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Marketing automation, CRM and Engagement:
quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
A cura di Lucio Lamberti,Antonio Capone,Alessandro Lenti, Politecnico di Milano, School of Management
Dicembre 2018
©2018SAPSEoaziendaaffiliataSAP.Tuttiidirittiriservati.
In collaborazione con
2
Indice
1.	 Introduzione
2.	 6 Consigli
Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
3
Introduzione
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente
dibattito e a sempre maggiori iniziative di inno-
vazione digitale aventi per oggetto il sistema di
relazione tra impresa e mercato. La crisi che ha in-
teressato l’intero sistema economico a cavallo della
prima decade del secolo, infatti, non è stata solo
o tanto un rallentamento dell’economia, ma una
transizione sistemica verso un nuovo paradigma
industriale, da una logica di fornitura di prodotti e
servizi correlati efficiente ed efficace, a una logica di
creazione di valore per il cliente. Non è un cambia-
mento da poco a livello culturale, perché sottende
l’idea che i prodotti siano piattaforme di veicolazio-
ne del valore che non hanno un valore in sé, ma che
determinano il proprio valore sulla base di quanto
il cliente sia effettivamente in grado di trarne un
beneficio. Ne deriva la necessità, per le imprese di
qualunque settore e dimensione, di intraprendere
un percorso di crescente investimento nei proces-
si – e quindi nelle tecnologie - di front office. E’ un
processo di trasformazione culturale, prima ancora
che digitale, in quanto è piuttosto frequente – per
non dire predominante – nelle nostre imprese,
specie PMI e soprattutto manifatturiere, l’idea che il
successo di mercato derivi dall’eccellenza produtti-
va e di prodotto. La globalizzazione dei mercati e la
velocità dei cambiamenti nei contesti competitivi,
in realtà rende l’eccellenza operativa una condizio-
ne sì necessaria, ma ahimé non sufficiente.
Essere vicino al cliente, ascoltarlo, interagirvi con
coerenza e puntualità è un must, in ragione del fat-
to che il cliente ha un ventaglio sempre più ampio
di alternative quando approccia una decisione di
acquisto, spesso comprendendo all’interno di tale
ventaglio concorrenti che fanno della variabile prez-
zo un differenziale difficilmente inseguibile dalle
nostre imprese. Sorge quindi la domanda: in che
modo è possibile affermare il valore distintivo della
nostra offerta sul mercato? Le risposte che tradi-
zionalmente le imprese si sono date ricadono in tre
principali ordini di considerazione: (i) la superiorità
tecnico/produttiva di prodotto; (ii) l’identità di
marca, ovvero la storia e la tradizione dell’impresa,
che porta con sé un differenziale di posizionamen-
to; (iii) il country of origin effect, ovvero il quid in più
che ci porta in dote l’essere italiani.
Lungi da noi affermare che i tre punti non siano
importanti, ma occorre evidenziare che rischia-
no di essere punti differenziali a rischio di rapido
decadimento. In particolare, la superiorità tecnico/
produttiva è un concetto sempre più esposto ai
venti di cambiamento di un contesto competitivo
iper-rapido: i cicli di vita di prodotto si accorciano;
i concorrenti una volta a basso costo ormai non
sono più così tanto a basso costo, ma hanno capita-
lizzato l’economia di apprendimento derivanti dai
volumi attratti con strategie di pricing aggressive
per sviluppare offerte più convincenti dal punto di
vista tecnico; le sofisticazioni di offerta sono tali
che molto spesso il cliente fatica a comprendere
pienamente da dove derivi il vantaggio compa-
rato funzionale, in quanto non utilizza di norma il
prodotto in quei regimi di attività che ne eviden-
ziano il vero vantaggio sulla concorrenza; in chiave
prospettiva, i modelli di business ribalteranno
sempre meno sul cliente le ripercussioni negative
di scelte subottimali a livello qualitativo: ad esem-
pio, la crescente sensorizzazione delle macchine e
la crescente diffusione dell’IOT svilupperà modelli
di servitization e di manutenzione preventiva che
sposteranno l’onere della manutenzione e la conse-
guenza negativa derivante (anche) sulle spalle del
fornitore, e questo spingerà a un’omogeneizzazione
verso l’alto dell’affidabilità.
Per quanto riguarda l’identità di marca, il ruolo po-
tenzialmente meno dirimente nel posizionamento
a tendere può essere intravisto attraverso ragiona-
menti microeconomici: uno dei ruoli della marca
in quanto tale è sempre stato quello di mitigazione
del rischio percepito da parte del cliente: la marca,
tramite i suoi valori, la sua storia e il suo portato,
rende più agevole la scelta del cliente, soprattutto
in contesti di acquisto complessi. Come a dire: ma-
gari non capisco appieno come misurare il bilancio
energetico di un’autovettura o la sua sicurezza
intrinseca, ma siccome un prodotto è di Toyota o di
Volvo, gli attribuisco “istintivamente” alcuni attribu-
ti. L’evoluzione dei mercati e la loro digitalizzazione
(soprattutto nel B2C grazie ai marketplace iper-ge-
neralisti à la Amazon o Taobao/TMall) sta accre-
scendo la cosiddetta efficienza allocativa, favoren-
do una circolazione più rapida e circostanziata delle
informazioni di prodotto, che consentono anche a
chi non ha una forte identità di marca di intercetta-
re clienti grazie al fatto di avere l’offerta giusta per
loro o un’offerta paragonabile in modo oggettivo a
quella di un prodotto di marca, ma a un prezzo più
contenuto.
