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PERCOSO ABILITANTE SPECIALE-PAS
SEDE DI MODENA
ANNO ACCADEMICO
2013-2014
CORSO DI DIDATTICA DELLA GEOLOGIA
TESINA
LA DERIVA DEI CONTINENTI E
LA TETTONICA DELLE PLACCHE
AUTRICE: MARIA RASCHELLO
CLASSE: A 060
2
INDICE
Introduzione…………………………………………………………………………………pag. 3
La Teoria della deriva dei continenti………………………………………………………..pag. 3
La Tettonica delle placche…………………………………………………………………..pag. 6
I margini di placca………………….……………………………………………………….pag. 7
Cause dei movimenti tettonici………………………………………………………………pag.10
La cella convettiva………….………………………………………………………………pag.10
I punti caldi o Hot Spot…….………………………………………………………………pag.10
Sitografia……………...…….………………………………………………………………pag.12
3
INTRODUZIONE
La tettonica delle placche è il modello, su cui concordano la gran parte degli scienziati, utilizzato
per descrivere i movimenti della terra. Questa teoria è in grado di interpretare in modo completo la
attività sismica, l’orogenesi, la collocazione dei vulcani, la composizione chimica delle rocce
magmatiche, la formazione di fosse oceaniche e archi insulari, la distribuzione di attività sismiche
in determinate zone. Questo modello ha annesso la teoria della deriva dei continenti enunciata da
Alfred Wegener nel 1912.
LA TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI
Secondo la teoria di Wegener i continenti si muoverebbero l'uno rispetto all'altro. L'ipotesi che i
continenti si siano spostati, e in particolare che si siano allontanati l'uno dall'altro, è piuttosto antica.
Nel 1590, l’ olandese Abraha Ortelius scriveva nel suo saggio Thesaurus Geographicus che il
profilo delle coste dei continenti dimostrava chiaramente che essi si erano staccati l'uno dall'altro a
causa di terremoti e inondazioni. L'idea di Ortelius fu ripresa da diversi autori nei secoli successivi
tra i quali Bacone, Franklin e Alexander von Humboldt. L'idea fu ancora più allettante nel XIX
secolo, quando lo studio dei fossili provò per esempio che il Nordamerica e l'Europa avevano avuto
in passato una flora comune. Sulla base di queste osservazioni, Eduard Suess ipotizzò nel primo
Novecento che l'origine dei continenti moderni nascesse dalla frammentazione di un antico
supercontinente chiamato Gondwana. Tutti questi promotori, pur avendo intuito il fenomeno della
deriva dei continenti in sé, non erano stati in grado di spiegare l’origine dei movimenti. Nel 1910, il
geologo statunitense Frank Taylor propose l'idea dello scorrimento della crosta terrestre dalle alte
latitudini a quelle basse dell'emisfero settentrionale. Egli si riferiva alla Groenlandia che supponeva
essere la rimanenza di un antico massiccio da cui si erano staccati, lungo fosse di spaccatura, il
Canada e l'Europa settentrionale. Anche alla tesi di Taylor mancava il meccanismo che portava allo
spostamento delle masse continentali. Un altro precursore, riconosciuto dallo stesso Wegener come
autore di ipotesi simili alle sue fu Roberto Mantovani, un violinista a Parma che nel 1878 aveva
formulato una teoria che prevedeva la deriva dei continenti come conseguenza di una dilatazione
globale della Terra. Wegener ebbe il merito di unire tutti gli elementi che potevano essere
riconosciuti come prove dell'origine comune dei continenti, e di formulare una teoria dettagliata,
inserendo anche delle datazioni. Wegener sostenne che nel Paleozoico, e gran parte del Triassico, le
terre emerse formavano un unico supercontinente, che chiamò Pangea, contrapposto a un unico
superoceano, Panthalassa. La frammentazione della Pangea era iniziata circa 200 milioni di anni fa.
