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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
CATANIA
Dipartimento di Economia e Impresa
Corso di Laurea in Economia Aziendale
Dario Bellanuova
IL RUOLO DEI SOCIAL MEDIA NELLE ORGANIZZAZIONI
MODERNE: PROFILI COMPORTAMENTALI E SOCIAL
ORGANIZATION
SAGGIO FINALE
RELATORE:
Chiar.mo Prof
Garraffo Francesco
ANNO ACCADEMICO 2014-2015
2
Sommario
Cap 1 Introduzione generale.................................................................................. 4
1.1 Cenni storici................................................................................................... 4
1.2 Distinzione definizione Social Media – Social Network. ............................... 5
1.3 L’Evoluzione dei Social Media In Italia .......................................................... 7
1.4 Obiettivo tesi ................................................................................................. 9
Cap 2 Uso dei Social Media all’interno dell’azienda. .......................................... 10
2.1 Politiche aziendali........................................................................................ 10
2.2 Differenze culturali di pensiero ed uso dei strumenti Social. ..................... 16
Cap 3 La Social Organization ................................................................................ 20
3.1 Social Organization (Enterprise 2.0)............................................................ 20
3.2 Come e Quando passare da una azienda tradizionale ad una Social
Organization? .................................................................................................... 23
3.3 L’applicazione dei strumenti SoLoMo e Cloud............................................ 26
Cap 4 Il ruolo del Management............................................................................ 28
4.1 Management Vecchio e Nuovo: dallo Scientific Management al Humanistic
Management 2.0. .............................................................................................. 28
4.2 Community Manager................................................................................... 32
4.3 Il ruolo degli Evangelist................................................................................ 34
4.4 SocialLeadership.......................................................................................... 36
4.5 Caratteristiche Leadership 2.0 .................................................................... 39
Cap 5 Il cambiamento del Gruppo ....................................................................... 44
5.1 Il Social Gruppo............................................................................................ 44
5.2 Team Virtuali ............................................................................................... 46
3
Cap 6 Il rilevamento del ROI dei Social Media applicati nei processi
organizzativi.......................................................................................................... 47
6.1 ROI finanziario, produttivo e strategico...................................................... 47
6.2 Rischi: per non investe ed investe............................................................... 49
Cap 7 Social Media Come Strumenti Manageriali 2.0......................................... 52
7.1 Implementare la Policy adeguata................................................................ 52
Svantaggi............................................................................................................... 53
7.2 Distrazione, Calunnie................................................................................... 53
7.3 Aggiornamento sulle Tecnologie 2.0........................................................... 54
Vantaggi................................................................................................................ 55
7.4 Employer branding online ........................................................................... 55
7.5 Employer branding e social Network: l’esperienza Pirelli........................... 57
7.6 Social Recruiting .......................................................................................... 60
7.7 Knowledge Management ............................................................................ 67
7.8 Strumento di Fidelizzazione ........................................................................ 68
Conclusioni............................................................................................................ 70
Bibliografia............................................................................................................ 72
4
Cap 1 Introduzione generale
1.1 Cenni storici
All’inizio degli anni ’90, periodo in cui proliferavano le start up digitali, i più
entusiasti affermavano che Internet avrebbe segnato una rivoluzione, oltre nel
settore tecnologico, nella vita di tutti i giorni. Nel 2001, dopo gli scandali
conseguenti allo scoppio della bolla speculativa, le belle promesse della nuova
tecnologia venivano ridicolizzate come una semplice illusione. Dopo alcuni “dolori
di crescita”, Internet (ora anche mobile) si è confermato essere una vera e propria
rivoluzione. I dati sono impressionanti: gli utenti nel mondo sono aumentati da
361 milioni nel 2001 a quasi 2 miliardi nel 20101.
Ma se il web 1.0 era incentrato sulla visualizzazione di documenti ipertestuali
statici, il web 2.0, al contrario, si basa, sulla creazione e condivisione di contenuti
da parte degli utenti.
Internet ha determinato l’esplosione di nuove forme di vita organizzativa, in cui il
coordinamento si ottiene senza centralizzazione, per cui il potere è il prodotto
della capacità di contribuzione invece che del ruolo occupato, dove la conoscenza
condivisa da molti trionfa sull’autoritarismo di pochi, nuovi punti di vista sono
valorizzati invece che soffocati, le comunità si formano spontaneamente intorno
a specifici interessi, le performance sono valutate dai tuoi pari grado e l’influenza
viene dalla abilità a diffondere informazioni invece che dal tenerle nascoste.
Gli artefici di questo cambiamento sono, senza dubbio, i “Social network” (o più
precisamente i Social Media) come Facebook, LinkedIn e Twitter per la crescente
importanza dei contenuti generati dagli utenti. I consumatori passivi di contenuti
di massa (per esempio fruitori di programma televisivi, film e giornali) sono
diventati artefici e divulgatori di contenuti individuali: hanno creato un blog, un
profilo Facebook oppure un account Twitter comunicando qualsiasi cosa
1
http://www.itu.int/ITU-D/ict/material/FactsFigures2010.pdf
5
desiderino in qualunque momento. Questa dinamica conferisce un grande potere
al singolo consumatore, dipendente, cittadino o studente.
“Quando è nato Facebook si basava su pochi concetti molto semplici: le persone
vogliono condividere e connettersi con le altre persone intorno a loro, quando la
gente ha il controllo su quello che condivide si fiderà a condividere di più, più la
gente condivide più il mondo sarà aperto e connesso, in un mondo più aperto i
problemi che tutti ci troviamo ad affrontare saranno più facili da
risolvere”. Intervista di Mark Zucherberg2
1.2 Distinzione definizione Social Media – Social
Network.
Oggi non si può più parlare solo di Social Network, ma andrebbe usata la
definizione più generale di Social Media, al cui interno si trovano le 3 macro
categorie suddivise in:
- Social Network
- Social Content
- Social Tools
Molto spesso la gente comune confonde la definizione di queste tre parole.
Vediamo perché.
La prima differenza tra social media e social network è che nel primo caso ci si
riferisce solo al mondo del web, nel secondo no.
Il concetto di rete sociale ha origine da studi che coinvolgono diverse discipline e
contemplano l’aspetto fisico della rete, ossia l’esistenza di persone che
condividono legami, interessi, credenze ecc.
2
www.facebook.com
6
Si tratta quindi di un concetto ben più antico dell’approdo di Facebook nelle nostre
vite. I social media invece, figli del 2.0, trovano in questa evoluzione del web la
loro ragione d’essere: permettere all’utente di essere attivo sui contenuti.3
Social Network: Networking on the Net ovvero “Fare rete”, significa entrare in
contatto con il proprio network, sia per lavoro che per svago. 4
I principali social network sono nati per gioco, o quasi, e in pochi anni hanno
cambiato la comunicazione.
I principali Social Network sono:
Facebook
Twitter
My Space
LinkedIn
Google Plus
Il Social Content, invece, possiamo definirlo come uno strumento che ti permette
di creare contenuto sociale co-creato. Ciò che spinge l’utente a creare contenuto
è il poter esprimere in qualsiasi modo mediante testo, video, audio i propri
pensieri.
I principali Social Content sono:
YouTube
Wikipedia
WordPress
Flickr
Pinterest
Foursquare
3
www.socialmediakant.com
4
www.socialmediakant.com
7
Infine ci sono gli strumenti definiti Social Tool, che non hanno la portata globale
dei Social Network ma un raggio ristretto connesso ad un solo utilizzo:
Google Hangout
Drive
Skype
Whatsapp
1.3 L’Evoluzione dei Social Media In Italia
L’agenzia internazionale Social Media “We Are Social”5, con sedi in tutto il
mondo, ha pubblicato il 13 Gennaio 2014 una interessante ricerca dal titolo
“Global Digital Statistics 2014”6 che evidenzia in modo chiaro che oggi il 35%
della popolazione mondiale è connessa ad Internet e che il 26% degli abitanti
del pianeta ha almeno un account su un Social Network; Facebook è quello più
utilizzato nel mondo (tranne in Cina), e la penetrazione delle connessioni
mobile raggiungono il 93% della popolazione mondiale.
Sempre la stessa ricerca riporta per il territorio italiano questa situazione
fotografata all’inizio del 2014. Il social network più utilizzato è Facebook (83% di
account sul totale degli utenti internet italiani, di cui il 49% attivi nel mese di
Dicembre 2013), seguito a grande distanza da Google+ (solo il 16% di utenti attivi
su questo social) e da Twitter (15% di utenti attivi). In questo scenario si evidenzia
la grande crescita di Instagram come social media privilegiato per la produzione e
la condivisione di contenuti fotografici attraverso lo smartphone; ha un account su
Instagram il 17% degli utenti internet italiani, e quasi la metà degli Instagrammers
utilizza attivamente questa applicazione.
E’ interessante sottolineare che l’evoluzione di Facebook nel nostro paese è stata
spontanea, non influenzata dai media tradizionali. Alla fine del 2007 si
5
www.wearesocial.com
6
Global Digital Statistics 2014, We are Social 13 Gennaio 2014.
8
registravano appena 200.000 account attivi, poi nel settembre 2008 vi fu il primo
salto di visibilità che portò gli utenti a superare il milione.7
Nel 2009 venne oltrepassata la soglia dei 10 milioni. Nel 2011 quella dei 20 milioni.
Oggi gli italiani che visitano Facebook almeno una volta al mese sono 26 milioni.
Quelli che lo fanno almeno una volta al giorno sono 17 milioni. Negli ultimi dodici
mesi si è avuto un incremento della consultazione in mobilità tanto che oggi gli
utenti mensili da mobile sono 16 milioni, quelli giornalieri 10 milioni.
La suddivisione tra uomini e donne, rispettivamente al 52% e al 46%, in questi anni
è rimasta pressoché inalterata, con una quota di un 2% di non classificati. Invece
ciò che è mutata profondamente è stata la composizione delle età degli iscritti. I
primi colonizzatori di Facebook sono stati i 19-24enni che nel 2008
rappresentavano ben il 29% di tutta la popolazione iscritta. Insieme a loro i 25-
29enni che erano il 22%. Oggi la prima fascia rappresenta solo il 18% degli utenti
pari a 4,6 milioni di persone e la seconda il 12% ossia 3,2 milioni. In questa
redistribuzione dovuta alla massificazione, ha assunto un peso prevalente la
7
www.vincos.it
9
popolazione più anziana, soprattutto quella di età compresa nella fascia 36-45
anni, che ora rappresenta il 21% ossia 5,4 milioni di individui.
Nonostante questi numeri parlino da soli i top manager nostrani sembrano
ignorare che questi nuovi strumenti siano così “quotidiani” e diffusi e che è un
fenomeno che non coinvolge solo i “nativi digitali” ma anche persone con più di
trent’anni che attualmente sono nel pieno della loro attività lavorativa.
1.4 Obiettivo tesi
L’obiettivo che si prefigge il presente studio è quello di comprendere se l’utilizzo
dei social media all’interno delle aziende possano contribuire alla loro crescita nel
mercato in cui operano oltre che rappresentare una occasione di innovazione
tecnologica e di uso quotidiano dei Social Media. In altri termini, si tratta di capire
come i Social Media, che in modo molto più rapido ed esteso rispetto alle
precedenti ondate tecnologiche si sono già affermati nella vita quotidiana di
milioni di cittadini e consumatori, stanno contribuendo a cambiare radicalmente
le organizzazioni e il lavoro, passando da modelli centrati sulla gerarchia, la
frammentazione delle attività e il controllo, a modelli basati sulla collaborazione,
l’elevato contributo delle persone e la partecipazione.
In una prima fase verrà analizzato il diverso utilizzo degli strumenti Social
all’interno dell’azienda, esponendo le diverse politiche aziendali adottate e le
differenze culturali Europee. Dopo aver analizzato la situazione “esterna”,
continueremo approfondendo il cambiamento del management e dei ruoli
aziendali, conseguenza dell’introduzione dei Social Media all’interno
dell’organizzazione, con un “modus operandi” per iniziare l’avviamento della
cultura Social nei processi aziendali.
10
Oltre alla descrizione della Social Organization e delle nuove figure come Leader e
Gruppo, vi sarà una esposizione su come calcolare il ROI e i rischi per le aziende
che decideranno di non investire o di investire nei nuovi strumenti tecnologici.
Infine altro obiettivo ambizioso è verificare se nel mondo del lavoro oggi i Social
Media possono essere considerati dei validi strumenti manageriali da utilizzare per
la gestione e valutazione delle risorse umane, esponendo svantaggi e i vantaggi
relativi, offrendo consigli, tecniche ed esempi pratici ed esistenti di come applicare
i Social Media all’interno della azienda per aumentare la fidelizzazione, knowledge
sharing, recruitiment e employer branding.
Cap 2 Uso dei Social Media all’interno
dell’azienda.
Il sistema organizzativo nel mondo del lavoro sta subendo una trasformazione che
non può più essere ulteriormente ignorata. Nei prossimi capitoli analizzeremo
come è cambiata l’organizzazione del lavoro, il nuovo contesto lavorativo e le
nuove politiche aziendali sull’utilizzo dei social media.
Affronteremo le diverse politiche aziendali e le differenze culturali europee,
analizzando le diverse risposte ricevute dai dipendenti e dai manager, cercando di
capire quali sono i principali strumenti social adoperati e gli obiettivi raggiunti da
chi ha già messo in pratica i Social Media all’interno dei processi organizzativi.
2.1 Politiche aziendali
Dalla ricerca annuale condotta dalla rivista Fortune8, che individua le 100 migliori
aziende nelle quali è alta la soddisfazione dei dipendenti, si evidenzia come i
dipendenti preferiscano lavorare all’interno delle aziende in cui è concesso l’uso
8
https://liquidcommunicationblog.wordpress.com
11
dei Social Media sia come strumento di produttività che come strumento
personale. Caratteristica comune di molti di questi è l‘utilizzo di strumenti
collaborativi per la gestione della comunicazione interna, per l’assistenza post
vendita, per la creazione di nuovi prodotti, ecc.
Eppure in molte aziende l’utilizzo dei Social Network non è permesso, ed una
“mentalità social” fatica ancora a permeare l’organizzazione aziendale.
L’utilizzo dei Social Media, però, nel mondo è rapida e nelle aziende gli strumenti
collaborativi diventano sempre più pervasivi. Nella infografica, di seguito riportata
(fig.2), realizzata dalla società inglese Clinked9, vengono sintetizzate le principali
aree di crescita e sviluppo e i vantaggi della collaborazione online.
Nella prima parte dell’immagine viene mostrato un istogramma in cui viene
mostrato come i lavoratori rispondano in modo diverso, in un arco di 3 anni
dall’utilizzo di “social tools”, alla domanda: “Quanto saranno importanti i
strumenti social per il tuo lavoro?”.
E’ interessante vedere come le risposte cambiano positivamente a partire dal
primo anno in cui il 52% risponde “Importante e quasi importante” mentre dopo i
3 anni si è percepito un incremento del 34%, ovvero ben 86%, di contro le risposte
negative sono diminuite dal 26% al 8%.
9
www.clinked.com
12
Collaborazione Online al servizio del business – Enterprise 2.0 (fig.3)
Dalla figura emergono altre sensazioni dei lavoratori e altri numeri utili per la
nostra ricerca. Il 97% dei lavoratori (“Businesses”) che utilizzano software
collaborativi sono più abili nel servire o affrontare i clienti in modo efficace ed
confortabile, inoltre è stato riscontrato un miglioramento dell’organizzazione
interna in cui il 74% degli intervistati dichiarano che vi sia un miglioramento nel
“knowledge sharing” e nel “document sharing” comportando una riduzione del
30% del volume di email inviate o ricevute.
E’ prassi nel mondo del lavoro che ogni organizzazione aziendale teorizzi e
implementi una politica social diversa e personale.
13
E’ stata realizzata una indagine finalizzata alla ricerca dei risultati emersi
dall’analisi delle politiche aziendali di alcune tra le più significative aziende nel
mondo:
 I dati emersi dalla ricerca realizzata da Manpower rivelano che il 75% dei
datori di lavoro afferma che la propria azienda non possiede una politica
ufficiale relativa all'uso dei siti di Social network sul posto di lavoro.
Questo significa che la netta maggioranza delle imprese al momento sta
adottando un approccio di “attesa per vedere cosa succederà” prima di
sviluppare e definire la propria politica sull'utilizzo dei Social Network.10
 Due terzi delle imprese stanno utilizzando la tecnologia sociale per il
marketing e le funzioni correlate. Il 37% ritiene che i social media verranno
regolarmente utilizzati in tutti i processi aziendali. Il 9% ritiene che l’intera
organizzazione sarà completamente integrata in chiave social11.
 Il 79% delle aziende usa, o prevede di utilizzare a breve, i social media. I
manager di circa la metà delle aziende che sono state classificate come
“efficaci” nel loro modo di usare i social media hanno affermato che sono
parte integrante della strategia d’impresa.12
 Il 46% delle aziende a livello mondiale prevede di aumentare gli
investimenti nei social media nel 2013. Tuttavia, solo il 22% dei quadri
intermedi si sente pronto a inserire correttamente i social media nel proprio
lavoro.13
10
Www.manpower.com
11
AIIM Report 2012, www.aiim.org
12
Harvard Business Review Analytics Services
13
IBM 2012 Social Business Study
14
 Il 52% dei dirigenti sostiene che l’attività svolta tramite social media è
importante per le loro società. Per l’86% sarà di vitale importanza nell’arco
di tre anni. Il 28% dei CEO ritiene che il social business è essenziale per le
loro organizzazioni, circa il doppio del tasso di CFO e CIO.14
 I progetti di CSR delle aziende coinvolgono meno della metà della forza
lavoro e il 96% degli investimenti sulle tecnologie social focalizzate verso gli
stakeholder interni ed esterni non è connesso, nonostante sia evidente il
ritorno sugli investimenti derivante dalla loro integrazione15;
 Il 27% delle aziende ha personale specificatamente dedicato ai social media
all’interno della propria organizzazione. Nell’83% dei casi, le unità
organizzative dedicate sono gestite da tre persone o meno16.
 Serena Software, una società californiana con 800 dipendenti in 14 paesi,
ha incoraggiato i collaboratori a iscriversi a Facebook e servirsene per
conoscere meglio i colleghi17.
 Secondo McKinsey in The Social Economy, il valore ancora inespresso della
social economy è pari ad almeno 1300 miliardi di dollari e attraversa tutti i
principali processi aziendali, con particolare riferimento a quelli relativi
all’emersione, condivisione e sviluppo della conoscenza.18
14
MIT Sloan Management Review
15
Social Business Council 2012 Engagement Study
16
Ragans Comunications and Nasdaq omx survey
17
Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione Robert Kreitner.
18
www.mckinsey.com
15
Analizzando la ricerca19 effettuata da AIDP (Associazione italiana per la direzione
delle persone) è emerso, (grazie alla collaborazione di 17 aziende di grandi
dimensioni come Adecco, IBM, Microsoft, Pirelli, ecc;), “che lo strumento più
usato in azienda è LinkedIn (56,3%), seguito dall’intranet collaborativa (55,6%).
Solo il 10% delle imprese non utilizza in alcun modo i social network. Le direzioni
risorse umane sono tra le funzioni che utilizzano maggiormente i social Network
con il 71,9%, seguiti da marketing e vendite, con un 56,3%. Un altro utilizzo
importante dei social network lo si ritrova nella ricerca di persone qualificate
(43,6%). La funzione HR è tra i maggiori promotori, in azienda, delle iniziative
social (54,5%)”.
I dipendenti sono il più importante asset di qualunque organizzazione e la loro
soddisfazione dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni azienda, ma una serie
di indagini svolte a livello internazionale rivela come il tasso di soddisfazione sul
lavoro sia in ribasso ovunque.
I lavoratori dichiarano, sempre nella stessa ricerca, “di sentirsi sempre più
ingabbiati in istituzioni totalitariste che non consentono loro di svolgere il proprio
lavoro nella maniera più efficace e semplice possibile. Ma soprattutto le persone
vogliono sentirsi parte importante e significativa dei processi aziendali, vogliono
essere protagoniste dei successi aziendali: ma tutto questo è possibile solo
dotandosi di strumenti collaborativi che, a loro volta, richiedono una cultura e dei
processi manageriali diametralmente opposti a quelli utilizzati negli ultimi cento
anni. Non investire in questi strumenti collaborativi e in questi nuovi modelli
manageriali significa demotivare le persone e, di conseguenza, abbattere il morale
complessivo dell’azienda”.
Non è azzardato dichiarare che gli stessi Social Media possono essere non solo
strumenti per migliorare il clima aziendale ma anche luoghi di lavoro ideali per la
produttività dei dipendenti stessi. Secondo Glassdoor20, popolare fonte di
19
www.aidp.it/aidp/ALLEGATI/RS/Comita.it%201-2-13.pdf
20
www.macitynet.it/twitter-miglior-luogo-per-cultura-valori-apple-quindicesima
16
informazione sul clima che si respira nelle aziende americane, è Twitter il luogo di
lavoro in cui i dipendenti sono più soddisfatti per cultura e valori aziendali.
Il social dei cinguettii è in cima alla Top 25 stilata usando informazioni rilasciate
anonimamente dagli stessi dipendenti, con un punteggio di 4.5 su 5; è quindi
considerata l’azienda in grado di regalare maggior soddisfazione ai suoi dipendenti
in termini di valori e cultura; seguono con 4.4 su 5 Edelman e Google, mentre la
top 5 è chiusa da Riverbed Technology e Facebook.
Come conclusione possiamo affermare che titolari e dirigenti d'impresa devono
individuare il modo di utilizzo dei Social network che permetta loro di sfruttarne la
popolarità e il valore di business per elevare la performance dell'azienda e
promuovere gli obiettivi del gruppo. L’obiettivo di questi investimenti non
dovrebbe essere orientato al controllo del comportamento dei
dipendenti/collaboratori nell’uso dei Social Media, bensì a indirizzare l'uso di tali
tecnologie in direzioni che possano portare benefici e vantaggi sia all'azienda che
ai dipendenti stessi.
2.2 Differenze culturali di pensiero ed uso dei strumenti
Social.
In questo paragrafo analizzeremo le differenze d’uso dei principali Social Media nel
mondo ed in particolar modo in Europa.
L’agenzia internazionale We Are Social ha pubblicato un interessante studio
all’interno del report Global Digital Statistics 201421 che evidenzia sia la
penetrazione del mobile e sia la diffusione degli strumenti Social.
21
Global Digital Statistics 2014, We are Social 13 Gennaio 2014
17
Nel grafico la maggior penetrazione del “Mobile” è data con il 151% dall’Europa
Centrale e dell’Est, secondo posto con il 129% dall’Europa dell’Ovest e a seguire
l’America del Sud con il 124%. Ultimi posti invece per il Sud Asia con il 72%.
18
La classifica cambia per quanto riguarda la diffusione dei Social Media nei vari
paesi. Al primo posto con il 56% troviamo il continente fondatore ovvero l’America
del Nord, secondo posto a pari punti per Europa dell’Ovest, America del Sud e
Oceania. Agli ultimi posti troviamo l’Asia Centrale e quella del Sud dove, invece, la
penetrazione del mobile si attesta intorno alla media.
