Lo Storytelling è ormai al centro dell’attenzione nello sviluppo delle nuove strategie di marketing e in generale di comunicazione. Nel nostro lavoro abbiamo voluto "raccontare" come questa tecnica di comunicazione può aiutare ad implementare la brand value aziendale.
4. 3
In termini generici la metodologia dello
storytelling consiste nell'uso di procedure
narrative al fine di promuovere valori ed
idee. Lo storytelling è una metodologia
che usa la narrazione come mezzo per
inquadrare gli eventi della realtà e
spiegarli secondo una logica di senso.
L’atto del narrare, nello storytelling, si
ritrova nell’esperienza umana e si può
rappresentare in varie forme (individuali o
collettive) che connettono pensiero e
cultura. Soprattutto le emozioni
dell’uomo, attraverso la narrazione,
trovano il mezzo più efficace di
espressione. Il pensiero narrativo possiede
una molteplicità di significati, ma questi
necessitano di essere tradotti, affinché si
possano costruire una o più forme di
comunicazione che siano rielaborate dai
soggetti secondo i termini della
narrazione. Il discorso narrativo permette
di rendere comprensibile, comunicabile e
ricordabile il vissuto.
Il raccontare permette una sorta di
“collegamento” dalla duplice funzione: da
un lato diretto all’interiorità, nei termini di
una narrazione in funzione riflessiva,
dall’altro lato rivolto al contesto in cui si è
immersi.
Lo storytelling è un'arte e uno strumento
per ritrarre eventi reali o fittizi attraverso
parole, immagini, suoni. È uno strumento
naturale attraverso il quale può avvenire
una forma di comunicazione efficace:
coinvolge contenuti, emozioni,
intenzionalità e contesti. La storia
raccontata ha una connotazione emotiva
perché coinvolge le persone ed è, inoltre,
attività collaborativa perché implica
l’esistenza di un narratore e di un
ascoltatore.
Utilizzare il concetto di storytelling con
precisione è però molto complesso. Il
termine in sé è infatti molto difficile da
definire univocamente data la sua
applicabilità agli ambiti più disparati,
inoltre, il suo essere intraducibile in
italiano rende il processo di
comprensione molto elaborato.
Per queste motivazioni, nel primo
capitolo, accanto alla definizione e alla
comprensione del concetto di storytelling
ci occupiamo di tutti quegli aspetti che
meglio ci permettono di definire un
quadro di riferimento.
Nel secondo capitolo abbiamo studiato
come con i nuovi media è possibile
sviluppare una nuova forma di narrazione
attraverso i concetti di transmedialità e
narrazione crossmediale, focalizzando
successivamente le nostre analisi sul
mondo del mobile e dei social network.
Nel terzo capitolo abbiamo ritenuto
opportuno concentrarci sul tema del
personal storytelling come metodo
efficace per narrare il proprio Io online. In
particolare, abbiamo analizzato tutti gli
aspetti utili alla creazione di relazioni
intorno a noi, fondamentali perché la
storia su noi stessi appaia più
coinvolgente e interessante.
Nel quarto capitolo è stato analizzato
come lo storytelling possa diventare un
ottimo strumento al servizio della politica,
al fine di mobilitare le emozioni degli
elettori e coinvolgerli in una relazione
5. 4
durevole.
Nel quinto capitolo, il nostro lavoro si è
concentrato sullo storytelling applicato al
turismo, analizzando come hotel,
destinazioni e luoghi si prestino
naturalmente alla narrazione di una storia
capace di stimolare nel viaggiatore il
desiderio di visitare i luoghi raccontati,
creando immedesimazione.
6. 5
1-
1.1
Parlare di storytelling è come parlare di
scienze della narrazione applicate agli
ambiti più disparati, dal marketing alla
comunicazione, dal consumo alle risorse
umane fino alla politica e alla medicina.
Il tema principale, che rientra nel nostro
interesse conoscitivo, è come utilizzare le
scienze della narrazione, che noi
definiamo storytelling, nel marketing e
nella comunicazione.
In primis per narrare nell’ambito del
marketing e della comunicazione ci sono
alcuni aspetti fondamentali da tenere in
considerazione:
1. Transmedialità delle piattaforme.
Oggi non esiste più un solo
medium, inteso come strumento
cartaceo o digitale, ma è più
appropriato parlare di habitat
mediatici dove convivono tutti gli
stakeholder. La cross-medialità è
intesa anche come compresenza di
piattaforme online e offline.
2. Posizionamento esistenziale. Per
fare storytelling bisogna avere il
coraggio di posizionarsi in modo
esistenziale. Con ciò si intende
l’azione volta ad attirare, con un
linguaggio emotivo, il pubblico,
assumendo una posizione
esistenziale che abbia un punto di
vista forte ed indichi una strategia
da seguire.
3. Pianificazione strategica. Pianificare
in modo strategico ha il principale
scopo di ordinare in modo logico e
strumentale tutti gli elementi chiave
della comunicazione, ovvero i
media, i contenuti ed i pubblici.
4. Naturalezza. La narrazione deve
apparire naturale, spontanea,
empatica e anche poetica, ma alle
spalle vi deve essere una forte
struttura ingegneristica pianificata.
Nel business, la realtà dimostra che parlare
di un oggetto o di un servizio attraverso
un racconto divulgato su più piattaforme
mediatiche, in un tempo prestabilito e
secondo una strategia, funziona. Fare
storytelling è, però, di più. È narrare di un
oggetto fisico o virtuale, di un marchio, di
un’istituzione o di una persona, creandone
una storia apparentemente reale e
naturale, divulgandola su più media e
seguendo una precisa strategia di base.
7. 6
1.2 ’ ’
Come già sottolineato,
definire il termine
storytelling è molto
complesso. Più facile è,
però, dire cosa non è
fare storytelling.
Storytelling non è
autobiografismo, ovvero
non è semplicemente
raccontare una storia,
non è neanche caricare
sporadicamente qualche
foto sui social media o
raccontare su pagine
Web o blog aneddoti o
semplici racconti.
Storytelling è un termine
intraducibile in italiano e per
comprenderlo bisogna partire dalla
distinzione terminologica tra storia,
racconto e narrazione.
Lo storytelling è il metodo per progettare,
governare le identità e le relazioni
attraverso le tecniche del racconto allo
scopo di produrre valore economico,
sociale, politico o esistenziale.
Storytelling non significa, quindi,
raccontare storie. Non esiste una
locuzione italiana che traduca al meglio
questo concetto.
Potremmo tradurlo con “parlare o dire
attraverso un racconto”. Non significa
dunque semplicemente raccontare storie,
ma costruire racconti o comunicare
attraverso i racconti stessi. La storia è una
cronologia, il racconto invece è una
rappresentazione. Fare storytelling
significa creare rappresentazioni testuali,
visive, percettive, scegliendo gli strumenti
adatti ai diversi pubblici.
1.3.
Per fare storytelling, ma anche per leggere
la realtà che viene costruita attraverso lo
storytelling, è necessario avere quattro
abilità o competenze, definite, nel dibattito
sulla disciplina, storytelling skills.
Lo storytelling è quindi un processo che
implica la lettura dei pubblici, la
costruzione di contenuti mirati per quei
pubblici, la costruzione di immaginari visivi
, in inglese history, è l’insieme dei fatti, delle
cronologie o delle cronache di eventi collocati nello
spazio e nel tempo.
in inglese story, è la
rappresentazione testuale, visiva, olfattiva o sonora
attraverso cui viene raffigurata una cronologia, un
fatto o un dato a seconda degli obiettivi strategici, delle
contingenze e del pubblico.
è il processo. Il modo in cui vengono messi
insieme dati oggettivi e modi di esporli in uno spazio-
tempo mediatico prestabilito. La realtà costituita dai
fatti e dal modo in cui vengono raccontati. Il processo
narrativo è ciò che mi permette di creare ed esprimere
la realtà stessa.
