Lo Storytelling per le Mostre e i Musei - Storyfactory ebook
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Perché le mappe sono piatte
e i Musei
Lo Storytelling
per le Mostre
se la Terra è tonda?
Lo Storytelling per le Mostre e i Musei Perché le mappe sono piatte se la Terra è tonda?
Storyfactory Ebook 3 Aprile 2016
2. 2Storyfactory Ebook 3 Aprile 2016
Lo Storytelling per le Mostre e i Musei Perché le mappe sono piatte se la Terra è tonda?
Indice
Introduzione
pagina 3
Perché le mappe sono
piatte se la Terra è
tonda?
pagina 4
Clarity that teaches
complexity
pagina 5
Il modello concettuale:
la mappa del cielo
1. Dalla Mappa Mentale al
Modello Concettuale
2. Interaction Design
pagina 6
Architettura dei
contenuti e interazione
3. Architettura dei contenuti
4. User Interface
pagina 8
Storytelling
Experience Design
pagina 11
Conclusioni
pagina 12
3. 3Storyfactory Ebook 3 Aprile 2016
Lo Storytelling per le Mostre e i Musei Perché le mappe sono piatte se la Terra è tonda?
Naviganti ed esploratori, fin dai
tempi più antichi, hanno sempre
cercato punti di riferimento per
indirizzare il proprio cammino.
Una delle imprese più avventurose
che l’uomo può compiere è la
scoperta di quello che ancora non
conosce e per farlo ha bisogno di
un modello che lo aiuti a gestire la
complessità del mondo e di uno
strumento che traduca il modello
in qualcosa di utile... come una
mappa.
La visita a una mostra o a un
museo non si discosta molto
dall’esplorazione di una terra
sconosciuta e il bisogno di
orientarci è innato e molto forte.
Quante volte però ci siamo
trovati a navigare tra le isole
di un arcipelago di artefatti,
documenti e spiegazioni
che non ci dicono nulla? E
abbiamo cominciato a sentirci
inadeguati, stranieri in terra
nemica, esploratori di un territorio
inospitale che non ha nulla da
offrirci. Ma c’è un modo per evitare
questo naufragio, che rischia
di frustrare il nostro desiderio
di scoprire e comprendere:
la narrazione come potente
dispositivo di guida all’esperienza
di visita per una mostra o un
museo.
I direttori di musei e i curatori
che scelgono di potenziare e
valorizzare i percorsi espositivi
usando lo storytelling diventano
abili cartografi che tracciano rotte
per attraversare gli arcipelaghi
delle meraviglie.
Nelle pagine a seguire
introdurremo alcune fondamentali
linee guida per usare lo storytelling
nella progettazione di una mostra
o di un museo, uno strumento che
permetta di orientarsi e scegliere
le direzioni che più si addicono
alle passioni e ai gusti di ciascun
visitatore.
Introduzione Viola Giacometti, partner — @ViolaGiacometti
Sara Mazzocchi, partner — @SaraMazzocchi3
4. 4
La Terra è tonda, e questa cosa
l’abbiamo capita da un po’. Ma le
nostre mappe di oggi non sono
molto diverse da quelle - piatte -
che usavano i marinai per solcare i
mari quando ancora si aveva paura
che, superate le Colonne d’Ercole,
la superficie terrestre finisse
tutto d’un tratto e si rischiasse
di cascare di sotto nel vuoto…
Perché?
Perché una mappa piatta
funziona benissimo. Ci permette
di avere un’immagine chiara e
facile da memorizzare di spazi
molto ampi, e della posizione al
loro interno dei punti di interesse
rilevanti per i nostri scopi. Se
ancora non sappiamo dove
vogliamo andare, la mappa ci aiuta
a deciderlo. E ci permette di capire
dove siamo rispetto alla nostra
meta, che strada fare per andare
dove vogliamo andare.
La mappa è un modello
concettuale per costruire
strumenti che funzionano bene con
le nostre mappe mentali. Perché
funziona come siamo abituati
a funzionare noi: ci muoviamo in
due dimensioni, avanti o indietro, a
destra o a sinistra. Per un piccione
la nostra mappa probabilmente
non avrebbe molto senso…
Ecco. Un museo o una mostra
dovrebbero fare la stessa cosa:
proporsi come strumenti che
funzionano bene, perché sanno
funzionare come i loro visitatori.
Perché le mappe
sono piatte
se la Terra è tonda?