La prima spaccatura aveva contrapposto Laurasia (Europa, Asia e Nordamerica) e Gondwana
(Sudamerica, Africa e Oceania). Altre frammentazioni portarono la suddivisione dei due
supercontinenti, che gradualmente andò suddividendosi fino alla struttura attuale.
4
Le evidenze a sostegno della teoria di Wegener furono:
1. parallelismo tra le opposte coste dell’Oceano Atlantico accostando le coste di Africa,
Europa, Sud America e Nord America si ottiene un incastro singolare;
2. somiglianze delle strutture geologiche;
5
3. prove biogiografiche ad esempio fossili di piante tropicali in regioni polari;
4. prove paleoclimatiche, depositi glaciali in sud-africa in Australia.
Wegener spiegava questi fenomeni di deriva dei continenti descrivendo le terre emerse come
enormi blocchi di Silicio-Alluminio che galleggiavano su una superficie plastica formata da Silicio-
Magnesio situata fra la discontinuità di Mohorovicic e la discontinuità di Gutenberg. La teoria non
venne subito accettata poiché Wegener non diede una spiegazione di come tutto ciò fosse avvenuto
e di quale fosse il motore in grado di spostare i continenti. Solo durante la prima metà del XX
secolo la teoria di Wegener fu universalmente accettata in seguito alla scoperta, durante gli anni
sessanta, dell'espansione dei fondali oceanici. Alla fine degli anni cinquanta H. Hess elaborò teoria
conosciuta come l’espansione dei fondali oceanici pubblicata nel 1962 nel volume "History of
Ocean Basins", la cui diffusione fu fondamentale la conferma definitiva della teoria della di
Wegener. La teoria, confermata successivamente dalle ricerche paleomagnetiche di Matthews e
Vine, è così citata dallo stesso Hess:
« I continenti non avanzano attraverso la crosta oceanica spinti da forze sconosciute. Al contrario, essi
viaggiano passivamente sul materiale del mantello che arriva in superficie alla cresta della dorsale e poi
se ne allontana spostandosi lateralmente. Su questa base la cresta della Dorsale medio atlantica dovrebbe
avere solo sedimenti recenti, ed i fianchi solo sedimenti recenti e terziari. L'intero Atlantico, e forse tutti
gli oceani, dovrebbero avere poco sedimento più vecchio del Mesozoico". »
(Harry Hammond Hess, "History of Ocean Basins" in Petrological Studies: Buddington Memorial Volume, New York:
Geological Society of America, 1962, p. 609.)
6
LA TETTONICA DELLE PLACCHE
Per comprendere la tettonica delle placche è necessario partire dal fatto che in origine la Terra era
ricoperta da magma che iniziò a solidificarsi. Quindi due supercontinenti con il lento
raffreddamento e conseguente solidificazione del magma si sono espansi ciascuno in direzione
dell'Equatore, fino ad unirsi formando un supercontinente. In seguito fratturatosi a sua volta. La
crosta terrestre, insieme alla parte più esterna del mantello superiore sottostante, formano la
litosfera, un involucro caratterizzato da un comportamento fragile con uno spessore che va da 0 a
100 km per la litosfera oceanica fino a 200 km per quella continentale La litosfera è suddivisa in
una decina di placche tettoniche chiamate anche "zolle tettoniche" di dimensioni e forma variabili e
altre micro placche. Le placche galleggiano sullo strato immediatamente sottostante del mantello
superiore, l'astenosfera. Per effetto di elevate temperature, pressioni e dei lunghi tempi di
applicazione di forze l'astenosfera, pur essendo allo stato solido, ha un comportamento plastico,
cioè si comporta come un fluido viscoso. Le zolle tettoniche si possono muovere sopra l'astenosfera
scontrarsi, scorrere l'una accanto all'altra o allontanarsi fra loro. Per questo motivo, nel corso della
storia l'estensione e la forma di continenti ed oceani hanno subito importanti trasformazioni.
Le placche maggiori sono: Placca antartica, Placca sudamericana, Placca africana, Placca indo-
australiana, Placca pacifica, Placca nordamericana, Placca euroasiatica.
