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I canti centrali del Paradiso

          XV – XVI - XVII
Dove ci
troviamo?




     2
Dove ci troviamo?

   Cielo di Marte

Intelligenze angeliche:         Spiriti militanti
      Virtù

                          Spiriti che combatterono
                          per la fede.
                          Appaiono come luci
                          che si dispongono a forma di una croce
                                              3
Quando?

Sera del 13 aprile
(mercoledì) 1300
       ff




               4
Chi?

Dante

Beatrice

Cacciaguida
                  5
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

                                                      6
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,

silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

                                                      7
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,       I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua,             avevano cominciato a cantare, si
                                           zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira,        Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

                                                         8
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,       I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua,             avevano cominciato a cantare, si
                                           zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira,        Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.         Si crea un forte effetto di
                                               suspance
                                                         9
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,       I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua,             avevano cominciato a cantare, si
                                           zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira,        Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

                                                         10
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,       I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua,             avevano cominciato a cantare, si
                                           zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira,        Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
                                            Riflessione dottrinale
Bene è che sanza termine si doglia          sull'intercessione dei santi
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.

                                                          11
Il silenzio dei beati (vv. 1-12)



Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,       I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua,             avevano cominciato a cantare, si
                                           zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira,        Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.

Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
                                           I beati, che nel canto precedente
Bene è che sanza termine si doglia         avevano cominciato a cantare,
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
                                            Interrogativa retorica che
                                            presuppone risposta positiva
                                                          12
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri       né si partì la gemma dal suo nastro,
discorre ad ora ad or sùbito foco,         ma per la lista radïal trascorse,
movendo li occhi che stavan sicuri,        che parve foco dietro ad alabastro.


e pare stella che tramuti loco,            Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se non che da la parte ond' e' s'accende   se fede merta nostra maggior musa,
nulla sen perde, ed esso dura poco:        quando in Eliso del figlio s'accorse.


tale dal corno che 'n destro si stende     «O sanguis meus, o superinfusa
a piè di quella croce corse un astro       gratïa Deï, sicut tibi cui
de la costellazion che lì resplende;       bis unquam celi ianüa reclusa?».


                                                                 13
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:        Similitudine
                                           principale
tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;




                                              14
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;




                                            15
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:

tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radïal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.

                                            16
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,

e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:        Le metafore scelte
                                           alternano sensazioni
                                           fredde e cristalline a
tale dal corno che 'n destro si stende
                                           sensazioni di tepore
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radïal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.

                                             17
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?».




                                           18
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?».        Si prolunga la dimensione delle
                                        comparazioni: qui Cacciaguida
                                        viene paragonato ad Anchise.




                                                   19
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


  Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
  se fede merta nostra maggior musa,
  quando in Eliso del figlio s'accorse.

  «O sanguis meus, o superinfusa
  gratïa Deï, sicut tibi cui
  bis unquam celi ianüa reclusa?».              Si prolunga la dimensione delle
                                                comparazioni: qui Cacciaguida
                                                viene paragonato ad Anchise.



Cacciaguida avvia il proprio discorso parlando latino
                                                         Mito e lingua classica
                                                         generano un ulteriore
                                                         innalzamento del tono.
                                                         Si crea un forte stato
                                                            20
                                                         di attesa
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.

«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui               Non Enea, non Saulo sono
bis unquam celi ianüa reclusa?».         (If. I, vv)




                                           21
Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)


Quale per li seren tranquilli e puri       né si partì la gemma dal suo nastro,
discorre ad ora ad or sùbito foco,         ma per la lista radïal trascorse,
movendo li occhi che stavan sicuri,        che parve foco dietro ad alabastro.


e pare stella che tramuti loco,            Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se non che da la parte ond' e' s'accende   se fede merta nostra maggior musa,
nulla sen perde, ed esso dura poco:        quando in Eliso del figlio s'accorse.


tale dal corno che 'n destro si stende     «O sanguis meus, o superinfusa
a piè di quella croce corse un astro       gratïa Deï, sicut tibi cui
de la costellazion che lì resplende;       bis unquam celi ianüa reclusa?».