8. 7
significativi e la definizione, a
priori, dei presentati nel tempo
prestabilito e nei limiti del
budget. Lo storyteller non
definisce e organizza l’identità e
le relazioni, ma costruisce gli
habitat o eco-sistemi narrativi
allineando i diversi canali a
disposizione.
1.4.
Fare storytelling vuol dire
sfruttare la narrazione, una delle
pratiche più antiche ed efficaci
della buona comunicazione. Ma
vuol dire anche informare ed
emozionare il pubblico senza
annoiare. Secondo Luisa Carrada
le storie sono << le uniche che
dalla notte dei tempi sanno unire
informazioni, conoscenza,
saggezza, emozioni, cura di sé e
degli altri (…) Ci sono state civiltà
che hanno ignorato la ruota, ma
nessuna che non abbia
conosciuto le storie>> (Il mestiere
di scrivere, 2008).
Non è semplice: ci sono dei punti
da rispettare. ABC Copywriting
ha creato un’infografica con gli
ingredienti necessari per creare e
raccontare una grande storia.
Fiducia – Le persone che
ascoltano la storia hanno fiducia
nel narratore? Hanno fiducia in
te? Conoscono il tuo brand?
Questo aspetto è fondamentale
Le quattro competenze narrative, ciascuna
corrispondente ad un profilo professionale,
sono:
1. . La prima figura professionale necessaria è
lo stratega del racconto. È colui che decide
perché raccontare ed è in grado di leggere il
pubblico a cui raccontare, perché per ciascun
individuo, la storia più importante è la propria.
Lo storytelling non è autobiografismo: in
ciascun racconto non si parla di sé agli altri, ma
si parla degli altri affinché questi ultimi si
rispecchino in esso. Lo strategic storyteller è un
professionista evoluto in grado di leggere i
pubblici attraverso la psicologia copionale ed è
in grado di capire la storia di vita degli altri, allo
scopo di raccontare al meglio la propria.
2. La seconda competenza è lo script-
writing narrativo, che non consiste nella
semplice abilità di scrivere o di scrivere in modo
creativo, ma implica lo scrivere in modo
narrativo creando mondi di senso e di destino.
3. . Il visual storyteller è colui che è capace di
creare immaginari visivi. L’aspetto cruciale di
questa competenza, una volta letto il pubblico e
dopo la definizione dei contenuti, sta nel come
mostrare al pubblico, in termini visivi,
determinati contenuti e nel definire
l’immaginario dei contenuti stessi. In sintesi il
visual storytelling entra in gioco nel momento
in cui occorre definire l’immaginario di una
campagna pubblicitaria o comunicativa in cui le
immagini in senso lato (dalle foto sui social
media, alle inquadrature di un video)
trasferiscono messaggi coerenti col racconto
individuale, collettivo o dell’azienda stessa.
4. Il media narrative designer è colui che
orchestra e disegna l’habitat mediatico ove avrà
luogo il racconto (dalla carta stampata, al web,
alla televisione o alla radio e nei diversi contesti
on e offline). Il tutto nei limiti stabiliti da
elementi fondamentali quali il budget e il tempo
a disposizione
.
9. 8
per garantire la buona riuscita della
propria azione di storytelling.
Emozioni – Le storie hanno bisogno di
uno sviluppo che tocchi le emozioni.
Grandi narrazioni si basano su grandi
emozioni, si possono usare conflitti,
soluzioni, tensioni, misteri e rivelazioni.
Relazione – Il pubblico deve
identificarsi nel racconto. Questo
passaggio permetterà di creare un
rapporto speciale: identificarsi con il
personaggio di una storia vuol dire
lasciarsi trasportare nella narrazione.
Semplicità – Una storia semplice è una
storia forte. È necessario togliere tutto
ciò che non serve alla narrazione,
eliminare gli eventi meno importanti,
unire personaggi minori in uno, ridurre
al minimo menzioni ad altri luoghi.
Personale – Il destinatario vuole dare
un significato personale alla storia. È
consigliabile indicare la struttura e
10. 9
suggerire dei riferimenti, ma lasciando
sempre spazio alle persone per
applicare una propria morale della
favola.
Immersione – A volte il pubblico si
immerge completamente in una storia,
vive le esperienze raccontate in prima
persona e diventa il personaggio
principale.
Familiare –
L’audience valuta
nuove storie
confrontandole con
quelle che già
conosce. Storie
diverse possono
condividere una
struttura collaudata,
uno sviluppo
riconoscibile e facile
da inquadrare.
1.5.
Tra il 1930 e il 1940 lo
storytelling incontra,
nella radio prima e
nella televisione
dopo, il marketing e la
comunicazione. In
quegli anni, in
America, i primi “Mad
men” strutturano, nei
brevi passaggi
pubblicitari, piccole
storie (generalmente
a puntate). Tali storie
raccontano qualcosa di un brand, al di là
delle semplici caratteristiche tecniche, in
modo da creare nel pubblico curiosità,
aspettative, suspense e una forte
fidelizzazione. Il caso più emblematico di
questo genere di storytelling è
rappresentato dalle “Soap Opera”.
L’Italia arriva con ritardo ai livelli americani,
anche a causa degli effetti devastanti della
Secondo Andrea Fontana (2011) sette sono i principi
chiave dello storytelling:
1. . Una narrazione penetra nelle storie di
vita dei suoi lettori e ne determina nuovi percorsi;
2. ’. Una narrazione oggi è trans-mediale:
entra ed esce da più canali comunicativi;
3. . Una storia genera sempre un
mondo. Il prodotto mediale è uno spazio che
talvolta entra in relazione con la vita quotidiana;
4. ’ Il mondo della narrazione diventa parte
integrante del mondo reale e dalla storia si
estraggono linee di sviluppo della nostra identità;
5. ’ I racconti oggi si aprono, si chiudono e si
riaprono. Non solo i pezzi di storia sono dispersi su
diversi segmenti all’interno dello stesso medium ma
si diffondono in media diversi;
6. ’ Le narrazioni (politiche, organizzative,
di consumo) sono sempre più soggettive. Si
affidano al punto di vista di un personaggio/autore
del racconto, questo genera maggior
identificazione;
7. Una narrazione genera una performance
di attivazione in termini culturali, è un cultural
activator: una attività che dà alla comunità
qualcosa da fare.
11. 10
Seconda Guerra mondiale prima, e della
crisi petrolifera poi, e vede l’apice dello
storytelling a metà degli anni settanta, con
la diffusione massiccia nelle case
dell’apparecchio televisivo e con il
consacrarsi del Carosello (1957-1977),
contenitore di storie e non solo di
pubblicità.
Con la fine degli anni novanta nulla, alla
radio, in televisione, sul Web, dura più di
un battito di ciglia. Le canzoni e lo
storytelling vengono sostituite da claim,
immagini accattivanti e dai banner, poiché
ora è la quantità che conta, perché il
numero di persone che possono essere
raggiunte in pochi istanti è assolutamente
inimmaginabile.
Sono la New Age e il Web 2.0 che salvano
lo storytelling e la comunicazione di
qualità riportando, grazie anche alla
massiccia diffusione della banda larga e
dei Social Network, i ritmi ed i modi ad un
livello sostenibile, esaltando nuovamente i
contenuti e le cosiddette storie a puntate.
La quantità concede il giusto spazio alla
qualità e la struttura
stessa della
comunicazione si
modifica.
In televisione, alla
radio, sui siti di video
sharing, lo storytelling
a puntate si diffonde
in modo virale, poiché
il brand non è più il
soggetto della
comunicazione, ma
solo il punto a cui la
storia stessa deve
giungere per
comunicare il
messaggio giusto. Così si diffondono le
storie fantastiche, imprevedibili, articolate,
nella maggior parte dei casi intrise di
effetti speciali, in grado di catturare il
pubblico semplicemente con la trama.
L’applicazione dello storytelling al
corporate rispecchia tutti gli elementi fin
qui trattati.