Questi dati testimoniano il fatto che il fenomeno dei Social Media sta colpendo in
maniera proporzionale quasi tutto il Mondo.
Ma cosa sta succedendo in Europa?
Contro tutte le aspettative l’Italia, secondo Google Social Emea 201222, è prima in
Europa con la Spagna ed è tra le nazioni che usano maggiormente i Social Media
con il 74% di diffusione.
Il report è stato commissionato dalla Millward Brown e sono stati intervistati 2.700
professionisti tra Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito.
L’obiettivo era quello di sapere se i social media aiutano realmente i lavoratori nel
22
Report Google Social Emea 2012, European Survey Results
19
far carriera all’interno dell’azienda nel contribuire alla crescita del business
aziendale e cercare di capire in quale Paese questo possa realizzarsi nella migliore
maniera.
Infatti dal questionario risalta che quasi la metà degli intervistati (46% dei
professionisti) desiderano e hanno in piano di incrementare l’uso dei social media.
I professionisti stanno usando i social media per raggiungere numerosi obiettivi e
risultati. Essi ricevono dai Social media un valido aiuto nella comunicazione con i
loro colleghi e favoriscono la cooperazione, soprattutto con persone che sono
costrette a lavorare in luoghi diversi.
“They greatly improve the contribution and development of ideas. In my
case, as an architect and section manager, they help me and my group
to put ideas forward and brainstorm at any time and in any place.”
– Team Leader, Creative/Design, Spain
I can communicate quickly with colleagues in other countries and get
immediate answers.”
– Junior Executive, Content Management, UK
Tra questi paesi, stranamente a mio avviso, la Germania è tra le ultime a considerare
l’impatto positivo di questi strumenti riportando un modesto 27% di approvazione.
Invece i Social Media vengono particolarmente apprezzati in Spagna ed Italia. In
Spagna per esempio l’89% dei professionisti crede che gli strumenti Social
incoraggino significativamente l’innovazione (dati rapportati con la media
europea del 64%).
Di opinione diversa sono invece Svezia e Olanda che ad esempio registrano la
contribuzione ad una positiva riduzione del volume di email rispettivamente solo
il 26% e 22% (rispetto al 57% della media europea).
Da questi dati risulta che i professionisti tedeschi, svedesi e olandesi sono meno
propensi nel riconoscere i benefici tangilibili associati all’utilizzo dei strumenti
20
social. Infatti i miglioramenti stimati nella produttività di questi paesi sono quasi
il 5% in meno rispetto la media europea.
A differenza della Spagna in cui viene stimato un 31% di aumento della produttività
e un 28% di miglioramento della performance finanziaria grazie all’uso dei Social
Media.
“Those who use information in faster and broader ways will grow stronger
and will be more competitive. Those who do not will (depending on
what they do) be marginalised and eventually will become insignificant
or extinct.” Junior Exetutive System Uk
Nel Regno Unito sembra verificarsi una grande crescita rivolta nell’uso dei
Social media verso i dipendenti per guidarli al successo. I professionisti UK che
usano questi strumenti per incoraggiarne l’utilizzo sono l’88%.
Incontro tendenza i dati rilevati in Germania dove una piccola percentuale di
professionisti tedeschi ha dichiarato che questi strumenti contribuiscono a
raggiungere il successo aziendale; ad esempio solo il 41% delle grandi aziende
usa i Social Media e li utilizzano per incrementare le vendite.
Cap 3 La Social Organization
3.1 Social Organization (Enterprise 2.0)
Il termine Enterprise 2.0 deriva da Web 2.0 termine coniato da Andrew McAfee,
professore della Harvard Business School, nel suo libro “Enterprise 2.0: The Dawn
of Emergent Collaboration” – MIT Sloan Management Review, 2006.
21
La definizione di Enterprise 2.0 secondo McAfee23 è legata “all’uso in modalità
emergente di piattaforme di social software all’interno delle aziende o tra le
aziende ed i propri partner e clienti”. Per l’Osservatorio Enterprise 2.0 della
School of Management del Politecnico di Milano il termine indica “una visione più
ampia di evoluzione del modello organizzativo e tecnologico dell’impresa che si
fonda comunque sull’applicazione di strumenti collaborativi 2.0 e l’utilizzo della
tecnologia come piattaforma abilitante dei processi e delle relazioni.”
Ma la variabile tecnologica, come afferma Marco Minghetti nel suo omonimo sito,
non è sufficiente a risolvere i problemi collegati da una serie articolata di
fenomeni messi in moto dal web 2.0 “come l’apprendimento collettivo,
l’innovazione partecipata, la co-creazione di valore, che richiedono nuove modalità
di intervento: informali, guidate dal basso, spontanee. In tutte le aree aziendali la
dimensione comunitaria o conviviale (secondo la terminologia dello Humanistic
Management) assume un ruolo crescente nella generazione di valore, rendendo
necessaria la rivisitazione dei modelli di leadership e di governance.”
In questa nuova chiave di lettura, la Social Organization si mette a disposizione
delle imprese per consentire ad un vasto numero di persone di lavorare
collettivamente valorizzando al massimo le singole riserve di competenza,
talento, creatività ed energia.
La creazione di valore passa attraverso la capacità di generare, sfruttando le
enormi potenzialità dei Social Media, ciò che nel gergo viene chiamano “mass
collaboration”. I Social Media che si sono affermati in tempi brevissimi, come
afferma Marco Minghetti in “L’intelligenza collaborativa”24, “consentono ciò che
finora non era mai stato possibile: attivare la capacità di un vastissimo numero di
persone sparse per il mondo di collaborare realizzando significativi miglioramenti
23
www.marcominghetti.com
24
Marco Minghetti, L’intelligenza Collaborativa. Egea editori.
22
dei processi in termini sia di efficacia sia di efficienza rispetto ai metodi di lavoro
tradizionali.”
Questa “ “collaborazione di massa” deve essere sviluppata sia all’interno sia
all’esterno dell’azienda. Non si può essere social “a metà” (focalizzandosi per
esempio solo sul marketing esterno), la creazione di valore deve coinvolgere tutti
gli stakeholder: clienti, fornitori, dipendenti, comunità locali; l’apertura dei
confini organizzativi è centrale per realizzare quello che già nei primi anni Novanta
definito “il nuovo dominio manageriale”. ”
Con il termine Social Organization parliamo dunque del prodotto dell’interazione
di tre fattori: i social media, le community e la “purpose” ovvero la proposizione
di valore.
Social media. Un social media è un ambiente online (“online environment”) creato con
l’obiettivo di sviluppare collaborazione di massa. Ciò che è distintivo di un social media non
è la tecnologia. Ad esempio, Facebook è un social media fondato su una tecnologia di
networking, Wikipedia su una tecnologia Wiki. In generale esiste un grandissimo numero
di tecnologie abilitanti la mass collaboration (blog, social bookmarking, tagging, forum,
eccetera), che non vanno confuse con quelle che semplicemente supportano
la collaborazione fra singoli e team, che esistono da decenni. La differenza portata dalle
tecnologie dei social media è la scala su cui operano e che consente a centinaia, migliaia
persino milioni di persone di creare contenuti, condividere esperienze, costruire relazioni
simultaneamente.
Community. Le community sono degli insiemi di persone che si riuniscono per ottenere un
obiettivo comune. Radicata nell’obiettivo comune, una community può raccogliere diversi
gruppi di persone provenienti dall’interno e dall’esterno dell’azienda che sono spinti da
una stessa visione a lavorare collettivamente in maniera efficiente. Senza community non
ci può essere collaborazione di massa.
Proposta di valore. E’ l’ingrediente essenziale della collaborazione di massa e quindi della
social organization determinando la spinta interiore, la motivazione, la volontà di lavorare
insieme ad altri mettendo a disposizione la propria conoscenza, le proprie esperienze e le
23
proprie idee. E’ la proposta di valore, il fine comune, la pietra di paragone in base al quale
si misura l’efficacia di una community, l’adeguatezza della tecnologia sociale da utilizzare,
la coerenza con gli obiettivi di business, l’efficienza della leadership.
3.2 Come e Quando passare da una azienda tradizionale ad
una Social Organization?
Il passaggio da una azienda tradizionale ad una Social non è affatto facile, occorre
un passaggio graduale, cauto evitando confusione e distrazioni. Proporre una
strategia di cambiamento troppo avanzata (o al limite troppo arretrata), rispetto
al livello di comprensione e accettazione da parte dell’azienda e dei suoi leader,
di un modello manageriale evoluto significa condannare in partenza il tentativo
al fallimento!
In un primo stadio possiamo trovarci in una situazione in cui il management non
è pronto per questo passaggio e nella peggior parte dei casi potrebbe pensare che
il fenomeno dei Social Media sia solo un trend passeggero o al massimo una fonte
di intrattenimento per giovani.
Ma queste affermazioni potrebbero essere frutto di paura di perdere la posizione
di comando autoritario, con la conseguenza di scoraggiare o vietare l’uso di questi
strumenti. Come scrive Frank Rose nel “La Lettura del Corriere della Sera” il mondo
del “command and control” si sta trasformando in quello del “sense and
respond”25.
Un’azienda che si sta avvicinando alla nuova concezione del Management 2.0
innanzitutto deve essere decisa ad intraprendere questo passaggio o rischia di
avvicinarsi ad essa in maniera confusa, senza una chiara consapevolezza delle
opportunità, rischi, e trasmettendo insicurezza ai propri dipendenti.
25
“Benvenuti nei deep media”, La lettura del Corriere della Sera, Frank Rose
24
Mi ha colpito l’espressione di S.R. Nicholson in “Social Media Ostriches”26 dove
dice che in aziende in cui non è avvenuto il passaggio definitivo al management
2.0 i dipendenti non capiscono perché “sono ammesse le pause per fumare una
sigaretta ma non quelle per inviare un paio di Tweet” e “sono furibonde perché il
firewall impedisce loro di diventare fan della propria azienda su Facebook”, quindi
paradossalmente all’azienda interessa più raggiungere un target di clienti
piuttosto di avere dentro la propria pagina i mi piace e i pareri dei propri
dipendenti.
Per superare questo “scoglio” occorre l’iniziativa dei dipendenti con delle richieste
specifiche, come l’accesso ad internet per entrare nei propri canali social o uno
“spazio” virtuale dove poter comunicare con altri dipendenti, magari fornendo
esempi di altre aziende mostrando i successi ottenuti oppure creando degli
strumenti di Audit Interno come questionari o coinvolgere nella scelta i
collaboratori chiedendo direttamente se l’eventuale uso di Strumenti Social
potrebbero migliorare il lavoro aziendale.
Infatti il passaggio decisivo inizia a concretizzarsi dalla presenza di manager che
permettono l’uso di strumenti social e la fissazione di budget ben definiti per la
creazione e lo sviluppo di community.
Ma ai leader del cambiamento si pongono alcune sfide cruciali:
 Mantenere alta la tensione creativa delle community;
 Incrementare il valore generato dalle community;
 Integrare le attività delle community nei processi corporate;
26
S.R. Nicholson, “Social Media Ostriches” www.socmedsean.com 2009
25
 Individuare un nuovo equilibrio fra il potere formale espresso negli
organigrammi e quello informale acquisito dai singoli individui all’interno
delle community.
Come scritto sopra occorre mantenere alta la tensione creativa delle community,
occorre perciò che questo “fenomeno” non sia dettato dall’euforismo del
momento, occorrono delle figure specializzate che monitorino o creino degli input
creativi per mantenere sempre efficace la Community. Bisogna, quindi, non isolare
la community dai processi corporate bensì integrarla sempre di più, creando anche
delle sezioni con diversi “membri” appartenenti a diversi stadi dei processi
produttivi e organizzativi.
Creando delle gerarchie in cui si possa stabilire un equilibrio tra comunicazione
formale con i superiori ed una comunicazione informale tra gli individui della
stessa community mirata a rompere le barriere ed incentivare il legame del
gruppo.
L’ultimo stadio è quello che IBM definisce “Business leadership” che comprende
la comunicazione multimediale e la collaborazione. Le Tre parole chiave sono
Cloud, Mobile e Social in cui si applicano con il BYOD, ovvero Bring Your Own
Devices, o BYOA, ovvero Bring Your Own Apps, e Software-As-a-Service (SAS) per
facilitare le comunicazioni sui social network interni ed esterni.
Ricapitolando, Quando e Come occorre passare al nuovo sistema Social?
Quando almeno una delle due parti, dipendenti o manager/imprenditore, siano
convinti sull’efficacia dell’utilizzo di questi strumenti e siano pronti ad assumersi
la responsabilità di portare avanti queste “idee” all’interno dell’azienda, in modo
tale da convincere anche i più scettici.
Per il come, bisogna effettuare un passaggio ben moderato, occorre che anche i
collaboratori più anziani siano seguiti passo dopo passo dalla creazione
dell’account mediante email personale, fino alla partecipazione nelle community
26
aziendali ed educarli al controllo costante dei propri canali social riducendo la
grossa mole di email. Il datore di lavoro per incentivare e modernizzare la propria
organizzazione potrebbe acquistare anche in leasing degli strumenti (“Fringe
Benefit”) come laptop, smartphone o tablet per incentivare questi canali ed
educare tutta l’azienda ad una mentalità sempre più moderna.
Infine è importante sottolineare, come affermano Bradley e McDonald che
arrivare in questo ultimo stadio non vuole dire utilizzare la collaborazione di massa
sempre e comunque ma, al contrario, avere perfettamente compreso quali siano
i benefici in termini di risultati di business e di motivazione dei dipendenti.
3.3 L’applicazione dei strumenti SoLoMo e Cloud
Il termine SoLoMo è un acronimo che indica la convergenza tra:
Social: la condivisione delle informazioni all’interno delle reti sociali;
Local: geolocalizzazione, distinzione in base alla posizione o, meglio, allo spazio
fisico che ci circonda;
Mobile: in senso stretto implica il crescente uso, spesso sostitutivo, dello
smartphone o del tablet piuttosto che del PC per le attività quotidiane.
Come sostiene Marco Minghetti nel suo libro “L’intelligenza collaborativa”27, “la
diffusione dei dispositivi di accesso mobili è il driver di questa convergenza”.
Indubbiamente negli ultimi anni stanno diventando “il canale primario per
memorizzare e condividere le informazioni su chi siamo, che cosa sappiamo, che
cosa facciamo, dove siamo, dove siamo stati e dove intendiamo andare”28.
Inoltre, diversamente da quanto accadeva nella fase del web 1.0, quando tutto
avveniva nello spazio virtuale, ora diviene centrale lo spazio fisico da cui ci
connettiamo in rete: che siamo a casa, al lavoro, per strada o in un bar non è più
27
Marco Minghetti, L’intelligenza collaborativa.
28
www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx
27
secondario, ma è essenziale per l’informazione che vogliamo trasmettere, che sia
un testo, video, audio o una foto, esso può essere facilmente integrato alla geo
localizzazione del luogo aumentando la percezione di essere “fisicamente” in quel
dato.
Il paradigma SoLoMo è rafforzato dallo sviluppo del cosiddetto cloud computing:
(in italiano “nuvola informatica”) indica un insieme di tecnologie che permettono,
tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider del cliente, di
memorizzare/ archiviare e/o elaborare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware /
software virtualmente distribuite in rete29.
L’avvento del paradigma SoLoMo illustra forse meglio di ogni altro il definitivo
declino dello Scientific Management, riassunto nel celebre slogan “the right man
in the right place”30. Quindi concludendo “il presupposto organizzativo su cui
fondare metodi e processi di lavoro è del tutto antitetico a quello fordista per cui
non è il lavoratore che si muove, ma la catena di montaggio a scorrergli davanti
mentre lui è fermo. Oggi, al contrario, il lavoratore è perpetuamente mobile ed è
lo strumento di lavoro a seguirlo ovunque vada (per cui ogni luogo può diventare
il luogo “giusto” per lavorare).”31
29
www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx
30
http://yvesmorieux.blogspot.it/
31
www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx
28
Cap 4 Il ruolo del Management
4.1 Management Vecchio e Nuovo: dallo Scientific
Management al Humanistic Management 2.0.
I manager influenzano le nostre vite in molti modi. Scuole, ospedali, uffici statali e
piccole e grandi imprese richiedono tutti una gestione sistematica.
Secondo una definizione formale, il management è un processo che consiste nel
lavorare con e attraverso gli altri per raggiungere gli obiettivi organizzativi in modo
efficiente ed etico, in un contesto in continuo mutamento32.
In comportamento organizzativo la loro caratteristica centrale è “lavorare con e
attraverso gli altri”33.
I manager ricoprono un ruolo costantemente in evoluzione. Oggi i manager di
successo non sono più come i capi del passato, che affermavano di avere “tutto
sotto controllo” e davano ordini da eseguire; piuttosto, hanno la necessità di
prevedere in modo creativo e promuovere in modo attivo nuove direzioni, con
coraggio, senso etico e sensibilità.
L’attuale mondo del lavoro è costantemente sottoposto a cambiamenti di grande
entità e destinati a perseverare nel tempo. Le aziende sono state
“reingegnerizzate” per avere maggiore flessibilità, velocità ed efficienza. Al posto
dell’individuo, i team sono diventati la nuova componente costitutiva
dell’organizzazione, spesso assumendo la veste “virtuale”. Il management
incentrato sul binomio “comando e controllo” sta lasciando il posto a una
gestione partecipativa e orientata all’empowerment.
32
Comportamento organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo kinicki
33
Comportamento organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinicki
29
I leader concentrati esclusivamente su se stessi sono sostituiti da leader
concentrati sul cliente, e cresce la considerazione che i collaboratori sono clienti
interni.
L’ Empowerment, annunciato prima, promuove la partecipazione e
il coinvolgimento di tutto il personale, la responsabilizzazione diffusa,
l'autostima, la collaborazione e la valorizzazione reciproca34. L'individuo, in
questa nuova ottica organizzativa, ha fiducia nelle proprie “skills”, non teme i
cambiamenti ma si impegna per gestirli, è disposto a correre rischi e a mettersi in
gioco, riconosce i propri errori, esterna le sue informazioni, prende iniziative ed è
aperto al confronto all’interno del gruppo. Avendo questi come obiettivi,
l'empowerment rappresenta una rivoluzione nelle tradizionali relazioni
organizzative. Uno dei perni di questo cambiamento è il leader, “che deve
diventare capace di condividere le decisioni, di stimolare autonomia e senso di
responsabilità, di individuare i bisogni (formativi, relazionali ed esistenziali) dei
suoi collaboratori e di favorirne la crescita professionale”35. Soprattutto,
una empowering leadership deve essere in grado di delegare, di promuovere la
costituzione di gruppi di lavoro autonomi che stabiliscano tempi e modelli
organizzativi, rapporti con gli altri gruppi, turni e riunioni, pur all'interno della
condivisione della strategia aziendale. L'empowerment dell'individuo diventa
allora empowerment dell'organizzazione, con i conseguenti vantaggi economici e
non solo.
“La formazione aziendale”, come scrive il sito teambuldingitaly.com, “basata
sull'empowerment ha l'obiettivo di rimotivare il personale, di renderlo coeso e
coinvolto, fiducioso e capace di vivere i conflitti non come minacce ma come
occasioni di crescita umana e professionale.
34
http://www.teambuildingitaly.com/news/149-organizzazione-aziendale-empowerment
35
http://www.teambuildingitaly.com/news/149-organizzazione-aziendale-empowerment
30
In più, la riorganizzazione aziendale della scuola ha anche valenze più generali: il
benessere degli operatori scolastici, degli insegnanti ma non solo, è un elemento
fondamentale per un efficace intervento pedagogico.
Il fine, ambiziosissimo, cui l'empowerment tende è l'autostima, l'autonomia, la
capacità di affrontare i cambiamenti, in ultima analisi la felicità del personale.”
L'empowerment è strettamente connesso al concetto di cambiamento. Il punto
di forza è che esso, proponendo nuove alternative, non costringe ad abbandonare
il già conosciuto.
Proprio come il leader partecipativo il manager 2.0 descritto in “The Social
Organization” non può esercitare l’autorità derivante dal proprio ruolo, ma deve
sapersi costruire e deve saper mantenere la propria autorevolezza giorno per
giorno. Deve saper rinunciare agli strumenti tayloristici della micropianificazione
di ogni fase di sviluppo e affidarsi alla serendipity36. Soprattutto la sfida per il
manager tradizionale è quella di rinunciare a essere emittente di messaggi
prescrittivi, per diventare invece un attivatore della capacità comunicativa e
della creatività degli altri.
Sono tre i ruoli chiave che i manager possono e devono giocare per assicurare il
successo di una Social Organization:
Partecipazione. Obiettivo primario è la rimozione di qualsiasi ostacolo che si
frapponga sulla strada della community verso la produzione di idee innovative. Ciò
significa osservare attentamente quanto accade ed essere pronti a rispondere alle
esigenze della community, sostenendo e motivando con i rispettivi limiti di tempo
e spazio i membri in proporzione al loro impegno ed al contributo fattivo alle
attività collettive. Per incentivare la partecipazione il Manager può mettere in
36
Marco Minghetti in “L’intelligenza Collaborativa”, Egea Edizioni.
31
palio dei premi in denaro o di promozione per i membri più creativi e produttivi
all’interno della community.
Focalizzazione sulla proposta di valore. Il manager deve assicurarsi che il focus
produttivo del gruppo proceda sempre il raggiungimento dell’obiettivo
monitorando il progresso delle attività. Se i risultati non fossero quelli voluti, deve
intervenire affinché i membri della community ri-focalizzino o ristrutturino il modo
di operare della community stessa stabilendo dei controlli periodici con degli
eventuali piani di recupero.
Valorizzazione della performance. E’ necessario, anzi essenziale che la community
sia rappresentata all’interno dell’organizzazione, a pena di vanificare tutto il suo
lavoro e disperderne il potenziale innovativo rischiando l’inevitabile declino e il
mancato guadagno delle somme investite.
Al manager non resta che assicurare l’integrazione tra i sistemi informativi,
funzioni e processi aziendali in modo tale da creare supporto e non intralcio al
lavoro della community, e di garantire le inter connessioni fra oro e le varie parti
dell’organizzazione per far sì che le innovazioni prodotte dal lavoro collaborativo
possano diventare effettivamente produzione di valore aggiunto per l’impresa e
non rimangano relegate nell’intranet aziendale.
Risulta evidente che nella Social Organization il ruolo del manager non
perde minimamente di importanza, ma richiede una interpretazione
completamente nuova, come d’altra parte nuovo è l’intero disegno organizzativo:
“la vera sfida” come scrive lo stesso marco Minghetti sul blog Alycante, “quella più
difficile, ancora una volta è quella del cambiamento. Un tema ricorrente quando si
parla di innovazione, ma d’altra parte come ci può essere innovazione senza
cambiamento?”37
37
http://www.alycante.it/social-organization.html
32
4.2 Community Manager
Al centro di qualsiasi azione di sviluppo di una Social Organization si pone il
Community Management, che può essere articolato:
1. All’interno dell’organizzazione, dove le community operano come hub
collaborativi di interazione, relazione, comunicazione, formazione (social
portal, corporate blog, social project, social learning);
2. Verso l’esterno dell’organizzazione, dove si è ormai affermato il marketing
conversazionale che ha grande impatto anche sui processi interni (social
media monitoring, brand community, social innovation);
3. Sui processi di innovazione, in cui le community sono il luogo di crescita
della condivisione delle conoscenze e dell’innovazione partecipata
(innovation lab, idea management, academy 2.0). E’ significativo che la
Social Software Survey, realizzata da IDC nel febbraio 201338, indichi che
per il 79% delle aziende mondiali la creazione di community online è
considerato un obiettivo prioritario.