Nei mercati iper-connessi, in altri termini, è sempre
più in atto uno dei principi fondanti del concetto di
perfetta competizione, ovvero la perfetta circolazio-
ne dell’informazione, che può rendere meno con-
vincente l’argomento-brand nell’offerta commer-
ciale. Molte grandi marche del B2C se ne stanno già
accorgendo, vedendosi erodere quote di mercato
da private label di distributori (reali o virtuali) o da
Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
4
relativi parvenue che attraverso i marketplace per
aprirsi il mercato e l’advocacy dei clienti per conso-
lidare la loro presenza. Non è possibile escludere a
priori che un fenomeno di questo tipo possa inte-
ressare anche i contesti B2B. Un discorso analogo
è peraltro associabile al concetto di made in Italy,
con l’”aggravante” che ormai le supply chain sono
così globalizzate da rendere il concetto di country
of origin potenzialmente meno efficace. Ovviamen-
te, questo significa preconizzare non la morte dei
brand, ma una ridefinizione del loro ruolo: non solo
e non tanto un’assicurazione sulla qualità, ma un
fattore identitario di valori, tale per cui scelgo un
brand perché ritengo che sia la cosa – quasi “etica-
mente” – giusta per me.
Se però stiamo affermando che la nostra abilità
operativa e la nostra storia rischiano di perdere grip
sul mercato, in che modo è possibile far crescere
le nostre imprese? La chiave è la capacità di creare
valore per il cliente, un processo articolato che
parte dagli uomini (i clienti sono esseri umani, le
imprese sono gruppi di esseri umani, e i servizi
sono definiti dai clienti, individui o imprese che
siano) e che richiede soprattutto lo sviluppo di
capacità di ascolto e innovazione: ascolto, per-
ché è dall’interazione con i clienti che si possono
comprendere bisogni e possibili driver di valore e si
possono stabilire relazioni di lungo periodo in grado
di aggirare la trappola di costi di acquisizione dei
clienti sempre più elevanti; innovazione, perché ser-
vitizzare significa personalizzare, e quindi – ideal-
mente – ogni unità prodotta e venduta è figlia di un
processo innovativo (o in termini di caratteristiche
di prodotto, o in termini di unicità del processo di
interazione cliente-fornitore).
In questo contesto si inquadra la crescente atten-
zione verso le tecnologie a supporto dei processi
di interazione con il mercato, e, con essa, l’imple-
mentazione nella pratica di soluzioni di marketing e
CRM automation.
Per marketing automation (MA) si intende l’insie-
me di tecnologie che consentono alle aziende di
pianificare, gestire e ottimizzare i flussi di lavoro
per una vasta gamma di attività e comunicazioni, in
maniera automatizzata. Tipicamente, un tool di MA
include funzionalità di tracking automatico di ogni
attività digitale effettuata dall’utente sulle proper-
ties aziendali (es. tracciamento presenze sul sito o
su una pagina social), lead nurturing (ovvero man-
tenimento di presidio sui prospect che si avvicinano
alla conversion) per mezzo di workflow automatiz-
zati (ad esempio: se il prospect fa x, allora invia la
comunicazione y), lead scoring (ovvero valutazione
della “temperatura” del lead sulla base di regole
automatiche), creazione di landing page e form
per campagne e contact flow digitali, strumenti di
monitoraggio dei flussi e di modellazione e gestione
dei customer journey nel cosiddetto lower funnel
(call-to-action per l’acquisto, soprattutto legato a
piattaforme di eCommerce), ecc. Gli strumenti più
avanzati includono anche la possibilità di gestire il
budget di marketing direttamente nel tool.
Forrester Research stima che nel 2017 il totale degli
investimenti mondiali in MA è ammontato a 11,4
miliardi di dollari, e che raggiungerà i 25,1 miliardi
nei prossimi 5 anni, soprattutto per effetto dell’e-
stensione di questi investimenti, attualmente ap-
pannaggio principalmente di grandi imprese B2C, a
sempre più realtà B2B e di minori dimensioni.
Per CRM automation (CRM) si intende un insieme
di tecnologie che mirano a raccogliere e sistema-
tizzare le informazioni sul portafoglio prospect/
clienti/ex clienti dell’impresa per abilitare un trac-
ciamento dello stato di avanzamento conversione
da prospect a cliente e la gestione della customer
base attuale attraverso la capacità di generare insi-
ght a partire dallo storico delle relazioni con i clienti
e declinare retroazioni in modo puntuale (alimen-
tando, in questo modo, anche gli strumenti di MA).
Ne deriva che un’integrazione tra CRM e MA è ide-
almente orientata a migliorare la qualità dei lead,
accrescere la visibilità del marketing sulle azioni
di vendita e retention, e viceversa, potenziare la
capacità di intelligence (ad esempio, comprendere
il potenziale reale del prospect in modo più compiu-
to, prevenire fenomeni di abbandono da parte dei
clienti, ecc.).
Si tratta di un tema sempre più caldo nelle imprese
italiane, se è vero – come affermato da un recen-
te studio di Deloitte (2017) che circa il 40% delle
PMI italiane sta considerando investimenti in CRM
automation, una percentuale pari a quella che sta
valutando investimenti in business intelligence.
Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
5
Mettersi in moto: 6 consigli
Se è vero – com’è vero – che MA e CRM, insieme al
potenziamento degli strumenti per posizionarsi sui
canali eCommerce saranno sempre più al centro
delle traiettorie di digital transformation delle PMI
italiane, in questa ultima sezione si intende foca-
lizzare l’attenzione sulle opportunità e sulle sfide
connesse all’adozione di questo tipo di sistemi. In
particolare, ci preme evidenziare sei suggerimen-
ti-chiave:
1.
Partire da una strategia di approccio al mercato:
quella che stiamo vivendo in questo periodo storico
è la seconda o terza ondata di “ebbrezza da CRM”.
Le prime due – una di tardi anni Novanta e la secon-
da di metà anni Duemila – hanno portato risultati
al di sotto delle attese principalmente perché sono
stati interpretati come meri processi informatici:
la digitalizzazione del registro clienti, la digitalizza-
zione dei dati transazionali, ecc. Questo approccio,
in genere crea “sovraccarichi” organizzativi (ad
esempio, forza i venditori a verbalizzare conoscen-
za tacita) senza fornire dei ritorni immediati, e per
questo rischia di ingenerare fenomeni di rapida
disaffezione ai sistemi, che peraltro si nutrono di
aspettative avveranti: siccome ritengo lo strumento
poco utile, lo utilizzo e lo “coltivo” poco, e siccome
non ottengo risultati diversi rispetto a prima, ho la
dimostrazione che il sistema non funzioni. Perché i
sistemi di MA e CRM diventino un motore di tra-
sformazione dell’impresa, è necessario che i pro-
cessi che abilitino siano lo specchio di una strategia
condivisa dal nucleo commerciale e strategico
dell’impresa. E’ il cosiddetto CRM strategico, ovvero
l’insieme di cultura di approccio al mercato (ad
esempio: focalizzazione su clienti attuali o lavoro di
espansione?), strategia di gestione del ciclo di vita
del cliente e modalità di interazione con il mercato
(ad esempio, soluzioni eccessivamente sofisticate
a livello di digital marketing in assenza di altrettanta
sofisticazione nella gestione offline rischia di creare
aspettative starate nei target) che caratterizzano
l’impresa e, di riflesso, il progetto di CRM e MA. Se
l’impresa è in grado di fare questo, il processo di
implementazione dei sistemi sarà percepito dagli
stakeholder di progetto come un empowerment,
e questo favorirà l’adozione, e quindi il raggiun-
gimento di risultati in grado di creare un effetto
di trascinamento. Un esempio particolarmente
illuminante viene da System Group, azienda attiva
nel mercato delle soluzioni di processo produttivo
per l’industria ceramica, che a partire dal novembre
2017 ha avviato un progetto CRM volto a consoli-
dare in un unico database l’insieme dei contatti sui
clienti degli area manager e delle filiali. Il progetto
di implementazione del sistema (in cloud), durato
5 mesi, si è finalizzato in un go live a maggio 2018,
con un roll out sugli area manager e sulle filiali che
si è avviato da settembre dello stesso anno. L’azien-
da ha trovato forte collaborazione da parte della
forza vendita in quanto ha posizionato il progetto
come dotazione di uno strumento di lavoro volto
a efficientare il ciclo di relazione con il cliente, e,
subordinando a una seconda fase la valutazione
della ricaduta di business, è riuscita a raggiungere
una piena adesione immediata facendo percepire
l’obiettivo di efficienza nell’operatività quotidiana.
Il risultato è stato una rapidissima condivisione dei
contatti, che consente ora all’impresa di impostare
progetti di business intelligence e forecast grazie
alla disponibilità di una base dati di partenza su
clienti e transati robusta, che non si sarebbe rag-
giunta senza il coinvolgimento della forza vendita.
2.
Centralità del cliente non significa affermare che
il cliente ha sempre ragione: interpretare la digita-
lizzazione dei processi di marketing come una leva
per diventare il fornitore perfetto per qualunque
cliente è un’assicurazione sul fallimento del proget-
to. Per quanto i sistemi di CRM e MA nascano con
l’obiettivo di efficientare i processi di relazione con
il cliente automatizzando la personalizzazione di
relazione, sono a tutti gli effetti degli investimenti
che portano con sé la necessità di ulteriori sfor-
zi relazionali (ad esempio, programmi fedeltà, la
moltiplicazione degli sforzi di creazione di campa-
gne e property per supportare i customer journey
digitali, ecc.). Non tutti i clienti “meritano” questo
sforzo, in quanto potenzialmente non tutti sono in
grado di ripagare con i loro acquisti e i margini da
essi derivanti tale investimento. La sviluppo di una
capacità di comprendere verso quali clienti veico-
lare l’azione di marketing e CRM è uno degli output
che un progetto di MA e CRM deve traguardare, e
che ne sancirà il successo nel medio termine. Non a
caso, sono i sistemi stessi, in molti casi, a mettere a
disposizione funzionalità connesse all’analisi della
customer base.
Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
6
3.