Lo Storytelling Management è una
disciplina ampia e articolata che,
basandosi sui principi della narrazione
applicata all'impresa, genera un vasto
assortimento di strumenti cartacei, digitali
e relazionali che possono essere applicati a
diverse aree o funzioni aziendali, come per
esempio i principi strategici, il brand
management, la comunicazione integrata,
l’advertising, la formazione e il product
design.
Andrea Fontana ci spiega più nello
In conclusione, le fasi e i passaggi chiave sono:
1) Analizzare e coinvolgere i pubblici e gli interlocutori
perché la storia che conta è quella degli altri;
2) Utilizzare tutte le tecniche riconducibili alla disciplina del
biographical intelligence che legge la storia di vita dei
lettori;
3) Produrre la sceneggiatura (core-story) da applicare
all’oggetto o alla comunicazione;
4) Capire e creare la comunicazione integrata e gli habitat
mediatici più adeguati per raggiungere gli obiettivi
prefissati.
12. 11
specifico quali sono le principali sfide oggi
a questa applicazione:
- Necessità di un management
preparato e che crede nello
storytelling, nelle sue tecniche e nei
suoi risultati.
- Avere il tempo per lavorare e costruire
la strategia nel modo adeguato.
- Problema culturale specifico dell’Italia
dove manca una cultura verticale dei
processi, in particolare nell’ambito
comunicativo e di marketing.
- Assenza di un pensiero sistemico
complessivo, L’organizzazione è un
sistema complesso che solo visto nel
suo insieme permette la presa di
decisioni sensate.
La comunicazione classica non crea
tensioni e finisce bene, quella narrativa
deve creare una forte tensione
problematica e non necessariamente
finisce bene, deve contenere del conflitto.
Gli obiettivi dello storytelling che lo
distinguono da una comunicazione
classica sono:
1. Motivare il pubblico
2. Ingaggiare il pubblico
3. Empatizzare il pubblico, rispecchiare le
sue emozioni autobiografiche profonde e
creare un destino condiviso.
13. 12
2 –
2.1.
Raccontare è diventato un gesto naturale
al giorno d’oggi: ognuno è capace di
narrare una storia, soprattutto quella che
nasce in un modo o nell’altro
dall’esperienza quotidiana.
Ed è proprio lo Storytelling ad essere al
centro dell’attenzione nello sviluppo delle
nuove strategie di marketing e in generale
di comunicazione: oggi più che mai è
diventato chiaro come “raccontare” sia
diverso, oltre che più efficace, dal semplice
“dire”. Anche quando l’oggetto delle
narrazioni non sono più soltanto storie,
ma brand, prodotti o nuove tendenze.
Il passaggio dal “marketing emozionale”,
quello delle pubblicità per vendere un
prodotto, al “marketing del racconto”, è
stato un passaggio necessario in questo
periodo in cui i consumatori non credono
più alle belle parole o ai bei video per
sponsorizzare un brand, ma vogliono
storie concrete, racconti di esperienze
reali, con contenuti importanti e
approfondimenti personali.
In questo senso sono l’esperienza e
l’interattività gli strumenti più utilizzati per
ottenere la più alta partecipazione del
pubblico. L’utilizzo di schemi narrativi ha
un ruolo importante nell’influenzare il
comportamento dei consumatori e nel
migliorare il rapporto con i brand.
La narrazione sta cambiando sempre più
velocemente: sono moltissime le forme
inedite di racconto che le nuove
tecnologie permettono, moltiplicando le
possibilità per i creativi che pongono al
centro della propria strategia lo
storytelling.
2.2 ’
È proprio con l’avvento dei nuovi media
che oggi si parla di concetti come
transmedialità e narrazione crossmediale.
La narrazione crossmediale è quel
procedimento attraverso cui una
storia viene raccontata con mezzi
di comunicazione differenti, sia nel
senso che la stessa vicenda viene
esposta più volte, nelle varie forme
<< La distanza più breve tra
due persone è sempre una
storia!>>
(Max Giovagnoli)
14. 13
corrispondenti ai diversi media, sia
nel senso che essa si sviluppa lungo
un percorso che prevede una serie
di passaggi, paralleli
all’avanzamento della trama, da un
medium ad un altro. A ben vedere,
non è qualcosa di radicalmente
diverso da quanto avveniva già
nella Grecia antica, quando gli
stessi miti venivano narrati, in forma
diversa, nell’epica, nella lirica, nel
dramma; ma certo si tratta anche di
qualcosa di nuovo, che sta dando
origine, come è naturale, ad una
terminologia anch’essa in gran
parte inedita.
Uno strumento importante per
comprendere meglio tali termini e le
differenze che essi implicano è fornito
dalla classica e ben nota distinzione
(Teoria della letteratura, 1925), tra fabula e
intreccio: semplificando, si può affermare
che la fabula è la sequenza degli eventi
disposti in ordine logico e cronologico,
mentre l’intreccio è il modo in cui il
narratore li dispone nel raccontarli.
Ora, nel momento in cui si torna a narrare
una storia già esposta altrove, nell’ambito
però di un diverso medium, si hanno le
seguenti possibilità:
1. stessa fabula e stesso intreccio: è il
classico “remake” in cui si mira ad
una riproduzione il più possibile
esatta.
2. stessa fabula ma intreccio diverso: è
probabilmente il caso più
frequente, in questo caso sarà
opportuno parlare di “retelling”,
con riferimento al fatto che la stessa
storia viene narrata di nuovo, ma in
modo diverso;
3. diversa fabula e diverso intreccio: è
il caso forse più interessante tra le
tre potenziali combinazioni; sarà
opportuno ricorrere alla categoria
del “reimagining”, il quale prevede
che una storia sia non soltanto
raccontata, ma anche immaginata
in modo differente.
Dunque ci sono multiple e stimolanti
interpretazioni che vengono offerte con
l’utilizzo dei nuovi media.
15. 14
Transmedia Storytelling: è una
forma di comunicazione che,
muovendosi attraverso diversi tipi di
media, contribuisce ad ogni
passaggio con nuove e distinte
informazioni all'esperienza
dell'utente. Usando diversi formati
di media, si contribuisce a creare
dei "punti di entrata" attraverso i
quali l'utente può immergersi
completamente nella narrazione.
L'obiettivo di questa immersione è
di decentralizzare il rapporto tra
autore ed utente.
Vi sono due fattori prominenti che
guidano la crescita della comunicazione
transmediale:
Il primo è la proliferazione dei nuovi
media come i video games, internet
e le piattaforme mobili con le loro
applicazioni.
Il secondo è l'incentivo economico
per i creatori di media che
abbassano i costi di produzione
condividendo gli assets.
La comunicazione transmediale spesso usa
il principio della ipersocialità attraverso
pratiche di creazione delle storie anche da
parte di persone che non hanno
direttamente a che fare con la produzione
principale.
La narrazione e l’esperienza cui sono
chiamate le diverse audience, sono al
contrario trasversali; altrimenti non
avrebbe senso coinvolgere mezzi e
piattaforme così diversi, simultaneamente.
Un esempio di comunicazione
transmediale è la serie Tv Monster Caffè.
Il Monster Caffè di Roma come location,
ritrovo e “covo cool” di un gruppetto
strampalato di amici amanti dei motori e
del bon vivre. Sette personaggi con sette
modi diversi d’intendere la velocità,
l’energia e la manutenzione degli affetti e
dei rapporti di oggi. Maniaci e easy rider,
narcisi o amanti del lusso in tempi di crisi
affrontano ironicamente la “singletudine”
e i problemi avventurosi della quotidianità
incontrandosi per qualche minuto nel
locale appena inaugurato da uno di loro,
Igor. Monster caffè è una serie
transmediale con due registri: comico e
melò. 12 episodi da 15 minuti in tv
integrati da 12 pillole tematiche e da un
puzzle game nel web ai quali si
aggiungono contenuti extra per gli
smartphone e concorsi a premi sui social
network.