                                                                 22
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;      du' non si muta mai bianco né bruno,
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;            solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
                                             in ch'io ti parlo, mercé di colei
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso    ch'a l'alto volo ti vestì le piume.
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.         Tu credi che a me tuo pensier mei
                                             da quel ch'è primo, così come raia
Indi, a udire e a veder giocondo,            da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;      e però ch'io mi sia e perch' io paia
                                             più gaudïoso a te, non mi domandi,
né per elezïon mi si nascose,                che alcun altro in questa turba gaia.
ma per necessità, ché 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose.           Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
                                             di questa vita miran ne lo speglio
E quando l'arco de l'ardente affetto         in che, prima che pensi, il pensier pandi;
fu sì sfogato, che 'l parlar discese
inver' lo segno del nostro intelletto,       ma perché 'l sacro amore 23che io veglio
                                                                      in
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)


Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
                                             La presenza di
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso    Beatrice in questo
                                             canto è fatta solo
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
                                             di sorrisi e cenni
de la mia gloria e del mio paradiso.




                                             24
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)


Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
                                             La presenza di
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso    Beatrice in questo
                                             canto è fatta solo
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
                                             di sorrisi e cenni
de la mia gloria e del mio paradiso.




                                             25
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)


  Indi, a udire e a veder giocondo,
  giunse lo spirto al suo principio cose,
  ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;
                                                  Il linguaggio iniziale di
  né per elezïon mi si nascose,                   Cacciaguida è oscuro
  ma per necessità, ché 'l suo concetto
  al segno d'i mortal si soprapuose.




Anche questo elemento
                                            Ritorna il tema dell'INEFFABILE
contribuisce ad accrescere il senso di
mistero e, allo stesso tempo, di attesa.

                                                      26
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)

E quando l'arco de l'ardente affetto
fu sì sfogato, che 'l parlar discese        Il linguaggio di Cacciaguida
inver' lo segno del nostro intelletto,      Diventa intelligibile.

la prima cosa che per me s'intese,
«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,
che nel mio seme se' tanto cortese!».

E seguì: «Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume
du' non si muta mai bianco né bruno,

solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercé di colei
ch'a l'alto volo ti vestì le piume.




                                                      27
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)


Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'è primo, così come raia
da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;

e però ch'io mi sia e perch' io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.

Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;

ma perché 'l sacro amore in che io veglio
con perpetüa vista e che m'asseta
di dolce disïar, s'adempia meglio,

la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontà, suoni 'l disio,
a che la mia risposta è già decreta!».
                                              28
Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)


Io mi volsi a Beatrice, e quella udio        Ma voglia e argomento ne' mortali,
pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno     per la cagion ch'a voi è manifesta,
che fece crescer l'ali al voler mio.         diversamente son pennuti in ali;


Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno,   ond' io, che son mortal, mi sento in questa
come la prima equalità v'apparse,            disagguaglianza, e però non ringrazio
d'un peso per ciascun di voi si fenno,       se non col core a la paterna festa.


però che 'l sol che v'allumò e arse,         Ben supplico io a te, vivo topazio
col caldo e con la luce è sì iguali,         che questa gioia prezïosa ingemmi,
che tutte simiglianze sono scarse.           perché mi facci del tuo nome sazio».


                                                                  29
Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)


Io mi volsi a Beatrice, e quella udio        Ma voglia e argomento ne' mortali,
pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno     per la cagion ch'a voi è manifesta,
che fece crescer l'ali al voler mio.         diversamente son pennuti in ali;


Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno,   ond' io, che son mortal, mi sento in questa
come la prima equalità v'apparse,            disagguaglianza, e però non ringrazio
d'un peso per ciascun di voi si fenno,       se non col core a la paterna festa.


però che 'l sol che v'allumò e arse,         Ben supplico io a te, vivo topazio
col caldo e con la luce è sì iguali,         che questa gioia prezïosa ingemmi,
che tutte simiglianze sono scarse.           perché mi facci del tuo nome sazio».


                                                                  30
Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;      du' non si muta mai bianco né bruno,
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;            solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
                                             in ch'io ti parlo, mercé di colei
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso    ch'a l'alto volo ti vestì le piume.
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.         Tu credi che a me tuo pensier mei
                                             da quel ch'è primo, così come raia
Indi, a udire e a veder giocondo,            da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;      e però ch'io mi sia e perch' io paia
                                             più gaudïoso a te, non mi domandi,
né per elezïon mi si nascose,                che alcun altro in questa turba gaia.
ma per necessità, ché 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose.           Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
                                             di questa vita miran ne lo speglio
E quando l'arco de l'ardente affetto         in che, prima che pensi, il pensier pandi;
fu sì sfogato, che 'l parlar discese
inver' lo segno del nostro intelletto,       ma perché 'l sacro amore 31che io veglio
                                                                      in
Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)



«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent' anni e piùe
girato ha 'l monte in la prima cornice,

mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l'opere tue.