Le placche minori principali sono: Placca di Nazca, Placca di Cocos, Placca Caraibica, Placca
Scotia, Placca Araba o Arabica, Placca indiana, Placca delle Filippine, Placca Juan de Fuca.
Importante per la conferma della teoria della tettonica a placche e dei suoi meccanismi fu la
scoperta dell'espansione dei fondali oceanici, confermata dallo studio delle anomalie magnetiche
rilevate in prossimità della dorsale medio-atlantica. Le anomalie infatti sono distribuite in fasce
simmetriche, lungo i due lati delle dorsali oceaniche, e l'analisi dell’ ordine temporale dimostra che
l'età geologica dei basalti sul fondale oceanico aumenta, in ciascun lato, allontanandosi dalla cresta
della dorsale. Anche lo studio dei fenomeni sismici intorno al piano di Benioff individuato dalla
distribuzione degli ipocentri dei terremoti e da altre osservazioni geologiche, addusse nuovi
elementi per spiegare la dinamica delle placche. I modelli basati sulla teoria della tettonica a
7
placche descrivono le interazioni che avvengono tra le placche e le conseguenze macroscopiche di
queste interazioni.
Ci sono quattro fondamentali nella teoria:
1. nuova litosfera oceanica viene formata lungo le dorsali oceaniche come conseguenza del
processo di "espansione dei fondali oceanici". Il magma infatti si solidifica nelle zone di
crosta terrestre lasciate vuote dall'allontanamento delle placche interessate;
2. la crosta oceanica giovane entra in una placca rigida che può includere anche continenti;
3. l'area totale della superficie terrestre rimane costante cioè la lunghezza del raggio terrestre
rimane invariato questo implica che le placche venendo a contatto fra loro devono quindi
essere consumate da qualche parte con la stessa velocità con cui vengono create;
4. le zolle litosferiche trasmettono lateralmente tutti gli sforzi a cui sono sottoposte.
I MARGINI DI PLACCA
1. Margini divergenti anche chiamati margini di placca costruttivi lungo i quali le placche si
allontanano l'una dall'altra e lo spazio formato è occupato da nuova litosfera oceanica
generata dalla risalita di magma basaltico. Si forma una catena montuosa chiamata dorsale
oceanica lunga decine di migliaia di chilometri. Un esempio è la dorsale medio-atlantica che
corre al centro dell'oceano Atlantico e separa le placche americane a ovest da quella
euroasiatica e africana a est.
Un margine divergente può essere presente anche su litosfera continentale generando quello
che viene definito un rift in cui il movimento divergente non è compensato da formazione di
nuova litosfera ma da assottigliamento e fratturazione di quella già esistente. Oltre al
normale vulcanismo basico può essercene uno più acido a causa della fusione di alcune
rocce costituenti la crosta continentale. Un importante esempio è dato della "Rift Valley" in
Africa orientale. Una volta che è stata completata la rottura della litosfera un rift muta in una
dorsale oceanica come nel caso del Mar Rosso.
8
2. Margini trascorrenti o margini di placca conservativi lungo i quali la crosta non viene mai
né creata né distrutta e le placche scorrono lateralmente l'una rispetto all'altra. Esistono due
tipi di margini con movimento laterale; entrambi possono essere caratterizzati da un
movimento definito destro o sinistro. Per distinguerli occorre idealmente immaginare di
essere su uno dei due blocchi coinvolti e vedere in che direzione va l'altro blocco. Al primo
tipo appartengono le faglie trascorrenti, il movimento destro o sinistro di una placca contro
un'altra causa effetti estremamente visibili in superficie. A causa dell'attrito e del
comportamento rigido le placche possono non scorrere continuamente l'una sull'altra, ma
accumulare energia elastica sui margini di placca che, quando viene superata la soglia di
rottura delle rocce interessate dal fenomeno, viene rilasciata istantaneamente provocando
così un terremoto. L'esempio più famoso di questo tipo di faglia è rappresentato dalla faglia
di Sant'Andrea nella costa ovest del nord America, in California; in quest'area le placche
del Pacifico e del nord America scorrono lateralmente fra di loro in modo tale che la placca
del Pacifico si sposta verso nord mentre l'altra verso sud. Altri esempi di faglie trascorrenti
sono quelli della faglia della Nuova Zelanda e la faglia dell'Anatolia in Turchia. Al secondo
tipo appartengono le faglie trasformi; queste sono faglie particolari che segmentano la
dorsale oceanica principale e generalmente si dispongono perpendicolarmente ad essa.