2.3 :
Se parliamo di narrazione e mobile, non
possiamo assolutamente non descrivere la
nuova idea del sito www.ilmiolibro.it, il
quale raggruppa la più grande writing
16. 15
community italiana, dove è possibile
realizzare il sogno di veder la propria storia
pubblicata grazie al sistema di self
publishing.
Il nuovo sito è ottimizzato per smartphone
e tablet e su di esso vengono pubblicate
storie soprattutto brevi. Gli elaborati sono
ovviamente proposti da tutti gli autori che
potranno così vedere le proprie opere lette
dagli utenti del sito.
Un formato short per una lettura veloce,
da sfruttare in momenti dove riprendere il
filo narrativo di un romanzo o di un saggio
lungo sarebbe troppo complesso. Dunque
la chiave per la realizzazione di questo
progetto è stata l’idea di aver realizzato un
sito espressamente per esser letto in
“movimento” con i contenuti ottimizzati
per i diversi device, rivalutando la
narrazione breve.
Iscrivendosi gratuitamente, si può
stampare il libro a tempo di record, creare
ebook e, se si vuole, si potrà costruire la
propria pagina pubblica di autore con la
biografia personale, i propri libri e progetti.
Dopo averlo creato, si potrà pubblicare il
proprio libro sul sito www.ilmiolibro.it e
guadagnare per ogni copia venduta,
seguendo il report delle vendite sul sito e
vedendosi accreditati i compensi a tempo
record. Addirittura si potrà vendere il
proprio libro anche nel circuito laFeltrinelli.
Il sito mette, inoltre, a disposizione i
migliori strumenti per favorire il
networking e avere maggiore visibilità per
vendere il proprio libro.
Tutti possiamo essere storyteller, basta
essere sinceri ed emozionare con i propri
racconti.
2.4 :
L’essere umano è intrinsecamente legato
alle storie e ai racconti, fin da bambino.
Ecco perché per un brand è importante
diventare a sua volta storyteller.
Il contenuto del marketing è radicalmente
cambiato: se prima il prodotto era al
centro dell’attenzione, successivamente i
bisogni del cliente sono diventati più
importanti; oggi tocca alle aziende far
muovere i consumatori nella direzione
giusta, raccontandogli, con esperienze
uniche ed emozionali, il perché
dovrebbero scegliere un determinato
brand.
Con lo sviluppo dei social media, lo
storytelling è diventato sempre più virale;
bisogna fare attenzione a non prendere i
social come l’ennesimo canale di
comunicazione tradizionale, ma utilizzarli
come dei canali di conversazione.
Di seguito elenchiamo perciò i 4 aspetti
fondamentali per uno storytelling di
successo sui media:
1. Autenticità: bisogna essere sinceri
nel racconto;
2. Semplicità non è necessario
raccontare il dettaglio che serve a
poco;
3. Universalità: il racconto deve valere
ed essere uguale per tutti;
4. Emozione: la story deve suscitare
emozioni nel cliente.
Quindi il vantaggio dello storytelling sui
social è il fatto di poter sfruttare diverse
piattaforme, ma la difficoltà sta appunto
17. 16
nel raccontare in maniera precisa con gli
strumenti che si hanno a disposizione.
Per poter fare storytelling sui social è
necessario:
Raccontare qualcosa sulla nascita
del brand: tutte le grandi fiabe
iniziano con “C’era una volta”.
Mostrare storie quotidiane, di
persone reali: e il “vissero felici e
contenti”? Bisogna mostrare cos’è
successo alla vita dell’azienda,
com’è lavorarci, cosa si fa.
Condividere valori: le grandi cause
spesso fanno parte dei valori
aziendali. Che sia la battaglia contro
lo spreco di risorse naturali, la difesa
degli animali o dell’ambiente, il
consumatore vuole saperlo.
Integrare contenuti provenienti
dagli utenti: quando si dice
all’amico “Non sai cosa mi è
successo ieri sera” è più interessante
se questo propone a sua volta un
racconto. Condividere le storie degli
utenti è importante.
Soffermandoci ed analizzando le singole
piattaforme social, noteremo come
ognuna si differenzia per diversi motivi;
per questo è importante selezionare bene
il proprio social network di riferimento nel
quale costruire la propria story.
FACEBOOK: è possibile
completare la timeline con
contenuti storici, e aggiungere
informazioni nell’apposita sezione
evidenziando i valori aziendali, le
attività di rilievo e i dettagli.
TWITTER: si noti come lo storytelling
sia sempre più importante. In
passato un aggiornamento, con lo
scopo di migliorare la possibilità di
narrazione, aveva creato scalpore
perché rendeva questo social molto
simile a Facebook (più spazio alle
immagini). Inoltre anche in questo
caso avere una bio di impatto è
sempre una carta vincente ed un
buon biglietto da visita.
INSTAGRAM: è possibile
condividere immagini d’effetto o,
come ha fatto Starbucks, creare un
video che racconta una storia.
“How we met”, l’incontro di due
persone in un bar, sembra quasi
l’inizio di un romanzo. Instagram è il
principale social per visual
storytelling; per farlo in maniera
corretta è consigliato dagli esperti
del settore mantenere un profilo
curato e attivo. Il 2016 sarà un
anno nel quale si dovrà prestare
molta attenzione ad Instagram per
quanto riguarda il digital
advertising.
YOUTUBE: fantastico strumento di
promozione e storytelling
emozionale, è fondamentale capire
e conoscere le potenzialità offerte
<<Lo storytelling è l’arte di dare
forma e significato a
un’informazione che altrimenti
sarebbe noiosa>>.
(Christian Salmon)
18. 17
da questo strumento ma, come tutti
gli strumenti, bisogna anche
definire una strategia di marketing
adeguata per lo sviluppo dello
storytelling.
Per essere un buon marketer è importante
essere un buon narratore: bisogna
raccontare storie che si diffondano, creare
prodotti rimarchevoli, vivere e far vivere il
racconto, emozionando. Il tutto per
sviluppare un rapporto continuativo con i
consumatori, sfruttando questa
opportunità per migliorare e veicolare la
value proposition del brand e delle
communities di riferimento.
In un mondo complesso come quello della
rete, in cui le storie fluiscono di continuo,
intercettare il filo narrativo sul quale
viaggia questa necessità diventa cruciale
per sintonizzarsi sulla stessa frequenza, in
termini sia di codice che di contesto.
Questo ci rimanda ad una delle regole
fondamentali dello storytelling : per farsi
ascoltare e far prevalere il proprio
racconto è necessario, in primis, aprirsi
all’ascolto e al dialogo.
Il digital storytelling è umile, partecipativo,
emozionante. Umile perché per
raccontare una buona storia è necessario
mettersi nei panni dell’ascoltatore e questo
è un atto di umiltà. Non esiste una storia
che si racconta solo per se stessa. Il valore
di una storia sta nella sua capacità di
coinvolgere e far partecipare gli altri.
Emozionante perché una buona storia è di
per sé un modo per trasmettere emozioni.
19. 18
3 –
Lo storytelling ha lo scopo di raccontare
storie che rendono protagonista un
prodotto o un servizio e lo mostrano
attraente e innovativo. Ma cosa accade se i
protagonisti di una storia siamo noi?
Lo storytelling come strumento di Personal
Branding fa in modo che chi legge possa
capire cosa c’è dietro ciascun nome.
Valorizzarsi e comunicare il proprio valore,
farsi un nome, farsi stimare, crea un asset
che può essere utile per continuare ad
essere rilevanti nel mercato del lavoro.
Luigi Centenaro, fondatore del
PersonalBrandingCanvas.com pone due
domande:
“Quante persone conosciamo che sono
brave in ciò che fanno, ma non sanno
vendersi?
Quante persone conosciamo, invece, che
sono meno brave di noi eppure hanno più
successo?”
