «condivisione di energia sociale in rete» volta alla realizzazione di idee e
progetti che toccano il mondo della musica, del cinema, della tecnologia, delle
startup, della cultura ma anche del settore pubblico. In quest’ultimo caso si parla di
«crowdfunding civico» che permette agli individui, nonché cittadini, di lavorare con
le municipalità e supportare l’impegno pubblico56
.
Lawton e Maron definiscono il crowdfunding come lo spirito del fare con gli altri, il
cosiddetto «DIWO» (Do It With Others). La gente tende a investire in progetti,
anche con piccole somme, quando è attratta dal punto di vista emozionale e sociale,
quando si sente vicina a una causa che rispetta o quando conosce il progettista in cui
ripone fiducia.
53
Gli
ideatori
della
piattaforma
sono
Perry
Chen,
Yancey
Strickler
e
Charles
Adler.
54
L’enciclopedia
virtuale
conta
oltre
100.000
autori
provenienti
da
tutto
il
mondo
che
dedicano
gratuitamente
tempi
e
conoscenze
a
un
progetto
in
cui
credono.
55
D.
Castrataro
et
al.,
op.cit.,
pag.6.
56
Il
fenomeno
del
crowdfunding
civico
sarà
approfondito
nei
prossimi
paragrafi
e
ripreso
nei
casi
analizzati
nel
terzo
capitolo.
D.
Castrataro
et
al.,
op.
cit.,
pag.
8.
30. 30
Si tratta quindi di un multi-finanziamento collaborativo proveniente dal basso e
mosso dalla fiducia e dall’apprezzamento collettivi.
I sostenitori di una campagna di crowdfunding non sono definibili come «pubblico»
ma come «comunità». Dato che uno degli elementi costitutivi del fenomeno è
Internet, la comunità viene raggiunta attraverso un processo di raccomandazione
virale e mediante la sua promozione sui social media.
Non solo comunità, affinità, passione e fiducia sono gli elementi alla base di una
campagna di «finanziamento dalla folla» ma anche le «ricompense», monetarie,
materiali o simboliche, capaci di rendere più coinvolgente e attrattiva la campagna.
2.2 I modelli di crowdfunding
Se in passato il crowdfunding veniva utilizzato dalle grandi organizzazioni57
dotate di risorse da investire nella comunicazione, promozione e marketing, con
l’avvento dei social media tale fenomeno sta vivendo una seconda vita.
È diventato semplice per chiunque contattare migliaia di utenti gratuitamente. Sono
nate piattaforme che assistono tecnicamente l’utente nella raccolta di denaro su
Internet.
Esistono più di 500 piattaforme di crowdfunding al mondo e il «Crowdfunding
Report di Massolution» del 2012 distingue quattro modelli:
• Reward based
• Donation based
• Social lending
• Equity based
2.2.1 Reward based
Il reward based è il modello utilizzato dai due terzi delle piattaforme e
consiste in uno «scambio» tra il progettista e il «backer» (il sostenitore del progetto).
57
La
raccolta
fondi
online
veniva
utilizzata
soprattutto
per
beneficienza
dalle
organizzazioni
non
profit
e
dalla
politica,
ricordiamo
la
campagna
di
Obama
nel
2008.
31. 31
In cambio delle donazioni sono previste delle ricompense materiali (pre-ordine del
prodotto non ancora in commercio) o simboliche (l’inserimento del nome del
donatore nell’albo dei sostenitori).
Il valore delle ricompense è spesso minore rispetto alla donazione effettuata in
quanto l’obiettivo per un donatore non è ricevere ricompense ma sostenere un
progetto in cui si crede.
L’originalità di una ricompensa58
gioca spesso un ruolo importante in una campagna
di crowdfunding, diretta a coinvolgere direttamente il sostenitore nella realizzazione
del progetto. Inoltre il sistema delle ricompense non solo aiuta a finanziare i progetti
ma permette anche di valutare l’interesse pubblico prima di lanciare nuovi prodotti.
Come spiega Chiara Spinelli59
il reward based non è mercato, né investimento, ma
può essere definito come l’intersezione di fenomeni tipici del web 2.0 come lo
storytelling (il saper raccontare storie che appassionano e coinvolgono la gente), il
social commerce (l’idea che la community online diventi una sorta di team di
marketing, contribuendo a promuovere il progetto a tutti i loro amici e contatti) e il
community building.