Da qui devono emergere tutti gli elementi necessari a porre le basi per la
definizione di un piano integrato di comunicazione, formazione e sviluppo che in
particolare comprende39:
 Quali e quante community collaborative avviare: chi collabora per il
cambiamento (per esempio: una community per ogni processo chiave, per
specifici progetti, community funzionali ecc);
 Quali e quanti social media supportano le attività collaborative: dove si
collabora (per esempio: corporate blog, wiki, forum, applicazioni 2.0
integrate alla intranet);
38
http://www.idc.com/getdoc.jsp?containerId=prUS24248713
39
http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/
33
 Le modalità di coordinamento e di funzionamento delle community e la
loro struttura organizzativa (owner, content manager, web editor ecc):
come si collabora;
 La proposta di valore che definisce la vision e gli obiettivi di ciascuna
community: perché si collabora (per esempio: obiettivi di miglioramento di
prodotto/processo, education, diffusione e aggiornamento continuo di
best practice);
 I parametri di misurazione del ROI di ciascuna community.
Questi sono, ad esempio, gli skill richiesti da una società di selezione italiana nel
2014 per coprire il ruolo di un community manager:
 Buona conoscenza della lingua inglese
 Ottima conoscenza dei principali strumenti di web analytics
 Ottima conoscenza di content management, web editing e web copying
 Esperienza nella gestione di community (partecipazione attiva ai
principali
 Social network italiani ed esteri ed esperienze di gestione community e
forum complessi)
 Profonda capacità di entrare in relazione (predisposizione ai rapporti
Interpersonali e al lavoro di gruppo, sensibilità, leadership, curiosità);
 La conoscenza di modelli teorici relativi alla psicologia della
comunicazione e alle dinamiche dei gruppi applicata alle relazioni in rete.
Parallelamente alle azioni di sensibilizzazione diffusa all’utilizzo dei social media,
occorre quindi procedere alla realizzazione di un piano di formazione
specificamente orientato alla creazione di figure professionali come quella sopra
esemplificata. In questo caso l'analisi dei fabbisogni formativi avverrà sulla base di
una accurata individuazione delle community già operative o che si ha intenzione
di creare nel prossimo futuro. In altre parole, l'analisi dei fabbisogni va impostata
non come una attività di routine, ma come una fase importante del processo più
34
generale di change management e richiede una comunicazione mirata sia prima
che durante e dopo la sua messa in opera.
4.3 Il ruolo degli Evangelist
Gli Evangelist, ovvero i “campioni del cambiamento” sono presenti in tutte le aree
aziendali in cui la loro azione quotidiana prevede il supporto, sollecito e la
proposta al cambiamento dell’organizzazione verso l’adozione dei nuovi processi
e strumenti di lavoro, tra cui l’introduzione dei Social Media.
E’ importante che debbano costituire un gruppo numeroso e soprattutto bene
selezionato. Essi sono persone che credono veramente (e non
opportunisticamente) ai valori che sono alla base del Management 2.0.
Può esservi la possibilità che non debbano conoscere necessariamente l’uso di
strumenti Social, ma sono orientati verso la consapevolezza dei benefici che essi
portano, e sopratutto al lavoro collaborativo, sono riconoscenti e leali nei
confronti dell’azienda, hanno competenze specifiche in ambiti decisivi per il
raggiungimento dei risultati. Insomma proprio quelli che a causa delle logiche dello
Scientific Management vengono tradizionalmente trascurati, marginalizzati se non
addirittura espulsi dalla organizzazione (licenziati).
Di seguito uno schema suggerito da Eldam40, in cui potrebbero essere distinti in
tre gruppi in base al tipo di conoscenze 2.0 detenute:
40
www.edelmandigital.com, “Social Business for Complex Organizations”.
35
Ruolo Competenze 2.0 Media Utilizzati Attività (su
piattaforme e social
tools interni e/o
esterni)
Content curator Avanzate
Video
Foto
Blog
Registrare e caricare
video, curare live
streaming di eventi
aziendali
Caricare e taggare foto
Scrivere post
Conversationalist Medie
Microblogging
Wiki
Social Network
Condividere notizie e
informazioni, stendere
liste di influencer
Condivisione e sviluppo
della conoscenza
Rispondere a commenti
relativi a prodotti o
servizi aziendali
Listener Basic Social media
interni ed esterni
Monitorare la brand
reputation
Sostenere la brand
community
36
4.4 SocialLeadership
Il Bicocca Training & Development Centre (BTDC) ha sviluppato la prima ricerca41
approfondita su come la diffusione dei social media all’interno delle
organizzazione genera un fabbisogno di cambiamento dei modelli
di leadership tradizionali. Gli stili di direzione di una volta devono oggi fare posto
alla Social Leadership, un modello frutto delle trasformazioni in atto nel contesto
attuale dominato non solo da strumenti quali Facebook, LinkedIn, Twitter e Blog,
ma anche dai network sociali sviluppati all’interno della intranet aziendale.
L’indagine si è sviluppata
attraverso l’esplorazione dei
fattori chiave che spingono
verso la diffusione di social
media e quindi della social
leadership. Come è stato
riportato dal sito stesso
“btdc.albaproject” “si è
proceduto a sviluppare un
carotaggio dei modelli di
utilizzo dei social media per
la gestione delle risorse umane in un gruppo di aziende first mover nel campo
dei social media interni”. In cui è emerso “non solo un identikit dei caratteri
della social leadership, ma anche un profilo degli strumenti operativi utili per
quelle aziende che mirano a sviluppare la social leadership come leva di vantaggio
competitivo.
41
http://btdc.albaproject.it/
37
Sono stati inoltre sviluppati il Social leadership Inventory, tramite il quale è
possibile rilevare le caratteristiche organizzative più rilevanti per definire
l’approccio di sviluppo della social leadership più coerente per la specifica
organizzazione, e due archetipi o modelli di cambiamento utili a pianificare il
percorso di sviluppo della social leadership.”
A partire da Peter Drucker42 non c’è sistema manageriale che non abbia chiamato
in causa la metafora dei direttori d’orchestra come immagine di modello
di leadership efficace. Ci si domanda allora quanto questa metafora risulti ancora
in grado di cogliere le caratteristiche dei modelli efficaci di leadership43 a fronte
dei radicali cambiamenti interni ed esterni alle organizzazioni del mondo attuale.
“La crescente presenza delle tecnologie sociali nelle organizzazioni, moltiplicata
anche da processi di internazionalizzazione che richiedono di connettere persone
fisicamente distanti, nonché l’ingresso della generazione Y (già abituata all’uso
e all’abuso dei social media ) nei contesti organizzativi, sposta il fabbisogno
di leadership su un nuovo terreno.”
In questo contesto Social, è come se il direttore d’orchestra anziché utilizzare la
classica bacchetta magica utilizzasse strumenti come Facebook e Twitter.
L’introduzione di questa nuova figura di Leadership permette all’organizzazione
informale di emergere e mettere in discussione la concezione del Manager
tradizionale autoritativo, distaccato dal gruppo.
In altre parole la distinzione tradizionale fra leader e follower diviene più porosa
facendo spazio a quella di shared leadership, un modello che prevede la
condivisione, la trasparenza e l’abbattimento delle barriere tra Leader e Gruppo.
Come si evince dalla stessa ricerca, “La social leadership tuttavia, chiama in causa
tanto la dimensione top-down della leadership, quanto un processo di
42
http://www.matematicamente.it/approfondimenti/220-problem-solving/
43
http://www.manageritalia.it/export/sites/it.manageritalia/content/
38
collaborazione ed influenza reciproca tra i leader ed i collaboratori veicolata
dagli strumenti e dalle attività tipiche dei social media.
Si tratta più di una trasformazione culturale che tanto il management quanto
l’organizzazione devono affrontare, piuttosto che di una rivoluzione puramente
tecnologica legata all’utilizzo dei social media all’interno delle organizzazioni.”
I social media rappresentano un’importante area strategica per le aziende che
saranno in grado di gestire efficacemente il percorso verso lo sviluppo della social
leadership. Ma l’adozione dei social media all’interno delle organizzazioni sta
rischiando di diventare una non scelta a causa delle numerose pressioni interne
ed esterne come la diffusione dei mobile device. Bisogna quindi predisporre una
policy adeguata e l’assunzione di esperti al fine di adeguarsi ai cambiamenti
organizzativi e non lasciarsi sfuggire dipendenti che dispongono di competenze
di social leadership.
Nel numero di Giugno 2012 la Harvard Business Review44 ha pubblicato i risultati
di una ricerca condotta nel corso di due anni su 150 manager di 100 aziende per
individuare un nuovo modello di leadership.
Quello che è emerso “è la diffusa consapevolezza che l’approccio dirigista e top
down sia ormai largamente superato. Inoltre “Tutti i manager hanno menzionato
come cerchino di sviluppare un approccio conversazionale all’interno della
propria organizzazione o già lo adottino come strumento di leadership.”
Il vantaggio principale che emerge da questa pratica che la HBR definisce
“conversazione organizzativa” è “la relazione costante tra i diversi livelli e
funzioni permette anche alle grandi imprese di funzionare come quelle piccole,
replicando quel modello di condivisione che spesso permette alle startup di
primeggiare su rivali più consolidati.”
44
https://hbr.org/2012/06/leadership-is-a-conversation/
39
Il modello conversazionale permette così alle piccole e grandi aziende
di coinvolgere e motivare i propri collaboratori di assicurare un maggiore
allineamento strategico, di migliorare il clima aziendale e di sviluppare una
flessibilità operativa. Permette soprattutto ai manager delle grandi aziende di non
non trascurare i propri i problemi e i bisogni dei dipendenti in modo tale da
rompere tutte le superflue barriere e di risolvere i problemi aziendali nel minor
tempo possibile.
Quattro sono gli elementi chiave della conversazione organizzativa:
1. Intimità: ridurre le distanze, abbattere le barriere;
2. Interattività: importanza dell’ascolto;
3. Inclusione: far sentire tutti parte della stessa organizzazione e di un
disegno comune;
4. Intenzionalità: definire scopi condivisibili che contribuiscano a unire gli
sforzi di tutti.
Sono tutti elementi culturali, che chiamano un approccio più aperto e disponibile
per aggregare le risorse aziendali e trarne il massimo beneficio organizzativo,
tattico e strategico. Un approccio, però, che deve essere sposato a livello di
organizzazione, per non creare squilibri interni.
4.5 Caratteristiche Leadership 2.0
Caratteri fondamentali della leadership 2.0, secondo Marco Minghetti in
“L’intelligenza Collaborativa”45 sono: apertura, autonomia, creatività,
decentramento, emersione dal basso, genius loci, meritocrazia, mobilità,
partecipazione, perseveranza, serendipity, sperimentazione, trasparenza e
velocità.
In questa ricerca approfondiremo solo quelli, a mio avviso, più significativi:
45
Marco Minghetti, “L’intelligenza Collaborativa” Egea Edizioni.
40
Apertura
Basata non solo sulla condivisione di informazioni ma soprattutto su opinioni ed
esperienze con tutti gli stakeholder (clienti, partner, dipendenti, fornitori,
comunità locali).
Questo “approccio” si articola in tre sub-principi ovvero:
 Inclusione: sentirsi parte dello stesso gruppo, identificarsi nello stesso
brand aziendale, permettendo di acquisire le migliori idee attraverso la
loro selezione naturale;
 Open innovation: innovazione intesa non solo all’esterno per acquisire
clienti ma anche l’utilizzo di idee interne rivolte all’interno e all’esterno
dell’azienda;
 Riduzione delle distanze gerarchiche: comporta la rottura delle barriere
fra sezioni gerarchiche d’impresa e l’abolizione di prassi lavorative di tipo
strettamente divisionale, quali la rigida suddivisione di uffici, reparti,
gruppi di lavoro in base a competenze specifiche e non interconnesse.
Autonomia
E’ la liberta di agire da soli, di prendere decisioni senza la necessità di specifica
direzione o di approvazione da parte dei livelli più elevati di gestione. I Social
hanno dato agli individui gli strumenti che consentono loro di agire in modo
indipendente. Dove in passato la gestione è stata strutturata attorno al modello
del comando e controllo, le aziende di oggi devono saper esprimere un principio
più profondo e più potente di libertà per gli individui nelle loro organizzazioni.
L’autonomia individuale è infine la condizione necessaria per lo sviluppo di modelli
auto-organizzativi e quindi dell’emersione dell’intelligenza collaborativa.
Creatività
La creatività, intesa come fantasia ed idee concrete, all’interno delle community,
finalizzate alla trasformazione dell’impresa in social organization.
41
L’azienda di oggi è il centro di intersezione di culture anche molto lontane tra loro,
entrando in contatto, contaminandosi, ibridandosi, abbattendo le barriere
interculturali o interdisciplinari e sviluppando modi diversi di vedere “le stesse
cose”. La sfida della leadership 2.0 è dare libero sfogo alla creatività delle risorse
umane presenti all’interno dell’azienda. Non soffocare con la politica “comando e
controllo” la creatività e la libera espressione del personale, bisogna creare dei
luoghi offline e online in cui conciliare l’attività produttiva con quella creativa.
Decentramento
E’ opposto all’approccio top-down tipicamente tayloristico per cui le attività e i
processi decisionali sono strettamente mantenuti in piccole aree di potere
centrale. Secondo Gary Hamel, “le organizzazioni possono distribuire il potere e le
risorse in modo più equo, dando alle persone l’opportunità di svolgere un ruolo
nell’allocazione delle risorse e favorendo l’assunzione di responsabilità e la presa
di decisione in tutta l’organizzazione”46
Emersione dal basso
I comportamenti che producono la collaborazione di massa non possono essere
definiti, disegnati e controllati dall’alto come nei sistemi tradizionali. Questi
comportamenti, grazie all’uso stesso dei social media, emergono dal basso
attraverso le interazioni fra i membri della community.
La capacità di emersione spontanea dal basso è la chiave che consente di aprire le
porte all’innovazione, di trovare nuove idee, di escogitare soluzioni a problemi
apparentemente irrisolvibili. Il management deve costruire ambienti di lavoro
(proprio in termini logistici) ma soprattutto sociali che ne facilitino l’espressione.
46
www.manageronline.it/articoli/vedi/827/gary-hamel-e-i-ribelli-del-management-20/
42
Meritocrazia
Il web è un ambiente in cui emergono idee e persone alla qualità dei loro
contributi. Sul web, le idee sono disponibili a tutti e l’unico modo per imporle è
ottenere una valutazione positiva spontanea da parte degli utenti della rete, che
ne determinano il ranking attraverso il meccanismo dei tag e dei link nella classifica
dei motori di ricerca, o attraverso il retweet, o il numero di visualizzazioni su
Youtube, Organizzazioni che operano con criteri meritocratici analoghi a quelli
diffusi in rete possono portare i singoli a essere più motivati, poiché sanno che le
persone promosse e le idee vengono finanziate attraverso sistemi trasparenti,
corretti e fondati su una valutazione di colleghi esperti, piuttosto che essere
imposti dall’alto spesso solo con logiche di puro potere interno.
Mobilità
Ogni membro della community deve poter partecipare al lavoro collettivo
dovunque si trovi e mediante qualsiasi device. Una ricerca di Cisco Systems del
2012 descrive la tendenza del Bring-Your-Own-Device (BYOD): ognuno porta in
azienda il suo dispositivo preferito.
Tutto ciò porta ad un aumento della produttività dei dipendenti e la loro
soddisfazione, senza contare i considerevoli risparmi che questo approccio porta
all’azienda. Secondo Gartner Group47, entro il 2016 due terzi della forza lavoro
mondiale possiederà uno smartphone o un tablet e il 40% lo utilizzerà per motivi
professionali. Nello specifico gli acquisti di tablet da parte di utenze aziendali entro
il 2016 raggiungerà i 53 milioni di unità.
Partecipazione
Il personale ha un bisogno innato di contribuire, di esprimersi, e di dare la propria
opinione. Il web 2.0 è lo strumento più potente mai creato per consentire alle
persone di lasciare il proprio segno e mobilitarle verso una missione comune.
47
www.gartner.com/technology/
43
Così un’organizzazione 2.0 sarà tale nella misura cui sarà social nel duplice senso
di “partecipativa” e “animata da una vera responsabilità social”. In altre parole,
per ottenere un sostanziale beneficio dai social media, occorre essere in grado di
mobilitare una community. Negli ambienti sociali efficienti la massima parte dei
contenuti viene dai partecipanti. Basta pensare a LinkedIn, Wikipedia, Youtube o
Facebook: senza ciò che in termini tecnici viene definito “user generated content”
sarebbero dei gusci vuoti.
Serendipity
Il verificarsi di eventi casuali è una caratteristica dell’innovazione. Il web è il più
grande motore di serendipità nella storia della cultura, rivolto (come i social
media) per tutto ciò che è nuovo. Le imprese devono imparare dal web e
aumentare le probabilità di creazione di valore basata sulla casualità,
incoraggiando lo sviluppo di connessioni il più possibile eterogenee con e fra
gruppi diversi di persone, il più spesso possibile.
Trasparenza
In una community, tutti i partecipanti possono vedere i contributi di tutti gli altri.
In questi contesti isolarsi o nascondersi è quasi impossibile!
Inoltre gli altri membri della community possono criticarli, usarli, inoltrarli,
integrali, ecc. Solo applicando questo concetto di trasparenza la community è in
grado di creare contenuti innovativi, migliorarli e farli evolvere. Fra l’altro, vedere
i contributi degli altri costituisce spesso quel “quid” che attrae nuovi contributori,
oltre a essere la prova per ottenere la fiducia da parte di tutti i membri. E’ la
trasparenza che distingue la collaborazione di massa da cose come i motori di
ricerca, i tradizionali sistemi di knowledge management o le survey online. “Senza
trasparenza la mass collaboration si trasforma in mess collaboration, ovvero in un
caos.”
44
Velocità
Per ultimo un aspetto fondamentale e ormai assimilato al concetto di tecnologia
ovvero la velocità.
Grazie al web, grandi quantità di conoscenze sono ora disponibili in tempo reale.
Con la tecnologia mobile, l’accesso a queste informazioni è raramente fuori
portata. Le organizzazioni devono essere in grado di muoversi alla stessa velocità.
Cap 5 Il cambiamento del Gruppo
5.1 Il Social Gruppo
Ogni giorno si incontrano spesso momenti di gruppo; gli studenti formano spesso
team insieme ai loro compagni di classe per lavori di gruppo; i genitori sono
membri dei consigli di classe delle scuole dei figli; i manager sono coinvolti nei
comitati per la pianificazione dei prodotti e nelle task force per la produttività.
Le organizzazioni efficaci non funzionano affatto senza l’ausilio di gruppi e team
ma, come l’esperienza personale dimostra, lo sforzo di lavorare in gruppo può far
emergere tanto il meglio quanto il peggio delle persone.
I manager devono poter comprendere a fondo i gruppi e i processi di gruppo, sia
per essere in grado di evitare gli errori, sia per sfruttarne le potenzialità. Inoltre,
la già vasta e sempre crescente presenza di Internet e degli strumenti di Social
Media rappresenta una sfida importante per i manager orientati al successo.
Da un punto di vista sociologico “un gruppo è formato da due o più persone che
interagiscono liberamente condividendo norme e obiettivi collettivi e avendo
un’identità comune”48.
Vengono distinti due tipi diversi di gruppi: gruppo formale e gruppo informale.
48
Comportamento Organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner Angelo Kinichi
45
Un gruppo si definisce formale se è formato da un manager al fine di aiutare
l’organizzazione a perseguire i suoi obiettivi. I gruppi formali sono tipicamente
classificati come gruppi di lavoro, team di progetto, comitati, commissioni o task
force. Si parla invece di gruppo informale quando gli scopi principali per riunirsi
sono l’amicizia o gli interessi comuni.
I gruppi formali ed informali possono talvolta sovrapporsi nell’ambiente
lavorativo, ad esempio nelle aziende a conduzione familiare e per la prassi assai
diffusa di assumere persone di fiducia quali parenti e amici.
In un nuovo contesto lavorativo dominato dall’uso dei social media e dalla facilità
ed immediatezza di interazione ci si interroga su quanto sia utile che gruppi formali
e informali si sovrappongano.
Alcuni manager sono convinti che l’amicizia personale renda team più produttivi,
altri ritengono che le “aggregazioni informali” rappresentino un ostacolo per la
produttività.
Risulta quindi opportuno considerare i Social Media come un efficiente strumento
organizzativo per abbattere le barriere e la “timidezza” all’interno del gruppo. Se
prima bastava posizionarsi al centro del gruppo e esporre la propria presentazione
al giorno d’oggi basta controllare il profilo privato Facebook o LinkedIn per
conoscere in breve tempo la provenienza, situazione sentimentale, grado di
istruzione, hobby, squadra del cuore, programmi televisivi preferiti, e tanto altro.
Inoltre nella mia esperienza lavorativa ho constatato quanto sia utile applicare i
dispositivi SoLoMo direttamente nel luogo aziendale.
Fare un “Selfie” a lavoro non è sbagliato! Se si conduce un lavoro di gruppo
all’interno dell’azienda, a condizione che nella foto non si vedano clienti o
documenti top secret, è un ottimo modo per unire il gruppo, socializzare subito e
quindi migliorare il clima aziendale e la performance lavorativa! Con una sola foto
pubblicata nel social network preferito scaturiscono milioni di effetti che possono
solo far del bene! Anzi probabilmente se uno dei dipendenti non volesse farsi
“riprendere” dalla foto verrà quasi sicuramente escluso dal gruppo.
46
Questa mia teoria viene confermata con i dati ricavati da un recente sondaggio
condotto su un campione di lavoratori dai 18 anni in su che ha evidenziato i
principali vantaggi e svantaggi determinati dai rapporti di amicizia nell’ambiente
di lavoro. I lati positivi sono un ambiente di lavoro più incoraggiante (secondo il
70% degli intervistati) e più lavoro in team (69%), quelli negativi il pettegolezzo
(44%) e i favoritismi (37%). 49
5.2 Team Virtuali
I team virtuali sono fonte di espressione dei bisogni aziendali moderni; il loro
nome deriva “da simulazioni al computer della realtà virtuale dove le cose ti
appaiono quasi come se fossero vere”. Grazie a tecnologie informatiche in
evoluzione come Internet Mobile, la posta elettronica, Social Media e i diversi
strumenti Social Network è possibile fare parte di un team di lavoro senza essere
effettivamente presenti. I team tradizionali si incontrano in un luogo di lavoro
senza essere effettivamente presenti. I team virtuali, invece, sono convocati
elettronicamente e i membri partecipano risiedendo in luoghi e in organizzazioni
diverse, persino con fusi orari differenti. Il tutto con costi di gestione bassissimi.
Un team virtuale viene descritto come un gruppo di lavoro composto da membri
geograficamente distanti che gestisce il business avvalendosi dei moderni
strumenti di tecnologia informatica. I sostenitori affermano che i team virtuali
sono molto flessibili ed efficienti perché guidati dalle informazioni e dalle capacità
dei loro membri e non dal tempo e dalla localizzazione.