Fare storytelling di sé significa giocare a
carte scoperte, andando oltre ciò che
viene scritto sul curriculum vitae. Il
racconto può partire dalla presentazione
di un personaggio che vive una certa
situazione di equilibrio, scopre di, o è
spinto a cambiare, affronta varie prove ed
in seguito, riesce a tornare in una
situazione di nuovo equilibrio trovando la
strada per raggiungere ciò che vuole.
Per esempio, Steve Jobs ha lasciato il
segno nel mondo digitale, egli sapeva
quanto erano importanti la
comunicazione, le interazioni e le relazioni
con gli utenti.
Le sue presentazioni avevano tutti gli
elementi di un grande film: eroi e cattivi,
immagini sorprendenti, un cast di
sostegno e come un regista
cinematografico, creava uno storyboard
della trama.
Trovava un’unica frase descrittiva per
posizionare ogni prodotto. Una frase
molto lunga che avrebbe poi riempito di
dettagli durante il corso della
presentazione, perché gli ascoltatori
hanno bisogno di vedere l’intero quadro
prima dei dettagli.
Quasi tutte le presentazioni di Jobs erano
divise in tre parti poiché il pubblico riesce a
mantenere solo tre o quattro punti nella
memoria a breve termine.
Il suo discorso alla Statford University è un
esempio lampante di personal storytelling,
in linea con gli elementi più importanti
citati precedentemente.
Raccontarsi è un passaggio ulteriore da
fare quando si pensa di aver finalmente
C’è un acronimo per spiegare in sei
punti come dovrebbe essere un
storia:
“ ” ovvero Simple,
Unexpected, Concrete, Credibility,
Emotion, Stories.
20. 19
unito i famosi puntini di Steve Jobs, ma la
scelta dei fatti porta con sé un’operazione
di sintesi, poiché non bisogna dilungarsi
con un romanzo, ma con un racconto
breve, ben scritto e davvero
rappresentativo.
E’ necessario avere chiaro da dove si viene
per mostrare dove si vuol andare e
focalizzarsi sui propri punti di forza. Noi
non siamo solo i posti in cui abbiamo
lavorato e studiato ma siamo la storia che
abbiamo vissuto da protagonisti.
3.1 -
L’uomo ha sempre avvertito la necessità di
esprimere la propria identità ed essere
accettato dal gruppo di riferimento
attraverso le azioni che compie e i beni
che acquista.
Il mondo digitale offre a chiunque la
possibilità di comunicare un prodotto o
sevizio, ma anche di mostrare se stessi e
ciò che fa parte del proprio mondo.
In questo modo si possono trasformare le
proprie esperienze in un valore collettivo,
come spiega Francesca Sanzo, nella sua
opera “Narrarsi Online. Come fare
Personal Storytelling” (2014).
Grazie alle piattaforme social siamo passati
dall’essere meri consumatori a produttori
di contenuti, è questo che ci rende attivi e
storytellers.
Raccontare se stessi online riesce a farci
conoscere sia come persone che come
professionisti, tutto dipende dal target a
cui vogliamo rivolgere la comunicazione.
Ma anche se tutto ciò può sembrare facile,
la quantità di mezzi tecnologici che
abbiamo a disposizione rende difficile tale
attività. Infatti, bisogna curare la
comunicazione per non cadere nel banale
e per compiere un buon lavoro ed
ottenere un ottimo risultato è necessario
generare empatia, essere coerenti
nell’elaborazione dei contenuti ma
soprattutto coinvolgenti. In questo modo il
target a cui è rivolta la comunicazione può
riconoscersi nel racconto; si sviluppa così
un processo di co-creazione della storia
con un arricchimento sia del lettore che
del narratore.
Grazie all’avvento del digitale e alla
moltiplicazione dei mezzi di
comunicazione le distanze tra le persone
vengono meno e le connessioni si
moltiplicano. Ma dobbiamo saper gestire
le conversazioni che ci riguardano,
proteggere la nostra privacy, tutelare la
narrazione che ruota attorno a noi e
contribuire a ciò che immettiamo online
per non accrescere solo il rumore di fondo,
ma per incrementare i diversi punti di vista
e condividere sapere, informazioni e
conoscenza.
3.2 - “
”
Proponiamo qui di seguito alcuni esempi
di Personal Storytelling, individuando i
migliori esponenti di questa tecnica sulle
tre piattaforme più usate in questi anni.
3.2.1 -
Uno dei migliori travel blogger del 2015.
Instagram non è solo immagini, testo e
21. 20
hashtag sono fondamentali per descrivere
e coinvolgere i followers. Il contenuto
deve incuriosire e mai annoiare.
Essere innovativi, creativi, differenziarsi
dagli altri risulterà utile per mostrare le
proprie potenzialità, ma soprattutto
emozionare.
Caspar Diederik (@storytravelers) descrive
se stesso come uno “storytelling artist”.
Fotografa tutto, dai paesaggi alle persone.
I suoi scatti sono intensi, luminosi,
affascinanti e creativi. Riescono a catturare
l'emozione e il movimento in modo da
ottenere sempre una sensazione reale per
quello che sta succedendo sulla scena.
3.2.2 -
In campo religioso: Papa Francesco
(@Pontifex).
Lo storytelling è un mezzo per comunicare
i propri valori e far sì che essi siano
condivisi dalle e fra le persone. Può essere
ritenuto l’arte di toccare le corde del
cuore, creando mondi possibili e
condivisibili. Ed è proprio ciò che fa Papa
Francesco: crea e condivide un mondo
possibile “attraverso una narrazione, che
non va intesa semplicemente come un
racconto, ma come la descrizione di un
mondo i cui protagonisti sono le persone
stesse comprese nella narrazione.”
(Ballardini, 2014)
Papa Francesco mette in atto una strategia
di comunicazione responsabile. Il suo stile
comunicativo cambia radicalmente
rispetto al passato e si nota il
cambiamento del rapporto tra fedeli e
Chiesa.
Le ragioni del suo successo sono dovute
alla maggior empatia, alla conoscenza
delle reti sociali e alla coerenza tra fatti e
parole, ma soprattutto all’autenticità.
La comunicazione è più emotiva, più
vicina al vissuto comune e c’è maggior
comprensione da parte delle persone.
Bergoglio è ormai un leader carismatico,
come lo definiscono molti, che ha
compreso il potere dei social media e l’ha
utilizzato per parlare ai diversi popoli,
facendosi capire con la stessa forza e
mostrandosi coerente. Infatti fin dall’inizio
è sempre stato intenzionato a utilizzare un
linguaggio ad hoc per ogni contesto, ma
rimanendo fedele alla sua narrazione
originaria.
22. 21
3.2.3 –
L’ironia e la semplicità di Gianni Morandi.
Ciro Marandola in un suo articolo parla
della strategia comunicativa sui social di
Gianni Morandi, come un caso di
“marketing perfetto”.
La pagina è “spontanea, naturale, positiva
senza essere stucchevole”, come la
definisce Francesca Sanzo.
L’utilizzo della pagina Facebook del
famoso cantante è annoverata tra le best
practice degli ultimi anni.
Il “ragazzo eterno” ha iniziato a pubblicare
quotidianamente autoscatti (come li
chiamerebbe lui), dove si fa riprendere nei
vari momenti della giornata. Tutto però
sempre accompagnato da un elemento
importantissimo: le domande ai fan. Un
esempio su tutti, la domanda a tutti i fan di
scegliere la lista delle canzoni più
rappresentative della sua carriera.
Le domande, il filo diretto con i fan, i
momenti quotidiani in casa con un modo
semplice e schietto di comunicare, tutti
fattori che rendono una strategia di
comunicazione vincente, dove Morandi è
il testimonial di se stesso.
Sfogliare il suo diario dà quel senso di
calore e serenità che il suo pubblico di
Facebook vuole. Riesce a rendere
divertente ogni azione, ogni parola e
riesce a far placare anche chi è sempre
pronto con insulti e provocazioni. In
questo modo si crea viralità e interazione.