Nel modello reward based è possibile distinguere due tipologie di piattaforme:
-‐ generaliste: raccolgono progetti legati a svariati argomenti;
-‐ tematiche: raccolgono progetti rivolti a una determinata community e a un
determinato argomento.
È possibile distinguere inoltre due modelli tipici di raccolta fondi:
-‐ il tutto o niente (all or nothing): in questo caso il progettista stabilisce un
budget e il tempo di raccolta. Se nel tempo di raccolta il budget non viene
raggiunto il progetto decade e le offerte tornano in mano del sostenitore;
58
Nella
piattaforma
settoriale
«Musicraiser»,
dedicato
agli
artisti
musicali
emergenti,
cantautori
e
band
promettono,
tra
le
maggiori
ricompense,
una
cena
a
casa
del
donatore
o
un
live.
59
Cfr.
http://www.slideshare.net/crowdfuture/reward-‐based-‐crowdfunding-‐chiara-‐spinelli-‐eppela
(consultato
il
12
settembre
2013).
32. 32
-‐ prendi tutto (keep at all): viene stabilito un budget e il tempo di raccolta ma,
in questo caso, il finanziamento giunge al progetto a prescindere se esso
raggiunga o meno il proprio target entro la scadenza prevista.
Possono essere definiti elementi alla base di tale modello di crowdfunding il
racconto (attraverso cui il progettista ha la possibilità di trasmettere la propria
passione) le ricompense e le informazioni sul progettista, tese a creare il circuito di
fiducia tra progettista e sostenitore.
2.2.2 Donation based
Questo modello di crowdfunding non prevede alcun ritorno economico per
chi effettua la donazione. È utilizzato soprattutto da organizzazioni non profit ed è il
sistema più simile al fundraising online.
Il fundraising viene definito come “l’insieme delle attività di un soggetto collettivo
volte a reperire le risorse economiche necessarie a raggiungere gli scopi che esso si
propone, ossia a rendere sostenibili le cause sociali da esso promosse”60
. Tale
fenomeno si è ampiamente sviluppato nell’ambito delle organizzazioni non profit.
Il fundraising online utilizza il web per coinvolgere e convincere la gente a donare.
In questo caso il sito web di un’organizzazione non profit diviene il fulcro delle
azioni di raccolta fondi online.
A differenza del fundraising online, in una campagna di crowdfunding viene
predefinito l’inizio e la fine della raccolta fondi e la somma da raccogliere.
Il crowdfunding non è solo donazione, i sostenitori ricevono un beneficio emotivo e
di riconoscibilità sociale. Non si tratta di semplice fundraising ma è “storytelling, è
comunicazione, è attivazione della community”61
.
Dan Maron definisce questa nuova forma di finanziamento «il nuovo like», una
forma attiva di partecipazione. Grazie agli strumenti del web 2.0 la community dei
sostenitori può essere direttamente coinvolta nella formazione di un’idea e nella sua
realizzazione.
60F.
Ambrogetti,
M.
Coen
Cagli
e
R.
Milano,
Manuale
di
Fund
Raising
per
le
organizzazioni
non
profit,
Carocci
editore,
Roma,
1998.
61
Cfr.
http://www.slideshare.net/crowdfuture/reward-‐based-‐crowdfunding-‐chiara-‐spinelli-‐eppela
(consultato
il
12
settembre
2013).
33. 33
È possibile seguire passo per passo lo sviluppo di un progetto tutelati dalla garanzia
di trasparenza offerta dai feedback provenienti dalla folla. La reputazione di un
progetto e del suo progettista dipende grosso modo dalla validazione della
community che giudica la qualità dell’idea e decide di sostenerla62
. Il sostenitore non
è solo un acquirente ma diviene artefice del successo del progetto.
In Italia ci sono dieci piattaforme di donation based crowdfunding tra cui la Rete del
dono, Shinynote, Distribuzioni dal basso, Let’s Donation, iodono.com,
pubblicobene, fund for culture, commno beta, buonacausa.org, Leevia. È la forma di
crowdfunding prevalente in Italia dopo il reward based.