Per quanto riguarda gli aspetti negativi, la mancanza di un’interazione faccia a
faccia può determinare un indebolimento della fiducia, della comunicazione e del
senso di responsabilità. In un sondaggio che ha chiesto a 1.465 lavoratori se la
percezione della qualità del lavoro varia a seconda che questo sia stato svolto
49
Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinichi
47
remotamente oppure in ufficio, il 55% ha risposto affermativamente e il 45%
negativamente. 50
Cap 6 Il rilevamento del ROI dei Social Media
applicati nei processi organizzativi.
6.1 ROI finanziario, produttivo e strategico.
“La difficoltà nel giustificare gli investimenti e misurare i risultati,” come viene
riportato nel Rapporto 2011 dell’Osservatorio Enterprise 2.0 del Politecnico di
Milano51, “è una delle cause alla base della lentezza con cui le iniziative di
Enterprise 2.0 si sviluppano nelle imprese”. A ragione di queste difficoltà c’è un
oggettivo problema a stimare e misurare i benefici che sono in larga parte legati
all’impatto sull’organizzazione e sui dipendenti.
In poche parole, che cosa si guadagna nel cambio fra un modello manageriale 1.0
e uno 2.0? E che cosa rischia chi non cambia?
Il problema principale che deve affrontare l’azienda che decide di mantenere un
impianto organizzativo tradizionale consiste nella crescente perdita di
produttività, capacità di innovazione e competitività. Convergere il proprio lavoro
sulla collaborazione emergente fra un numero ben definito di persone comporta
portare alla luce nuovi imput di idee per lo sviluppo dei prodotti e business, ma
anche di abbattere i costi. Non investire sulla Social Organization oggi “significa
perdere progressivamente quote di mercato domani”.
Secondo una ricerca elaborata da McKinsey52, “lo sviluppo di modelli di
management orientati alle logiche della social organization potrebbe generare un
50
Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinichi
51
MIP, Enterprise 2.0: è il tempo del fare.
52
www.mckinsey.it
48
valore compreso tra 900 e 1300 miliardi di dollari. Il valore generato (345 miliardi
per operazioni e sviluppo di prodotti, 500 dal marketing, 230 dal miglioramento
delle attività di supporto al business) si tradurrebbe anche in benefici per i
consumatori come prezzi più bassi e migliore qualità di prodotti.”
Utilizzare al meglio le tecnologie sociali inoltre “aumenterebbe la produttività dei
lavoratori della conoscenza altamente qualificati, decisivi per i risultati e la crescita
nel XXI secolo, dal 20 al 25%”53.
Più in dettaglio, “per stare solo su uno dei settori esaminati, quello dei servizi
finanziari, la creazione di valore potrebbe ammontare da circa 133 miliardi a 218
miliardi di dollari ogni anno a livello globale”. Infine, collegando personale centrale
e locale attraverso i social network, utilizzando piattaforme di enterprise 2.0
tramite cui accedere alle informazioni e comunicare, collaborando con strumenti
sociali, “si potrebbe migliorare la produttività dei colletti bianchi di banche e
assicurazioni di ben il 25%, che corrisponderebbe dal 6 all’8% del totale dei costi
del personale e a un potenziale miglioramento del margine globale dal 3 al 5%”.
Cisco System54, azienda leader nella fornitura di apparati di network, propone tre
livelli di possibile misurazione del ROI del lavoro collaborativo espresso dalle
community:
 ROI finanziario: le aziende ottengono un aumento del ROI finanziario
attraverso la riduzione dei costi. Per ridurre tali costi infrastrutturali,
infatti, le aziende “possono passare dai vecchi costosissimi sistemi di
knowledge management a wiki a costo zero; possono ridurre i costi di
viaggio e le necessità di postazioni fisse in ufficio dando la possibilità di
lavorare da casa o comunque da remoto utilizzando soluzioni telepresence
o BYOD”. Questo tipo di ROI è semplice da misurare poiché riflette un
53
http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/i-dieci-processi-da-sviluppare-in-chiave-
social-secondo-mckinsey/
54
http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/i-dieci-processi-da-sviluppare-in-chiave-
social-secondo-mckinsey/
49
risparmio di costi fissi e variabili che influiscono direttamente sui profitti
aziendali;
 ROI della produttività: un buon utilizzo delel tecnologie Social può
migliorare il processo di sviluppo produttivo aziendale. Perché la linea
ottenga questi risultati occorre che il management metta mano a nuove
competenze, nuovi stili di leadership, nuovi processi di educazione;
 ROI strategico: è il settore in cui si verificano le trasformazioni più
importanti per ogni azienda. I Socia Media permettono infatti alle aziende
di entrare in nuovi mercati, di accelerare i cicli di innovazione, di costruire
nuovi modelli organizzativi e di prendere decisioni migliori più
rapidamente. Tali innovazioni consentono di attuare quei cambiamenti in
grado di aumentare il proprio Gap sulla concorrenza reinventando il modo
di lavorare.
6.2 Rischi: per non investe ed investe.
Rischi per chi non investe
Una delle principale motivazioni per cui Il Manager Tradizionale decide di non
investire è la consapevolezza della scarsa sicurezza di questi strumenti Social. Ma
la facilità di utilizzo dei Social Media è tale che un dipendente o un gruppo di
impiegati può tranquillamente installarne sul proprio smartphone ed utilizzarne a
fini aziendali senza che il management se ne accorga. E quando, prima o poi, “lo
sfogo” o “la pubblicazione di notizie rilevanti” viene a conoscenza dei Manager
obsoleti, il danno è ormai fatto! Se sono stati utilizzati in maniera impropria se non
illegale, tuttociò comporta danni alla reputation e al brand dovuti alla carenza di
una social media policy. E a questo punto intervenire con processi sommari, azioni
punitive o esemplari (come licenziare un dipendente come monito per il gruppo)
è quanto di più deflagrante si possa fare in termini di clima aziendale. Ma è
esattamente ciò che sempre più di frequente sta succedendo.
50
Una soluzione potrebbe essere investire in questi tools e accompagnare le persone
nel loro corretto utilizzo, e consentirebbe all’organizzazione di gestire la situazione
in maniera anticipatoria e non conflittuale. Vale insomma il vecchio adagio: se non
li puoi battere, unisciti a loro!
Un altro rischio che incombe in chi non investe nei social media riguarda le
generazioni che stanno accedendo nel mondo del lavoro e ogni giorno di più sono
abituate ad utilizzare normalmente i social media. Le aziende che non sono
organizzate sul modello della collaborative organization, ovvero sull’utilizzo dei
social media, sono destinate a essere percepite come “vecchie”, ostili
all’innovazione, non adeguate alle modalità relazionali e comunicative a cui le
giovani generazioni sono abituate: in sintesi, poco interessanti, per non dire noiose
e deprimenti. Tutto questo si tradurrà in una sempre maggiore difficoltà ad
acquisire e trattenere nuovi talenti, specialmente se i competitor stanno, invece,
investendo in questa direzione.
Rischi per chi investe
Se precedentemente abbiamo esposto i rischi di chi non investe in strumenti
collaborativi e nei social media, adesso analizziamo i rischi che potrebbero
verificarsi a chi investe nell’adozione di questi strumenti.
Che cosa potrebbe trattenere un dipendente dal rendere pubblica
un’informazione riservata? E che cosa fare se un dipendente diffonde all’interno
informazioni che è semplicemente inopportuno che vengano alla conoscenza di
tutti?
Il punto da prendere in considerazione è che se un impiegato vuole rendere
pubblica un’informazione di qualsiasi genere, ormai lo può fare comunque.
51
La famosa lezione del direttore Marketing di Telecom in cui invitava i suoi manager
a “fare come Napoleone a Waterloo”55 e che ha fatto il giro del mondo su YouTube
in tempo reale è un esempio da cui dovrebbero trarre insegnamento tutti.
Seppure nobile come messaggio, il direttore Marketing Luca Luciani preso forse da
un lapsus, in un discorso ricco di parolacce non si accorse che Napoleone ebbe la
sua più grande disfatta a Waterloo e non la sua più grande vittoria, cadendo nel
tranello della reta venendo deriso da tutta Europa.
Che cosa fare se qualcuno comincia ad insultare o rivolgere critiche non
convenzionali sull’organizzazione o su qualche altro dipendente?
Le controversie di questo genere sono molto ridotti nel momento in cui non si
ammette all’interno delle community l’anonimato e tutti sono costretti ad
assumersi la responsabilità delle conversazioni tenute in rete.
Diverso è nelle discussioni all’interno delle community in cui si può arrivare a
trascendere (esattamente come può succedere nelle discussioni fra colleghi
offline). In questi casi il Community Manager deve sapersi muovere con
tempestività per prevenire o reprimere simili comportamenti, applicando delle
sanzioni nelle eventualità in cui certi dipendenti si comportassero in “mala fede”
nei confronti dell’organizzazione.
55
https://www.youtube.com/watch?v=9aqdeayreBA#!
52
Cap 7 Social Media Come Strumenti
Manageriali 2.0
Dopo aver analizzato il cambiamento nella struttura organizzativa, analizziamo
nello specifico le diverse tipologie di utilizzo degli strumenti Social Media
all’interno dell’aziende, con i relativi svantaggi e vantaggi derivanti da essi.
7.1 Implementare la Policy adeguata
Appare inopportuno parlare di utilizzo di strumenti Social se prima l’azienda non
sviluppi una policy adeguata verso l’uso di essi.
Per il successo dell’applicazione di strumenti social occorre scrivere un
regolamento diverso per ogni piattaforma sociale che evidenzi ruoli e regole da
seguire.
Una policy per quanto ben scritta non è efficace fino a quando non è compresa da
tutti i dipendenti. Occorrerà pubblicarla sulla Intranet aziendale, in modo tale che
possa essere consultata da ogni dipendente quando è in dubbio. Infine non
bisogna mai dimenticare che la strategia e gli obiettivi aziendali possono cambiare
rapidamente. La policy deve tenerne conto ed essere tempestivamente
aggiornata.
Una Politica Aziendale particolarmente interessante è quella attuata da IBM.
La multinazionale americana concede ampia libertà ai propri dipendenti sull’uso
dei Social Network, distinguendo il profilo personale dal profilo aziendale IBM. I
dipendenti “firmano un disclaimer” ovvero una liberatoria che è contenuta
all’interno del Social Media e si assume la responsabilità di tutto ciò che dice. Il
dipendente IBM è libero di creare contenuto. Ma ciò a cui l’azienda multinazionale
tiene è che l’idea del singolo non attacchi i competitors con la conseguente
risposta d’attacco, in quanto sarebbe difficile proteggere il proprio dipendente
dalla morsa della rete.
53
Svantaggi
7.2 Distrazione, Calunnie
L’utilizzo di questi strumenti non comportano solo vantaggi; se vengono utilizzati
in modo inopportuno questi possono arrecare un serio danno per l’azienda.
Tra i casi più ricorrenti vi è la “distrazione”, un esempio comune è stare al lavoro
su Facebook commentando le foto degli amici o cercando le ricette per il pranzo.
Ma è anche vero che visitare il proprio Social Network preferito viene visto come
valvola di sfogo equivalente alla pausa caffè; ma se spesso la pausa caffè può
essere quantificata, è possibile determinare quanto il dipendente perdi tempo su
Facebook durante le 8 ore lavorative? Ovvio che no, ma Giuseppe Civati autore del
libro “L’amore ai tempi di Facebook”56 sostiene che se un dipendente vuole
perdere tempo può farlo anche senza Facebook!
Appare invece un problema scottante per le aziende e per i fruitori di social media
in genere: le calunnie. Come abbiamo constatato nei capitoli precedenti ormai i
social media sono in costante contatto con l’individuo. Risulta facile farsi
trasportare da un litigio o una incomprensione sul luogo di lavoro e sfogarsi
tramite il proprio account Twitter o Facebook insultando e dando una cattiva
reputazione al brand aziendale.
Occorre per l’azienda non solo monitorare tali “sfoghi” ma elencare ai propri
dipendenti le sanzioni che potrebbero essere applicate loro in caso di calunnie
come sanzioni pecuniarie ed in casi estremi il licenziamento.
L’Italia non è stata esclusa dai casi di licenziamenti per colpa di Facebook.
A Roma alla Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti, un dipendente è
stato licenziato per un commento azzardato rivolto al proprio datore di lavoro.
56
Mattia Carzaniga e Giuseppe Civati, “L’amore ai tempi di Facebook”
54
Ma succede anche nelle realtà più piccole, come a Genova un dipendente è stato
licenziato in tronco perché usava per fini personali il collegamento a internet del
cellulare aziendale. Il tribunale ha dato ragione al datore di lavoro: l'utilizzo
scriteriato della rete può essere giusta causa di licenziamento, anche se avviene
da uno smartphone (Trib. Genova 2 maggio 2005). Massima attenzione anche alle
critiche rivolte al proprio capo57.
Oltre al licenziamento, se le offese sono gravi, può scattare la querela per
diffamazione che si somma al pagamento dei danni subiti.
7.3 Aggiornamento sulle Tecnologie 2.0
Come comportarsi nell’evenienza in cui ci certi dipendenti si opponessero al
mondo digitale?
La risposta più realistica a tale domanda potrebbe essere che obbligare dei
dipendenti scettici o “antichi” sarebbe inutile e del resto impossibile. E’
importante far comprendere loro sia le ragioni che determinano il successo di
questi strumenti nelle organizzazioni moderne, sia le regole guida definite da
una efficiente policy aziendale; e magari una volta capito meglio di cosa si tratta
chissà che non cambino idea.
D’altro canto per una trasformazione dell’impresa in social organization è decisivo
omogenizzare le differenze nel modo di utilizzo e di pensiero dei strumenti social.
In caso contrario, il rischio di rimanere bloccati in modelli di business che
ostacolano la capacità di innovare e competere con le imprese che hanno adottato
tecnologie enterprise 2.0 e una mentalità 2.0 diviene molto serio.
Questo problema può sorgere in presenza di aziende con dipendenti di diverse
età; nello specifico sarà molto più difficile convincere un dipendente prossimo alla
57
http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/italia-primi-licenziamenti-colpa-
125700.shtml?uuid=AaLxdt2D
55
pensione ad attivare un profilo linkedin piuttosto che ad un neo assunto appena
laureato.
Dall’intervista a me concessa dal Dott. Alessandro Zonin direttore Digital
Marketing di IBM è emerso che l’azienda americana forma i propri dipendenti
all’utilizzo dei social media mediante corsi online o in apposite classi rivolte sia a
chi ne fa un frequente uso e sia a chi non sa utilizzarli.
Inoltre i dipendenti vengono incoraggiati ad utilizzare un proprio canale social,
vengono pure spinti a scrivere degli articoli riguardanti il proprio lavoro in maniera
tale da condividerli con le comunity interne ed esterne all’azienda.
Vantaggi
7.4 Employer branding online
Il principale problema del Management Tradizionale è il voler ignorare il fatto che
i dipendenti e clienti stiano già parlando dell’azienda sui social media.
I social media, per la prima volta, consentono di capire ciò che si dice su brand,
prodotti e servizi ed usare queste informazioni per migliorare le strategie di
attrazione dei talenti. Non solo, ma si tratta a volte anche di evitare che decisioni
assunte dalla direzione HR divengano, come scrive Alexandra Samuel, “Social
Media Scandals”58. Il riferimento è in particolare a casi di licenziamento di persone
che hanno un grande seguito su un social network come Facebook o LinkedIn.
L’allontanamento di queste persone anche se motivato da ottime ragioni, deve
essere trattato con la stessa delicatezza che si utilizzerebbe per risolvere il
rapporto di lavoro con un “top executive”, per evitare danni che potrebbero
verificarsi per la reputation dell’azienda. Occorre un monitoraggio continuo anche
58
https://hbr.org/2013/02/when-hr-decisions-become-socia/
56
di parole chiave sulla rete social per individuare se ex collaboratori o collaboratori
ancora in corso, stanno compromettendo la credibilità della azienda.
Nel Novembre 2012 la seconda edizione della ricerca Employer Branding Online
Awards Italy 10059, ha valutato come le maggiori società nel nostro Paese utilizzino
il sito corporate per attrarre e fidelizzare i migliori talenti. I ricercatori all’interno
della loro ricerca scrivono che “L’italia fallisce la sfida dell’employer branding
online”, in quanto chi cerca lavoro “non si accontenta più di visitare i siti corporate
delle società ma vuole interagire attraverso i social media e trovare informazioni
in mobilità”, le aziende italiane continuano a offrire soltanto le informazioni di
base rispetto a carriera e inserimento in azienda, faticando a rinnovarsi nei modi
di comunicare con i migliori talenti sul mercato del lavoro;
Inoltre dalla ricerca emerge che la maggior parte delle società italiane non sfrutta
le potenzialità dei canali digitali per comunicare il proprio valore come datori di
lavoro presso i dipendenti attuali e soprattutto potenziali. Il Gruppo Hera vince
con 79.25 punti su 100, seguita da Telecom Italia (72).
Ed è lo stesso Gruppo Hera che sul proprio sito mostra i sei pilastri dell’employer
branding.60
59
www.gruppohera.it/binary/hr_press_comunicazione/news/ES_Employer_Branding_Online_Aw
ards_2012_5_novembre_2012.1352113858.pdf
60
www.gruppohera.it/binary/hr_press_comunicazione/news/ES_Employer_Branding_Online_Aw
ards_2012_5_novembre_2012.1352113858.pdf
57
7.5 Employer branding e social Network:
l’esperienza Pirelli.
Come abbiamo già detto, l’espressione employer branding denota la reputazione
di un’azienda come datore di lavoro e si può definire come l’insieme delle attività
volte a comunicare, ai dipendenti interni ma ancor di più al mercato esterno
(ovvero, ai potenziali futuri dipendenti), quali sono le caratteristiche che rendono
la propria azienda appealing e desiderabile come employer.
Da ciò deriva l’employee value proposition (EVP), che descrive in modo conciso,
attraente, chiaro e inequivocabile (di solito rappresentato da un’immagine legata
58
ad uno slogan) le opportunità peculiari e uniche che il datore di lavoro offre ai
propri dipendenti e che lo rendono speciale e desiderabile.
In seguito alle mie ricerche, in questo paragrafo riporterò l’esperienza Pirelli
descritta da Giuseppe Addezio, Direttore Risorse Umane di Pirelli, nel libro
L’Intelligenza Collaborativa di Marco Minghetti61 integrando tale intervista con
la relazione sulla sostenibilità aziendale esposta dal sito della Pirelli stessa62.
Come si evince dall’intervista, Pirelli a metà del 2012 ha deciso di creare una nuova
strategia di employer branding, la cui identificazione è passata attraverso un
processo strutturato, articolato nelle seguenti tre fasi:
 Fase diagnostica, composta dall’analisi approfondita di tre dimensioni: il
profilo, l’identità e l’immagine di Pirelli. Il profilo si indentifica grazie ad una
serie di interviste mirate alla famiglia HR e al management; l’identità si
evince mediante lo studio di indagini effettuate tra i dipendenti Pirelli
(opinion survey); l’immagine è rappresentata dal posizionamento che
l’azienda ha sul proprio mercato di riferimento (nel nostro caso parliamo di
neolaureati), con un forte focus su quelli provenienti dalle facoltà di
ingegneria ed Economia);
 Identificazione della nuova EVP; che nasce dall’individuazione delle aree di
sovrapposizione delle tre dimensioni analizzate; la EVP si deve infatti basare
sulle caratteristiche comuni al profilo, all’identità e all’immagine
dell’azienda. La consistency è requisito imprenscindibile per il successo della
strategia di employer branding, sul quale si basano la credibilità e la
trasparenza dell’azienda stessa;
61
Marco Minghetti, L’intelligenza Collaborativa Egea Edizioni.
62
annual-sustainability-report-2012.pirelli.com/dimensione-sociale/comunita-interna/employer-
branding-sviluppo-formazione
59
 Implementazione della nuova EVP: ultimo atto, ma non certo meno
importante, è la comunicazione della propria EVP e la conseguente scelta
di materiali, attività, eventi, leve da utilizzare.
Accanto alle leve classiche dell’employer branding, che puntano principalmente
all’incontro face-to-face col mercato esterno (career day, job meeting, visite
organizzate presso l’azienda dedicate ai giovani, partnership con università,
master, MBA ecc.), è oggi imprescindibile comunicare anche attraverso canali 2.0;
tra questi, non potevano mancare i social network, essendo questo il canale più
immediato e diretto per raggiungere un altissimo (e sempre in aumento) numero
di persone.
La direzione Risorse Umane di Pirelli ha scelto di aprirsi a questo mondo partendo
da LinkedIN, il social network professionale più famoso, riconosciuto e diffuso a
livello globale (200 milioni di membri in tutto il mondo, quattro solo in Italia). Fino
all’estate 2012, l’immagine di Pirelli su LinkedIn era frammentata e confusa; non
esisteva un company profile unico e istituzionale e al nome “Pirelli” digitato erano
associate realtà non più esistenti (Pirelli Real Estate, Pirelli Cavi & Sistemi, Prelios)
o comunque non identificative della società (Pirelli RE Agency, Pirelli & C. Real
Estate SGR ecc.). In più, i contenuti presenti in quelle pagine potevano essere
inseriti e modificati da chiunque dichiarasse di essere dipendente Pirelli, senza
alcun tipo di controllo e validazione centrale. Considerando il fatto che tali pagine
erano potenzialmente accessibili a 170 milioni di professionisti (tanto erano i
mentri di LinedIn a quell’epoca) che potevano consultarle per aver informazioni
sulla storia, la mission, i prodotti, le posizioni aperte di Pirelli (questo solo per citare
alcuni esempi), è intuitivo quanto fosse indispensabile correggere il tiro
immediatamente, pubblicando e diffondendo la corretta immagine dell’azienda.
Una stretta collaborazione con LinkedIn ha permesso di risolvere il problema in
tempi molto veloci: il risultato è che oggi, cercando “Pirelli” tra le companies su
LinkedIn, si viene immediatamente rimandati al company profile ufficiale (senza
bisogno del supporto di fornitori esterni).
60
Tornando nel presente, il profilo Pirelli è composto da tre pagine aperte al
pubblico: home (overview generale dell’azienda, contatti, video di presentazione
ecc.), careers (sezione dedicata alle risorse umane con focus su come entrare e
crescere in Pirelli) e products (concisa ma esaustiva presentazione dei prodotti);
per l’azienda, è inoltre possibile vedere in una sezione dedicata e riservata le visite
alle pagine, informazione che serve a capire chi visita il company profile, come e
quando.
E’ importante sottolineare come in questa operazione di chiusura di pagine non
istituzionali e di contestuale apertura di quella ufficiale, nessuno si sia “perso per
strada”: tutti i membri e i follower di Pirelli sono stati migrati, cosa che ha permesso
di non perdere valore già creato. I risultati in termini di visibilità sono stati ottimi:
basta pensare che Pirelli aveva poco più di 9000 follower a giugno 2012; Gennaio
2013, 19.000 e Settembre 2014 ben 93.095 followers. Michelin, che come
dimensioni aziendali è quattro volte Pirelli, ne ha 23.000.