Con la sua strategia di personal
storytelling riesce a ritrovare le generazioni
passate e conquistare quelle attuali.
L’utilizzo dello storytelling è quindi un
ottimo modo per autodefinirsi, per
comprendere i propri obiettivi e il modo in
cui vogliamo essere riconosciuti dagli altri.
Chiunque deve essere in grado di gestire il
23. 22
proprio racconto e aggiungere
continuamente ottimi contenuti sul
proprio profilo online, ricordando di
utilizzare empatia, coerenza, autenticità
per coinvolgere e sorprendere.
Avere molta pazienza, cura e attenzione al
nostro storytelling personale sarà il giusto
investimento di tempo che comporterà la
nascita e lo sviluppo di un lavoro che
porterà soddisfazioni a noi stessi per
quello che avremo creato e ottenuto con
“S U C C E S” (Simple, Unexpected,
Concrete, Credibility, Emotion, Stories).
24. 23
4 –
La capacità di strutturare una visione
politica non con argomenti razionali ma
raccontando storie è divenuta una delle
chiavi di conquista del potere in una
società ultramediatica e percorsa da flussi
continui di dicerie, di notizie false e
manipolazioni.
Il successo di un candidato in politica è in
parte determinato dalla capacità di riuscire
a instaurare una relazione con l’elettore. In
questo senso, la creazione di una
narrazione può essere usata per mobilitare
le emozioni attraverso dei racconti
condivisi e far sì che il cittadino si senta
coinvolto in una relazione durevole ed
emozionale.
In tutte le epoche storiche i leader politici,
quando non hanno basato il loro potere
esclusivamente sulla forza, hanno fondato
il loro successo sulla capacità di
persuasione e di connessione con il cuore
e la mente dei cittadini. Gli stessi dittatori o
regnanti hanno dovuto costruire delle
narrazioni e dei miti in grado di
legittimare e rafforzare il loro ruolo.
Attraverso l’uso dello storytelling le
campagne pubblicitarie diventano
sequenze narrative, i consumatori
l’audience, i loghi vengono sostituiti da
personaggi. Allo stesso modo non solo le
campagne elettorali, ma anche l’intera
attività politica diventa una storia, ogni
singola iniziativa, ogni singola parola, ogni
singola immagine sono brani di una trama
coerente, comprensibile e “vendibile”.
Attraverso le storie il politico comunica la
propria identità, i propri valori, la propria
visione del futuro in modo convincente,
inoltre la narrazione permette di mettere
ordine, controllare e motivare gli eventi
umani dando loro un senso e portando al
“con-senso”.
Lo storytelling può quindi essere definito
come un processo attraverso il quale un
candidato e il suo staff possono analizzare,
sviluppare e controllare la narrazione (di
sé o degli avversari) allineando ogni
singolo racconto al personaggio e agli
obiettivi politici preposti. Il tutto volto alla
creazione condivisa di un mondo
simbolico in cui l’elettore può credere,
identificarsi e sentirsi parte attiva. Per i
seguenti motivi l’applicazione dello
storytelling alla narrazione di un
personaggio politico diventa visione
strategica e ogni attacco, ogni ostacolo,
ogni problema, devono diventare
rapidamente parte integrante della storia.
A partire dagli anni Cinquanta del secolo
scorso la politica si è progressivamente
adeguata alle logiche televisive, non a
caso lo strumento dominante nella
“Prima compriamo le storie
dei candidati
e poi votiamo le loro
ideologie.”
C. Salmon, Storytelling
2008
25. 24
maggior parte delle democrazie è tuttora
lo spot televisivo che ben si adatta a
tecniche di comunicazione e marketing
basate sulla costruzione di storie, di
narrazioni che, come in ogni storia
efficace, hanno per protagonisti un eroe e
uno o più «cattivi».
Oggi, la diffusione dei social media apre
nuovi scenari per la comunicazione
politica dando la possibilità di avviare una
comunicazione bidirezionale. Il candidato
non può più solo limitarsi ad esprimere le
proprie idee ma deve fare i conti con il
popolo della rete non restio ad utilizzare
gli strumenti a sua disposizione per
manifestare le proprie idee, il suo
consenso e soprattutto il suo dissenso. I
contenuti prodotti dagli utenti del web al
di fuori delle campagne ufficiali dovranno
essere utilizzati dal candidato a proprio
favore facendoli diventare parte
integrante della storia altamente
segmentata che la campagna elettorale
produce e servendosene come spunto al
fine di modificare in tempo reale la storia.
La Rete, inoltre, offre il vantaggio di
rivedere un video o un discorso, di
rileggerlo, di commentarlo, di condividerlo
contribuendo alla sua diffusione.
4.1
Un candidato deve saper connettere i temi
d’interesse dei pubblici alla propria storia
biografica, al profilo di identità che
costituisce il cuore della sua identità
politica.
Una narrazione di successo è composta
nella sua formulazione essenziale da tre
fasi:
- spiegare agli elettori che cosa non va
con il paese e che cosa non ha
funzionato con il governo precedente;
illustrare il rimedio e una visione di
come sarà il paese una volta che la
situazione negativa sarà risolta;
- chiarire perché un candidato, e solo
quel candidato, è in grado di riportare
il paese in una situazione positiva.
Nelle varie fasi le storie diffuse dal
candidato diventano parte integrante del
suo profilo di identità. Quest’ultimo è
costituito dall’unione dei tratti negativi e
positivi, presi dalla sfera personale,
professionale e strettamente politica,
questi aspetti caratterizzano il candidato e
sono funzionali a definire come vuole
essere percepito dai suoi vari pubblici.
Affinché le storie divengano delle vere e
proprie strategie di cui il politico può
servirsi è necessario che seguano delle
precise linee narrative, che facciano in
modo che il politico ricopra un ruolo ben
preciso.
Le linee narrative che possono essere
utilizzate sono diverse: cura, fondazione,
valore, trasformazione, performatività,
salvezza, gioco. Ognuna di queste si può
combinare e deve contemplare delle
figure archetipiche che il politico
impersonifica: ad esempio l’eroe di guerra,
l’uomo d’affari, il politico di professione.
I social media sono uno strumento
essenziale per la comunicazione politica
basata sullo storytelling. Le pagine social
costituiscono un biglietto da visita
fondamentale per il personal branding di
una figura politica
Per avere successo è basilare non
trascurare la trasparenza, la coerenza e
l’efficacia sul lungo termine, ricordando
che tutto quello che viene divulgato
26. 25
online ha una risonanza che non si
esaurisce con la fine di una campagna
elettorale.
L’efficacia della strategia di comunicazione
non può prescindere da un processo
strutturato di content curation, che vede
nell’attenzione agli elementi di storytelling
un aspetto nodale per muoversi mettendo
in primo piano la qualità tecnica. Questo
significa che è fondamentale evitare errori
come l’abbandono delle pagine sulle
piattaforme presidiate e la pubblicazione
di post marcatamente promozionali.
La buona gestione dei social media parte
dalla cura della biografia, facendo in modo
di portare l’attenzione dell’utente su
elementi immediatamente identificabili. È
importante dare spazio a contenuti
incentrati sulle storie di chi è parte della
community poiché servirà ad arricchire lo
storytelling della campagna politica.
Anche la newsletter può essere
considerata come un canale fondamentale
per integrare elementi di storytelling,
l’utente stesso, attraverso l’iscrizione,
chiede di entrare a far parte del circuito di
comunicazione e di ricevere contenuti
interessanti.
Il visual storytelling risulta utile per
aumentare la fidelizzazione del target,
soprattutto in momenti caratterizzati da
un forte valore emozionale. I contenuti
video rappresentano un canale primario
per integrare lo storytelling e renderlo un
elemento utile alla fidelizzazione
dell’utenza. L’ottimizzazione della video
gallery ufficiale costituisce un aspetto
fondamentale per l’efficacia della
comunicazione politica, a tale scopo essa
va costantemente aggiornata
raccontando personalmente le
caratteristiche del proprio percorso e
aprendosi a processi di storytelling
collaborativo.