La customer base è “viva”; la fluidità del sistema è
necessaria: uno dei pochissimi elementi costanti
nei mercati contemporanei è il continuo cambia-
mento di scenario competitivo, di bisgoni, di aspet-
tative e di standard di mercato; i modelli relazionali
e di marketing vivono delle “fiammate”, ovvero dei
brevi periodi in cui vanno di moda ed è richiesto
all’impresa di prendervi parte cui segue un rapido
abbandono, salvo ulteriori “riscoperte” (i chatbot
sono solo uno degli ultimi esempi di “fiammata”;
negli ultimi 5 anni, Facebook è stato considera-
to – nell’ordine - la rivoluzione nel marketing, un
social network morente a favore di Twitter, il nuovo
Google, un social network destinato all’abbandono
da parte dei giovani, e infine un canale di marketing
indispensabile iper-profilato). Per questo motivo, i
sistemi di MA e CRM devono essere strutturalmen-
te flessibili, capaci di configurarsi e riconfigurarsi a
seconda dei bisogni manageriali. In questa prospet-
tiva, le soluzioni eccessivamente custom rischiano
di zavorrare eccessivamente i processi di trasfor-
mazione, e per questo le soluzioni cloud appaiono
sempre più dominanti, in prospettiva, in particolare
perché sempre più in grado di gestire configura-
zioni di prezzo e prodotto sempre più complesse
direttamente all’interno del tool, con un notevole
guadagno di tempo e accuratezza.
4.
Potenziare la capacità di ascolto: il concetto di
fluidità deriva dalla necessità di ascoltare (e non
necessariamente di seguire) il cliente. In mercati
sempre meno prevedibili e in cui la capacità di
processamento dei dati diventerà sempre più una
commodity, il differenziale di valore per le imprese
sarà la capacità di raccogliere quelle informazioni
che gli altri non conoscono, non possono o non
riescono a raccogliere. Ma per arrivare alle infor-
mazioni a cui gli altri non arrivano, occorre stabilire
un canale preferenziale con il cliente e sviluppare
sistemi di ascolto ricchi ed efficaci, che superino le
barriere organizzative. Un esempio solo apparen-
temente banale riguarda il customer management.
Molto spesso i contact center hanno sistemi più
o meno sofisticati di raccolta e analisi delle cause
di chiamata da parte dei clienti e utilizzano queste
informazioni per sviluppare analytics in merito
all’efficacia e all’efficienza dei propri processi.
Molto poche sono invece le aziende che river-
sano le informazioni sulle cause di chiamata nei
loro sistemi di CRM, perdendosi l’opportunità, ad
esempio, di comprendere quanto un certo tipo di
chiamata effettuata da un certo tipo di cliente sia
predittiva di un reclamo, di una richiesta di rimbor-
so o addirittura di una cessazione di rapporto. Il
sistema di MA, per sua natura, tende a traguardare
l’obiettivo di costruire una sorta di “vista unica” del
cliente che centralizzi il sistema delle interazioni
con esso lungo l’intera customer experience, il vero
perimetro di azione degli interventi di MA e CRM.
5.
Modificare i sistemi di accountability: perché i
sistemi di CRM e MA forniscano contributi di valore
all’impresa, è necessario che superino l’orienta-
mento pressoché esclusivo al fatturato che spesso
permea i reparti commerciali delle imprese. Investi-
re sulla relazione con il cliente significa guardare al
lungo periodo e alla capacità di creare valore, non
volume. Per questo, affinché un sistema di MA/
CRM contribuisca a creare valore, è necessario
sviluppare sistemi in grado di valutare la capacità
di creare valore da parte del cliente. Per questo,
un fondamentale strumento di empowerment dei
sistemi è lo sviluppo di architetture coerenti di rile-
vazione e analisi del customer lifetime value, al fine
di abilitare analisi volte a comprendere la possibilità
di capitalizzare nel tempo gli investimenti acqui-
sizione e retention, anche attraverso la capacità
di deliverare e tracciare le campagne in modalità
multi-touch.
6.
Lo human touch è fondamentale (per fortuna!).
Qualche anno fa aveva fatto il giro del mondo la
notizia di una catena della grande distribuzione
americana che, a partire dall’analisi dei basket di
acquisto dei clienti a CRM, aveva sviluppato un
sofisticatissimo sistema predittivo che riusciva a
prevedere se una cliente era incinta. L’algoritmo era
eccellente, e nel 98% dei casi ci prendeva, attivan-
do l’invio di un kit prenatale (pannolini, succhietti,
biberon, ecc.) alle presunte neomamme. Un tipico
esempio di data-powered CRM, e un bellissimo
algoritmo. Piccolo dettaglio: nel 2% dei casi invia-
va kit prenatale a donne non incinte (e fino a qui,
al massimo, sarebbe uno spreco, al massimo) o a
donne che nel frattempo non erano più incinte (e
una di queste ha portato agli “onori” della cronaca
questa storia). Delegare i processi di marketing e
CRM ai dati e all’automazione è non solo perico-
loso, ma sbagliato: i sistemi di MA e CRM devono
essere degli abilitatori e degli acceleratori di presta-
zioni, consentendo alla creatività e al talento uma-
no di individuare strade non individuabili da parte di
un algoritmo. Questo consente di caratterizzare la
propria azione di marketing e CRM, e di evitare che
la propria proposta diventi in qualche modo “omo-
logata”, standardizzata, e quindi confrontabile da
parte del cliente solo sulla base del prezzo.
Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
7
©2018SAPSEoaziendaaffiliataSAP.Tuttiidirittiriservati.
In collaborazione con
seguici su SAP
www.sap.com/italy
Gli autori
Lucio Lamberti è Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano,
dove insegna Multichannel Customer Strategy. È coordinatore del Laboratorio Ph.E.E.L. (pheel.polimi.it) e respon-
sabile scientifico per conto del Politecnico di Milano del progetto “Made in Italy, Made in Digital” in collaborazione
con SAP Italia.