                                             32
Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)



«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent' anni e piùe       Cacciaguida
girato ha 'l monte in la prima cornice,      Alighieri I
                                             Bellincione
mio figlio fu e tuo bisavol fue:             Alighiero II
ben si convien che la lunga fatica           Dante
tu li raccorci con l'opere tue.




                                                   33
L'antica Firenze (vv. 97-129)
Fiorenza dentro da la cerchia antica,        e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
ond' ella toglie ancora e terza e nona,      esser contenti a la pelle scoperta,
si stava in pace, sobria e pudica.           e le sue donne al fuso e al pennecchio.


Non avea catenella, non corona,              Oh fortunate! ciascuna era certa
non gonne contigiate, non cintura            de la sua sepultura, e ancor nulla
che fosse a veder più che la persona.        era per Francia nel letto diserta.


Non faceva, nascendo, ancor paura            L'una vegghiava a studio de la culla,
la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote   e, consolando, usava l'idïoma
non fuggien quinci e quindi la misura.       che prima i padri e le madri trastulla;


Non avea case di famiglia vòte;              l'altra, traendo a la rocca la chioma,favoleggiava
non v'era giunto ancor Sardanapalo           con la sua famiglia
a mostrar ciò che 'n camera si puote.        d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.


Non era vinto ancora Montemalo               Saria tenuta allor tal maraviglia
                                                                     34
L'antica Firenze (vv. 97-129)

Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.

Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.

Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vòte;
non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che 'n camera si puote.

Non era vinto ancora Montemalo
dal vostro Uccellatoio, che, com' è vinto
nel montar sù, così sarà nel calo.



                                                  35
L'antica Firenze (vv. 97-129)

Bellincion Berti vid' io andar cinto
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
                                            Firenze prima della corruzione
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.

Oh fortunate! ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.

L'una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;

l'altra, traendo a la rocca la chioma,      Le antiche donne
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.

Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia.                   36
Cacciaguida parla di sé e della sua vita (vv. 130-148)
A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida
cittadinanza, a così dolce ostello,

Maria mi diè, chiamata in alte grida;
e ne l'antico vostro Batisteo
insieme fui cristiano e Cacciaguida.

Moronto fu mio frate ed Eliseo;
mia donna venne a me di val di Pado,
e quindi il sopranome tuo si feo.

Poi seguitai lo 'mperador Currado;
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.

Dietro li andai incontro a la nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa d'i pastor, vostra giustizia.

Quivi fu' io da quella gente turpa
disviluppato dal mondo fallace,
lo cui amor molt' anime deturpa;

e venni dal martiro a questa pace».
                                               37