Infine questa attività ha sicuramente contribuito a posizionare Pirelli tra le società
italiane più attive nell’employer branding online, come testimonia la ricerca
presentata dalla società italian Lundquist in cui è quinta con un punteggio di 51,5
su 100.
7.6 Social Recruiting
Il web è diventato nel corso degli ultimi anni il principale canale per l’attività
di Recruiting poiché offre indubbi vantaggi a chi cerca e offre lavoro.
Chi cerca annunci e offerte di lavoro sul web può accedere facilmente ad un
maggior numero di informazioni e in meno tempo rispetto ai canali tradizionali
(carta stampata, uffici, ecc.). Chiunque può candidarsi agli annunci online o cercare
informazioni sulle aziende da un qualsiasi pc con una connessione a internet.
Le persone di maggiore talento, competenza, creatività e capacità di innovazione
sono molto attive sui social media e sono più attratte da quella realtà che
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Il ruolo dei social media nelle organizzazioni moderne: profili comportamentali e social organization

  • 1. 1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Dipartimento di Economia e Impresa Corso di Laurea in Economia Aziendale Dario Bellanuova IL RUOLO DEI SOCIAL MEDIA NELLE ORGANIZZAZIONI MODERNE: PROFILI COMPORTAMENTALI E SOCIAL ORGANIZATION SAGGIO FINALE RELATORE: Chiar.mo Prof Garraffo Francesco ANNO ACCADEMICO 2014-2015
  • 2. 2 Sommario Cap 1 Introduzione generale.................................................................................. 4 1.1 Cenni storici................................................................................................... 4 1.2 Distinzione definizione Social Media – Social Network. ............................... 5 1.3 L’Evoluzione dei Social Media In Italia .......................................................... 7 1.4 Obiettivo tesi ................................................................................................. 9 Cap 2 Uso dei Social Media all’interno dell’azienda. .......................................... 10 2.1 Politiche aziendali........................................................................................ 10 2.2 Differenze culturali di pensiero ed uso dei strumenti Social. ..................... 16 Cap 3 La Social Organization ................................................................................ 20 3.1 Social Organization (Enterprise 2.0)............................................................ 20 3.2 Come e Quando passare da una azienda tradizionale ad una Social Organization? .................................................................................................... 23 3.3 L’applicazione dei strumenti SoLoMo e Cloud............................................ 26 Cap 4 Il ruolo del Management............................................................................ 28 4.1 Management Vecchio e Nuovo: dallo Scientific Management al Humanistic Management 2.0. .............................................................................................. 28 4.2 Community Manager................................................................................... 32 4.3 Il ruolo degli Evangelist................................................................................ 34 4.4 SocialLeadership.......................................................................................... 36 4.5 Caratteristiche Leadership 2.0 .................................................................... 39 Cap 5 Il cambiamento del Gruppo ....................................................................... 44 5.1 Il Social Gruppo............................................................................................ 44 5.2 Team Virtuali ............................................................................................... 46
  • 3. 3 Cap 6 Il rilevamento del ROI dei Social Media applicati nei processi organizzativi.......................................................................................................... 47 6.1 ROI finanziario, produttivo e strategico...................................................... 47 6.2 Rischi: per non investe ed investe............................................................... 49 Cap 7 Social Media Come Strumenti Manageriali 2.0......................................... 52 7.1 Implementare la Policy adeguata................................................................ 52 Svantaggi............................................................................................................... 53 7.2 Distrazione, Calunnie................................................................................... 53 7.3 Aggiornamento sulle Tecnologie 2.0........................................................... 54 Vantaggi................................................................................................................ 55 7.4 Employer branding online ........................................................................... 55 7.5 Employer branding e social Network: l’esperienza Pirelli........................... 57 7.6 Social Recruiting .......................................................................................... 60 7.7 Knowledge Management ............................................................................ 67 7.8 Strumento di Fidelizzazione ........................................................................ 68 Conclusioni............................................................................................................ 70 Bibliografia............................................................................................................ 72
  • 4. 4 Cap 1 Introduzione generale 1.1 Cenni storici All’inizio degli anni ’90, periodo in cui proliferavano le start up digitali, i più entusiasti affermavano che Internet avrebbe segnato una rivoluzione, oltre nel settore tecnologico, nella vita di tutti i giorni. Nel 2001, dopo gli scandali conseguenti allo scoppio della bolla speculativa, le belle promesse della nuova tecnologia venivano ridicolizzate come una semplice illusione. Dopo alcuni “dolori di crescita”, Internet (ora anche mobile) si è confermato essere una vera e propria rivoluzione. I dati sono impressionanti: gli utenti nel mondo sono aumentati da 361 milioni nel 2001 a quasi 2 miliardi nel 20101. Ma se il web 1.0 era incentrato sulla visualizzazione di documenti ipertestuali statici, il web 2.0, al contrario, si basa, sulla creazione e condivisione di contenuti da parte degli utenti. Internet ha determinato l’esplosione di nuove forme di vita organizzativa, in cui il coordinamento si ottiene senza centralizzazione, per cui il potere è il prodotto della capacità di contribuzione invece che del ruolo occupato, dove la conoscenza condivisa da molti trionfa sull’autoritarismo di pochi, nuovi punti di vista sono valorizzati invece che soffocati, le comunità si formano spontaneamente intorno a specifici interessi, le performance sono valutate dai tuoi pari grado e l’influenza viene dalla abilità a diffondere informazioni invece che dal tenerle nascoste. Gli artefici di questo cambiamento sono, senza dubbio, i “Social network” (o più precisamente i Social Media) come Facebook, LinkedIn e Twitter per la crescente importanza dei contenuti generati dagli utenti. I consumatori passivi di contenuti di massa (per esempio fruitori di programma televisivi, film e giornali) sono diventati artefici e divulgatori di contenuti individuali: hanno creato un blog, un profilo Facebook oppure un account Twitter comunicando qualsiasi cosa 1 http://www.itu.int/ITU-D/ict/material/FactsFigures2010.pdf
  • 5. 5 desiderino in qualunque momento. Questa dinamica conferisce un grande potere al singolo consumatore, dipendente, cittadino o studente. “Quando è nato Facebook si basava su pochi concetti molto semplici: le persone vogliono condividere e connettersi con le altre persone intorno a loro, quando la gente ha il controllo su quello che condivide si fiderà a condividere di più, più la gente condivide più il mondo sarà aperto e connesso, in un mondo più aperto i problemi che tutti ci troviamo ad affrontare saranno più facili da risolvere”. Intervista di Mark Zucherberg2 1.2 Distinzione definizione Social Media – Social Network. Oggi non si può più parlare solo di Social Network, ma andrebbe usata la definizione più generale di Social Media, al cui interno si trovano le 3 macro categorie suddivise in: - Social Network - Social Content - Social Tools Molto spesso la gente comune confonde la definizione di queste tre parole. Vediamo perché. La prima differenza tra social media e social network è che nel primo caso ci si riferisce solo al mondo del web, nel secondo no. Il concetto di rete sociale ha origine da studi che coinvolgono diverse discipline e contemplano l’aspetto fisico della rete, ossia l’esistenza di persone che condividono legami, interessi, credenze ecc. 2 www.facebook.com
  • 6. 6 Si tratta quindi di un concetto ben più antico dell’approdo di Facebook nelle nostre vite. I social media invece, figli del 2.0, trovano in questa evoluzione del web la loro ragione d’essere: permettere all’utente di essere attivo sui contenuti.3 Social Network: Networking on the Net ovvero “Fare rete”, significa entrare in contatto con il proprio network, sia per lavoro che per svago. 4 I principali social network sono nati per gioco, o quasi, e in pochi anni hanno cambiato la comunicazione. I principali Social Network sono: Facebook Twitter My Space LinkedIn Google Plus Il Social Content, invece, possiamo definirlo come uno strumento che ti permette di creare contenuto sociale co-creato. Ciò che spinge l’utente a creare contenuto è il poter esprimere in qualsiasi modo mediante testo, video, audio i propri pensieri. I principali Social Content sono: YouTube Wikipedia WordPress Flickr Pinterest Foursquare 3 www.socialmediakant.com 4 www.socialmediakant.com
  • 7. 7 Infine ci sono gli strumenti definiti Social Tool, che non hanno la portata globale dei Social Network ma un raggio ristretto connesso ad un solo utilizzo: Google Hangout Drive Skype Whatsapp 1.3 L’Evoluzione dei Social Media In Italia L’agenzia internazionale Social Media “We Are Social”5, con sedi in tutto il mondo, ha pubblicato il 13 Gennaio 2014 una interessante ricerca dal titolo “Global Digital Statistics 2014”6 che evidenzia in modo chiaro che oggi il 35% della popolazione mondiale è connessa ad Internet e che il 26% degli abitanti del pianeta ha almeno un account su un Social Network; Facebook è quello più utilizzato nel mondo (tranne in Cina), e la penetrazione delle connessioni mobile raggiungono il 93% della popolazione mondiale. Sempre la stessa ricerca riporta per il territorio italiano questa situazione fotografata all’inizio del 2014. Il social network più utilizzato è Facebook (83% di account sul totale degli utenti internet italiani, di cui il 49% attivi nel mese di Dicembre 2013), seguito a grande distanza da Google+ (solo il 16% di utenti attivi su questo social) e da Twitter (15% di utenti attivi). In questo scenario si evidenzia la grande crescita di Instagram come social media privilegiato per la produzione e la condivisione di contenuti fotografici attraverso lo smartphone; ha un account su Instagram il 17% degli utenti internet italiani, e quasi la metà degli Instagrammers utilizza attivamente questa applicazione. E’ interessante sottolineare che l’evoluzione di Facebook nel nostro paese è stata spontanea, non influenzata dai media tradizionali. Alla fine del 2007 si 5 www.wearesocial.com 6 Global Digital Statistics 2014, We are Social 13 Gennaio 2014.
  • 8. 8 registravano appena 200.000 account attivi, poi nel settembre 2008 vi fu il primo salto di visibilità che portò gli utenti a superare il milione.7 Nel 2009 venne oltrepassata la soglia dei 10 milioni. Nel 2011 quella dei 20 milioni. Oggi gli italiani che visitano Facebook almeno una volta al mese sono 26 milioni. Quelli che lo fanno almeno una volta al giorno sono 17 milioni. Negli ultimi dodici mesi si è avuto un incremento della consultazione in mobilità tanto che oggi gli utenti mensili da mobile sono 16 milioni, quelli giornalieri 10 milioni. La suddivisione tra uomini e donne, rispettivamente al 52% e al 46%, in questi anni è rimasta pressoché inalterata, con una quota di un 2% di non classificati. Invece ciò che è mutata profondamente è stata la composizione delle età degli iscritti. I primi colonizzatori di Facebook sono stati i 19-24enni che nel 2008 rappresentavano ben il 29% di tutta la popolazione iscritta. Insieme a loro i 25- 29enni che erano il 22%. Oggi la prima fascia rappresenta solo il 18% degli utenti pari a 4,6 milioni di persone e la seconda il 12% ossia 3,2 milioni. In questa redistribuzione dovuta alla massificazione, ha assunto un peso prevalente la 7 www.vincos.it
  • 9. 9 popolazione più anziana, soprattutto quella di età compresa nella fascia 36-45 anni, che ora rappresenta il 21% ossia 5,4 milioni di individui. Nonostante questi numeri parlino da soli i top manager nostrani sembrano ignorare che questi nuovi strumenti siano così “quotidiani” e diffusi e che è un fenomeno che non coinvolge solo i “nativi digitali” ma anche persone con più di trent’anni che attualmente sono nel pieno della loro attività lavorativa. 1.4 Obiettivo tesi L’obiettivo che si prefigge il presente studio è quello di comprendere se l’utilizzo dei social media all’interno delle aziende possano contribuire alla loro crescita nel mercato in cui operano oltre che rappresentare una occasione di innovazione tecnologica e di uso quotidiano dei Social Media. In altri termini, si tratta di capire come i Social Media, che in modo molto più rapido ed esteso rispetto alle precedenti ondate tecnologiche si sono già affermati nella vita quotidiana di milioni di cittadini e consumatori, stanno contribuendo a cambiare radicalmente le organizzazioni e il lavoro, passando da modelli centrati sulla gerarchia, la frammentazione delle attività e il controllo, a modelli basati sulla collaborazione, l’elevato contributo delle persone e la partecipazione. In una prima fase verrà analizzato il diverso utilizzo degli strumenti Social all’interno dell’azienda, esponendo le diverse politiche aziendali adottate e le differenze culturali Europee. Dopo aver analizzato la situazione “esterna”, continueremo approfondendo il cambiamento del management e dei ruoli aziendali, conseguenza dell’introduzione dei Social Media all’interno dell’organizzazione, con un “modus operandi” per iniziare l’avviamento della cultura Social nei processi aziendali.
  • 10. 10 Oltre alla descrizione della Social Organization e delle nuove figure come Leader e Gruppo, vi sarà una esposizione su come calcolare il ROI e i rischi per le aziende che decideranno di non investire o di investire nei nuovi strumenti tecnologici. Infine altro obiettivo ambizioso è verificare se nel mondo del lavoro oggi i Social Media possono essere considerati dei validi strumenti manageriali da utilizzare per la gestione e valutazione delle risorse umane, esponendo svantaggi e i vantaggi relativi, offrendo consigli, tecniche ed esempi pratici ed esistenti di come applicare i Social Media all’interno della azienda per aumentare la fidelizzazione, knowledge sharing, recruitiment e employer branding. Cap 2 Uso dei Social Media all’interno dell’azienda. Il sistema organizzativo nel mondo del lavoro sta subendo una trasformazione che non può più essere ulteriormente ignorata. Nei prossimi capitoli analizzeremo come è cambiata l’organizzazione del lavoro, il nuovo contesto lavorativo e le nuove politiche aziendali sull’utilizzo dei social media. Affronteremo le diverse politiche aziendali e le differenze culturali europee, analizzando le diverse risposte ricevute dai dipendenti e dai manager, cercando di capire quali sono i principali strumenti social adoperati e gli obiettivi raggiunti da chi ha già messo in pratica i Social Media all’interno dei processi organizzativi. 2.1 Politiche aziendali Dalla ricerca annuale condotta dalla rivista Fortune8, che individua le 100 migliori aziende nelle quali è alta la soddisfazione dei dipendenti, si evidenzia come i dipendenti preferiscano lavorare all’interno delle aziende in cui è concesso l’uso 8 https://liquidcommunicationblog.wordpress.com
  • 11. 11 dei Social Media sia come strumento di produttività che come strumento personale. Caratteristica comune di molti di questi è l‘utilizzo di strumenti collaborativi per la gestione della comunicazione interna, per l’assistenza post vendita, per la creazione di nuovi prodotti, ecc. Eppure in molte aziende l’utilizzo dei Social Network non è permesso, ed una “mentalità social” fatica ancora a permeare l’organizzazione aziendale. L’utilizzo dei Social Media, però, nel mondo è rapida e nelle aziende gli strumenti collaborativi diventano sempre più pervasivi. Nella infografica, di seguito riportata (fig.2), realizzata dalla società inglese Clinked9, vengono sintetizzate le principali aree di crescita e sviluppo e i vantaggi della collaborazione online. Nella prima parte dell’immagine viene mostrato un istogramma in cui viene mostrato come i lavoratori rispondano in modo diverso, in un arco di 3 anni dall’utilizzo di “social tools”, alla domanda: “Quanto saranno importanti i strumenti social per il tuo lavoro?”. E’ interessante vedere come le risposte cambiano positivamente a partire dal primo anno in cui il 52% risponde “Importante e quasi importante” mentre dopo i 3 anni si è percepito un incremento del 34%, ovvero ben 86%, di contro le risposte negative sono diminuite dal 26% al 8%. 9 www.clinked.com
  • 12. 12 Collaborazione Online al servizio del business – Enterprise 2.0 (fig.3) Dalla figura emergono altre sensazioni dei lavoratori e altri numeri utili per la nostra ricerca. Il 97% dei lavoratori (“Businesses”) che utilizzano software collaborativi sono più abili nel servire o affrontare i clienti in modo efficace ed confortabile, inoltre è stato riscontrato un miglioramento dell’organizzazione interna in cui il 74% degli intervistati dichiarano che vi sia un miglioramento nel “knowledge sharing” e nel “document sharing” comportando una riduzione del 30% del volume di email inviate o ricevute. E’ prassi nel mondo del lavoro che ogni organizzazione aziendale teorizzi e implementi una politica social diversa e personale.
  • 13. 13 E’ stata realizzata una indagine finalizzata alla ricerca dei risultati emersi dall’analisi delle politiche aziendali di alcune tra le più significative aziende nel mondo:  I dati emersi dalla ricerca realizzata da Manpower rivelano che il 75% dei datori di lavoro afferma che la propria azienda non possiede una politica ufficiale relativa all'uso dei siti di Social network sul posto di lavoro. Questo significa che la netta maggioranza delle imprese al momento sta adottando un approccio di “attesa per vedere cosa succederà” prima di sviluppare e definire la propria politica sull'utilizzo dei Social Network.10  Due terzi delle imprese stanno utilizzando la tecnologia sociale per il marketing e le funzioni correlate. Il 37% ritiene che i social media verranno regolarmente utilizzati in tutti i processi aziendali. Il 9% ritiene che l’intera organizzazione sarà completamente integrata in chiave social11.  Il 79% delle aziende usa, o prevede di utilizzare a breve, i social media. I manager di circa la metà delle aziende che sono state classificate come “efficaci” nel loro modo di usare i social media hanno affermato che sono parte integrante della strategia d’impresa.12  Il 46% delle aziende a livello mondiale prevede di aumentare gli investimenti nei social media nel 2013. Tuttavia, solo il 22% dei quadri intermedi si sente pronto a inserire correttamente i social media nel proprio lavoro.13 10 Www.manpower.com 11 AIIM Report 2012, www.aiim.org 12 Harvard Business Review Analytics Services 13 IBM 2012 Social Business Study
  • 14. 14  Il 52% dei dirigenti sostiene che l’attività svolta tramite social media è importante per le loro società. Per l’86% sarà di vitale importanza nell’arco di tre anni. Il 28% dei CEO ritiene che il social business è essenziale per le loro organizzazioni, circa il doppio del tasso di CFO e CIO.14  I progetti di CSR delle aziende coinvolgono meno della metà della forza lavoro e il 96% degli investimenti sulle tecnologie social focalizzate verso gli stakeholder interni ed esterni non è connesso, nonostante sia evidente il ritorno sugli investimenti derivante dalla loro integrazione15;  Il 27% delle aziende ha personale specificatamente dedicato ai social media all’interno della propria organizzazione. Nell’83% dei casi, le unità organizzative dedicate sono gestite da tre persone o meno16.  Serena Software, una società californiana con 800 dipendenti in 14 paesi, ha incoraggiato i collaboratori a iscriversi a Facebook e servirsene per conoscere meglio i colleghi17.  Secondo McKinsey in The Social Economy, il valore ancora inespresso della social economy è pari ad almeno 1300 miliardi di dollari e attraversa tutti i principali processi aziendali, con particolare riferimento a quelli relativi all’emersione, condivisione e sviluppo della conoscenza.18 14 MIT Sloan Management Review 15 Social Business Council 2012 Engagement Study 16 Ragans Comunications and Nasdaq omx survey 17 Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione Robert Kreitner. 18 www.mckinsey.com
  • 15. 15 Analizzando la ricerca19 effettuata da AIDP (Associazione italiana per la direzione delle persone) è emerso, (grazie alla collaborazione di 17 aziende di grandi dimensioni come Adecco, IBM, Microsoft, Pirelli, ecc;), “che lo strumento più usato in azienda è LinkedIn (56,3%), seguito dall’intranet collaborativa (55,6%). Solo il 10% delle imprese non utilizza in alcun modo i social network. Le direzioni risorse umane sono tra le funzioni che utilizzano maggiormente i social Network con il 71,9%, seguiti da marketing e vendite, con un 56,3%. Un altro utilizzo importante dei social network lo si ritrova nella ricerca di persone qualificate (43,6%). La funzione HR è tra i maggiori promotori, in azienda, delle iniziative social (54,5%)”. I dipendenti sono il più importante asset di qualunque organizzazione e la loro soddisfazione dovrebbe essere l’obiettivo principale di ogni azienda, ma una serie di indagini svolte a livello internazionale rivela come il tasso di soddisfazione sul lavoro sia in ribasso ovunque. I lavoratori dichiarano, sempre nella stessa ricerca, “di sentirsi sempre più ingabbiati in istituzioni totalitariste che non consentono loro di svolgere il proprio lavoro nella maniera più efficace e semplice possibile. Ma soprattutto le persone vogliono sentirsi parte importante e significativa dei processi aziendali, vogliono essere protagoniste dei successi aziendali: ma tutto questo è possibile solo dotandosi di strumenti collaborativi che, a loro volta, richiedono una cultura e dei processi manageriali diametralmente opposti a quelli utilizzati negli ultimi cento anni. Non investire in questi strumenti collaborativi e in questi nuovi modelli manageriali significa demotivare le persone e, di conseguenza, abbattere il morale complessivo dell’azienda”. Non è azzardato dichiarare che gli stessi Social Media possono essere non solo strumenti per migliorare il clima aziendale ma anche luoghi di lavoro ideali per la produttività dei dipendenti stessi. Secondo Glassdoor20, popolare fonte di 19 www.aidp.it/aidp/ALLEGATI/RS/Comita.it%201-2-13.pdf 20 www.macitynet.it/twitter-miglior-luogo-per-cultura-valori-apple-quindicesima
  • 16. 16 informazione sul clima che si respira nelle aziende americane, è Twitter il luogo di lavoro in cui i dipendenti sono più soddisfatti per cultura e valori aziendali. Il social dei cinguettii è in cima alla Top 25 stilata usando informazioni rilasciate anonimamente dagli stessi dipendenti, con un punteggio di 4.5 su 5; è quindi considerata l’azienda in grado di regalare maggior soddisfazione ai suoi dipendenti in termini di valori e cultura; seguono con 4.4 su 5 Edelman e Google, mentre la top 5 è chiusa da Riverbed Technology e Facebook. Come conclusione possiamo affermare che titolari e dirigenti d'impresa devono individuare il modo di utilizzo dei Social network che permetta loro di sfruttarne la popolarità e il valore di business per elevare la performance dell'azienda e promuovere gli obiettivi del gruppo. L’obiettivo di questi investimenti non dovrebbe essere orientato al controllo del comportamento dei dipendenti/collaboratori nell’uso dei Social Media, bensì a indirizzare l'uso di tali tecnologie in direzioni che possano portare benefici e vantaggi sia all'azienda che ai dipendenti stessi. 2.2 Differenze culturali di pensiero ed uso dei strumenti Social. In questo paragrafo analizzeremo le differenze d’uso dei principali Social Media nel mondo ed in particolar modo in Europa. L’agenzia internazionale We Are Social ha pubblicato un interessante studio all’interno del report Global Digital Statistics 201421 che evidenzia sia la penetrazione del mobile e sia la diffusione degli strumenti Social. 21 Global Digital Statistics 2014, We are Social 13 Gennaio 2014
  • 17. 17 Nel grafico la maggior penetrazione del “Mobile” è data con il 151% dall’Europa Centrale e dell’Est, secondo posto con il 129% dall’Europa dell’Ovest e a seguire l’America del Sud con il 124%. Ultimi posti invece per il Sud Asia con il 72%.