Antonio Capone e Alessandro Lenti sono collaboratori alla ricerca presso il Politecnico di Milano, dove collabora-
no alle attività dell’area marketing, e in particolare agli Osservatori Multicanalità. Omnichannel Customer Experien-
ce e Internet Media.
Si ringraziano le imprese System-Group, Elica e La Martina per la disponibilità al confronto sui temi della ricerca.

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Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?

  • 1. 1 Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane? A cura di Lucio Lamberti,Antonio Capone,Alessandro Lenti, Politecnico di Milano, School of Management Dicembre 2018 ©2018SAPSEoaziendaaffiliataSAP.Tuttiidirittiriservati. In collaborazione con
  • 2. 2 Indice 1. Introduzione 2. 6 Consigli Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
  • 3. 3 Introduzione Negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente dibattito e a sempre maggiori iniziative di inno- vazione digitale aventi per oggetto il sistema di relazione tra impresa e mercato. La crisi che ha in- teressato l’intero sistema economico a cavallo della prima decade del secolo, infatti, non è stata solo o tanto un rallentamento dell’economia, ma una transizione sistemica verso un nuovo paradigma industriale, da una logica di fornitura di prodotti e servizi correlati efficiente ed efficace, a una logica di creazione di valore per il cliente. Non è un cambia- mento da poco a livello culturale, perché sottende l’idea che i prodotti siano piattaforme di veicolazio- ne del valore che non hanno un valore in sé, ma che determinano il proprio valore sulla base di quanto il cliente sia effettivamente in grado di trarne un beneficio. Ne deriva la necessità, per le imprese di qualunque settore e dimensione, di intraprendere un percorso di crescente investimento nei proces- si – e quindi nelle tecnologie - di front office. E’ un processo di trasformazione culturale, prima ancora che digitale, in quanto è piuttosto frequente – per non dire predominante – nelle nostre imprese, specie PMI e soprattutto manifatturiere, l’idea che il successo di mercato derivi dall’eccellenza produtti- va e di prodotto. La globalizzazione dei mercati e la velocità dei cambiamenti nei contesti competitivi, in realtà rende l’eccellenza operativa una condizio- ne sì necessaria, ma ahimé non sufficiente. Essere vicino al cliente, ascoltarlo, interagirvi con coerenza e puntualità è un must, in ragione del fat- to che il cliente ha un ventaglio sempre più ampio di alternative quando approccia una decisione di acquisto, spesso comprendendo all’interno di tale ventaglio concorrenti che fanno della variabile prez- zo un differenziale difficilmente inseguibile dalle nostre imprese. Sorge quindi la domanda: in che modo è possibile affermare il valore distintivo della nostra offerta sul mercato? Le risposte che tradi- zionalmente le imprese si sono date ricadono in tre principali ordini di considerazione: (i) la superiorità tecnico/produttiva di prodotto; (ii) l’identità di marca, ovvero la storia e la tradizione dell’impresa, che porta con sé un differenziale di posizionamen- to; (iii) il country of origin effect, ovvero il quid in più che ci porta in dote l’essere italiani. Lungi da noi affermare che i tre punti non siano importanti, ma occorre evidenziare che rischia- no di essere punti differenziali a rischio di rapido decadimento. In particolare, la superiorità tecnico/ produttiva è un concetto sempre più esposto ai venti di cambiamento di un contesto competitivo iper-rapido: i cicli di vita di prodotto si accorciano; i concorrenti una volta a basso costo ormai non sono più così tanto a basso costo, ma hanno capita- lizzato l’economia di apprendimento derivanti dai volumi attratti con strategie di pricing aggressive per sviluppare offerte più convincenti dal punto di vista tecnico; le sofisticazioni di offerta sono tali che molto spesso il cliente fatica a comprendere pienamente da dove derivi il vantaggio compa- rato funzionale, in quanto non utilizza di norma il prodotto in quei regimi di attività che ne eviden- ziano il vero vantaggio sulla concorrenza; in chiave prospettiva, i modelli di business ribalteranno sempre meno sul cliente le ripercussioni negative di scelte subottimali a livello qualitativo: ad esem- pio, la crescente sensorizzazione delle macchine e la crescente diffusione dell’IOT svilupperà modelli di servitization e di manutenzione preventiva che sposteranno l’onere della manutenzione e la conse- guenza negativa derivante (anche) sulle spalle del fornitore, e questo spingerà a un’omogeneizzazione verso l’alto dell’affidabilità. Per quanto riguarda l’identità di marca, il ruolo po- tenzialmente meno dirimente nel posizionamento a tendere può essere intravisto attraverso ragiona- menti microeconomici: uno dei ruoli della marca in quanto tale è sempre stato quello di mitigazione del rischio percepito da parte del cliente: la marca, tramite i suoi valori, la sua storia e il suo portato, rende più agevole la scelta del cliente, soprattutto in contesti di acquisto complessi. Come a dire: ma- gari non capisco appieno come misurare il bilancio energetico di un’autovettura o la sua sicurezza intrinseca, ma siccome un prodotto è di Toyota o di Volvo, gli attribuisco “istintivamente” alcuni attribu- ti. L’evoluzione dei mercati e la loro digitalizzazione (soprattutto nel B2C grazie ai marketplace iper-ge- neralisti à la Amazon o Taobao/TMall) sta accre- scendo la cosiddetta efficienza allocativa, favoren- do una circolazione più rapida e circostanziata delle informazioni di prodotto, che consentono anche a chi non ha una forte identità di marca di intercetta- re clienti grazie al fatto di avere l’offerta giusta per loro o un’offerta paragonabile in modo oggettivo a quella di un prodotto di marca, ma a un prezzo più contenuto. Nei mercati iper-connessi, in altri termini, è sempre più in atto uno dei principi fondanti del concetto di perfetta competizione, ovvero la perfetta circolazio- ne dell’informazione, che può rendere meno con- vincente l’argomento-brand nell’offerta commer- ciale. Molte grandi marche del B2C se ne stanno già accorgendo, vedendosi erodere quote di mercato da private label di distributori (reali o virtuali) o da Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