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Xv paradiso

  • 1. I canti centrali del Paradiso XV – XVI - XVII
  • 3. Dove ci troviamo? Cielo di Marte Intelligenze angeliche: Spiriti militanti Virtù Spiriti che combatterono per la fede. Appaiono come luci che si dispongono a forma di una croce 3
  • 4. Quando? Sera del 13 aprile (mercoledì) 1300 ff 4
  • 6. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, come cupidità fa ne la iniqua, silenzio puose a quella dolce lira, e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Bene è che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. 6
  • 7. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, come cupidità fa ne la iniqua, silenzio puose a quella dolce lira, e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Bene è che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. 7
  • 8. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare. e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Bene è che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. 8
  • 9. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare. e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Bene è che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. Si crea un forte effetto di suspance 9
  • 10. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare. e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Bene è che sanza termine si doglia chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. 10
  • 11. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare. e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? Riflessione dottrinale Bene è che sanza termine si doglia sull'intercessione dei santi chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. 11
  • 12. Il silenzio dei beati (vv. 1-12) Benigna volontade in che si liqua sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si zittiscono tutti insieme affinché silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare. e fece quïetar le sante corde che la destra del cielo allenta e tira. Come saranno a' giusti preghi sorde quelle sustanze che, per darmi voglia ch'io le pregassi, a tacer fur concorde? I beati, che nel canto precedente Bene è che sanza termine si doglia avevano cominciato a cantare, chi, per amor di cosa che non duri etternalmente, quello amor si spoglia. Interrogativa retorica che presuppone risposta positiva 12
  • 13. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri né si partì la gemma dal suo nastro, discorre ad ora ad or sùbito foco, ma per la lista radïal trascorse, movendo li occhi che stavan sicuri, che parve foco dietro ad alabastro. e pare stella che tramuti loco, Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se non che da la parte ond' e' s'accende se fede merta nostra maggior musa, nulla sen perde, ed esso dura poco: quando in Eliso del figlio s'accorse. tale dal corno che 'n destro si stende «O sanguis meus, o superinfusa a piè di quella croce corse un astro gratïa Deï, sicut tibi cui de la costellazion che lì resplende; bis unquam celi ianüa reclusa?». 13
  • 14. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sùbito foco, movendo li occhi che stavan sicuri, e pare stella che tramuti loco, se non che da la parte ond' e' s'accende nulla sen perde, ed esso dura poco: Similitudine principale tale dal corno che 'n destro si stende a piè di quella croce corse un astro de la costellazion che lì resplende; 14
  • 15. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sùbito foco, movendo li occhi che stavan sicuri, e pare stella che tramuti loco, se non che da la parte ond' e' s'accende nulla sen perde, ed esso dura poco: tale dal corno che 'n destro si stende a piè di quella croce corse un astro de la costellazion che lì resplende; 15
  • 16. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sùbito foco, movendo li occhi che stavan sicuri, e pare stella che tramuti loco, se non che da la parte ond' e' s'accende nulla sen perde, ed esso dura poco: tale dal corno che 'n destro si stende a piè di quella croce corse un astro de la costellazion che lì resplende; né si partì la gemma dal suo nastro, ma per la lista radïal trascorse, che parve foco dietro ad alabastro. 16
  • 17. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri discorre ad ora ad or sùbito foco, movendo li occhi che stavan sicuri, e pare stella che tramuti loco, se non che da la parte ond' e' s'accende nulla sen perde, ed esso dura poco: Le metafore scelte alternano sensazioni fredde e cristalline a tale dal corno che 'n destro si stende sensazioni di tepore a piè di quella croce corse un astro de la costellazion che lì resplende; né si partì la gemma dal suo nastro, ma per la lista radïal trascorse, che parve foco dietro ad alabastro. 17
  • 18. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se fede merta nostra maggior musa, quando in Eliso del figlio s'accorse. «O sanguis meus, o superinfusa gratïa Deï, sicut tibi cui bis unquam celi ianüa reclusa?». 18
  • 19. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se fede merta nostra maggior musa, quando in Eliso del figlio s'accorse. «O sanguis meus, o superinfusa gratïa Deï, sicut tibi cui bis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle comparazioni: qui Cacciaguida viene paragonato ad Anchise. 19
  • 20. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se fede merta nostra maggior musa, quando in Eliso del figlio s'accorse. «O sanguis meus, o superinfusa gratïa Deï, sicut tibi cui bis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle comparazioni: qui Cacciaguida viene paragonato ad Anchise. Cacciaguida avvia il proprio discorso parlando latino Mito e lingua classica generano un ulteriore innalzamento del tono. Si crea un forte stato 20 di attesa