2.2.3 Social lending
Lo spot63
di «Smartika», una piattaforma di social lending italiana, definisce
tale modello come “un modo di dare o ricevere finanziamenti più semplice, con
meno costi, più rapido e più trasparente”. Social lending significa letteralmente
«prestito sociale» in cui un prestatore presta denaro a più richiedenti.
È possibile distinguere tre modelli:
- modello micro-prestiti: è la fornitura di servizi finanziari a clienti con bassi redditi.
Il denaro è raccolto da un gruppo di persone ed è gestito da un intermediario locale;
- prestito peer to peer: è una transazione finanziaria (prestare e prendere in prestito).
Avviene direttamente tra individui senza l’intermediazione delle tradizionali
istituzioni finanziarie. Un gruppo di persone presta piccole somme di denaro alla
stessa persona o organizzazione.
- prestito peer to business: si tratta di un micro-prestito a piccole imprese o start up.
Per entrare a far parte della comunità di prestatori della piattaforma italiana Smartika
è necessario registrarsi al portale e creare un’offerta di prestito scegliendo tra
cinquecento e cinquantamila euro; l’offerta verrà successivamente immessa sul
mercato per essere distribuita in parti uguali a cinquanta richiedenti differenti.
62
Ipotizzando
che
i
casi
di
sussidiarietà
possono
essere
sostenuti
da
campagne
di
crowdfunding,
la
trasparenza
diventa
un
elemento
fondamentale.
Grazie
alla
trasparenza
i
cittadini
hanno
tutte
le
informazioni
su
come
viene
utilizzato
il
denaro
e
su
come
procedono
i
«lavori»
per
la
realizzazione
del
progetto
finanziato.
63
Smartika:
cos’è
il
social
lending,
consultabile
su
https://www.youtube.com/watch?v=PAZEUEN7BqY
(consultato
il
10
settembre
2013)
34. 34
Per entrare a far parte della comunità dei richiedenti è necessario avere la maggiore
età, un conto corrente, una buona storia creditizia e un reddito dimostrabile.
I richiedenti possono richiedere un prestito da mille a quindicimila euro e decidere
se estinguere il finanziamento in ventiquattro, trentasei o quarantotto mesi.
Il modello del social lending è la tipologia di crowdfunding che ha avuto la crescita
maggiore nel 2012.
2.2.4 Equity based
Se con il reward based crowdfunding il contributo di un sostenitore è
«ripagato» con una ricompensa, con l’equity based il denaro investito in un
determinato progetto viene «ripagato» con partecipazioni azionarie.
Si tratta di una forma di crowdfunding associata al profit sharing che permette a una
rete distribuita di finanziatori di ottenere quote o azioni in una società.
Secondo i dati del Crowdfunding Report di Massolution nel 2012 è cresciuto del 30
% a livello globale.
Ci sono due modelli64
attraverso cui l’equity viene attivato nel mondo:
-‐ modello cooperativa: consiste nella creazione di una piattaforma fittizia che
funge da meccanismo di collezione dell’investimento. In questo modello i
contribuenti vengono riuniti in entità legali (cooperative) che investono nei
progetti;
-‐ modello club: le piattaforme reclutano potenziali investitori come membri di
un club di investimento chiuso. In questo modo l’offerta non viene fatta
direttamente al pubblico.
L’equity crowdfunding si distingue da altre forme di investimento in quanto
permette a tutti gli individui di diventare degli investitori. Questa possibilità
richiede necessariamente dei regolamenti volti a prevenire eventuali frodi e a
tutelare gli investitori dal rischio di impresa.
64
Questi
modelli
saranno
ripresi
nel
paragrafo
dedicato
alla
questione
normativa.
35. 35
2.3 Le piattaforme di crowdfunding in Italia
Secondo i dati del Crowdfunding report di Massolution nel 2012, grazie alle
campagne di crowdfunding, sono stati raccolti, in tutto il mondo, più di due miliardi
di dollari e sono stati finanziati 1,1 milioni di progetti (in particolare sono stati
raccolti 1,6 miliardi di dollari in Nord America e 945 milioni di dollari in Europa).