  • 4. 4 relativi parvenue che attraverso i marketplace per aprirsi il mercato e l’advocacy dei clienti per conso- lidare la loro presenza. Non è possibile escludere a priori che un fenomeno di questo tipo possa inte- ressare anche i contesti B2B. Un discorso analogo è peraltro associabile al concetto di made in Italy, con l’”aggravante” che ormai le supply chain sono così globalizzate da rendere il concetto di country of origin potenzialmente meno efficace. Ovviamen- te, questo significa preconizzare non la morte dei brand, ma una ridefinizione del loro ruolo: non solo e non tanto un’assicurazione sulla qualità, ma un fattore identitario di valori, tale per cui scelgo un brand perché ritengo che sia la cosa – quasi “etica- mente” – giusta per me. Se però stiamo affermando che la nostra abilità operativa e la nostra storia rischiano di perdere grip sul mercato, in che modo è possibile far crescere le nostre imprese? La chiave è la capacità di creare valore per il cliente, un processo articolato che parte dagli uomini (i clienti sono esseri umani, le imprese sono gruppi di esseri umani, e i servizi sono definiti dai clienti, individui o imprese che siano) e che richiede soprattutto lo sviluppo di capacità di ascolto e innovazione: ascolto, per- ché è dall’interazione con i clienti che si possono comprendere bisogni e possibili driver di valore e si possono stabilire relazioni di lungo periodo in grado di aggirare la trappola di costi di acquisizione dei clienti sempre più elevanti; innovazione, perché ser- vitizzare significa personalizzare, e quindi – ideal- mente – ogni unità prodotta e venduta è figlia di un processo innovativo (o in termini di caratteristiche di prodotto, o in termini di unicità del processo di interazione cliente-fornitore). In questo contesto si inquadra la crescente atten- zione verso le tecnologie a supporto dei processi di interazione con il mercato, e, con essa, l’imple- mentazione nella pratica di soluzioni di marketing e CRM automation. Per marketing automation (MA) si intende l’insie- me di tecnologie che consentono alle aziende di pianificare, gestire e ottimizzare i flussi di lavoro per una vasta gamma di attività e comunicazioni, in maniera automatizzata. Tipicamente, un tool di MA include funzionalità di tracking automatico di ogni attività digitale effettuata dall’utente sulle proper- ties aziendali (es. tracciamento presenze sul sito o su una pagina social), lead nurturing (ovvero man- tenimento di presidio sui prospect che si avvicinano alla conversion) per mezzo di workflow automatiz- zati (ad esempio: se il prospect fa x, allora invia la comunicazione y), lead scoring (ovvero valutazione della “temperatura” del lead sulla base di regole automatiche), creazione di landing page e form per campagne e contact flow digitali, strumenti di monitoraggio dei flussi e di modellazione e gestione dei customer journey nel cosiddetto lower funnel (call-to-action per l’acquisto, soprattutto legato a piattaforme di eCommerce), ecc. Gli strumenti più avanzati includono anche la possibilità di gestire il budget di marketing direttamente nel tool. Forrester Research stima che nel 2017 il totale degli investimenti mondiali in MA è ammontato a 11,4 miliardi di dollari, e che raggiungerà i 25,1 miliardi nei prossimi 5 anni, soprattutto per effetto dell’e- stensione di questi investimenti, attualmente ap- pannaggio principalmente di grandi imprese B2C, a sempre più realtà B2B e di minori dimensioni. Per CRM automation (CRM) si intende un insieme di tecnologie che mirano a raccogliere e sistema- tizzare le informazioni sul portafoglio prospect/ clienti/ex clienti dell’impresa per abilitare un trac- ciamento dello stato di avanzamento conversione da prospect a cliente e la gestione della customer base attuale attraverso la capacità di generare insi- ght a partire dallo storico delle relazioni con i clienti e declinare retroazioni in modo puntuale (alimen- tando, in questo modo, anche gli strumenti di MA). Ne deriva che un’integrazione tra CRM e MA è ide- almente orientata a migliorare la qualità dei lead, accrescere la visibilità del marketing sulle azioni di vendita e retention, e viceversa, potenziare la capacità di intelligence (ad esempio, comprendere il potenziale reale del prospect in modo più compiu- to, prevenire fenomeni di abbandono da parte dei clienti, ecc.). Si tratta di un tema sempre più caldo nelle imprese italiane, se è vero – come affermato da un recen- te studio di Deloitte (2017) che circa il 40% delle PMI italiane sta considerando investimenti in CRM automation, una percentuale pari a quella che sta valutando investimenti in business intelligence. Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