  • 21. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se fede merta nostra maggior musa, quando in Eliso del figlio s'accorse. «O sanguis meus, o superinfusa gratïa Deï, sicut tibi cui Non Enea, non Saulo sono bis unquam celi ianüa reclusa?». (If. I, vv) 21
  • 22. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30) Quale per li seren tranquilli e puri né si partì la gemma dal suo nastro, discorre ad ora ad or sùbito foco, ma per la lista radïal trascorse, movendo li occhi che stavan sicuri, che parve foco dietro ad alabastro. e pare stella che tramuti loco, Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, se non che da la parte ond' e' s'accende se fede merta nostra maggior musa, nulla sen perde, ed esso dura poco: quando in Eliso del figlio s'accorse. tale dal corno che 'n destro si stende «O sanguis meus, o superinfusa a piè di quella croce corse un astro gratïa Deï, sicut tibi cui de la costellazion che lì resplende; bis unquam celi ianüa reclusa?». 22
  • 23. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; du' non si muta mai bianco né bruno, poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; solvuto hai, figlio, dentro a questo lume in ch'io ti parlo, mercé di colei ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso ch'a l'alto volo ti vestì le piume. tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Tu credi che a me tuo pensier mei da quel ch'è primo, così come raia Indi, a udire e a veder giocondo, da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei; giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo; e però ch'io mi sia e perch' io paia più gaudïoso a te, non mi domandi, né per elezïon mi si nascose, che alcun altro in questa turba gaia. ma per necessità, ché 'l suo concetto al segno d'i mortal si soprapuose. Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi di questa vita miran ne lo speglio E quando l'arco de l'ardente affetto in che, prima che pensi, il pensier pandi; fu sì sfogato, che 'l parlar discese inver' lo segno del nostro intelletto, ma perché 'l sacro amore 23che io veglio in
  • 24. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; La presenza di ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso Beatrice in questo canto è fatta solo tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo di sorrisi e cenni de la mia gloria e del mio paradiso. 24
  • 25. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; La presenza di ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso Beatrice in questo canto è fatta solo tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo di sorrisi e cenni de la mia gloria e del mio paradiso. 25
  • 26. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo; Il linguaggio iniziale di né per elezïon mi si nascose, Cacciaguida è oscuro ma per necessità, ché 'l suo concetto al segno d'i mortal si soprapuose. Anche questo elemento Ritorna il tema dell'INEFFABILE contribuisce ad accrescere il senso di mistero e, allo stesso tempo, di attesa. 26
  • 27. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) E quando l'arco de l'ardente affetto fu sì sfogato, che 'l parlar discese Il linguaggio di Cacciaguida inver' lo segno del nostro intelletto, Diventa intelligibile. la prima cosa che per me s'intese, «Benedetto sia tu», fu, «trino e uno, che nel mio seme se' tanto cortese!». E seguì: «Grato e lontano digiuno, tratto leggendo del magno volume du' non si muta mai bianco né bruno, solvuto hai, figlio, dentro a questo lume in ch'io ti parlo, mercé di colei ch'a l'alto volo ti vestì le piume. 27
  • 28. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Tu credi che a me tuo pensier mei da quel ch'è primo, così come raia da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei; e però ch'io mi sia e perch' io paia più gaudïoso a te, non mi domandi, che alcun altro in questa turba gaia. Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi di questa vita miran ne lo speglio in che, prima che pensi, il pensier pandi; ma perché 'l sacro amore in che io veglio con perpetüa vista e che m'asseta di dolce disïar, s'adempia meglio, la voce tua sicura, balda e lieta suoni la volontà, suoni 'l disio, a che la mia risposta è già decreta!». 28
  • 29. Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87) Io mi volsi a Beatrice, e quella udio Ma voglia e argomento ne' mortali, pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno per la cagion ch'a voi è manifesta, che fece crescer l'ali al voler mio. diversamente son pennuti in ali; Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno, ond' io, che son mortal, mi sento in questa come la prima equalità v'apparse, disagguaglianza, e però non ringrazio d'un peso per ciascun di voi si fenno, se non col core a la paterna festa. però che 'l sol che v'allumò e arse, Ben supplico io a te, vivo topazio col caldo e con la luce è sì iguali, che questa gioia prezïosa ingemmi, che tutte simiglianze sono scarse. perché mi facci del tuo nome sazio». 29