Claudio Branca, partner e innovation manager — @KlaudeB
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Come si progetta un museo
che funziona bene per i propri
visitatori, e non per “piccioni”?
Il punto ovviamente non è appiattire
la profondità dell’arte o la ricchezza
dei contenuti di un museo a una
la complessità dal mondo, o
abbandonare ogni aspirazione a
lasciare al visitatore qualcosa in più
rispetto a ciò che ha già nel suo
bagaglio personale.
Il punto è ideare un modello
concettuale solido e
funzionale, capace di interagire
naturalmente con la mappa
mentale del nostro visitatore
e di rendere accessibile ad esso
la mappa mentale di noi altri
“piccioni” (curatori, progettisti,
esperti, o altro...).
E tradurre questo modello
concettuale in una bella
esperienza: piacevole,
sorprendente, utile, coinvolgente,
semplice e stimolante.
Il concept di una mostra o di un
museo deve essere al servizio
del visitatore: “clarity that teaches
complexity”. Il suo disegno al
servizio dell’esplorazione.
Come le costellazioni che abbiamo
tracciato nel cielo sono da sempre
funzionali all’uso delle stelle.
Quali sono i passaggi
fondamentali di questo
processo di design
dell’esperienza di visita?
Come costruire la nostra mostra
o il nostro museo?
1.
2.
3.
4.
User experience design:
Dalla Mappa Mentale
al Modello Concettuale
Interaction Design
Architettura dei contenuti
User Interface
Clarity
that teaches
complexity
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Torniamo ai marinai, alle
costellazioni e al modo in cui ci
aiutano a usare il cielo.
C’è una stella più importante
delle altre, anche se non è la più
luminosa: trovare quella stella
in mezzo alle altre può aiutare
il nostro marinaio a tracciare
una rotta verso un ricco porto
commerciale, e da lì a tornare
casa. Dire semplicemente “la Stella
Polare è lì” non lo faciliterebbe
molto.
Serve un sistema perché
questo “cielo muto” cominci a
parlare, aiutandolo a orientarsi…
1. Dalla Mappa Mentale al
Modello Concettuale
Da dove partiamo? Dal visitatore:
il marinaio che solcherà i nostri
mari. Come è abituato a pensare?
Come organizza le sue idee e le
sue conoscenze? Quali appigli ci
offrono le sue mappe mentali?
I marinai nel corso delle loro lunghe
notti di navigazione si raccontano
storie guardando il cielo. Le storie
sono facili da ricordare, e da
condividere.
Costruiamo quindi un modello
concettuale basato sulle storie,
e trasformiamo il cielo in un libro
illustrato: disegniamo i personaggi
unendo le stelle come puntini,
e costruiamo delle storie che
facciano interagire tra loro diverse
costellazioni, facilitando il compito
di ricordare la posizione delle une
rispetto alle altre.
Il modello concettuale è la prima
cosa da sviluppare nella nostra
progettazione: è lo strumento che
insegna al visitatore come potrà
organizzare idee e concetti,
e come usare la mostra o il
museo.
concettuale:
Il modello
la mappa del cielo
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2. Interaction Design
Dal punto di vista del curatore
e del progettista il modello
concettuale ha anche un’altra
funzione: è l’interfaccia logica
che mette il concept curatoriale al
servizio del visitatore, rendendolo
accessibile e azionabile. In un
certo senso è già una bozza di
Interaction Design, perché
suggerisce come il sistema
si potrà comportare, quali
elementi andranno a comporlo,
come dialogheranno con il
visitatore e cosa lo spingeranno
a fare.
Questo aspetto è fondamentale,
perché ci aiuta a distinguere
l’atto di pura creatività (aleatorio
e modificabile, come può essere
il voler vedere nelle stesse sette
stelle un carro o un’orsa) da quello
progettuale (“prolungando il
segmento che congiunge le due
stelle anteriori posso trovare la
Stella Polare”), e permette al
team di lavoro di non perdere
mai la rotta indicata dal
concept curatoriale.
La nostra “mappa illustrata del
cielo” deve avere un modello
concettuale davvero solido per
funzionare così bene anche
oggi, con tutti i nostri telescopi e
radiotelescopi puntati verso un
Universo infinito, i satelliti, le sonde
interplanetarie e gli shuttle per
turisti…
Naturalmente qualcosa è cambiato
nel frattempo, e la quantità e la
qualità delle conoscenza di cui
andiamo a caccia tra una stella
e l’altra della Cintura di Orione
sono aumentate vertiginosamente.