Dal 2010 al 2012 si è assistito a un’enorme crescita delle piattaforme, in modo
particolare del modello social lending. (fig.1)
L’incremento delle piattaforme ha coinvolto anche l’Italia. Nell’arco di un anno si è
passati da sedici a ben trentotto piattaforme65
. La forma di crowdfunding prevalente
è il reward based, seguita dal donation based, dall’equity based e per ultimo il
social lending. C’è da tener presente che lo sviluppo delle piattaforme di equity
based è stato frenato dall’attesa delle indicazioni del regolamento Consob. Si
65
Secondo
le
ricerche
portate
avanti
da
Ivana
Pais,
in
Italia
sono
presenti
quattro
piattaforme
di
social
lending
(Smartika,
Terzo
Valore,
Prestiamoci,
Boober);
sette
piattaforme
di
equity
based
(Siamo
Soci,
UnicaSeed,
Crowdfundme,
Startify,
Silicon
Veneto,
Fundera,
We
are
starting);
diciasette
piattaforme
di
reward
based
(Kapipal,
Produzioni
dal
basso,
Starteed,
Eppela,
Idea
Ginger,
DeRevolution,
Finanziami
il
tuo
futuro,
Kendoo,
Boomstarter,
We
are
community,
Musicraiser,
ForItaly,
H2
Raise.it,
Cineama,
Crowdfunding,
WereAlize.it,
MicroCredit
Artistique);
dieci
piattaforme
di
donation
based
(Rete
del
dono,
Shinynote,
Distribuzioni
dal
basso,
Let’s
Donation,
iodono.com,
pubblicobene,
fund
for
culture,
commno
beta,
buonacausa.org,
Leevia).
Cfr
Ivana
Pais,
Crowdfunding
per
i
beni
comuni,
29
agosto
2013,
pag.29
in
http://www.slideshare.net/ivana.pais
(consultato
il
12
settembre
2013).
Figura
1
Growth
by
crowdfunding
model.
Fonte:
Crowdfunding
Report
di
Massolution
2012
36. 36
consideri, a tal proposito, che l’Italia è il primo paese al mondo ad essersi dotato di
una normativa secifica sull’equity crowdfunding. Il quadro normativo di riferimento
parte dal cosiddetto “Decreto crescita Bis”, in modo particolare dall’art.30 del
decreto legislativo 18 ottobre 2012, n.179 convertito con modificazioni nella legge
17 dicembre 2012, n. 221. Alla Consob è stata affidato il compito di stilare un
regolamento66
.
Figura 2 Le piattaforme di crowdfunding italiane
Secondo gli studi di Ivana Pais e Daniela Castrataro 67
vi è una scarsa
internazionalizzazione delle piattaforme italiane, ma allo stesso tempo, le
piattaforme più popolari come Indiegogo e Kickstarter vengono utilizzate dagli
italiani per cercare finanziamenti per i loro progetti. 68
In Italia si stanno determinando tre tendenze:
66
Il
regolamento
Consob
sarà
approfondito
nei
prossimi
paragrafi.
67
Ivana
Pais
e
Daniela
Castrataro
sono
due
delle
fondatrici
dell’ICN
(Italian
Crowdfunding
Network),
un’associazione
senza
scopo
di
lucro
volta
alla
diffusione
del
crowdfunding
in
Italia,
mediante
la
diffusione
di
informazioni
sul
fenomeno
e
il
networking
dei
professionisti
del
settore.
http://www.italiancrowdfunding.org
(consultato
il
12
settembre
2013).
68
Sulla
piattaforma
Indiegogo
(piattaforma
internazionale
di
reward
based
crowdfunding
nata
a
San
Francisco)
i
progetti
italiani
sono
duecentocinquanta.
Duencentoquattordici
sono
conclusi,
quarantacinque
dei
quali
con
successo.
4
7
17
10
Social
lending
Equity
Based
Reward
Based
Donation
Based
37. 37
-‐ piattaforme settoriali
-‐ piattaforme DIY (do it yourself)
-‐ piattaforme territoriali
Le piattaforme settoriali sono dedicate esclusivamente ad un determinato settore.
Musicraiser69
ne è un esempio: si tratta di una piattaforma lanciata nel 2012 che
accetta progetti di raccolta fondi per la registrazione di dischi, tour, videoclip,
concerti e tutto ciò che è legato alla musica.
