3. Dove ci troviamo?
Cielo di Marte
Intelligenze angeliche: Spiriti militanti
Virtù
Spiriti che combatterono
per la fede.
Appaiono come luci
che si dispongono a forma di una croce
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6. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,
silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
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7. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,
silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
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8. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si
zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
8
9. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si
zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia. Si crea un forte effetto di
suspance
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10. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si
zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
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11. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si
zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
Riflessione dottrinale
Bene è che sanza termine si doglia sull'intercessione dei santi
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
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12. Il silenzio dei beati (vv. 1-12)
Benigna volontade in che si liqua
sempre l'amor che drittamente spira, I beati, che nel canto precedente
come cupidità fa ne la iniqua, avevano cominciato a cantare, si
zittiscono tutti insieme affinché
silenzio puose a quella dolce lira, Dante possa parlare.
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti preghi sorde
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
I beati, che nel canto precedente
Bene è che sanza termine si doglia avevano cominciato a cantare,
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
Interrogativa retorica che
presuppone risposta positiva
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13. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri né si partì la gemma dal suo nastro,
discorre ad ora ad or sùbito foco, ma per la lista radïal trascorse,
movendo li occhi che stavan sicuri, che parve foco dietro ad alabastro.
e pare stella che tramuti loco, Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se non che da la parte ond' e' s'accende se fede merta nostra maggior musa,
nulla sen perde, ed esso dura poco: quando in Eliso del figlio s'accorse.
tale dal corno che 'n destro si stende «O sanguis meus, o superinfusa
a piè di quella croce corse un astro gratïa Deï, sicut tibi cui
de la costellazion che lì resplende; bis unquam celi ianüa reclusa?».
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14. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco: Similitudine
principale
tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
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15. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:
tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
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16. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:
tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radïal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.
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17. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond' e' s'accende
nulla sen perde, ed esso dura poco: Le metafore scelte
alternano sensazioni
fredde e cristalline a
tale dal corno che 'n destro si stende
sensazioni di tepore
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radïal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.
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18. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.
«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?».
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19. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.
«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle
comparazioni: qui Cacciaguida
viene paragonato ad Anchise.
19
20. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.
«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?». Si prolunga la dimensione delle
comparazioni: qui Cacciaguida
viene paragonato ad Anchise.
Cacciaguida avvia il proprio discorso parlando latino
Mito e lingua classica
generano un ulteriore
innalzamento del tono.
Si crea un forte stato
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di attesa
21. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s'accorse.
«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui Non Enea, non Saulo sono
bis unquam celi ianüa reclusa?». (If. I, vv)
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22. Cacciaguida si avvicina a Dante e lo saluta (vv. 13-30)
Quale per li seren tranquilli e puri né si partì la gemma dal suo nastro,
discorre ad ora ad or sùbito foco, ma per la lista radïal trascorse,
movendo li occhi che stavan sicuri, che parve foco dietro ad alabastro.
e pare stella che tramuti loco, Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse,
se non che da la parte ond' e' s'accende se fede merta nostra maggior musa,
nulla sen perde, ed esso dura poco: quando in Eliso del figlio s'accorse.
tale dal corno che 'n destro si stende «O sanguis meus, o superinfusa
a piè di quella croce corse un astro gratïa Deï, sicut tibi cui
de la costellazion che lì resplende; bis unquam celi ianüa reclusa?».
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23. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; du' non si muta mai bianco né bruno,
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui; solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercé di colei
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso ch'a l'alto volo ti vestì le piume.
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso. Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'è primo, così come raia
Indi, a udire e a veder giocondo, da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo; e però ch'io mi sia e perch' io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
né per elezïon mi si nascose, che alcun altro in questa turba gaia.
ma per necessità, ché 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose. Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
E quando l'arco de l'ardente affetto in che, prima che pensi, il pensier pandi;
fu sì sfogato, che 'l parlar discese
inver' lo segno del nostro intelletto, ma perché 'l sacro amore 23che io veglio
in
24. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
La presenza di
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso Beatrice in questo
canto è fatta solo
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
di sorrisi e cenni
de la mia gloria e del mio paradiso.
24
25. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
La presenza di
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso Beatrice in questo
canto è fatta solo
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
di sorrisi e cenni
de la mia gloria e del mio paradiso.
25
26. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo;
Il linguaggio iniziale di
né per elezïon mi si nascose, Cacciaguida è oscuro
ma per necessità, ché 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose.
Anche questo elemento
Ritorna il tema dell'INEFFABILE
contribuisce ad accrescere il senso di
mistero e, allo stesso tempo, di attesa.
26
27. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
E quando l'arco de l'ardente affetto
fu sì sfogato, che 'l parlar discese Il linguaggio di Cacciaguida
inver' lo segno del nostro intelletto, Diventa intelligibile.
la prima cosa che per me s'intese,
«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,
che nel mio seme se' tanto cortese!».
E seguì: «Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume
du' non si muta mai bianco né bruno,
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercé di colei
ch'a l'alto volo ti vestì le piume.
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28. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'è primo, così come raia
da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
e però ch'io mi sia e perch' io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;
ma perché 'l sacro amore in che io veglio
con perpetüa vista e che m'asseta
di dolce disïar, s'adempia meglio,
la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontà, suoni 'l disio,
a che la mia risposta è già decreta!».