La faglia di Sant’Andrea La faglia di Anatolia (immagine tratta da wikipedia di Mikenorton)
3. Margini convergenti o di subduzione o margini di placca distruttivi lungo i quali le placche
si avvicinano l'una all'altra. In questo caso occorre individuare tre situazioni principali:
a. Se a convergere sono una placca continentale e una oceanica, la seconda scende alla
prima attraverso il fenomeno di subduzione e la litosfera oceanica viene portata in
profondità nel mantello. La crosta oceanica essendo più densa e pesante della crosta
continentale è subdotta e la crosta continentale, formata da materiali più leggeri,
reagisce alle spinte dell’altra deformandosi, ripiegandosi ed “accartocciandosi”.
Nasce in questo modo un sistema di il fenomeno detto subduzione in sistema arco-
cordigliera che porta ad OROGENESI , cioè nascita di sistemi montuosi Sono
sempre presenti fenomeni vulcanici.
9
Esempio: Cordigliera delle Ande
b. Se a convergere sono crosta oceanica con crosta oceanica in questo caso non esiste
differenza di densità di materiali, una delle due placche si infossa sotto l’altra, con un
fenomeno chiamato subduzione in sistema arco-fossa. Si formano isole vulcaniche
allineate ad arco (arco magmatico o insulare).
Eempio: Arcipelago Nipponico e quello Filippino
c. Se a convergere sono crosta continentale e crosta continentale anche in questo caso
non esiste differenza nella densità dei materiali non c’è subduzione ma obduzione ai
margini delle zolle, che portano materiali leggeri. Le croste si sovrappongono e si
accavallano l’una all’altra, dando così origine a catene montuose interne ai
continenti.
Esempio: Alpi, Himalaya
Per simulare i movimenti di placca e la scheda studente aprire il seguente link:
http://scientificamentematematicamente.wordpress.com/2014/03/27/i-movimenti-delle-
placche/
10
CAUSE DEI MOVIMENTI TETTONICI
La terra emette continuamente calore avendo nucleo interno molto caldo. L’origine di questo flusso
termico può essere ricercata nel fenomeno della radioattività poiché nel mantello e nel nucleo
terrestre ci sono elementi radioattivi come l’Uranio 238 e/o il Torio 232 che decadono emettendo
particelle la cui energia cinetica si converte in calore. Quindi dall’interno del pianeta il calore
generato che si trasmette agli strati superiori per convezione.
La Cella Convettiva
I movimenti tettonici trovano energia da moti convettivi che avvengono nel mantello terrestre.
Infatti le rocce fluide che formano il mantello sono continuamente agitate da correnti convettive;
quelle fluide e calde che costituiscono il magma risalgono in superficie, quelle più dense e fredde
della crosta sprofondano nell'astenosfera dove le alte temperature le fondono trasformandole in
magma e il ciclo di ripete. Il magma che risale in superficie produce nuova litosfera, lungo i margini
delle zolle, formando quindi nuova crosta terrestre.
Il movimento circolare di queste celle convettive produce in superficie i movimenti tettonici.
I punti caldi o Hot Spot
Sulla crosta terrestre si hanno fenomeni di magmatismo al di fuori dei limiti tra le placche chiamato
magmatismo intraplacca. Un esempio sono i punti caldi, in inglese hot spot, sotto i quali, nel
mantello, si ha una risalita di materiale fuso. E’ il caso delle isole Hawaii o dell'Islanda.