Per fare in modo che un processo di
storytelling risulti funzionale è utile
ragionare anche in ottica di viralizzazione
dei contenuti. È importante curare la call
to action, puntando a un livello di
engagement in grado di dare visibilità a
messaggi fondamentali per la campagna e
puntando su dei contenuti emozionali.
4.2
Le campagne elettorali statunitensi sono
delle vere e proprie battaglie fra storie.
Guardando alle più recenti tornate
elettorali, nel 2004 vediamo contrapporsi il
repubblicano George W. Bush e il
democratico John Kerry. Bush ha
raccontato la storia del leader forte, sicuro
e infallibile, mentre Kerry ha cercato di
vincere con l’intelletto, promettendo aria
pura, scuole migliori e più assistenza
sanitaria. A supporto della rielezione di
Bush venne realizzato uno spot intitolato
«Ashley», che narrava l’incontro del
presidente con Ashley, ragazzina di 16
anni che
aveva perso
la madre
l’11
settembre,
con il chiaro
intento di
suscitare
emozioni
negli
spettatori. Il
presidente,
figura
27. 26
centrale del racconto, non diceva nulla,
non esponeva un’idea e non presentava
un programma, era presente solo
attraverso le testimonianze che
riportavano le sue grandi gesta e i suoi
discorsi.
Lo spot rientrava nello schema delle favole
e dei racconti mitologici usato dai
repubblicani, spingendo gli americani a
scegliere tra buoni e cattivi, usando
personaggi nuovi che attualizzavano parti
dell’eterna rappresentazione della sfida del
bene contro il male, come la minaccia, la
vendetta e la salvezza.
La campagna presidenziale successiva vide
sfidarsi l’eroe di guerra John McCain e
Barack Obama, giovane senatore di colore
ed emblema di una nuova America.
Vinse il secondo e, più che mai, i due
candidati passarono una parte sostanziale
della campagna a creare una linea
narrativa che andava dalla loro storia
personale alle esperienze che li avevano
resi adatti a essere validi presidenti.
La campagna di Obama è stata la prima
nella quale i social media hanno svolto un
ruolo rilevante e non a caso l’enfasi della
comunicazione è stata posta sul «noi»,
sulla capacità della persone di
rappresentare il cambiamento. Nel corso
di quasi due anni di corsa verso la Casa
Bianca, lo staff di Obama ha inserito oltre
duemila video sul canale YouTube del
candidato e il giorno delle elezioni un
quarto degli elettori di Obama era
collegato in qualche modo al candidato
attraverso social network e strumenti di
network marketing.
Obama nella sua corsa alla presidenza ha
fatto continuo riferimento ad elementi
biografici per rafforzare la sua narrazione
e per spiegare come le sue esperienze di
vita precedenti lo avessero preparato ad
essere presidente e a fronteggiare crisi e
situazioni impreviste. A fronte dell’accusa
di scarsa esperienza politica
contrapponeva, da un lato la sua
esperienza come community organizer a
Chicago, dall’altro una retorica del
«nuovo», della necessità di nuove pratiche
e nuove strade che lo accomunavano a
Kennedy, spegnendo le argomentazioni di
chi lo accusava di essere troppo acerbo, a
partire dalla linea narrativa di Hillary
Clinton che puntava sul tema del
cambiamento che parte dall’esperienza.
La sfida tra storie, pur essendo tipica delle
campagne statunitensi, ha ormai
contagiato le altre democrazie occidentali
compreso il nostro paese.
Berlusconi ha costruito la sua narrazione
iniziale sulla figura dell’uomo d’affari di
successo che può cambiare le cose,
apportando innovazione nella politica, e
salvare l’Italia dal pericolo di una vittoria
dei comunisti, che, in tale narrazione,
impersonificano il male. Per giustificare la
promessa di un milione di nuovi posti di
lavoro utilizzò un racconto basato sul fare,
sui risultati e sulle migliaia di posti di lavoro
creati dalle sue aziende.
Nel 2001, a ridosso delle elezioni,
Berlusconi inviò a tutti gli italiani una
pubblicazione di centoventicinque pagine
a colori su carta patinata, con testi brevi e
28. 27
grandi foto dal titolo Una storia italiana.
Narrava la vicenda personale e
professionale del candidato alla
presidenza del Consiglio, collegando le
sue doti di imprenditore e il suo successo
privato alla capacità di fare il bene del
paese. Si trattò di un rilancio della
narrazione che lo aveva portato al
successo nel 1994, la storia
dell’imprenditore che trasforma in oro
tutto quello che tocca: la realizzazione di
Milano 2, la creazione di un colosso della
televisione come Mediaset, il salvataggio
del Milan dall’orlo del fallimento e la sua
trasformazione nel club più titolato al
mondo. Ampio spazio veniva dedicato allo
stile e all’abbigliamento del leader di Forza
Italia, alla famiglia e agli amici.
Il premier Matteo Renzi entra nella scena
politica italiana come il rottamatore,
Sindaco pragmatico, spregiudicato
comunicatore pop, boy scout militante,
icona di una generazione lasciata ai
margini dell’agenda del Paese per
decenni. In perfetta consonanza con
quanto prescritto dai manuali di
storytelling applicato alla politica, la sua
storia personale ha coinciso con il suo
programma, ruotando attorno ad un
obiettivo: cambiare verso al Paese, nel
tentativo di incrociare la diffusa domanda
di cambiamento proveniente da ampi
settori della società e di rianimare il Partito
democratico, reduce da anni di diatribe
interne e sconfitte.
La strategia è stata ricalibrata in ottica
governativa, passando a comunicare la
fiducia. Comunicare un’Italia in fase di
risalita, grazie alla battaglia per il
cambiamento condotta senza reticenze,
alle riforme incardinate e, nonostante i
veti, i passi falsi, le retromarce, le
polemiche in parlamento e nel Paese,
trasformate in leggi dello Stato.
Spesso la narrativa ottimistica di Renzi
viene accusata di essere una bieca
manipolazione, edulcorazione della realtà
asservita a meri fini propagandistici.
Critica legittima, ma piaccia o meno nella
democrazia del pubblico, governare
significa anche servirsi di escamotage
tecnici propri dello storytelling per
strutturare attese, orientare umori,
influenzare percezioni e creare senso
condiviso.
29. 28
5 -
5.1
Lo storytelling è un potente strumento di
comunicazione per la promozione di
servizi turistici: al contrario della
comunicazione istituzionale non è
imparziale e impersonale ma si basa
sull’empatia e sulla suggestione. Hotel,
destinazioni e luoghi si prestano
naturalmente alla narrazione evocativa di
una storia capace di stimolare nel
viaggiatore il desiderio di visitare i luoghi
raccontati, creando immedesimazione.
Secondo il neurologo Donald Caln, “le
ragioni ci fanno arrivare alle conclusioni, le
emozioni ad agire”: lo storytelling, allora,
funziona perché si allontana dalla
comunicazione tradizionale, costruendo
una narrazione capace di coinvolgere
emotivamente il destinatario, creando
vicinanza e spingendo all’azione.
Le regole da seguire per uno storytelling
efficace nel turismo sono tre: provocare
per catturare l’attenzione dei destinatari;
raccontare, utilizzando lo stile di una storia
che deve avere un significato per la
destinazione e per il mercato cui si rivolge;
infine sorprendere, veicolando messaggi
chiari e trasmettendo emozioni forti.
Secondo Alessandra Farabegoli, scrittrice
esperta di digital marketing, lo storytelling
nel turismo ha efficacia solamente se viene
usato per raccontare un prodotto di
comprovata buona qualità: “Lo storytelling
non è una bacchetta magica, e funziona
solo se applicato su una solida base fatta
di prodotti che rispondono alle esigenze di
base dei turisti: pulizia, sicurezza, buon
rapporto qualità/prezzo. A parità di queste
condizioni, è il fattore umano che conta”.