  • 5. 5 Mettersi in moto: 6 consigli Se è vero – com’è vero – che MA e CRM, insieme al potenziamento degli strumenti per posizionarsi sui canali eCommerce saranno sempre più al centro delle traiettorie di digital transformation delle PMI italiane, in questa ultima sezione si intende foca- lizzare l’attenzione sulle opportunità e sulle sfide connesse all’adozione di questo tipo di sistemi. In particolare, ci preme evidenziare sei suggerimen- ti-chiave: 1. Partire da una strategia di approccio al mercato: quella che stiamo vivendo in questo periodo storico è la seconda o terza ondata di “ebbrezza da CRM”. Le prime due – una di tardi anni Novanta e la secon- da di metà anni Duemila – hanno portato risultati al di sotto delle attese principalmente perché sono stati interpretati come meri processi informatici: la digitalizzazione del registro clienti, la digitalizza- zione dei dati transazionali, ecc. Questo approccio, in genere crea “sovraccarichi” organizzativi (ad esempio, forza i venditori a verbalizzare conoscen- za tacita) senza fornire dei ritorni immediati, e per questo rischia di ingenerare fenomeni di rapida disaffezione ai sistemi, che peraltro si nutrono di aspettative avveranti: siccome ritengo lo strumento poco utile, lo utilizzo e lo “coltivo” poco, e siccome non ottengo risultati diversi rispetto a prima, ho la dimostrazione che il sistema non funzioni. Perché i sistemi di MA e CRM diventino un motore di tra- sformazione dell’impresa, è necessario che i pro- cessi che abilitino siano lo specchio di una strategia condivisa dal nucleo commerciale e strategico dell’impresa. E’ il cosiddetto CRM strategico, ovvero l’insieme di cultura di approccio al mercato (ad esempio: focalizzazione su clienti attuali o lavoro di espansione?), strategia di gestione del ciclo di vita del cliente e modalità di interazione con il mercato (ad esempio, soluzioni eccessivamente sofisticate a livello di digital marketing in assenza di altrettanta sofisticazione nella gestione offline rischia di creare aspettative starate nei target) che caratterizzano l’impresa e, di riflesso, il progetto di CRM e MA. Se l’impresa è in grado di fare questo, il processo di implementazione dei sistemi sarà percepito dagli stakeholder di progetto come un empowerment, e questo favorirà l’adozione, e quindi il raggiun- gimento di risultati in grado di creare un effetto di trascinamento. Un esempio particolarmente illuminante viene da System Group, azienda attiva nel mercato delle soluzioni di processo produttivo per l’industria ceramica, che a partire dal novembre 2017 ha avviato un progetto CRM volto a consoli- dare in un unico database l’insieme dei contatti sui clienti degli area manager e delle filiali. Il progetto di implementazione del sistema (in cloud), durato 5 mesi, si è finalizzato in un go live a maggio 2018, con un roll out sugli area manager e sulle filiali che si è avviato da settembre dello stesso anno. L’azien- da ha trovato forte collaborazione da parte della forza vendita in quanto ha posizionato il progetto come dotazione di uno strumento di lavoro volto a efficientare il ciclo di relazione con il cliente, e, subordinando a una seconda fase la valutazione della ricaduta di business, è riuscita a raggiungere una piena adesione immediata facendo percepire l’obiettivo di efficienza nell’operatività quotidiana. Il risultato è stato una rapidissima condivisione dei contatti, che consente ora all’impresa di impostare progetti di business intelligence e forecast grazie alla disponibilità di una base dati di partenza su clienti e transati robusta, che non si sarebbe rag- giunta senza il coinvolgimento della forza vendita. 2. Centralità del cliente non significa affermare che il cliente ha sempre ragione: interpretare la digita- lizzazione dei processi di marketing come una leva per diventare il fornitore perfetto per qualunque cliente è un’assicurazione sul fallimento del proget- to. Per quanto i sistemi di CRM e MA nascano con l’obiettivo di efficientare i processi di relazione con il cliente automatizzando la personalizzazione di relazione, sono a tutti gli effetti degli investimenti che portano con sé la necessità di ulteriori sfor- zi relazionali (ad esempio, programmi fedeltà, la moltiplicazione degli sforzi di creazione di campa- gne e property per supportare i customer journey digitali, ecc.). Non tutti i clienti “meritano” questo sforzo, in quanto potenzialmente non tutti sono in grado di ripagare con i loro acquisti e i margini da essi derivanti tale investimento. La sviluppo di una capacità di comprendere verso quali clienti veico- lare l’azione di marketing e CRM è uno degli output che un progetto di MA e CRM deve traguardare, e che ne sancirà il successo nel medio termine. Non a caso, sono i sistemi stessi, in molti casi, a mettere a disposizione funzionalità connesse all’analisi della customer base. Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