  • 18. 18 La classifica cambia per quanto riguarda la diffusione dei Social Media nei vari paesi. Al primo posto con il 56% troviamo il continente fondatore ovvero l’America del Nord, secondo posto a pari punti per Europa dell’Ovest, America del Sud e Oceania. Agli ultimi posti troviamo l’Asia Centrale e quella del Sud dove, invece, la penetrazione del mobile si attesta intorno alla media. Questi dati testimoniano il fatto che il fenomeno dei Social Media sta colpendo in maniera proporzionale quasi tutto il Mondo. Ma cosa sta succedendo in Europa? Contro tutte le aspettative l’Italia, secondo Google Social Emea 201222, è prima in Europa con la Spagna ed è tra le nazioni che usano maggiormente i Social Media con il 74% di diffusione. Il report è stato commissionato dalla Millward Brown e sono stati intervistati 2.700 professionisti tra Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito. L’obiettivo era quello di sapere se i social media aiutano realmente i lavoratori nel 22 Report Google Social Emea 2012, European Survey Results
  • 19. 19 far carriera all’interno dell’azienda nel contribuire alla crescita del business aziendale e cercare di capire in quale Paese questo possa realizzarsi nella migliore maniera. Infatti dal questionario risalta che quasi la metà degli intervistati (46% dei professionisti) desiderano e hanno in piano di incrementare l’uso dei social media. I professionisti stanno usando i social media per raggiungere numerosi obiettivi e risultati. Essi ricevono dai Social media un valido aiuto nella comunicazione con i loro colleghi e favoriscono la cooperazione, soprattutto con persone che sono costrette a lavorare in luoghi diversi. “They greatly improve the contribution and development of ideas. In my case, as an architect and section manager, they help me and my group to put ideas forward and brainstorm at any time and in any place.” – Team Leader, Creative/Design, Spain I can communicate quickly with colleagues in other countries and get immediate answers.” – Junior Executive, Content Management, UK Tra questi paesi, stranamente a mio avviso, la Germania è tra le ultime a considerare l’impatto positivo di questi strumenti riportando un modesto 27% di approvazione. Invece i Social Media vengono particolarmente apprezzati in Spagna ed Italia. In Spagna per esempio l’89% dei professionisti crede che gli strumenti Social incoraggino significativamente l’innovazione (dati rapportati con la media europea del 64%). Di opinione diversa sono invece Svezia e Olanda che ad esempio registrano la contribuzione ad una positiva riduzione del volume di email rispettivamente solo il 26% e 22% (rispetto al 57% della media europea). Da questi dati risulta che i professionisti tedeschi, svedesi e olandesi sono meno propensi nel riconoscere i benefici tangilibili associati all’utilizzo dei strumenti
  • 20. 20 social. Infatti i miglioramenti stimati nella produttività di questi paesi sono quasi il 5% in meno rispetto la media europea. A differenza della Spagna in cui viene stimato un 31% di aumento della produttività e un 28% di miglioramento della performance finanziaria grazie all’uso dei Social Media. “Those who use information in faster and broader ways will grow stronger and will be more competitive. Those who do not will (depending on what they do) be marginalised and eventually will become insignificant or extinct.” Junior Exetutive System Uk Nel Regno Unito sembra verificarsi una grande crescita rivolta nell’uso dei Social media verso i dipendenti per guidarli al successo. I professionisti UK che usano questi strumenti per incoraggiarne l’utilizzo sono l’88%. Incontro tendenza i dati rilevati in Germania dove una piccola percentuale di professionisti tedeschi ha dichiarato che questi strumenti contribuiscono a raggiungere il successo aziendale; ad esempio solo il 41% delle grandi aziende usa i Social Media e li utilizzano per incrementare le vendite. Cap 3 La Social Organization 3.1 Social Organization (Enterprise 2.0) Il termine Enterprise 2.0 deriva da Web 2.0 termine coniato da Andrew McAfee, professore della Harvard Business School, nel suo libro “Enterprise 2.0: The Dawn of Emergent Collaboration” – MIT Sloan Management Review, 2006.
  • 21. 21 La definizione di Enterprise 2.0 secondo McAfee23 è legata “all’uso in modalità emergente di piattaforme di social software all’interno delle aziende o tra le aziende ed i propri partner e clienti”. Per l’Osservatorio Enterprise 2.0 della School of Management del Politecnico di Milano il termine indica “una visione più ampia di evoluzione del modello organizzativo e tecnologico dell’impresa che si fonda comunque sull’applicazione di strumenti collaborativi 2.0 e l’utilizzo della tecnologia come piattaforma abilitante dei processi e delle relazioni.” Ma la variabile tecnologica, come afferma Marco Minghetti nel suo omonimo sito, non è sufficiente a risolvere i problemi collegati da una serie articolata di fenomeni messi in moto dal web 2.0 “come l’apprendimento collettivo, l’innovazione partecipata, la co-creazione di valore, che richiedono nuove modalità di intervento: informali, guidate dal basso, spontanee. In tutte le aree aziendali la dimensione comunitaria o conviviale (secondo la terminologia dello Humanistic Management) assume un ruolo crescente nella generazione di valore, rendendo necessaria la rivisitazione dei modelli di leadership e di governance.” In questa nuova chiave di lettura, la Social Organization si mette a disposizione delle imprese per consentire ad un vasto numero di persone di lavorare collettivamente valorizzando al massimo le singole riserve di competenza, talento, creatività ed energia. La creazione di valore passa attraverso la capacità di generare, sfruttando le enormi potenzialità dei Social Media, ciò che nel gergo viene chiamano “mass collaboration”. I Social Media che si sono affermati in tempi brevissimi, come afferma Marco Minghetti in “L’intelligenza collaborativa”24, “consentono ciò che finora non era mai stato possibile: attivare la capacità di un vastissimo numero di persone sparse per il mondo di collaborare realizzando significativi miglioramenti 23 www.marcominghetti.com 24 Marco Minghetti, L’intelligenza Collaborativa. Egea editori.
  • 22. 22 dei processi in termini sia di efficacia sia di efficienza rispetto ai metodi di lavoro tradizionali.” Questa “ “collaborazione di massa” deve essere sviluppata sia all’interno sia all’esterno dell’azienda. Non si può essere social “a metà” (focalizzandosi per esempio solo sul marketing esterno), la creazione di valore deve coinvolgere tutti gli stakeholder: clienti, fornitori, dipendenti, comunità locali; l’apertura dei confini organizzativi è centrale per realizzare quello che già nei primi anni Novanta definito “il nuovo dominio manageriale”. ” Con il termine Social Organization parliamo dunque del prodotto dell’interazione di tre fattori: i social media, le community e la “purpose” ovvero la proposizione di valore. Social media. Un social media è un ambiente online (“online environment”) creato con l’obiettivo di sviluppare collaborazione di massa. Ciò che è distintivo di un social media non è la tecnologia. Ad esempio, Facebook è un social media fondato su una tecnologia di networking, Wikipedia su una tecnologia Wiki. In generale esiste un grandissimo numero di tecnologie abilitanti la mass collaboration (blog, social bookmarking, tagging, forum, eccetera), che non vanno confuse con quelle che semplicemente supportano la collaborazione fra singoli e team, che esistono da decenni. La differenza portata dalle tecnologie dei social media è la scala su cui operano e che consente a centinaia, migliaia persino milioni di persone di creare contenuti, condividere esperienze, costruire relazioni simultaneamente. Community. Le community sono degli insiemi di persone che si riuniscono per ottenere un obiettivo comune. Radicata nell’obiettivo comune, una community può raccogliere diversi gruppi di persone provenienti dall’interno e dall’esterno dell’azienda che sono spinti da una stessa visione a lavorare collettivamente in maniera efficiente. Senza community non ci può essere collaborazione di massa. Proposta di valore. E’ l’ingrediente essenziale della collaborazione di massa e quindi della social organization determinando la spinta interiore, la motivazione, la volontà di lavorare insieme ad altri mettendo a disposizione la propria conoscenza, le proprie esperienze e le
  • 23. 23 proprie idee. E’ la proposta di valore, il fine comune, la pietra di paragone in base al quale si misura l’efficacia di una community, l’adeguatezza della tecnologia sociale da utilizzare, la coerenza con gli obiettivi di business, l’efficienza della leadership. 3.2 Come e Quando passare da una azienda tradizionale ad una Social Organization? Il passaggio da una azienda tradizionale ad una Social non è affatto facile, occorre un passaggio graduale, cauto evitando confusione e distrazioni. Proporre una strategia di cambiamento troppo avanzata (o al limite troppo arretrata), rispetto al livello di comprensione e accettazione da parte dell’azienda e dei suoi leader, di un modello manageriale evoluto significa condannare in partenza il tentativo al fallimento! In un primo stadio possiamo trovarci in una situazione in cui il management non è pronto per questo passaggio e nella peggior parte dei casi potrebbe pensare che il fenomeno dei Social Media sia solo un trend passeggero o al massimo una fonte di intrattenimento per giovani. Ma queste affermazioni potrebbero essere frutto di paura di perdere la posizione di comando autoritario, con la conseguenza di scoraggiare o vietare l’uso di questi strumenti. Come scrive Frank Rose nel “La Lettura del Corriere della Sera” il mondo del “command and control” si sta trasformando in quello del “sense and respond”25. Un’azienda che si sta avvicinando alla nuova concezione del Management 2.0 innanzitutto deve essere decisa ad intraprendere questo passaggio o rischia di avvicinarsi ad essa in maniera confusa, senza una chiara consapevolezza delle opportunità, rischi, e trasmettendo insicurezza ai propri dipendenti. 25 “Benvenuti nei deep media”, La lettura del Corriere della Sera, Frank Rose
  • 24. 24 Mi ha colpito l’espressione di S.R. Nicholson in “Social Media Ostriches”26 dove dice che in aziende in cui non è avvenuto il passaggio definitivo al management 2.0 i dipendenti non capiscono perché “sono ammesse le pause per fumare una sigaretta ma non quelle per inviare un paio di Tweet” e “sono furibonde perché il firewall impedisce loro di diventare fan della propria azienda su Facebook”, quindi paradossalmente all’azienda interessa più raggiungere un target di clienti piuttosto di avere dentro la propria pagina i mi piace e i pareri dei propri dipendenti. Per superare questo “scoglio” occorre l’iniziativa dei dipendenti con delle richieste specifiche, come l’accesso ad internet per entrare nei propri canali social o uno “spazio” virtuale dove poter comunicare con altri dipendenti, magari fornendo esempi di altre aziende mostrando i successi ottenuti oppure creando degli strumenti di Audit Interno come questionari o coinvolgere nella scelta i collaboratori chiedendo direttamente se l’eventuale uso di Strumenti Social potrebbero migliorare il lavoro aziendale. Infatti il passaggio decisivo inizia a concretizzarsi dalla presenza di manager che permettono l’uso di strumenti social e la fissazione di budget ben definiti per la creazione e lo sviluppo di community. Ma ai leader del cambiamento si pongono alcune sfide cruciali:  Mantenere alta la tensione creativa delle community;  Incrementare il valore generato dalle community;  Integrare le attività delle community nei processi corporate; 26 S.R. Nicholson, “Social Media Ostriches” www.socmedsean.com 2009
  • 25. 25  Individuare un nuovo equilibrio fra il potere formale espresso negli organigrammi e quello informale acquisito dai singoli individui all’interno delle community. Come scritto sopra occorre mantenere alta la tensione creativa delle community, occorre perciò che questo “fenomeno” non sia dettato dall’euforismo del momento, occorrono delle figure specializzate che monitorino o creino degli input creativi per mantenere sempre efficace la Community. Bisogna, quindi, non isolare la community dai processi corporate bensì integrarla sempre di più, creando anche delle sezioni con diversi “membri” appartenenti a diversi stadi dei processi produttivi e organizzativi. Creando delle gerarchie in cui si possa stabilire un equilibrio tra comunicazione formale con i superiori ed una comunicazione informale tra gli individui della stessa community mirata a rompere le barriere ed incentivare il legame del gruppo. L’ultimo stadio è quello che IBM definisce “Business leadership” che comprende la comunicazione multimediale e la collaborazione. Le Tre parole chiave sono Cloud, Mobile e Social in cui si applicano con il BYOD, ovvero Bring Your Own Devices, o BYOA, ovvero Bring Your Own Apps, e Software-As-a-Service (SAS) per facilitare le comunicazioni sui social network interni ed esterni. Ricapitolando, Quando e Come occorre passare al nuovo sistema Social? Quando almeno una delle due parti, dipendenti o manager/imprenditore, siano convinti sull’efficacia dell’utilizzo di questi strumenti e siano pronti ad assumersi la responsabilità di portare avanti queste “idee” all’interno dell’azienda, in modo tale da convincere anche i più scettici. Per il come, bisogna effettuare un passaggio ben moderato, occorre che anche i collaboratori più anziani siano seguiti passo dopo passo dalla creazione dell’account mediante email personale, fino alla partecipazione nelle community
  • 26. 26 aziendali ed educarli al controllo costante dei propri canali social riducendo la grossa mole di email. Il datore di lavoro per incentivare e modernizzare la propria organizzazione potrebbe acquistare anche in leasing degli strumenti (“Fringe Benefit”) come laptop, smartphone o tablet per incentivare questi canali ed educare tutta l’azienda ad una mentalità sempre più moderna. Infine è importante sottolineare, come affermano Bradley e McDonald che arrivare in questo ultimo stadio non vuole dire utilizzare la collaborazione di massa sempre e comunque ma, al contrario, avere perfettamente compreso quali siano i benefici in termini di risultati di business e di motivazione dei dipendenti. 3.3 L’applicazione dei strumenti SoLoMo e Cloud Il termine SoLoMo è un acronimo che indica la convergenza tra: Social: la condivisione delle informazioni all’interno delle reti sociali; Local: geolocalizzazione, distinzione in base alla posizione o, meglio, allo spazio fisico che ci circonda; Mobile: in senso stretto implica il crescente uso, spesso sostitutivo, dello smartphone o del tablet piuttosto che del PC per le attività quotidiane. Come sostiene Marco Minghetti nel suo libro “L’intelligenza collaborativa”27, “la diffusione dei dispositivi di accesso mobili è il driver di questa convergenza”. Indubbiamente negli ultimi anni stanno diventando “il canale primario per memorizzare e condividere le informazioni su chi siamo, che cosa sappiamo, che cosa facciamo, dove siamo, dove siamo stati e dove intendiamo andare”28. Inoltre, diversamente da quanto accadeva nella fase del web 1.0, quando tutto avveniva nello spazio virtuale, ora diviene centrale lo spazio fisico da cui ci connettiamo in rete: che siamo a casa, al lavoro, per strada o in un bar non è più 27 Marco Minghetti, L’intelligenza collaborativa. 28 www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx
  • 27. 27 secondario, ma è essenziale per l’informazione che vogliamo trasmettere, che sia un testo, video, audio o una foto, esso può essere facilmente integrato alla geo localizzazione del luogo aumentando la percezione di essere “fisicamente” in quel dato. Il paradigma SoLoMo è rafforzato dallo sviluppo del cosiddetto cloud computing: (in italiano “nuvola informatica”) indica un insieme di tecnologie che permettono, tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider del cliente, di memorizzare/ archiviare e/o elaborare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware / software virtualmente distribuite in rete29. L’avvento del paradigma SoLoMo illustra forse meglio di ogni altro il definitivo declino dello Scientific Management, riassunto nel celebre slogan “the right man in the right place”30. Quindi concludendo “il presupposto organizzativo su cui fondare metodi e processi di lavoro è del tutto antitetico a quello fordista per cui non è il lavoratore che si muove, ma la catena di montaggio a scorrergli davanti mentre lui è fermo. Oggi, al contrario, il lavoratore è perpetuamente mobile ed è lo strumento di lavoro a seguirlo ovunque vada (per cui ogni luogo può diventare il luogo “giusto” per lavorare).”31 29 www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx 30 http://yvesmorieux.blogspot.it/ 31 www.egeaonline.it /PDF/93cf5706-cc1a-4e4a-9c48-7e1526fea6c0.aspx
  • 28. 28 Cap 4 Il ruolo del Management 4.1 Management Vecchio e Nuovo: dallo Scientific Management al Humanistic Management 2.0. I manager influenzano le nostre vite in molti modi. Scuole, ospedali, uffici statali e piccole e grandi imprese richiedono tutti una gestione sistematica. Secondo una definizione formale, il management è un processo che consiste nel lavorare con e attraverso gli altri per raggiungere gli obiettivi organizzativi in modo efficiente ed etico, in un contesto in continuo mutamento32. In comportamento organizzativo la loro caratteristica centrale è “lavorare con e attraverso gli altri”33. I manager ricoprono un ruolo costantemente in evoluzione. Oggi i manager di successo non sono più come i capi del passato, che affermavano di avere “tutto sotto controllo” e davano ordini da eseguire; piuttosto, hanno la necessità di prevedere in modo creativo e promuovere in modo attivo nuove direzioni, con coraggio, senso etico e sensibilità. L’attuale mondo del lavoro è costantemente sottoposto a cambiamenti di grande entità e destinati a perseverare nel tempo. Le aziende sono state “reingegnerizzate” per avere maggiore flessibilità, velocità ed efficienza. Al posto dell’individuo, i team sono diventati la nuova componente costitutiva dell’organizzazione, spesso assumendo la veste “virtuale”. Il management incentrato sul binomio “comando e controllo” sta lasciando il posto a una gestione partecipativa e orientata all’empowerment. 32 Comportamento organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo kinicki 33 Comportamento organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinicki
  • 29. 29 I leader concentrati esclusivamente su se stessi sono sostituiti da leader concentrati sul cliente, e cresce la considerazione che i collaboratori sono clienti interni. L’ Empowerment, annunciato prima, promuove la partecipazione e il coinvolgimento di tutto il personale, la responsabilizzazione diffusa, l'autostima, la collaborazione e la valorizzazione reciproca34. L'individuo, in questa nuova ottica organizzativa, ha fiducia nelle proprie “skills”, non teme i cambiamenti ma si impegna per gestirli, è disposto a correre rischi e a mettersi in gioco, riconosce i propri errori, esterna le sue informazioni, prende iniziative ed è aperto al confronto all’interno del gruppo. Avendo questi come obiettivi, l'empowerment rappresenta una rivoluzione nelle tradizionali relazioni organizzative. Uno dei perni di questo cambiamento è il leader, “che deve diventare capace di condividere le decisioni, di stimolare autonomia e senso di responsabilità, di individuare i bisogni (formativi, relazionali ed esistenziali) dei suoi collaboratori e di favorirne la crescita professionale”35. Soprattutto, una empowering leadership deve essere in grado di delegare, di promuovere la costituzione di gruppi di lavoro autonomi che stabiliscano tempi e modelli organizzativi, rapporti con gli altri gruppi, turni e riunioni, pur all'interno della condivisione della strategia aziendale. L'empowerment dell'individuo diventa allora empowerment dell'organizzazione, con i conseguenti vantaggi economici e non solo. “La formazione aziendale”, come scrive il sito teambuldingitaly.com, “basata sull'empowerment ha l'obiettivo di rimotivare il personale, di renderlo coeso e coinvolto, fiducioso e capace di vivere i conflitti non come minacce ma come occasioni di crescita umana e professionale. 34 http://www.teambuildingitaly.com/news/149-organizzazione-aziendale-empowerment 35 http://www.teambuildingitaly.com/news/149-organizzazione-aziendale-empowerment
  • 30. 30 In più, la riorganizzazione aziendale della scuola ha anche valenze più generali: il benessere degli operatori scolastici, degli insegnanti ma non solo, è un elemento fondamentale per un efficace intervento pedagogico. Il fine, ambiziosissimo, cui l'empowerment tende è l'autostima, l'autonomia, la capacità di affrontare i cambiamenti, in ultima analisi la felicità del personale.” L'empowerment è strettamente connesso al concetto di cambiamento. Il punto di forza è che esso, proponendo nuove alternative, non costringe ad abbandonare il già conosciuto. Proprio come il leader partecipativo il manager 2.0 descritto in “The Social Organization” non può esercitare l’autorità derivante dal proprio ruolo, ma deve sapersi costruire e deve saper mantenere la propria autorevolezza giorno per giorno. Deve saper rinunciare agli strumenti tayloristici della micropianificazione di ogni fase di sviluppo e affidarsi alla serendipity36. Soprattutto la sfida per il manager tradizionale è quella di rinunciare a essere emittente di messaggi prescrittivi, per diventare invece un attivatore della capacità comunicativa e della creatività degli altri. Sono tre i ruoli chiave che i manager possono e devono giocare per assicurare il successo di una Social Organization: Partecipazione. Obiettivo primario è la rimozione di qualsiasi ostacolo che si frapponga sulla strada della community verso la produzione di idee innovative. Ciò significa osservare attentamente quanto accade ed essere pronti a rispondere alle esigenze della community, sostenendo e motivando con i rispettivi limiti di tempo e spazio i membri in proporzione al loro impegno ed al contributo fattivo alle attività collettive. Per incentivare la partecipazione il Manager può mettere in 36 Marco Minghetti in “L’intelligenza Collaborativa”, Egea Edizioni.