Abbiamo costruito nuovi sistemi
di coordinate, ma il punto di
riferimento resta (per ora) lo stesso:
noi che dalla Terra puntiamo il naso
insù.
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3. Architettura dei
contenuti
Tutto ciò che il cielo ci può
raccontare, i contenuti, i dati, le
immagini, le suggestioni, … deve
essere filtrato, organizzato
ed espresso all’utente finale
in una forma definita. Questa
è l’architettura dei contenuti:
il modo in cui i contenuti si
strutturano, i rapporti che si
instaurano tra loro e cosa offriranno
precisamente nel loro dialogo con il
visitatore.
In questa fase di progettazione
si svolge un passaggio molto
delicato (e spesso doloroso per
il progettista): la selezione dei
contenuti. In una mostra o un
museo non si riesce mai a dire
tutto quello che si vorrebbe
dire. Molte volte anzi ci si rende
conto di non avere lo spazio o il
tempo per dire semplicemente
tutto quello che si dovrebbe
dire.
Architettura
In questa situazione è molto facile
perdere il senso dell’orientamento,
e delle priorità, e cercare di “farci
stare dentro tutto”. Ma siamo partiti
da un assunto: una mostra o un
museo devono essere strumenti
che funzionano bene, perché
sanno funzionare come i loro
visitatori. E prima di tutto sono
al loro servizio.
E’ qui che il metodo aiuta:
dobbiamo intrecciare il modello
concettuale e l’interaction design
progettati (espressione del concept
e dei principi curatoriali, ricordate!)
e usarli come un setaccio.
Passiamo al vaglio i contenuti
possibili, lasciando scorrere tutto
quello che non resta aggrappato
alla struttura del nostro modello
concettuale. Se non lo consolida,
o non è pertinente al dialogo con il
visitatore che abbiamo tratteggiato
nell’interaction design, il contenuto
è superfluo e inefficace.
Se un contenuto che noi
ritenevamo fondamentale per il
dei contenuti
e interazione
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spazi e gli oggetti attraverso
i quali il visitatore potrà
accedere a tutto questo ben
di Dio. Le costellazioni, oltre ad
essere raccontate, sono state
tradotte in oggetti: mappe illustrate
da mostrare e da far circolare,
perché i marinai non dovessero
affidarsi sempre e solo alla
propria memoria, ma potessero
confrontare direttamente il disegno
sulla carta (o sulla pergamena, o
sul legno, …) con quello nel cielo,
e nella propria mente, e perché
non si perdessero più andando per
mare.
Questa è forse la parte più bella
del fare un museo o una mostra,
la più sorprendente. Ma di tutto il
processo di lavoro è anche la più
complessa: le competenze e le
professionalità coinvolte saranno
molte e diverse, e non tutti avranno
piena consapevolezza e visione
d’insieme del grande disegno che
si andrà a realizzare.
visitatore non supera questo vaglio,
sono due le possibilità: o ci siamo
sbagliati, e il contenuto in realtà
era più rilevante per noi esperti che
per il visitatore, oppure il nostro
modello concettuale deve essere
perfezionato. In entrambi i casi,
restiamo focalizzati, armiamoci
di spirito critico e... soprattutto
risolviamo il problema! Sarà la
nostra progettazione a supportare il
viaggio “verso l’Infinito e oltre” delle
esplorazioni future...
4. User Interface
Tutta la meraviglia e lo splendore
dell’Universo non devono farci
perdere di vista il nostro punto di
partenza: costruire un’esperienza al
servizio del visitatore.
Abbiamo un modello, abbiamo
una partitura per l’interazione
con il visitatore e dei contenuti
strutturati di conseguenza. E’
arrivato il momento di costruire
l’interfaccia fisica, ovvero gli
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(personalizzabili dal visitatore
ed estensibili con aggiunte
future)
• tutto questo dando piena
espressione al potenziale del
concept curatoriale, centro di
gravitazione dell’esperienza di
visita
Qui si vince o si perde. E un solido
experience design esprime tutto il
suo valore:
• offre una visione d’insieme
del progetto chiara e definita,
comunicabile in modo efficace
a chi non è stato coinvolto
nell’intero processo di lavoro
• permette di fornire brief efficaci
a fornitori e studi creativi,
aiutando i professionisti a
capire non solo “cosa” è
chiesto loro di fare, ma anche il
“perché”, contestualizzandone
il contributo nella visione
d’insieme
• aiuta il progettista a tenere
traccia dei “fili rossi” che
legano i contenuti e le diverse
installazioni, per poter integrare
in qualunque fase del progetto
suggerimenti e correzioni
senza intaccare gli equilibri e la
solidità della struttura di senso
generale
• offre la possibilità di gestire
all’interno di un’esperienza
unica percorsi di visita multipli
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Modello concettuale
La prima cosa da sviluppare
è lo strumento che insegna al
visitatore come poter organizzare
idee e concetti, e come relazionarsi
con la mostra o il museo.