11
SITOGRAFIA:
http://www.minerva.unito.it/SIS/Modelli%20terresti/Indice.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Paleomagnetismo
http://www.geologia.com/area_raga/placche/placche.html
www.dst.uniroma1.it/dst1/sciterra/sezioni/.../Publ.../TettonicaPlacche.pdf
http://www.raiscuola.rai.it/ondemand/ondemand-articolo/tettonica-delle-placche/9732/default.asp

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La tettonica delle placche

  • 1. 1 PERCOSO ABILITANTE SPECIALE-PAS SEDE DI MODENA ANNO ACCADEMICO 2013-2014 CORSO DI DIDATTICA DELLA GEOLOGIA TESINA LA DERIVA DEI CONTINENTI E LA TETTONICA DELLE PLACCHE AUTRICE: MARIA RASCHELLO CLASSE: A 060
  • 2. 2 INDICE Introduzione…………………………………………………………………………………pag. 3 La Teoria della deriva dei continenti………………………………………………………..pag. 3 La Tettonica delle placche…………………………………………………………………..pag. 6 I margini di placca………………….……………………………………………………….pag. 7 Cause dei movimenti tettonici………………………………………………………………pag.10 La cella convettiva………….………………………………………………………………pag.10 I punti caldi o Hot Spot…….………………………………………………………………pag.10 Sitografia……………...…….………………………………………………………………pag.12
  • 3. 3 INTRODUZIONE La tettonica delle placche è il modello, su cui concordano la gran parte degli scienziati, utilizzato per descrivere i movimenti della terra. Questa teoria è in grado di interpretare in modo completo la attività sismica, l’orogenesi, la collocazione dei vulcani, la composizione chimica delle rocce magmatiche, la formazione di fosse oceaniche e archi insulari, la distribuzione di attività sismiche in determinate zone. Questo modello ha annesso la teoria della deriva dei continenti enunciata da Alfred Wegener nel 1912. LA TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI Secondo la teoria di Wegener i continenti si muoverebbero l'uno rispetto all'altro. L'ipotesi che i continenti si siano spostati, e in particolare che si siano allontanati l'uno dall'altro, è piuttosto antica. Nel 1590, l’ olandese Abraha Ortelius scriveva nel suo saggio Thesaurus Geographicus che il profilo delle coste dei continenti dimostrava chiaramente che essi si erano staccati l'uno dall'altro a causa di terremoti e inondazioni. L'idea di Ortelius fu ripresa da diversi autori nei secoli successivi tra i quali Bacone, Franklin e Alexander von Humboldt. L'idea fu ancora più allettante nel XIX secolo, quando lo studio dei fossili provò per esempio che il Nordamerica e l'Europa avevano avuto in passato una flora comune. Sulla base di queste osservazioni, Eduard Suess ipotizzò nel primo Novecento che l'origine dei continenti moderni nascesse dalla frammentazione di un antico supercontinente chiamato Gondwana. Tutti questi promotori, pur avendo intuito il fenomeno della deriva dei continenti in sé, non erano stati in grado di spiegare l’origine dei movimenti. Nel 1910, il geologo statunitense Frank Taylor propose l'idea dello scorrimento della crosta terrestre dalle alte latitudini a quelle basse dell'emisfero settentrionale. Egli si riferiva alla Groenlandia che supponeva essere la rimanenza di un antico massiccio da cui si erano staccati, lungo fosse di spaccatura, il Canada e l'Europa settentrionale. Anche alla tesi di Taylor mancava il meccanismo che portava allo spostamento delle masse continentali. Un altro precursore, riconosciuto dallo stesso Wegener come autore di ipotesi simili alle sue fu Roberto Mantovani, un violinista a Parma che nel 1878 aveva formulato una teoria che prevedeva la deriva dei continenti come conseguenza di una dilatazione globale della Terra. Wegener ebbe il merito di unire tutti gli elementi che potevano essere riconosciuti come prove dell'origine comune dei continenti, e di formulare una teoria dettagliata, inserendo anche delle datazioni. Wegener sostenne che nel Paleozoico, e gran parte del Triassico, le terre emerse formavano un unico supercontinente, che chiamò Pangea, contrapposto a un unico superoceano, Panthalassa. La frammentazione della Pangea era iniziata circa 200 milioni di anni fa. La prima spaccatura aveva contrapposto Laurasia (Europa, Asia e Nordamerica) e Gondwana (Sudamerica, Africa e Oceania). Altre frammentazioni portarono la suddivisione dei due supercontinenti, che gradualmente andò suddividendosi fino alla struttura attuale.