  • 31. 31 palio dei premi in denaro o di promozione per i membri più creativi e produttivi all’interno della community. Focalizzazione sulla proposta di valore. Il manager deve assicurarsi che il focus produttivo del gruppo proceda sempre il raggiungimento dell’obiettivo monitorando il progresso delle attività. Se i risultati non fossero quelli voluti, deve intervenire affinché i membri della community ri-focalizzino o ristrutturino il modo di operare della community stessa stabilendo dei controlli periodici con degli eventuali piani di recupero. Valorizzazione della performance. E’ necessario, anzi essenziale che la community sia rappresentata all’interno dell’organizzazione, a pena di vanificare tutto il suo lavoro e disperderne il potenziale innovativo rischiando l’inevitabile declino e il mancato guadagno delle somme investite. Al manager non resta che assicurare l’integrazione tra i sistemi informativi, funzioni e processi aziendali in modo tale da creare supporto e non intralcio al lavoro della community, e di garantire le inter connessioni fra oro e le varie parti dell’organizzazione per far sì che le innovazioni prodotte dal lavoro collaborativo possano diventare effettivamente produzione di valore aggiunto per l’impresa e non rimangano relegate nell’intranet aziendale. Risulta evidente che nella Social Organization il ruolo del manager non perde minimamente di importanza, ma richiede una interpretazione completamente nuova, come d’altra parte nuovo è l’intero disegno organizzativo: “la vera sfida” come scrive lo stesso marco Minghetti sul blog Alycante, “quella più difficile, ancora una volta è quella del cambiamento. Un tema ricorrente quando si parla di innovazione, ma d’altra parte come ci può essere innovazione senza cambiamento?”37 37 http://www.alycante.it/social-organization.html
  • 32. 32 4.2 Community Manager Al centro di qualsiasi azione di sviluppo di una Social Organization si pone il Community Management, che può essere articolato: 1. All’interno dell’organizzazione, dove le community operano come hub collaborativi di interazione, relazione, comunicazione, formazione (social portal, corporate blog, social project, social learning); 2. Verso l’esterno dell’organizzazione, dove si è ormai affermato il marketing conversazionale che ha grande impatto anche sui processi interni (social media monitoring, brand community, social innovation); 3. Sui processi di innovazione, in cui le community sono il luogo di crescita della condivisione delle conoscenze e dell’innovazione partecipata (innovation lab, idea management, academy 2.0). E’ significativo che la Social Software Survey, realizzata da IDC nel febbraio 201338, indichi che per il 79% delle aziende mondiali la creazione di community online è considerato un obiettivo prioritario. Da qui devono emergere tutti gli elementi necessari a porre le basi per la definizione di un piano integrato di comunicazione, formazione e sviluppo che in particolare comprende39:  Quali e quante community collaborative avviare: chi collabora per il cambiamento (per esempio: una community per ogni processo chiave, per specifici progetti, community funzionali ecc);  Quali e quanti social media supportano le attività collaborative: dove si collabora (per esempio: corporate blog, wiki, forum, applicazioni 2.0 integrate alla intranet); 38 http://www.idc.com/getdoc.jsp?containerId=prUS24248713 39 http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/
  • 33. 33  Le modalità di coordinamento e di funzionamento delle community e la loro struttura organizzativa (owner, content manager, web editor ecc): come si collabora;  La proposta di valore che definisce la vision e gli obiettivi di ciascuna community: perché si collabora (per esempio: obiettivi di miglioramento di prodotto/processo, education, diffusione e aggiornamento continuo di best practice);  I parametri di misurazione del ROI di ciascuna community. Questi sono, ad esempio, gli skill richiesti da una società di selezione italiana nel 2014 per coprire il ruolo di un community manager:  Buona conoscenza della lingua inglese  Ottima conoscenza dei principali strumenti di web analytics  Ottima conoscenza di content management, web editing e web copying  Esperienza nella gestione di community (partecipazione attiva ai principali  Social network italiani ed esteri ed esperienze di gestione community e forum complessi)  Profonda capacità di entrare in relazione (predisposizione ai rapporti Interpersonali e al lavoro di gruppo, sensibilità, leadership, curiosità);  La conoscenza di modelli teorici relativi alla psicologia della comunicazione e alle dinamiche dei gruppi applicata alle relazioni in rete. Parallelamente alle azioni di sensibilizzazione diffusa all’utilizzo dei social media, occorre quindi procedere alla realizzazione di un piano di formazione specificamente orientato alla creazione di figure professionali come quella sopra esemplificata. In questo caso l'analisi dei fabbisogni formativi avverrà sulla base di una accurata individuazione delle community già operative o che si ha intenzione di creare nel prossimo futuro. In altre parole, l'analisi dei fabbisogni va impostata non come una attività di routine, ma come una fase importante del processo più
  • 34. 34 generale di change management e richiede una comunicazione mirata sia prima che durante e dopo la sua messa in opera. 4.3 Il ruolo degli Evangelist Gli Evangelist, ovvero i “campioni del cambiamento” sono presenti in tutte le aree aziendali in cui la loro azione quotidiana prevede il supporto, sollecito e la proposta al cambiamento dell’organizzazione verso l’adozione dei nuovi processi e strumenti di lavoro, tra cui l’introduzione dei Social Media. E’ importante che debbano costituire un gruppo numeroso e soprattutto bene selezionato. Essi sono persone che credono veramente (e non opportunisticamente) ai valori che sono alla base del Management 2.0. Può esservi la possibilità che non debbano conoscere necessariamente l’uso di strumenti Social, ma sono orientati verso la consapevolezza dei benefici che essi portano, e sopratutto al lavoro collaborativo, sono riconoscenti e leali nei confronti dell’azienda, hanno competenze specifiche in ambiti decisivi per il raggiungimento dei risultati. Insomma proprio quelli che a causa delle logiche dello Scientific Management vengono tradizionalmente trascurati, marginalizzati se non addirittura espulsi dalla organizzazione (licenziati). Di seguito uno schema suggerito da Eldam40, in cui potrebbero essere distinti in tre gruppi in base al tipo di conoscenze 2.0 detenute: 40 www.edelmandigital.com, “Social Business for Complex Organizations”.
  • 35. 35 Ruolo Competenze 2.0 Media Utilizzati Attività (su piattaforme e social tools interni e/o esterni) Content curator Avanzate Video Foto Blog Registrare e caricare video, curare live streaming di eventi aziendali Caricare e taggare foto Scrivere post Conversationalist Medie Microblogging Wiki Social Network Condividere notizie e informazioni, stendere liste di influencer Condivisione e sviluppo della conoscenza Rispondere a commenti relativi a prodotti o servizi aziendali Listener Basic Social media interni ed esterni Monitorare la brand reputation Sostenere la brand community
  • 36. 36 4.4 SocialLeadership Il Bicocca Training & Development Centre (BTDC) ha sviluppato la prima ricerca41 approfondita su come la diffusione dei social media all’interno delle organizzazione genera un fabbisogno di cambiamento dei modelli di leadership tradizionali. Gli stili di direzione di una volta devono oggi fare posto alla Social Leadership, un modello frutto delle trasformazioni in atto nel contesto attuale dominato non solo da strumenti quali Facebook, LinkedIn, Twitter e Blog, ma anche dai network sociali sviluppati all’interno della intranet aziendale. L’indagine si è sviluppata attraverso l’esplorazione dei fattori chiave che spingono verso la diffusione di social media e quindi della social leadership. Come è stato riportato dal sito stesso “btdc.albaproject” “si è proceduto a sviluppare un carotaggio dei modelli di utilizzo dei social media per la gestione delle risorse umane in un gruppo di aziende first mover nel campo dei social media interni”. In cui è emerso “non solo un identikit dei caratteri della social leadership, ma anche un profilo degli strumenti operativi utili per quelle aziende che mirano a sviluppare la social leadership come leva di vantaggio competitivo. 41 http://btdc.albaproject.it/
  • 37. 37 Sono stati inoltre sviluppati il Social leadership Inventory, tramite il quale è possibile rilevare le caratteristiche organizzative più rilevanti per definire l’approccio di sviluppo della social leadership più coerente per la specifica organizzazione, e due archetipi o modelli di cambiamento utili a pianificare il percorso di sviluppo della social leadership.” A partire da Peter Drucker42 non c’è sistema manageriale che non abbia chiamato in causa la metafora dei direttori d’orchestra come immagine di modello di leadership efficace. Ci si domanda allora quanto questa metafora risulti ancora in grado di cogliere le caratteristiche dei modelli efficaci di leadership43 a fronte dei radicali cambiamenti interni ed esterni alle organizzazioni del mondo attuale. “La crescente presenza delle tecnologie sociali nelle organizzazioni, moltiplicata anche da processi di internazionalizzazione che richiedono di connettere persone fisicamente distanti, nonché l’ingresso della generazione Y (già abituata all’uso e all’abuso dei social media ) nei contesti organizzativi, sposta il fabbisogno di leadership su un nuovo terreno.” In questo contesto Social, è come se il direttore d’orchestra anziché utilizzare la classica bacchetta magica utilizzasse strumenti come Facebook e Twitter. L’introduzione di questa nuova figura di Leadership permette all’organizzazione informale di emergere e mettere in discussione la concezione del Manager tradizionale autoritativo, distaccato dal gruppo. In altre parole la distinzione tradizionale fra leader e follower diviene più porosa facendo spazio a quella di shared leadership, un modello che prevede la condivisione, la trasparenza e l’abbattimento delle barriere tra Leader e Gruppo. Come si evince dalla stessa ricerca, “La social leadership tuttavia, chiama in causa tanto la dimensione top-down della leadership, quanto un processo di 42 http://www.matematicamente.it/approfondimenti/220-problem-solving/ 43 http://www.manageritalia.it/export/sites/it.manageritalia/content/
  • 38. 38 collaborazione ed influenza reciproca tra i leader ed i collaboratori veicolata dagli strumenti e dalle attività tipiche dei social media. Si tratta più di una trasformazione culturale che tanto il management quanto l’organizzazione devono affrontare, piuttosto che di una rivoluzione puramente tecnologica legata all’utilizzo dei social media all’interno delle organizzazioni.” I social media rappresentano un’importante area strategica per le aziende che saranno in grado di gestire efficacemente il percorso verso lo sviluppo della social leadership. Ma l’adozione dei social media all’interno delle organizzazioni sta rischiando di diventare una non scelta a causa delle numerose pressioni interne ed esterne come la diffusione dei mobile device. Bisogna quindi predisporre una policy adeguata e l’assunzione di esperti al fine di adeguarsi ai cambiamenti organizzativi e non lasciarsi sfuggire dipendenti che dispongono di competenze di social leadership. Nel numero di Giugno 2012 la Harvard Business Review44 ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta nel corso di due anni su 150 manager di 100 aziende per individuare un nuovo modello di leadership. Quello che è emerso “è la diffusa consapevolezza che l’approccio dirigista e top down sia ormai largamente superato. Inoltre “Tutti i manager hanno menzionato come cerchino di sviluppare un approccio conversazionale all’interno della propria organizzazione o già lo adottino come strumento di leadership.” Il vantaggio principale che emerge da questa pratica che la HBR definisce “conversazione organizzativa” è “la relazione costante tra i diversi livelli e funzioni permette anche alle grandi imprese di funzionare come quelle piccole, replicando quel modello di condivisione che spesso permette alle startup di primeggiare su rivali più consolidati.” 44 https://hbr.org/2012/06/leadership-is-a-conversation/
  • 39. 39 Il modello conversazionale permette così alle piccole e grandi aziende di coinvolgere e motivare i propri collaboratori di assicurare un maggiore allineamento strategico, di migliorare il clima aziendale e di sviluppare una flessibilità operativa. Permette soprattutto ai manager delle grandi aziende di non non trascurare i propri i problemi e i bisogni dei dipendenti in modo tale da rompere tutte le superflue barriere e di risolvere i problemi aziendali nel minor tempo possibile. Quattro sono gli elementi chiave della conversazione organizzativa: 1. Intimità: ridurre le distanze, abbattere le barriere; 2. Interattività: importanza dell’ascolto; 3. Inclusione: far sentire tutti parte della stessa organizzazione e di un disegno comune; 4. Intenzionalità: definire scopi condivisibili che contribuiscano a unire gli sforzi di tutti. Sono tutti elementi culturali, che chiamano un approccio più aperto e disponibile per aggregare le risorse aziendali e trarne il massimo beneficio organizzativo, tattico e strategico. Un approccio, però, che deve essere sposato a livello di organizzazione, per non creare squilibri interni. 4.5 Caratteristiche Leadership 2.0 Caratteri fondamentali della leadership 2.0, secondo Marco Minghetti in “L’intelligenza Collaborativa”45 sono: apertura, autonomia, creatività, decentramento, emersione dal basso, genius loci, meritocrazia, mobilità, partecipazione, perseveranza, serendipity, sperimentazione, trasparenza e velocità. In questa ricerca approfondiremo solo quelli, a mio avviso, più significativi: 45 Marco Minghetti, “L’intelligenza Collaborativa” Egea Edizioni.
  • 40. 40 Apertura Basata non solo sulla condivisione di informazioni ma soprattutto su opinioni ed esperienze con tutti gli stakeholder (clienti, partner, dipendenti, fornitori, comunità locali). Questo “approccio” si articola in tre sub-principi ovvero:  Inclusione: sentirsi parte dello stesso gruppo, identificarsi nello stesso brand aziendale, permettendo di acquisire le migliori idee attraverso la loro selezione naturale;  Open innovation: innovazione intesa non solo all’esterno per acquisire clienti ma anche l’utilizzo di idee interne rivolte all’interno e all’esterno dell’azienda;  Riduzione delle distanze gerarchiche: comporta la rottura delle barriere fra sezioni gerarchiche d’impresa e l’abolizione di prassi lavorative di tipo strettamente divisionale, quali la rigida suddivisione di uffici, reparti, gruppi di lavoro in base a competenze specifiche e non interconnesse. Autonomia E’ la liberta di agire da soli, di prendere decisioni senza la necessità di specifica direzione o di approvazione da parte dei livelli più elevati di gestione. I Social hanno dato agli individui gli strumenti che consentono loro di agire in modo indipendente. Dove in passato la gestione è stata strutturata attorno al modello del comando e controllo, le aziende di oggi devono saper esprimere un principio più profondo e più potente di libertà per gli individui nelle loro organizzazioni. L’autonomia individuale è infine la condizione necessaria per lo sviluppo di modelli auto-organizzativi e quindi dell’emersione dell’intelligenza collaborativa. Creatività La creatività, intesa come fantasia ed idee concrete, all’interno delle community, finalizzate alla trasformazione dell’impresa in social organization.
  • 41. 41 L’azienda di oggi è il centro di intersezione di culture anche molto lontane tra loro, entrando in contatto, contaminandosi, ibridandosi, abbattendo le barriere interculturali o interdisciplinari e sviluppando modi diversi di vedere “le stesse cose”. La sfida della leadership 2.0 è dare libero sfogo alla creatività delle risorse umane presenti all’interno dell’azienda. Non soffocare con la politica “comando e controllo” la creatività e la libera espressione del personale, bisogna creare dei luoghi offline e online in cui conciliare l’attività produttiva con quella creativa. Decentramento E’ opposto all’approccio top-down tipicamente tayloristico per cui le attività e i processi decisionali sono strettamente mantenuti in piccole aree di potere centrale. Secondo Gary Hamel, “le organizzazioni possono distribuire il potere e le risorse in modo più equo, dando alle persone l’opportunità di svolgere un ruolo nell’allocazione delle risorse e favorendo l’assunzione di responsabilità e la presa di decisione in tutta l’organizzazione”46 Emersione dal basso I comportamenti che producono la collaborazione di massa non possono essere definiti, disegnati e controllati dall’alto come nei sistemi tradizionali. Questi comportamenti, grazie all’uso stesso dei social media, emergono dal basso attraverso le interazioni fra i membri della community. La capacità di emersione spontanea dal basso è la chiave che consente di aprire le porte all’innovazione, di trovare nuove idee, di escogitare soluzioni a problemi apparentemente irrisolvibili. Il management deve costruire ambienti di lavoro (proprio in termini logistici) ma soprattutto sociali che ne facilitino l’espressione. 46 www.manageronline.it/articoli/vedi/827/gary-hamel-e-i-ribelli-del-management-20/
  • 42. 42 Meritocrazia Il web è un ambiente in cui emergono idee e persone alla qualità dei loro contributi. Sul web, le idee sono disponibili a tutti e l’unico modo per imporle è ottenere una valutazione positiva spontanea da parte degli utenti della rete, che ne determinano il ranking attraverso il meccanismo dei tag e dei link nella classifica dei motori di ricerca, o attraverso il retweet, o il numero di visualizzazioni su Youtube, Organizzazioni che operano con criteri meritocratici analoghi a quelli diffusi in rete possono portare i singoli a essere più motivati, poiché sanno che le persone promosse e le idee vengono finanziate attraverso sistemi trasparenti, corretti e fondati su una valutazione di colleghi esperti, piuttosto che essere imposti dall’alto spesso solo con logiche di puro potere interno. Mobilità Ogni membro della community deve poter partecipare al lavoro collettivo dovunque si trovi e mediante qualsiasi device. Una ricerca di Cisco Systems del 2012 descrive la tendenza del Bring-Your-Own-Device (BYOD): ognuno porta in azienda il suo dispositivo preferito. Tutto ciò porta ad un aumento della produttività dei dipendenti e la loro soddisfazione, senza contare i considerevoli risparmi che questo approccio porta all’azienda. Secondo Gartner Group47, entro il 2016 due terzi della forza lavoro mondiale possiederà uno smartphone o un tablet e il 40% lo utilizzerà per motivi professionali. Nello specifico gli acquisti di tablet da parte di utenze aziendali entro il 2016 raggiungerà i 53 milioni di unità. Partecipazione Il personale ha un bisogno innato di contribuire, di esprimersi, e di dare la propria opinione. Il web 2.0 è lo strumento più potente mai creato per consentire alle persone di lasciare il proprio segno e mobilitarle verso una missione comune. 47 www.gartner.com/technology/
  • 43. 43 Così un’organizzazione 2.0 sarà tale nella misura cui sarà social nel duplice senso di “partecipativa” e “animata da una vera responsabilità social”. In altre parole, per ottenere un sostanziale beneficio dai social media, occorre essere in grado di mobilitare una community. Negli ambienti sociali efficienti la massima parte dei contenuti viene dai partecipanti. Basta pensare a LinkedIn, Wikipedia, Youtube o Facebook: senza ciò che in termini tecnici viene definito “user generated content” sarebbero dei gusci vuoti. Serendipity Il verificarsi di eventi casuali è una caratteristica dell’innovazione. Il web è il più grande motore di serendipità nella storia della cultura, rivolto (come i social media) per tutto ciò che è nuovo. Le imprese devono imparare dal web e aumentare le probabilità di creazione di valore basata sulla casualità, incoraggiando lo sviluppo di connessioni il più possibile eterogenee con e fra gruppi diversi di persone, il più spesso possibile. Trasparenza In una community, tutti i partecipanti possono vedere i contributi di tutti gli altri. In questi contesti isolarsi o nascondersi è quasi impossibile! Inoltre gli altri membri della community possono criticarli, usarli, inoltrarli, integrali, ecc. Solo applicando questo concetto di trasparenza la community è in grado di creare contenuti innovativi, migliorarli e farli evolvere. Fra l’altro, vedere i contributi degli altri costituisce spesso quel “quid” che attrae nuovi contributori, oltre a essere la prova per ottenere la fiducia da parte di tutti i membri. E’ la trasparenza che distingue la collaborazione di massa da cose come i motori di ricerca, i tradizionali sistemi di knowledge management o le survey online. “Senza trasparenza la mass collaboration si trasforma in mess collaboration, ovvero in un caos.”
  • 44. 44 Velocità Per ultimo un aspetto fondamentale e ormai assimilato al concetto di tecnologia ovvero la velocità. Grazie al web, grandi quantità di conoscenze sono ora disponibili in tempo reale. Con la tecnologia mobile, l’accesso a queste informazioni è raramente fuori portata. Le organizzazioni devono essere in grado di muoversi alla stessa velocità. Cap 5 Il cambiamento del Gruppo 5.1 Il Social Gruppo Ogni giorno si incontrano spesso momenti di gruppo; gli studenti formano spesso team insieme ai loro compagni di classe per lavori di gruppo; i genitori sono membri dei consigli di classe delle scuole dei figli; i manager sono coinvolti nei comitati per la pianificazione dei prodotti e nelle task force per la produttività. Le organizzazioni efficaci non funzionano affatto senza l’ausilio di gruppi e team ma, come l’esperienza personale dimostra, lo sforzo di lavorare in gruppo può far emergere tanto il meglio quanto il peggio delle persone. I manager devono poter comprendere a fondo i gruppi e i processi di gruppo, sia per essere in grado di evitare gli errori, sia per sfruttarne le potenzialità. Inoltre, la già vasta e sempre crescente presenza di Internet e degli strumenti di Social Media rappresenta una sfida importante per i manager orientati al successo. Da un punto di vista sociologico “un gruppo è formato da due o più persone che interagiscono liberamente condividendo norme e obiettivi collettivi e avendo un’identità comune”48. Vengono distinti due tipi diversi di gruppi: gruppo formale e gruppo informale. 48 Comportamento Organizzativo Seconda Edizione, Robert Kreitner Angelo Kinichi
  • 45. 45 Un gruppo si definisce formale se è formato da un manager al fine di aiutare l’organizzazione a perseguire i suoi obiettivi. I gruppi formali sono tipicamente classificati come gruppi di lavoro, team di progetto, comitati, commissioni o task force. Si parla invece di gruppo informale quando gli scopi principali per riunirsi sono l’amicizia o gli interessi comuni. I gruppi formali ed informali possono talvolta sovrapporsi nell’ambiente lavorativo, ad esempio nelle aziende a conduzione familiare e per la prassi assai diffusa di assumere persone di fiducia quali parenti e amici. In un nuovo contesto lavorativo dominato dall’uso dei social media e dalla facilità ed immediatezza di interazione ci si interroga su quanto sia utile che gruppi formali e informali si sovrappongano. Alcuni manager sono convinti che l’amicizia personale renda team più produttivi, altri ritengono che le “aggregazioni informali” rappresentino un ostacolo per la produttività. Risulta quindi opportuno considerare i Social Media come un efficiente strumento organizzativo per abbattere le barriere e la “timidezza” all’interno del gruppo. Se prima bastava posizionarsi al centro del gruppo e esporre la propria presentazione al giorno d’oggi basta controllare il profilo privato Facebook o LinkedIn per conoscere in breve tempo la provenienza, situazione sentimentale, grado di istruzione, hobby, squadra del cuore, programmi televisivi preferiti, e tanto altro. Inoltre nella mia esperienza lavorativa ho constatato quanto sia utile applicare i dispositivi SoLoMo direttamente nel luogo aziendale. Fare un “Selfie” a lavoro non è sbagliato! Se si conduce un lavoro di gruppo all’interno dell’azienda, a condizione che nella foto non si vedano clienti o documenti top secret, è un ottimo modo per unire il gruppo, socializzare subito e quindi migliorare il clima aziendale e la performance lavorativa! Con una sola foto pubblicata nel social network preferito scaturiscono milioni di effetti che possono solo far del bene! Anzi probabilmente se uno dei dipendenti non volesse farsi “riprendere” dalla foto verrà quasi sicuramente escluso dal gruppo.