Chiedersi come è
abituato a pensare il
visitatore, e quali
appigli offre la sua
mappa mentale
all’esperienza che
vogliamo proporgli...
... per
rispondere ai
propri pubblici,
comunicare
meglio e
distinguersi.
2.
Interaction design
Immaginare quale dialogo
il visitatore potrà instaurare con i
contenuti: come si comporterà il
visitatore e come reagirà il museo
alla sua azione.
Definire come come il
museo ispirerà il
visitatore, come lo
sfiderà e in che modo
il visitatore potrà
usare il museo per
ottenere quello che
sta cercando...
... un’esperienza
coinvolgente e
accessibile, che
invogli il
vistatore a
tornare.
3.
Architettura
dei contenuti
Selezionare i contenuti e
organizzarli in un flusso coerente,
strutturando un’esperienza di
esplorazione solida e agevole.
Mettere al primo
posto l’esperienza di
visita, selezionando e
adattando i contenuti
perché tutto sia
funzionale per il
visitatore...
... perché i
contenuti
suscitino il
massimo
interesse
possibile.
4.
User Interface
Tradurre tutto questo grande
disegno in realtà, prestando la
massima attenzione ai diversi
linguaggi e ai livelli
di esperienza coinvolti.
Costruire un team di
lavoro eterogeneo e fare
in modo che tutti
sappiano in ogni
momento che senso ha
il proprio contributo
all’interno del disegno
complessivo...
... perché
l’esperienza del
visitatore sia
straordinaria
sotto ogni
punto di vista.
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Storytelling
Experience Design
12. 12
Progettare una mostra o un museo
usando lo storytelling significa
disegnare una mappa che aiuti i
visitatori a:
• riconoscere i punti cardinali
identificati dal concept
curatoriale
• orientarsi per percorrere le
principali rotte narrative che
il contenuto e gli artefatti in
mostra permettono di tracciare
• immergersi senza paura
di perdersi, in uno scorcio
sorprendete che attira
l’attenzione, in una storia
particolare che entra in
risonanza con la nostra e ci fa
sentire parte di un racconto più
grande
Le storie evocate e condivise con
i visitatori non si sostituiscono alla
meraviglia per la scoperta delle
opere in mostra ma al contrario
sono utili per:
• cogliere appieno il senso
dell’esperienza
• scegliere con più
consapevolezza dove
soffermarci perché la visita
risponda ai nostri desideri,
espressi o ancora da scoprire
grazie alle sorprese che il
percorso riserva
• ricordare e raccontare ad altri
l’esperienza vissuta
In questo modo le mostre e i musei
attivano costellazioni di memorie
individuali e collettive e guidano i
visitatori attraverso arcipelaghi da
esplorare grazie alla mappa dello
storytelling.
Conclusioni Viola Giacometti, partner — @ViolaGiacometti
Sara Mazzocchi, partner — @SaraMazzocchi3
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Tratto da
Lo Storytelling per le Mostre
e i Musei
Perché le mappe sono piatte se
la Terra è tonda?
www.storyfactory.it/ebook
Ebook N.3
Lo Storytelling per le Mostre e i Musei
Perché le mappe sono piatte se la Terra è
tonda?
AA.VV.
A cura di
Testi
C. Branca, V. Giacometti, S. Mazzocchi
Coordinamento e redazione
E. Babini
Progetto grafico
&1 lab
Tempi di lettura
15 minuti
Per approfondire
V. Giacometti, S. Mazzocchi L’Arte per il
management - Un nuovo modello d’incontro
basato sullo storytelling, Franco Angeli, Milano
2016
www.storyfactory.it
Perché le mappe sono piatte
e i Musei
Lo Storytelling
per le Mostre
se la Terra è tonda?