  • 30. Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87) Io mi volsi a Beatrice, e quella udio Ma voglia e argomento ne' mortali, pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno per la cagion ch'a voi è manifesta, che fece crescer l'ali al voler mio. diversamente son pennuti in ali; Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno, ond' io, che son mortal, mi sento in questa come la prima equalità v'apparse, disagguaglianza, e però non ringrazio d'un peso per ciascun di voi si fenno, se non col core a la paterna festa. però che 'l sol che v'allumò e arse, Ben supplico io a te, vivo topazio col caldo e con la luce è sì iguali, che questa gioia prezïosa ingemmi, che tutte simiglianze sono scarse. perché mi facci del tuo nome sazio». 30
  • 31. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69) Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; du' non si muta mai bianco né bruno, poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; solvuto hai, figlio, dentro a questo lume in ch'io ti parlo, mercé di colei ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso ch'a l'alto volo ti vestì le piume. tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Tu credi che a me tuo pensier mei da quel ch'è primo, così come raia Indi, a udire e a veder giocondo, da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei; giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo; e però ch'io mi sia e perch' io paia più gaudïoso a te, non mi domandi, né per elezïon mi si nascose, che alcun altro in questa turba gaia. ma per necessità, ché 'l suo concetto al segno d'i mortal si soprapuose. Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi di questa vita miran ne lo speglio E quando l'arco de l'ardente affetto in che, prima che pensi, il pensier pandi; fu sì sfogato, che 'l parlar discese inver' lo segno del nostro intelletto, ma perché 'l sacro amore 31che io veglio in
  • 32. Cacciaguida si rivela (vv. 88-96) «O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando, io fui la tua radice»: cotal principio, rispondendo, femmi. Poscia mi disse: «Quel da cui si dice tua cognazione e che cent' anni e piùe girato ha 'l monte in la prima cornice, mio figlio fu e tuo bisavol fue: ben si convien che la lunga fatica tu li raccorci con l'opere tue. 32
  • 33. Cacciaguida si rivela (vv. 88-96) «O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando, io fui la tua radice»: cotal principio, rispondendo, femmi. Poscia mi disse: «Quel da cui si dice tua cognazione e che cent' anni e piùe Cacciaguida girato ha 'l monte in la prima cornice, Alighieri I Bellincione mio figlio fu e tuo bisavol fue: Alighiero II ben si convien che la lunga fatica Dante tu li raccorci con l'opere tue. 33
  • 34. L'antica Firenze (vv. 97-129) Fiorenza dentro da la cerchia antica, e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio ond' ella toglie ancora e terza e nona, esser contenti a la pelle scoperta, si stava in pace, sobria e pudica. e le sue donne al fuso e al pennecchio. Non avea catenella, non corona, Oh fortunate! ciascuna era certa non gonne contigiate, non cintura de la sua sepultura, e ancor nulla che fosse a veder più che la persona. era per Francia nel letto diserta. Non faceva, nascendo, ancor paura L'una vegghiava a studio de la culla, la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote e, consolando, usava l'idïoma non fuggien quinci e quindi la misura. che prima i padri e le madri trastulla; Non avea case di famiglia vòte; l'altra, traendo a la rocca la chioma,favoleggiava non v'era giunto ancor Sardanapalo con la sua famiglia a mostrar ciò che 'n camera si puote. d'i Troiani, di Fiesole e di Roma. Non era vinto ancora Montemalo Saria tenuta allor tal maraviglia 34
  • 35. L'antica Firenze (vv. 97-129) Fiorenza dentro da la cerchia antica, ond' ella toglie ancora e terza e nona, si stava in pace, sobria e pudica. Non avea catenella, non corona, non gonne contigiate, non cintura che fosse a veder più che la persona. Non faceva, nascendo, ancor paura la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote non fuggien quinci e quindi la misura. Non avea case di famiglia vòte; non v'era giunto ancor Sardanapalo a mostrar ciò che 'n camera si puote. Non era vinto ancora Montemalo dal vostro Uccellatoio, che, com' è vinto nel montar sù, così sarà nel calo. 35
  • 36. L'antica Firenze (vv. 97-129) Bellincion Berti vid' io andar cinto di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio la donna sua sanza 'l viso dipinto; Firenze prima della corruzione e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio esser contenti a la pelle scoperta, e le sue donne al fuso e al pennecchio. Oh fortunate! ciascuna era certa de la sua sepultura, e ancor nulla era per Francia nel letto diserta. L'una vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava l'idïoma che prima i padri e le madri trastulla; l'altra, traendo a la rocca la chioma, Le antiche donne favoleggiava con la sua famiglia d'i Troiani, di Fiesole e di Roma. Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella, un Lapo Salterello, qual or saria Cincinnato e Corniglia. 36
  • 37. Cacciaguida parla di sé e della sua vita (vv. 130-148) A così riposato, a così bello viver di cittadini, a così fida cittadinanza, a così dolce ostello, Maria mi diè, chiamata in alte grida; e ne l'antico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. Moronto fu mio frate ed Eliseo; mia donna venne a me di val di Pado, e quindi il sopranome tuo si feo. Poi seguitai lo 'mperador Currado; ed el mi cinse de la sua milizia, tanto per bene ovrar li venni in grado. Dietro li andai incontro a la nequizia di quella legge il cui popolo usurpa, per colpa d'i pastor, vostra giustizia. Quivi fu' io da quella gente turpa disviluppato dal mondo fallace, lo cui amor molt' anime deturpa; e venni dal martiro a questa pace». 37