  • 4. 4 Le evidenze a sostegno della teoria di Wegener furono: 1. parallelismo tra le opposte coste dell’Oceano Atlantico accostando le coste di Africa, Europa, Sud America e Nord America si ottiene un incastro singolare; 2. somiglianze delle strutture geologiche;
  • 5. 5 3. prove biogiografiche ad esempio fossili di piante tropicali in regioni polari; 4. prove paleoclimatiche, depositi glaciali in sud-africa in Australia. Wegener spiegava questi fenomeni di deriva dei continenti descrivendo le terre emerse come enormi blocchi di Silicio-Alluminio che galleggiavano su una superficie plastica formata da Silicio- Magnesio situata fra la discontinuità di Mohorovicic e la discontinuità di Gutenberg. La teoria non venne subito accettata poiché Wegener non diede una spiegazione di come tutto ciò fosse avvenuto e di quale fosse il motore in grado di spostare i continenti. Solo durante la prima metà del XX secolo la teoria di Wegener fu universalmente accettata in seguito alla scoperta, durante gli anni sessanta, dell'espansione dei fondali oceanici. Alla fine degli anni cinquanta H. Hess elaborò teoria conosciuta come l’espansione dei fondali oceanici pubblicata nel 1962 nel volume "History of Ocean Basins", la cui diffusione fu fondamentale la conferma definitiva della teoria della di Wegener. La teoria, confermata successivamente dalle ricerche paleomagnetiche di Matthews e Vine, è così citata dallo stesso Hess: « I continenti non avanzano attraverso la crosta oceanica spinti da forze sconosciute. Al contrario, essi viaggiano passivamente sul materiale del mantello che arriva in superficie alla cresta della dorsale e poi se ne allontana spostandosi lateralmente. Su questa base la cresta della Dorsale medio atlantica dovrebbe avere solo sedimenti recenti, ed i fianchi solo sedimenti recenti e terziari. L'intero Atlantico, e forse tutti gli oceani, dovrebbero avere poco sedimento più vecchio del Mesozoico". » (Harry Hammond Hess, "History of Ocean Basins" in Petrological Studies: Buddington Memorial Volume, New York: Geological Society of America, 1962, p. 609.)
  • 6. 6 LA TETTONICA DELLE PLACCHE Per comprendere la tettonica delle placche è necessario partire dal fatto che in origine la Terra era ricoperta da magma che iniziò a solidificarsi. Quindi due supercontinenti con il lento raffreddamento e conseguente solidificazione del magma si sono espansi ciascuno in direzione dell'Equatore, fino ad unirsi formando un supercontinente. In seguito fratturatosi a sua volta. La crosta terrestre, insieme alla parte più esterna del mantello superiore sottostante, formano la litosfera, un involucro caratterizzato da un comportamento fragile con uno spessore che va da 0 a 100 km per la litosfera oceanica fino a 200 km per quella continentale La litosfera è suddivisa in una decina di placche tettoniche chiamate anche "zolle tettoniche" di dimensioni e forma variabili e altre micro placche. Le placche galleggiano sullo strato immediatamente sottostante del mantello superiore, l'astenosfera. Per effetto di elevate temperature, pressioni e dei lunghi tempi di applicazione di forze l'astenosfera, pur essendo allo stato solido, ha un comportamento plastico, cioè si comporta come un fluido viscoso. Le zolle tettoniche si possono muovere sopra l'astenosfera scontrarsi, scorrere