  • 46. 46 Questa mia teoria viene confermata con i dati ricavati da un recente sondaggio condotto su un campione di lavoratori dai 18 anni in su che ha evidenziato i principali vantaggi e svantaggi determinati dai rapporti di amicizia nell’ambiente di lavoro. I lati positivi sono un ambiente di lavoro più incoraggiante (secondo il 70% degli intervistati) e più lavoro in team (69%), quelli negativi il pettegolezzo (44%) e i favoritismi (37%). 49 5.2 Team Virtuali I team virtuali sono fonte di espressione dei bisogni aziendali moderni; il loro nome deriva “da simulazioni al computer della realtà virtuale dove le cose ti appaiono quasi come se fossero vere”. Grazie a tecnologie informatiche in evoluzione come Internet Mobile, la posta elettronica, Social Media e i diversi strumenti Social Network è possibile fare parte di un team di lavoro senza essere effettivamente presenti. I team tradizionali si incontrano in un luogo di lavoro senza essere effettivamente presenti. I team virtuali, invece, sono convocati elettronicamente e i membri partecipano risiedendo in luoghi e in organizzazioni diverse, persino con fusi orari differenti. Il tutto con costi di gestione bassissimi. Un team virtuale viene descritto come un gruppo di lavoro composto da membri geograficamente distanti che gestisce il business avvalendosi dei moderni strumenti di tecnologia informatica. I sostenitori affermano che i team virtuali sono molto flessibili ed efficienti perché guidati dalle informazioni e dalle capacità dei loro membri e non dal tempo e dalla localizzazione. Per quanto riguarda gli aspetti negativi, la mancanza di un’interazione faccia a faccia può determinare un indebolimento della fiducia, della comunicazione e del senso di responsabilità. In un sondaggio che ha chiesto a 1.465 lavoratori se la percezione della qualità del lavoro varia a seconda che questo sia stato svolto 49 Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinichi
  • 47. 47 remotamente oppure in ufficio, il 55% ha risposto affermativamente e il 45% negativamente. 50 Cap 6 Il rilevamento del ROI dei Social Media applicati nei processi organizzativi. 6.1 ROI finanziario, produttivo e strategico. “La difficoltà nel giustificare gli investimenti e misurare i risultati,” come viene riportato nel Rapporto 2011 dell’Osservatorio Enterprise 2.0 del Politecnico di Milano51, “è una delle cause alla base della lentezza con cui le iniziative di Enterprise 2.0 si sviluppano nelle imprese”. A ragione di queste difficoltà c’è un oggettivo problema a stimare e misurare i benefici che sono in larga parte legati all’impatto sull’organizzazione e sui dipendenti. In poche parole, che cosa si guadagna nel cambio fra un modello manageriale 1.0 e uno 2.0? E che cosa rischia chi non cambia? Il problema principale che deve affrontare l’azienda che decide di mantenere un impianto organizzativo tradizionale consiste nella crescente perdita di produttività, capacità di innovazione e competitività. Convergere il proprio lavoro sulla collaborazione emergente fra un numero ben definito di persone comporta portare alla luce nuovi imput di idee per lo sviluppo dei prodotti e business, ma anche di abbattere i costi. Non investire sulla Social Organization oggi “significa perdere progressivamente quote di mercato domani”. Secondo una ricerca elaborata da McKinsey52, “lo sviluppo di modelli di management orientati alle logiche della social organization potrebbe generare un 50 Comportamento Organizzativo, Seconda Edizione, Robert Kreitner e Angelo Kinichi 51 MIP, Enterprise 2.0: è il tempo del fare. 52 www.mckinsey.it
  • 48. 48 valore compreso tra 900 e 1300 miliardi di dollari. Il valore generato (345 miliardi per operazioni e sviluppo di prodotti, 500 dal marketing, 230 dal miglioramento delle attività di supporto al business) si tradurrebbe anche in benefici per i consumatori come prezzi più bassi e migliore qualità di prodotti.” Utilizzare al meglio le tecnologie sociali inoltre “aumenterebbe la produttività dei lavoratori della conoscenza altamente qualificati, decisivi per i risultati e la crescita nel XXI secolo, dal 20 al 25%”53. Più in dettaglio, “per stare solo su uno dei settori esaminati, quello dei servizi finanziari, la creazione di valore potrebbe ammontare da circa 133 miliardi a 218 miliardi di dollari ogni anno a livello globale”. Infine, collegando personale centrale e locale attraverso i social network, utilizzando piattaforme di enterprise 2.0 tramite cui accedere alle informazioni e comunicare, collaborando con strumenti sociali, “si potrebbe migliorare la produttività dei colletti bianchi di banche e assicurazioni di ben il 25%, che corrisponderebbe dal 6 all’8% del totale dei costi del personale e a un potenziale miglioramento del margine globale dal 3 al 5%”. Cisco System54, azienda leader nella fornitura di apparati di network, propone tre livelli di possibile misurazione del ROI del lavoro collaborativo espresso dalle community:  ROI finanziario: le aziende ottengono un aumento del ROI finanziario attraverso la riduzione dei costi. Per ridurre tali costi infrastrutturali, infatti, le aziende “possono passare dai vecchi costosissimi sistemi di knowledge management a wiki a costo zero; possono ridurre i costi di viaggio e le necessità di postazioni fisse in ufficio dando la possibilità di lavorare da casa o comunque da remoto utilizzando soluzioni telepresence o BYOD”. Questo tipo di ROI è semplice da misurare poiché riflette un 53 http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/i-dieci-processi-da-sviluppare-in-chiave- social-secondo-mckinsey/ 54 http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/i-dieci-processi-da-sviluppare-in-chiave- social-secondo-mckinsey/
  • 49. 49 risparmio di costi fissi e variabili che influiscono direttamente sui profitti aziendali;  ROI della produttività: un buon utilizzo delel tecnologie Social può migliorare il processo di sviluppo produttivo aziendale. Perché la linea ottenga questi risultati occorre che il management metta mano a nuove competenze, nuovi stili di leadership, nuovi processi di educazione;  ROI strategico: è il settore in cui si verificano le trasformazioni più importanti per ogni azienda. I Socia Media permettono infatti alle aziende di entrare in nuovi mercati, di accelerare i cicli di innovazione, di costruire nuovi modelli organizzativi e di prendere decisioni migliori più rapidamente. Tali innovazioni consentono di attuare quei cambiamenti in grado di aumentare il proprio Gap sulla concorrenza reinventando il modo di lavorare. 6.2 Rischi: per non investe ed investe. Rischi per chi non investe Una delle principale motivazioni per cui Il Manager Tradizionale decide di non investire è la consapevolezza della scarsa sicurezza di questi strumenti Social. Ma la facilità di utilizzo dei Social Media è tale che un dipendente o un gruppo di impiegati può tranquillamente installarne sul proprio smartphone ed utilizzarne a fini aziendali senza che il management se ne accorga. E quando, prima o poi, “lo sfogo” o “la pubblicazione di notizie rilevanti” viene a conoscenza dei Manager obsoleti, il danno è ormai fatto! Se sono stati utilizzati in maniera impropria se non illegale, tuttociò comporta danni alla reputation e al brand dovuti alla carenza di una social media policy. E a questo punto intervenire con processi sommari, azioni punitive o esemplari (come licenziare un dipendente come monito per il gruppo) è quanto di più deflagrante si possa fare in termini di clima aziendale. Ma è esattamente ciò che sempre più di frequente sta succedendo.
  • 50. 50 Una soluzione potrebbe essere investire in questi tools e accompagnare le persone nel loro corretto utilizzo, e consentirebbe all’organizzazione di gestire la situazione in maniera anticipatoria e non conflittuale. Vale insomma il vecchio adagio: se non li puoi battere, unisciti a loro! Un altro rischio che incombe in chi non investe nei social media riguarda le generazioni che stanno accedendo nel mondo del lavoro e ogni giorno di più sono abituate ad utilizzare normalmente i social media. Le aziende che non sono organizzate sul modello della collaborative organization, ovvero sull’utilizzo dei social media, sono destinate a essere percepite come “vecchie”, ostili all’innovazione, non adeguate alle modalità relazionali e comunicative a cui le giovani generazioni sono abituate: in sintesi, poco interessanti, per non dire noiose e deprimenti. Tutto questo si tradurrà in una sempre maggiore difficoltà ad acquisire e trattenere nuovi talenti, specialmente se i competitor stanno, invece, investendo in questa direzione. Rischi per chi investe Se precedentemente abbiamo esposto i rischi di chi non investe in strumenti collaborativi e nei social media, adesso analizziamo i rischi che potrebbero verificarsi a chi investe nell’adozione di questi strumenti. Che cosa potrebbe trattenere un dipendente dal rendere pubblica un’informazione riservata? E che cosa fare se un dipendente diffonde all’interno informazioni che è semplicemente inopportuno che vengano alla conoscenza di tutti? Il punto da prendere in considerazione è che se un impiegato vuole rendere pubblica un’informazione di qualsiasi genere, ormai lo può fare comunque.
  • 51. 51 La famosa lezione del direttore Marketing di Telecom in cui invitava i suoi manager a “fare come Napoleone a Waterloo”55 e che ha fatto il giro del mondo su YouTube in tempo reale è un esempio da cui dovrebbero trarre insegnamento tutti. Seppure nobile come messaggio, il direttore Marketing Luca Luciani preso forse da un lapsus, in un discorso ricco di parolacce non si accorse che Napoleone ebbe la sua più grande disfatta a Waterloo e non la sua più grande vittoria, cadendo nel tranello della reta venendo deriso da tutta Europa. Che cosa fare se qualcuno comincia ad insultare o rivolgere critiche non convenzionali sull’organizzazione o su qualche altro dipendente? Le controversie di questo genere sono molto ridotti nel momento in cui non si ammette all’interno delle community l’anonimato e tutti sono costretti ad assumersi la responsabilità delle conversazioni tenute in rete. Diverso è nelle discussioni all’interno delle community in cui si può arrivare a trascendere (esattamente come può succedere nelle discussioni fra colleghi offline). In questi casi il Community Manager deve sapersi muovere con tempestività per prevenire o reprimere simili comportamenti, applicando delle sanzioni nelle eventualità in cui certi dipendenti si comportassero in “mala fede” nei confronti dell’organizzazione. 55 https://www.youtube.com/watch?v=9aqdeayreBA#!
  • 52. 52 Cap 7 Social Media Come Strumenti Manageriali 2.0 Dopo aver analizzato il cambiamento nella struttura organizzativa, analizziamo nello specifico le diverse tipologie di utilizzo degli strumenti Social Media all’interno dell’aziende, con i relativi svantaggi e vantaggi derivanti da essi. 7.1 Implementare la Policy adeguata Appare inopportuno parlare di utilizzo di strumenti Social se prima l’azienda non sviluppi una policy adeguata verso l’uso di essi. Per il successo dell’applicazione di strumenti social occorre scrivere un regolamento diverso per ogni piattaforma sociale che evidenzi ruoli e regole da seguire. Una policy per quanto ben scritta non è efficace fino a quando non è compresa da tutti i dipendenti. Occorrerà pubblicarla sulla Intranet aziendale, in modo tale che possa essere consultata da ogni dipendente quando è in dubbio. Infine non bisogna mai dimenticare che la strategia e gli obiettivi aziendali possono cambiare rapidamente. La policy deve tenerne conto ed essere tempestivamente aggiornata. Una Politica Aziendale particolarmente interessante è quella attuata da IBM. La multinazionale americana concede ampia libertà ai propri dipendenti sull’uso dei Social Network, distinguendo il profilo personale dal profilo aziendale IBM. I dipendenti “firmano un disclaimer” ovvero una liberatoria che è contenuta all’interno del Social Media e si assume la responsabilità di tutto ciò che dice. Il dipendente IBM è libero di creare contenuto. Ma ciò a cui l’azienda multinazionale tiene è che l’idea del singolo non attacchi i competitors con la conseguente risposta d’attacco, in quanto sarebbe difficile proteggere il proprio dipendente dalla morsa della rete.
  • 53. 53 Svantaggi 7.2 Distrazione, Calunnie L’utilizzo di questi strumenti non comportano solo vantaggi; se vengono utilizzati in modo inopportuno questi possono arrecare un serio danno per l’azienda. Tra i casi più ricorrenti vi è la “distrazione”, un esempio comune è stare al lavoro su Facebook commentando le foto degli amici o cercando le ricette per il pranzo. Ma è anche vero che visitare il proprio Social Network preferito viene visto come valvola di sfogo equivalente alla pausa caffè; ma se spesso la pausa caffè può essere quantificata, è possibile determinare quanto il dipendente perdi tempo su Facebook durante le 8 ore lavorative? Ovvio che no, ma Giuseppe Civati autore del libro “L’amore ai tempi di Facebook”56 sostiene che se un dipendente vuole perdere tempo può farlo anche senza Facebook! Appare invece un problema scottante per le aziende e per i fruitori di social media in genere: le calunnie. Come abbiamo constatato nei capitoli precedenti ormai i social media sono in costante contatto con l’individuo. Risulta facile farsi trasportare da un litigio o una incomprensione sul luogo di lavoro e sfogarsi tramite il proprio account Twitter o Facebook insultando e dando una cattiva reputazione al brand aziendale. Occorre per l’azienda non solo monitorare tali “sfoghi” ma elencare ai propri dipendenti le sanzioni che potrebbero essere applicate loro in caso di calunnie come sanzioni pecuniarie ed in casi estremi il licenziamento. L’Italia non è stata esclusa dai casi di licenziamenti per colpa di Facebook. A Roma alla Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti, un dipendente è stato licenziato per un commento azzardato rivolto al proprio datore di lavoro. 56 Mattia Carzaniga e Giuseppe Civati, “L’amore ai tempi di Facebook”
  • 54. 54 Ma succede anche nelle realtà più piccole, come a Genova un dipendente è stato licenziato in tronco perché usava per fini personali il collegamento a internet del cellulare aziendale. Il tribunale ha dato ragione al datore di lavoro: l'utilizzo scriteriato della rete può essere giusta causa di licenziamento, anche se avviene da uno smartphone (Trib. Genova 2 maggio 2005). Massima attenzione anche alle critiche rivolte al proprio capo57. Oltre al licenziamento, se le offese sono gravi, può scattare la querela per diffamazione che si somma al pagamento dei danni subiti. 7.3 Aggiornamento sulle Tecnologie 2.0 Come comportarsi nell’evenienza in cui ci certi dipendenti si opponessero al mondo digitale? La risposta più realistica a tale domanda potrebbe essere che obbligare dei dipendenti scettici o “antichi” sarebbe inutile e del resto impossibile. E’ importante far comprendere loro sia le ragioni che determinano il successo di questi strumenti nelle organizzazioni moderne, sia le regole guida definite da una efficiente policy aziendale; e magari una volta capito meglio di cosa si tratta chissà che non cambino idea. D’altro canto per una trasformazione dell’impresa in social organization è decisivo omogenizzare le differenze nel modo di utilizzo e di pensiero dei strumenti social. In caso contrario, il rischio di rimanere bloccati in modelli di business che ostacolano la capacità di innovare e competere con le imprese che hanno adottato tecnologie enterprise 2.0 e una mentalità 2.0 diviene molto serio. Questo problema può sorgere in presenza di aziende con dipendenti di diverse età; nello specifico sarà molto più difficile convincere un dipendente prossimo alla 57 http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/italia-primi-licenziamenti-colpa- 125700.shtml?uuid=AaLxdt2D
  • 55. 55 pensione ad attivare un profilo linkedin piuttosto che ad un neo assunto appena laureato. Dall’intervista a me concessa dal Dott. Alessandro Zonin direttore Digital Marketing di IBM è emerso che l’azienda americana forma i propri dipendenti all’utilizzo dei social media mediante corsi online o in apposite classi rivolte sia a chi ne fa un frequente uso e sia a chi non sa utilizzarli. Inoltre i dipendenti vengono incoraggiati ad utilizzare un proprio canale social, vengono pure spinti a scrivere degli articoli riguardanti il proprio lavoro in maniera tale da condividerli con le comunity interne ed esterne all’azienda. Vantaggi 7.4 Employer branding online Il principale problema del Management Tradizionale è il voler ignorare il fatto che i dipendenti e clienti stiano già parlando dell’azienda sui social media. I social media, per la prima volta, consentono di capire ciò che si dice su brand, prodotti e servizi ed usare queste informazioni per migliorare le strategie di attrazione dei talenti. Non solo, ma si tratta a volte anche di evitare che decisioni assunte dalla direzione HR divengano, come scrive Alexandra Samuel, “Social Media Scandals”58. Il riferimento è in particolare a casi di licenziamento di persone che hanno un grande seguito su un social network come Facebook o LinkedIn. L’allontanamento di queste persone anche se motivato da ottime ragioni, deve essere trattato con la stessa delicatezza che si utilizzerebbe per risolvere il rapporto di lavoro con un “top executive”, per evitare danni che potrebbero verificarsi per la reputation dell’azienda. Occorre un monitoraggio continuo anche 58 https://hbr.org/2013/02/when-hr-decisions-become-socia/
  • 56. 56 di parole chiave sulla rete social per individuare se ex collaboratori o collaboratori ancora in corso, stanno compromettendo la credibilità della azienda. Nel Novembre 2012 la seconda edizione della ricerca Employer Branding Online Awards Italy 10059, ha valutato come le maggiori società nel nostro Paese utilizzino il sito corporate per attrarre e fidelizzare i migliori talenti. I ricercatori all’interno della loro ricerca scrivono che “L’italia fallisce la sfida dell’employer branding online”, in quanto chi cerca lavoro “non si accontenta più di visitare i siti corporate delle società ma vuole interagire attraverso i social media e trovare informazioni in mobilità”, le aziende italiane continuano a offrire soltanto le informazioni di base rispetto a carriera e inserimento in azienda, faticando a rinnovarsi nei modi di comunicare con i migliori talenti sul mercato del lavoro; Inoltre dalla ricerca emerge che la maggior parte delle società italiane non sfrutta le potenzialità dei canali digitali per comunicare il proprio valore come datori di lavoro presso i dipendenti attuali e soprattutto potenziali. Il Gruppo Hera vince con 79.25 punti su 100, seguita da Telecom Italia (72). Ed è lo stesso Gruppo Hera che sul proprio sito mostra i sei pilastri dell’employer branding.60 59 www.gruppohera.it/binary/hr_press_comunicazione/news/ES_Employer_Branding_Online_Aw ards_2012_5_novembre_2012.1352113858.pdf 60 www.gruppohera.it/binary/hr_press_comunicazione/news/ES_Employer_Branding_Online_Aw ards_2012_5_novembre_2012.1352113858.pdf
  • 57. 57 7.5 Employer branding e social Network: l’esperienza Pirelli. Come abbiamo già detto, l’espressione employer branding denota la reputazione di un’azienda come datore di lavoro e si può definire come l’insieme delle attività volte a comunicare, ai dipendenti interni ma ancor di più al mercato esterno (ovvero, ai potenziali futuri dipendenti), quali sono le caratteristiche che rendono la propria azienda appealing e desiderabile come employer. Da ciò deriva l’employee value proposition (EVP), che descrive in modo conciso, attraente, chiaro e inequivocabile (di solito rappresentato da un’immagine legata
  • 58. 58 ad uno slogan) le opportunità peculiari e uniche che il datore di lavoro offre ai propri dipendenti e che lo rendono speciale e desiderabile. In seguito alle mie ricerche, in questo paragrafo riporterò l’esperienza Pirelli descritta da Giuseppe Addezio, Direttore Risorse Umane di Pirelli, nel libro L’Intelligenza Collaborativa di Marco Minghetti61 integrando tale intervista con la relazione sulla sostenibilità aziendale esposta dal sito della Pirelli stessa62. Come si evince dall’intervista, Pirelli a metà del 2012 ha deciso di creare una nuova strategia di employer branding, la cui identificazione è passata attraverso un processo strutturato, articolato nelle seguenti tre fasi:  Fase diagnostica, composta dall’analisi approfondita di tre dimensioni: il profilo, l’identità e l’immagine di Pirelli. Il profilo si indentifica grazie ad una serie di interviste mirate alla famiglia HR e al management; l’identità si evince mediante lo studio di indagini effettuate tra i dipendenti Pirelli (opinion survey); l’immagine è rappresentata dal posizionamento che l’azienda ha sul proprio mercato di riferimento (nel nostro caso parliamo di neolaureati), con un forte focus su quelli provenienti dalle facoltà di ingegneria ed Economia);  Identificazione della nuova EVP; che nasce dall’individuazione delle aree di sovrapposizione delle tre dimensioni analizzate; la EVP si deve infatti basare sulle caratteristiche comuni al profilo, all’identità e all’immagine dell’azienda. La consistency è requisito imprenscindibile per il successo della strategia di employer branding, sul quale si basano la credibilità e la trasparenza dell’azienda stessa; 61 Marco Minghetti, L’intelligenza Collaborativa Egea Edizioni. 62 annual-sustainability-report-2012.pirelli.com/dimensione-sociale/comunita-interna/employer- branding-sviluppo-formazione
  • 59. 59  Implementazione della nuova EVP: ultimo atto, ma non certo meno importante, è la comunicazione della propria EVP e la conseguente scelta di materiali, attività, eventi, leve da utilizzare. Accanto alle leve classiche dell’employer branding, che puntano principalmente all’incontro face-to-face col mercato esterno (career day, job meeting, visite organizzate presso l’azienda dedicate ai giovani, partnership con università, master, MBA ecc.), è oggi imprescindibile comunicare anche attraverso canali 2.0; tra questi, non potevano mancare i social network, essendo questo il canale più immediato e diretto per raggiungere un altissimo (e sempre in aumento) numero di persone. La direzione Risorse Umane di Pirelli ha scelto di aprirsi a questo mondo partendo da LinkedIN, il social network professionale più famoso, riconosciuto e diffuso a livello globale (200 milioni di membri in tutto il mondo, quattro solo in Italia). Fino all’estate 2012, l’immagine di Pirelli su LinkedIn era frammentata e confusa; non esisteva un company profile unico e istituzionale e al nome “Pirelli” digitato erano associate realtà non più esistenti (Pirelli Real Estate, Pirelli Cavi & Sistemi, Prelios) o comunque non identificative della società (Pirelli RE Agency, Pirelli & C. Real Estate SGR ecc.). In più, i contenuti presenti in quelle pagine potevano essere inseriti e modificati da chiunque dichiarasse di essere dipendente Pirelli, senza alcun tipo di controllo e validazione centrale. Considerando il fatto che tali pagine erano potenzialmente accessibili a 170 milioni di professionisti (tanto erano i mentri di LinedIn a quell’epoca) che potevano consultarle per aver informazioni sulla storia, la mission, i prodotti, le posizioni aperte di Pirelli (questo solo per citare alcuni esempi), è intuitivo quanto fosse indispensabile correggere il tiro immediatamente, pubblicando e diffondendo la corretta immagine dell’azienda. Una stretta collaborazione con LinkedIn ha permesso di risolvere il problema in tempi molto veloci: il risultato è che oggi, cercando “Pirelli” tra le companies su LinkedIn, si viene immediatamente rimandati al company profile ufficiale (senza bisogno del supporto di fornitori esterni).
  • 60. 60 Tornando nel presente, il profilo Pirelli è composto da tre pagine aperte al pubblico: home (overview generale dell’azienda, contatti, video di presentazione ecc.), careers (sezione dedicata alle risorse umane con focus su come entrare e crescere in Pirelli) e products (concisa ma esaustiva presentazione dei prodotti); per l’azienda, è inoltre possibile vedere in una sezione dedicata e riservata le visite alle pagine, informazione che serve a capire chi visita il company profile, come e quando. E’ importante sottolineare come in questa operazione di chiusura di pagine non istituzionali e di contestuale apertura di quella ufficiale, nessuno si sia “perso per strada”: tutti i membri e i follower di Pirelli sono stati migrati, cosa che ha permesso di non perdere valore già creato. I risultati in termini di visibilità sono stati ottimi: basta pensare che Pirelli aveva poco più di 9000 follower a giugno 2012; Gennaio 2013, 19.000 e Settembre 2014 ben 93.095 followers. Michelin, che come dimensioni aziendali è quattro volte Pirelli, ne ha 23.000. Infine questa attività ha sicuramente contribuito a posizionare Pirelli tra le società italiane più attive nell’employer branding online, come testimonia la ricerca presentata dalla società italian Lundquist in cui è quinta con un punteggio di 51,5 su 100. 7.6 Social Recruiting Il web è diventato nel corso degli ultimi anni il principale canale per l’attività di Recruiting poiché offre indubbi vantaggi a chi cerca e offre lavoro. Chi cerca annunci e offerte di lavoro sul web può accedere facilmente ad un maggior numero di informazioni e in meno tempo rispetto ai canali tradizionali (carta stampata, uffici, ecc.). Chiunque può candidarsi agli annunci online o cercare informazioni sulle aziende da un qualsiasi pc con una connessione a internet. Le persone di maggiore talento, competenza, creatività e capacità di innovazione sono molto attive sui social media e sono più attratte da quella realtà che