Con do it yourself si fa riferimento a quelle campagne di crowdfunding che non
vengono affidate a una delle piattaforme già esistenti ma vengono portate avanti
creando un sito web apposito. Questo modello viene spesso utilizzato in Italia per
progetti di civic crowdfunding.
Le piattaforme territoriali sono un’altra tendenza italiana e danno vita al cosiddetto
local crowdfunding.
Un fenomeno interessante e utile per la ricerca in quanto si tratta di piattaforme che
raccolgono progetti legati a un determinato territorio e volte molto spesso alla sua
valorizzazione.
Sono tre le piattaforme italiane di local crowdfunding: l’emiliana «Idea Ginger», la
pugliese «Finanziami il tuo futuro» e la bergamasca «Kendoo».
In assenza di riferimenti bibliografici o accademici in merito è stato sottoposto un
questionario ai gestori delle tre piattaforme al fine di porre in evidenza alcuni
elementi quali le modalità di gestione delle piattaforme, i tipi di progetti finanziati e
il rapporto con la pubblica amministrazione. Si è posta attenzione all’accezione
«territoriale» con cui le tre piattaforme si identificano.
Le tre piattaforme sono state inaugurate nel 2013 a distanza di pochi mesi una
dall’altra e sono tutte accomunate dal fattore «territoriale» che caratterizza i progetti
presentati.
69
Piattaforma
di
reward
crowdfunding
Musicariser,
http://www.musicraiser.com
(consultato
il
12
settembre
2013).
38. 38
Kendoo70
è stata inaugurata il 29 gennaio 2013 e viene definita una piattaforma
«iperlocale» in quanto si rivolge ai cittadini di Bergamo e provincia. È un progetto
di innovazione digitale promosso da Mediaon, società del gruppo editoriale
bergamasco SEEAB.
Ogni progetto presentato sulla piattaforma è «territoriale» o perché promosso da
persone che vivono il territorio o perché il progetto mira alla promozione del
territorio bergamasco.
Il modello è quello del reward based e vige la regola dell’all or nothing, ogni
progetto ottiene il finanziamento solo una volta raggiunto il budget prefissato. Nel
caso in cui il progetto viene finanziato Kendoo trattiene il 2,5 %.
La piattaforma ha lo scopo di raccogliere progetti che hanno un impatto sociale sulla
comunità, per tale motivo è previsto un iter di approvazione e verifica da parte dei
gestori di Kendoo.
Ad oggi la piattaforma rende pubblici otto progetti, sei dei quali conclusi con
successo. La maggior parte dei progetti sono presentati da associazioni o fondazioni.
La Fondazione credito bergamasco ha sostenuto sei dei progetti presentati con
somme da 70 a 1000 euro e sembrerebbe rappresentare una sorta di big player della
community di Kendoo.
La promozione della piattaforma, e quindi dei progetti, è favorita dal sostegno dei
media di SEESAB (web, stampa, tv, radio).
«Finanziami il tuo futuro»71
è una piattaforma pugliese - con sede a Locorotondo –
inaugurata nel marzo 2013. Si tratta di un progetto realizzato da Fare associazione e
finanziato dal Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca.
I fondatori della piattaforma sono cinque giovani laureati dai ventisette ai trentatré
anni. Nel questionario sottoposto ai fini della ricerca dichiarano che l’idea del
progetto nasce dall’analisi del mercato e del territorio di riferimento, da cui sono
emersi due elementi: la difficoltà da parte dei giovani di accedere a forme di credito
e la presenza di un tessuto sociale reattivo e propositivo.
70
La
piattaforma
di
Kendoo,
consultabile
su
http://www.kendoo.it
(consultato
il
20
settembre
2013).
71
La
piattaforma
di
«Finanziami
il
tuo
futuro»
è
consultabile
su
http://www.finanziamiiltuofuturo.it
(consultato
il
20
settembre
2013).
39. 39
La propensione all’attivazione, all’autoimpiego e alla progettualità delle nuove
generazioni, unita alla volontà di favorire la crescita di un territorio, hanno condotto
allo sviluppo della piattaforma di crowdfunding. La scelta è ricaduta sul cosiddetto
local crowdfunding in quanto si dà peso alla promozione da un lato di nuove forme
di interazione e dall’altro a formule di cooperazione finanziaria tra attori pubblici e
privati.