l'una accanto all'altra o allontanarsi fra loro. Per questo motivo, nel corso della storia l'estensione e la forma di continenti ed oceani hanno subito importanti trasformazioni. Le placche maggiori sono: Placca antartica, Placca sudamericana, Placca africana, Placca indo- australiana, Placca pacifica, Placca nordamericana, Placca euroasiatica. Le placche minori principali sono: Placca di Nazca, Placca di Cocos, Placca Caraibica, Placca Scotia, Placca Araba o Arabica, Placca indiana, Placca delle Filippine, Placca Juan de Fuca. Importante per la conferma della teoria della tettonica a placche e dei suoi meccanismi fu la scoperta dell'espansione dei fondali oceanici, confermata dallo studio delle anomalie magnetiche rilevate in prossimità della dorsale medio-atlantica. Le anomalie infatti sono distribuite in fasce simmetriche, lungo i due lati delle dorsali oceaniche, e l'analisi dell’ ordine temporale dimostra che l'età geologica dei basalti sul fondale oceanico aumenta, in ciascun lato, allontanandosi dalla cresta della dorsale. Anche lo studio dei fenomeni sismici intorno al piano di Benioff individuato dalla distribuzione degli ipocentri dei terremoti e da altre osservazioni geologiche, addusse nuovi elementi per spiegare la dinamica delle placche. I modelli basati sulla teoria della tettonica a
  • 7. 7 placche descrivono le interazioni che avvengono tra le placche e le conseguenze macroscopiche di queste interazioni. Ci sono quattro fondamentali nella teoria: 1. nuova litosfera oceanica viene formata lungo le dorsali oceaniche come conseguenza del processo di "espansione dei fondali oceanici". Il magma infatti si solidifica nelle zone di crosta terrestre lasciate vuote dall'allontanamento delle placche interessate; 2. la crosta oceanica giovane entra in una placca rigida che può includere anche continenti; 3. l'area totale della superficie terrestre rimane costante cioè la lunghezza del raggio terrestre rimane invariato questo implica che le placche venendo a contatto fra loro devono quindi essere consumate da qualche parte con la stessa velocità con cui vengono create; 4. le zolle litosferiche trasmettono lateralmente tutti gli sforzi a cui sono sottoposte. I MARGINI DI PLACCA 1. Margini divergenti anche chiamati margini di placca costruttivi lungo i quali le placche si allontanano l'una dall'altra e lo spazio formato è occupato da nuova litosfera oceanica generata dalla risalita di magma basaltico. Si forma una catena montuosa chiamata dorsale oceanica lunga decine di migliaia di chilometri. Un esempio è la dorsale medio-atlantica che corre al centro dell'oceano Atlantico e separa le placche americane a ovest da quella euroasiatica e africana a est. Un margine divergente può essere presente anche su litosfera continentale generando quello che viene definito un rift in cui il movimento divergente non è compensato da formazione di nuova litosfera ma da assottigliamento e fratturazione di quella già esistente. Oltre al normale vulcanismo basico può essercene uno più acido a causa della fusione di alcune rocce costituenti la crosta continentale. Un importante esempio è dato della "Rift Valley" in Africa orientale. Una volta che è stata completata la rottura della litosfera un rift muta in una dorsale oceanica come nel caso del Mar Rosso.