  • 6. 6 3. La customer base è “viva”; la fluidità del sistema è necessaria: uno dei pochissimi elementi costanti nei mercati contemporanei è il continuo cambia- mento di scenario competitivo, di bisgoni, di aspet- tative e di standard di mercato; i modelli relazionali e di marketing vivono delle “fiammate”, ovvero dei brevi periodi in cui vanno di moda ed è richiesto all’impresa di prendervi parte cui segue un rapido abbandono, salvo ulteriori “riscoperte” (i chatbot sono solo uno degli ultimi esempi di “fiammata”; negli ultimi 5 anni, Facebook è stato considera- to – nell’ordine - la rivoluzione nel marketing, un social network morente a favore di Twitter, il nuovo Google, un social network destinato all’abbandono da parte dei giovani, e infine un canale di marketing indispensabile iper-profilato). Per questo motivo, i sistemi di MA e CRM devono essere strutturalmen- te flessibili, capaci di configurarsi e riconfigurarsi a seconda dei bisogni manageriali. In questa prospet- tiva, le soluzioni eccessivamente custom rischiano di zavorrare eccessivamente i processi di trasfor- mazione, e per questo le soluzioni cloud appaiono sempre più dominanti, in prospettiva, in particolare perché sempre più in grado di gestire configura- zioni di prezzo e prodotto sempre più complesse direttamente all’interno del tool, con un notevole guadagno di tempo e accuratezza. 4. Potenziare la capacità di ascolto: il concetto di fluidità deriva dalla necessità di ascoltare (e non necessariamente di seguire) il cliente. In mercati sempre meno prevedibili e in cui la capacità di processamento dei dati diventerà sempre più una commodity, il differenziale di valore per le imprese sarà la capacità di raccogliere quelle informazioni che gli altri non conoscono, non possono o non riescono a raccogliere. Ma per arrivare alle infor- mazioni a cui gli altri non arrivano, occorre stabilire un canale preferenziale con il cliente e sviluppare sistemi di ascolto ricchi ed efficaci, che superino le barriere organizzative. Un esempio solo apparen- temente banale riguarda il customer management. Molto spesso i contact center hanno sistemi più o meno sofisticati di raccolta e analisi delle cause di chiamata da parte dei clienti e utilizzano queste informazioni per sviluppare analytics in merito all’efficacia e all’efficienza dei propri processi. Molto poche sono invece le aziende che river- sano le informazioni sulle cause di chiamata nei loro sistemi di CRM, perdendosi l’opportunità, ad esempio, di comprendere quanto un certo tipo di chiamata effettuata da un certo tipo di cliente sia predittiva di un reclamo, di una richiesta di rimbor- so o addirittura di una cessazione di rapporto. Il sistema di MA, per sua natura, tende a traguardare l’obiettivo di costruire una sorta di “vista unica” del cliente che centralizzi il sistema delle interazioni con esso lungo l’intera customer experience, il vero perimetro di azione degli interventi di MA e CRM. 5. Modificare i sistemi di accountability: perché i sistemi di CRM e MA forniscano contributi di valore all’impresa, è necessario che superino l’orienta- mento pressoché esclusivo al fatturato che spesso permea i reparti commerciali delle imprese. Investi- re sulla relazione con il cliente significa guardare al lungo periodo e alla capacità di creare valore, non volume. Per questo, affinché un sistema di MA/ CRM contribuisca a creare valore, è necessario sviluppare sistemi in grado di valutare la capacità di creare valore da parte del cliente. Per questo, un fondamentale strumento di empowerment dei sistemi è lo sviluppo di architetture coerenti di rile- vazione e analisi del customer lifetime value, al fine di abilitare analisi volte a comprendere la possibilità di capitalizzare nel tempo gli investimenti acqui- sizione e retention, anche attraverso la capacità di deliverare e tracciare le campagne in modalità multi-touch. 6. Lo human touch è fondamentale (per fortuna!). Qualche anno fa aveva fatto il giro del mondo la notizia di una catena della grande distribuzione americana che, a partire dall’analisi dei basket di acquisto dei clienti a CRM, aveva sviluppato un sofisticatissimo sistema predittivo che riusciva a prevedere se una cliente era incinta. L’algoritmo era eccellente, e nel 98% dei casi ci prendeva, attivan- do l’invio di un kit prenatale (pannolini, succhietti, biberon, ecc.) alle presunte neomamme. Un tipico esempio di data-powered CRM, e un bellissimo algoritmo. Piccolo dettaglio: nel 2% dei casi invia- va kit prenatale a donne non incinte (e fino a qui, al massimo, sarebbe uno spreco, al massimo) o a donne che nel frattempo non erano più incinte (e una di queste ha portato agli “onori” della cronaca questa storia). Delegare i processi di marketing e CRM ai dati e all’automazione è non solo perico- loso, ma sbagliato: i sistemi di MA e CRM devono essere degli abilitatori e degli acceleratori di presta- zioni, consentendo alla creatività e al talento uma- no di individuare strade non individuabili da parte di un algoritmo. Questo consente di caratterizzare la propria azione di marketing e CRM, e di evitare che la propria proposta diventi in qualche modo “omo- logata”, standardizzata, e quindi confrontabile da parte del cliente solo sulla base del prezzo. Marketing automation, CRM and Engagement: quali sfide e quali opportunità per le PMI italiane?
  • 7. 7 ©2018SAPSEoaziendaaffiliataSAP.Tuttiidirittiriservati. In collaborazione con seguici su SAP www.sap.com/italy Gli autori Lucio Lamberti è Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, dove insegna Multichannel Customer Strategy. È coordinatore del Laboratorio Ph.E.E.L. (pheel.polimi.it) e respon- sabile scientifico per conto del Politecnico di Milano del progetto “Made in Italy, Made in Digital” in collaborazione con SAP Italia. Antonio Capone e Alessandro Lenti sono collaboratori alla ricerca presso il Politecnico di Milano, dove collabora- no alle attività dell’area marketing, e in particolare agli Osservatori Multicanalità. Omnichannel Customer Experien- ce e Internet Media. Si ringraziano le imprese System-Group, Elica e La Martina per la disponibilità al confronto sui temi della ricerca.