Tale piattaforma si differenzia nettamente dalle altre in quanto vi sono precise
indicazioni in merito ai progettisti e ai progetti; la piattaforma è infatti rivolta ai
giovani, di età compresa tra i 18 e 35 anni, di solo alcuni comuni pugliesi72
e inoltre
tutti i progetti devono essere volti alla promozione del territorio della Valle d’Itria.
La ricezione dei progetti ha avuto un inizio e una fine (dal 25 marzo al 20 maggio);
in tale periodo circoscritto i gestori della piattaforma hanno ricevuto diciassette
progetti, tredici dei quali sono stati pubblicati.
Finanziami il tuo futuro mira a valorizzare l’innovazione e la creatività dei giovani
del territorio che, come progettisti, sono tenuti a garantire un impegno costante di
promozione e pubblicizzazione delle proprie idee.
Il contributo massimo possibile da richiedere è di diecimila euro per la realizzazione
di progetti della durata massima di dodici mesi.
I sostenitori possono contribuire al progetto sia mediante l’utilizzo della
piattaforma73
, con carta di credito o account PayPal, sia in contanti nella sede legale
di Fare Associazione o durante gli eventi a cui partecipa lo staff di Finanziami il tuo
futuro.
La piattaforma prevede un sistema a step volto, a detta dei gestori della piattaforma,
a responsabilizzare i promotori del progetto. Solo i progetti finanziati fino al 70%
entro il 30 novembre potranno «gareggiare» per ottenere il finanziamento
complessivo.
Questo tipo di piattaforma sembra essere fin troppo limitativa rispetto alle altre. Il
principio è che cittadini, associazioni, imprese e istituzioni scelgano a quale progetto
dare la possibilità di realizzarsi ma tale scelta è limitata dai termini imposti dal
72
La
piattaforma
prevede
che
i
giovani
progettisti
siano
residenti
nei
comuni
di
Alberobello,
Cisternino,
Locorotondo,
Martina
Franca,
Noci
e
Putignano.
73
Le
donazioni
effettuate
online
vengono
completamente
rimborsate
se
i
progetti
non
raggiungono
le
soglie
previste.
40. 40
regolamento della piattaforma. Basti pensare che, all’inizio della campagna, i
progetti che in un mese non hanno raggiunto il 5% sono stati eliminati a priori,
nonostante la fase di finanziamento duri sei mesi.
D’altra parte «Finanziami il tuo futuro» mette a disposizione dei progettisti risorse
umane utili alla promozione e diffusione dei progetti non solo online ma anche
offline.
Il fattore locale che caratterizza la piattaforma si fonda sulla necessità di creare un
rapporto tra i creatori e i sostenitori anche attraverso l’organizzazione di eventi,
iniziative e banchetti.
Il primo luglio 2013 sono stati pubblicati tredici progetti e solamente in cinque
hanno superato il primo step, ossia hanno raggiunto il 5% dell’importo richiesto. Tra
i sostenitori non compaiono fondazioni, aziende o enti ma solo singoli privati. A
differenza di Kendoo le somme donate da ciascun sostenitore non sono rese
trasparenti. Finora le donazioni sono state raccolte prevalentemente online.
Idea Ginger74
è stata inaugurata nel giugno 2013 e si propone come piattaforma di
local crowdfunding. Ginger sta per «Gestione idee nuove e geniali Emilia
Romagna» e permette a chiunque (singoli, associazioni, fondazioni, pubblica
amministrazione) di presentare il proprio progetto, purché i progettisti siano
domiciliati in Emilia Romagna e il progetto abbia ricadute sulla regione.
Le fondatrici di Ginger sono cinque giovani laureate che non si occupano solamente
della gestione della piattaforma ma si dedicano anche all’organizzazione di
workshop volti a sensibilizzare e informare sul tema del crowdfunding, molto spesso
erroneamente considerato la via del successo.
A detta delle fondatrici la piattaforma con valore «territoriale» nasce
dall’accostamento di un attento benchmarking della situazione del crowdfunding in
Italia alle loro esperienze nel settore delle imprese culturali e creative sul territorio.
74
La
piattaforma
di
Idea
Ginger
è
consultabile
su
http://www.ideaginger.it/index.html
(consultato
il
20
settembre
2013).