  • 8. 8 2. Margini trascorrenti o margini di placca conservativi lungo i quali la crosta non viene mai né creata né distrutta e le placche scorrono lateralmente l'una rispetto all'altra. Esistono due tipi di margini con movimento laterale; entrambi possono essere caratterizzati da un movimento definito destro o sinistro. Per distinguerli occorre idealmente immaginare di essere su uno dei due blocchi coinvolti e vedere in che direzione va l'altro blocco. Al primo tipo appartengono le faglie trascorrenti, il movimento destro o sinistro di una placca contro un'altra causa effetti estremamente visibili in superficie. A causa dell'attrito e del comportamento rigido le placche possono non scorrere continuamente l'una sull'altra, ma accumulare energia elastica sui margini di placca che, quando viene superata la soglia di rottura delle rocce interessate dal fenomeno, viene rilasciata istantaneamente provocando così un terremoto. L'esempio più famoso di questo tipo di faglia è rappresentato dalla faglia di Sant'Andrea nella costa ovest del nord America, in California; in quest'area le placche del Pacifico e del nord America scorrono lateralmente fra di loro in modo tale che la placca del Pacifico si sposta verso nord mentre l'altra verso sud. Altri esempi di faglie trascorrenti sono quelli della faglia della Nuova Zelanda e la faglia dell'Anatolia in Turchia. Al secondo tipo appartengono le faglie trasformi; queste sono faglie particolari che segmentano la dorsale oceanica principale e generalmente si dispongono perpendicolarmente ad essa. La faglia di Sant’Andrea La faglia di Anatolia (immagine tratta da wikipedia di Mikenorton) 3. Margini convergenti o di subduzione o margini di placca distruttivi lungo i quali le placche si avvicinano l'una all'altra. In questo caso occorre individuare tre situazioni principali: a. Se a convergere sono una placca continentale e una oceanica, la seconda scende alla prima attraverso il fenomeno di subduzione e la litosfera oceanica viene portata in profondità nel mantello. La crosta oceanica essendo più densa e pesante della crosta continentale è subdotta e la crosta continentale, formata da materiali più leggeri, reagisce alle spinte dell’altra deformandosi, ripiegandosi ed “accartocciandosi”. Nasce in questo modo un sistema di il fenomeno detto subduzione in sistema arco- cordigliera che porta ad OROGENESI , cioè nascita di sistemi montuosi Sono sempre presenti fenomeni vulcanici.
  • 9. 9 Esempio: Cordigliera delle Ande b. Se a convergere sono crosta oceanica con crosta oceanica in questo caso non esiste differenza di densità di materiali, una delle due placche si infossa sotto l’altra, con un fenomeno chiamato subduzione in sistema arco-fossa. Si formano isole vulcaniche allineate ad arco (arco magmatico o insulare). Eempio: Arcipelago Nipponico e quello Filippino c. Se a convergere sono crosta continentale e crosta continentale anche in questo caso non esiste differenza nella densità dei materiali non c’è subduzione ma obduzione ai margini delle zolle, che portano materiali leggeri. Le croste si sovrappongono e si accavallano l’una all’altra, dando così origine a catene montuose interne ai continenti. Esempio: Alpi, Himalaya Per simulare i movimenti di placca e la scheda studente aprire il seguente link: http://scientificamentematematicamente.wordpress.com/2014/03/27/i-movimenti-delle- placche/
  • 10. 10 CAUSE DEI MOVIMENTI TETTONICI La terra emette continuamente calore avendo nucleo interno molto caldo. L’origine di questo flusso termico può essere ricercata nel fenomeno della radioattività poiché nel mantello e nel nucleo terrestre ci sono elementi radioattivi come l’Uranio 238 e/o il Torio 232 che decadono emettendo particelle la cui energia cinetica si converte in calore. Quindi dall’interno del pianeta il calore generato che si trasmette agli strati superiori per convezione. La Cella Convettiva I movimenti tettonici trovano energia da moti convettivi che avvengono nel mantello terrestre. Infatti le rocce fluide che formano il mantello sono continuamente agitate da correnti convettive; quelle fluide e calde che costituiscono il magma risalgono in superficie, quelle più dense e fredde della crosta sprofondano nell'astenosfera dove le alte temperature le fondono trasformandole in magma e il ciclo di ripete. Il magma che risale in superficie produce nuova litosfera, lungo i margini delle zolle, formando quindi nuova crosta terrestre. Il movimento circolare di queste celle convettive produce in superficie i movimenti tettonici. I punti caldi o Hot Spot Sulla crosta terrestre si hanno fenomeni di magmatismo al di fuori dei limiti tra le placche chiamato magmatismo intraplacca. Un esempio sono i punti caldi, in inglese hot spot, sotto i quali, nel mantello, si ha una risalita di materiale fuso. E’ il caso delle isole Hawaii o dell'Islanda.