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29. Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)
Io mi volsi a Beatrice, e quella udio Ma voglia e argomento ne' mortali,
pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno per la cagion ch'a voi è manifesta,
che fece crescer l'ali al voler mio. diversamente son pennuti in ali;
Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno, ond' io, che son mortal, mi sento in questa
come la prima equalità v'apparse, disagguaglianza, e però non ringrazio
d'un peso per ciascun di voi si fenno, se non col core a la paterna festa.
però che 'l sol che v'allumò e arse, Ben supplico io a te, vivo topazio
col caldo e con la luce è sì iguali, che questa gioia prezïosa ingemmi,
che tutte simiglianze sono scarse. perché mi facci del tuo nome sazio».
29
30. Dante chiede allo spirito di manifestarsi (vv. 70-87)
Io mi volsi a Beatrice, e quella udio Ma voglia e argomento ne' mortali,
pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno per la cagion ch'a voi è manifesta,
che fece crescer l'ali al voler mio. diversamente son pennuti in ali;
Poi cominciai così: «L'affetto e 'l senno, ond' io, che son mortal, mi sento in questa
come la prima equalità v'apparse, disagguaglianza, e però non ringrazio
d'un peso per ciascun di voi si fenno, se non col core a la paterna festa.
però che 'l sol che v'allumò e arse, Ben supplico io a te, vivo topazio
col caldo e con la luce è sì iguali, che questa gioia prezïosa ingemmi,
che tutte simiglianze sono scarse. perché mi facci del tuo nome sazio».
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31. Cacciaguida invita Dante a parlare (vv. 31-69)
Così quel lume: ond' io m'attesi a lui; du' non si muta mai bianco né bruno,
poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui; solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercé di colei
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso ch'a l'alto volo ti vestì le piume.
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso. Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'è primo, così come raia
Indi, a udire e a veder giocondo, da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch'io non lo 'ntesi, sì parlò profondo; e però ch'io mi sia e perch' io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
né per elezïon mi si nascose, che alcun altro in questa turba gaia.
ma per necessità, ché 'l suo concetto
al segno d'i mortal si soprapuose. Tu credi 'l vero; ché i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
E quando l'arco de l'ardente affetto in che, prima che pensi, il pensier pandi;
fu sì sfogato, che 'l parlar discese
inver' lo segno del nostro intelletto, ma perché 'l sacro amore 31che io veglio
in
32. Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)
«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.
Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent' anni e piùe
girato ha 'l monte in la prima cornice,
mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l'opere tue.
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33. Cacciaguida si rivela (vv. 88-96)
«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.
Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent' anni e piùe Cacciaguida
girato ha 'l monte in la prima cornice, Alighieri I
Bellincione
mio figlio fu e tuo bisavol fue: Alighiero II
ben si convien che la lunga fatica Dante
tu li raccorci con l'opere tue.
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34. L'antica Firenze (vv. 97-129)
Fiorenza dentro da la cerchia antica, e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
ond' ella toglie ancora e terza e nona, esser contenti a la pelle scoperta,
si stava in pace, sobria e pudica. e le sue donne al fuso e al pennecchio.
Non avea catenella, non corona, Oh fortunate! ciascuna era certa
non gonne contigiate, non cintura de la sua sepultura, e ancor nulla
che fosse a veder più che la persona. era per Francia nel letto diserta.
Non faceva, nascendo, ancor paura L'una vegghiava a studio de la culla,
la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote e, consolando, usava l'idïoma
non fuggien quinci e quindi la misura. che prima i padri e le madri trastulla;
Non avea case di famiglia vòte; l'altra, traendo a la rocca la chioma,favoleggiava
non v'era giunto ancor Sardanapalo con la sua famiglia
a mostrar ciò che 'n camera si puote. d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.
Non era vinto ancora Montemalo Saria tenuta allor tal maraviglia
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35. L'antica Firenze (vv. 97-129)
Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.
Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.
Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.
Non avea case di famiglia vòte;
non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che 'n camera si puote.
Non era vinto ancora Montemalo
dal vostro Uccellatoio, che, com' è vinto
nel montar sù, così sarà nel calo.
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36. L'antica Firenze (vv. 97-129)
Bellincion Berti vid' io andar cinto
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
Firenze prima della corruzione
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
Oh fortunate! ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.
L'una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;
l'altra, traendo a la rocca la chioma, Le antiche donne
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.
Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia. 36
37. Cacciaguida parla di sé e della sua vita (vv. 130-148)
A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida
cittadinanza, a così dolce ostello,
Maria mi diè, chiamata in alte grida;
e ne l'antico vostro Batisteo
insieme fui cristiano e Cacciaguida.
Moronto fu mio frate ed Eliseo;
mia donna venne a me di val di Pado,
e quindi il sopranome tuo si feo.
Poi seguitai lo 'mperador Currado;
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.
Dietro li andai incontro a la nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa d'i pastor, vostra giustizia.
Quivi fu' io da quella gente turpa
disviluppato dal mondo fallace,
lo cui amor molt' anime deturpa;
e venni dal martiro a questa pace».
37