Se la base da cui partire è buona, lo
storytelling può aiutare ad aumentare il
business delle aziende del settore turistico
facendo leva sulle diverse fasi della
customer journey:
Awareness: la creazione di un
racconto evocativo intorno a un
servizio turistico rende possibile
aumentare la notorietà del brand e,
di conseguenza, arrivare a quei
potenziali clienti che ancora non
erano a conoscenza del servizio
Considerazione e decisione: la
storia narrata aiuta le persone a
sintonizzarsi sulla stessa lunghezza
d’onda del mittente, attraendo
maggiormente il tipo di cliente più
compatibile per il brand
Post-vendita: la condivisione di
un’esperienza prolunga la relazione
e il ricordo, fidelizzando i clienti
occasionali e dando vita al
passaparola.
Web e social media sono ottimi spazi per
promuovere servizi turistici tramite lo
storytelling, dando vita al passaparola con
30. 29
lo scopo di aumentare la visibilità del
brand, creare engagement, distinguersi
dalle strategie di web marketing messe in
atto dai competitor e stimolare i
viaggiatori a continuare il racconto con le
proprie testimonianze, prolungando il
piacere del viaggio. Quando applicato al
digitale e all’ambito turistico, inoltre, lo
storytelling dà vita a una nuova tipologia
di comunicazione in cui il racconto viene
costruito su diverse piattaforme e con vari
linguaggi (testi, foto e video), la trama
della narrazione si spoglia delle finzioni,
allontanandosi dallo spot pubblicitario e
diventa un racconto autentico ed
emozionale. Questo sapore di autenticità è
dato anche dal fatto che i protagonisti
spesso non sono personaggi di fantasia
ma veri testimoni di un’esperienza vissuta,
che danno vita ad una conversazione
continua, che si arricchisce grazie al
contributo di chi vuole partecipare,
diventando una narrazione a più voci.
5.2
La narrazione di un servizio turistico può
essere declinata in tre modalità:
la storia narrata in prima persona
da chi ospita: ricordi, autobiografia,
tradizioni famigliari;
le storie vissute o ambientate nei
luoghi in cui si ospita: romanzi,
leggende, canzoni, film, episodi
storici;
le storie narrate dai visitatori stessi:
stimolate, raccolte e incorniciate nel
modo migliore.
La narrazione in prima persona rende
possibile la valorizzazione dell’unicità, dei
caratteri che distinguono un’attività dai
suoi competitor e che le conferiscono
un’identità precisa. Si tratta di una
tipologia di storytelling in grado di
valorizzare le piccole strutture, dai
boutique hotel agli agriturismi a carattere
familiare, rendendo possibile uscire dalla
concorrenza basata sul prezzo e inserire la
struttura in una cornice narrativa che
esalta l’incontro.
Un esempio di storytelling declinato in
prima persona è quello dell’Hotel Tirolo,
situato a Sestola (MO), sull’appennino
tosco-emiliano. L’hotel è stato fondato nel
1952 dalla famiglia Burchi, che, ad oggi,
gestisce la struttura: lo storytelling
dell’Hotel Tirolo punta proprio sulla
continuità della gestione familiare e sui
cambiamenti apportati.
Nel sito dell’hotel, la famiglia Burchi ha
deciso di mettere in grande evidenza le
origini e i rinnovamenti della struttura,
raccontando una storia che continua da
60 anni e che si rinnova per stare al passo
con i tempi.
La seconda tipologia di storytelling è
ideale per valorizzare una destinazione,
calando gli ascoltatori nei luoghi della
storia. L’obiettivo è stimolare la fantasia e
accendere il desiderio di percorrere in
prima persona gli itinerari raccontati.
Questa tipologia di storytelling è stata
messa in atto dall’Ente Nazionale Tunisino
per il Turismo con la campagna “Liberi di
31. 30
Viverla a Pieno”, lanciata in Italia per la
prima volta nel 2013, con una
pianificazione media che ha visto l’incrocio
dei maggiori network televisivi nazionali,
digitali e satellitari, stampa cartacea, web e
SEM. La campagna è stata declinata
attraverso diverse soggettività che
sottolineano come una vacanza in Tunisia
renda possibile unire diverse esperienze in
una sola giornata: mare, benessere, golf e
relax.
La destinazione viene quindi raccontata
attraverso visual creativi ed evocativi che
mostrano diversi contesti in un solo
paesaggio. La vacanza in Tunisia viene
narrata come un’esperienza multiforme in
grado di incontrare gli interessi di diversi
tipi di turista e sfatare il preconcetto che la
destinazione sia solo per coloro che
vogliono rilassarsi in un villaggio turistico.
Il terzo tipo di storytelling rappresenta il
desiderio del turista di prolungare il
viaggio effettuato: la struttura o la
destinazione turistica stimolano la nascita
di narrazioni intorno al luogo, per esempio
con servizi di alto livello o paesaggi
incantevoli, per poi raccogliere le
testimonianze e rappresentarle nel modo
migliore. Con la condivisione della propria
esperienza positiva su siti web di viaggi e
social network, i turisti diventano così
testimonial volontari dei luoghi visitati, con
lo scopo di generare un desiderio di
emulazione negli altri viaggiatori.
L’Hotel Salus Terme di Viterbo fornisce un
esempio di utilizzo ideale di questa
tipologia di storytelling su internet. La
struttura lascia che i gli ospiti condividano
su Instagram le testimonianze visuali
dell’esperienza vissuta in hotel e dei servizi
offerti, come le terme, la sauna, i
trattamenti rigeneranti, le cura
dell’arredamento e i piatti preparati nel
ristorante dell’hotel, per poi ripostarle sulla
propria pagina e condividerle con tutti i
follower.
32. 31
È possibile mescolare le tre tipologie di
storytelling, dando vita ad un racconto
che metta in primo piano le qualità
distintive della struttura turistica, che
stimoli la fantasia del destinatario con una
cornice paesaggistica spettacolare e che
venga raccontata da testimonial
conosciuti. Un esempio di questa
commistione è rappresentato dallo
storytelling del Soneva Fushi, resort di
lusso alle Maldive. La filosofia a cui si ispira
il resort, a cui si fa sempre riferimento in
ogni tipo di comunicazione, è la filosofia
Slow Life, promotrice di un modo di vivere
sano, legato al benessere e al relax,
lontano dalla frenesia della vita
quotidiana. All’arrivo gli ospiti vengono
invitati a togliersi le scarpe e riporle in un
sacco di juta sul quale è stampata la scritta
“No news, no shoes”, quindi vengono
accompagnati dal maggiordomo
personale in una delle ville del resort, tutte
ispirate al romanzo di Robinson Crusoe e
arredate con materiali naturali. Il Soneva
Fushi è, infatti, il primo ecoluxury resort
delle Maldive: il tema dell’ecosostenibilità è
molto caro ai proprietari, Sonu ed Eva
Shivdasani, i primi ambassador del resort,
che sono spesso presenti sull’isola e
amano intrattenersi con i loro clienti.
Inoltre, il Soneva Fushi ricicla circa l’80%
dei rifiuti di vetro prodotti nella sua
struttura e ha creato un orto dove
vengono raccolte le erbe utilizzate per
cucinare piatti prelibati nei ristoranti del
resort. L’esperienza dell’ospitalità al
Soneva Fushi viene sublimata da un
servizio di altissimo livello, in grado di
soddisfare qualunque desiderio dei clienti,
a partire dalla scelta delle fragranze e della
musica in camera, fino ad arrivare alla
possibilità di cenare e pernottare su una
lingua di sabbia in mezzo all’oceano.
Sull’isola sono presenti un cinema open-air
e un osservatorio astronomico per
osservare le stelle, dando così agli ospiti la
possibilità di vivere una vacanza piena di
stimoli, divertimento ed esperienze uniche.
Testimonial del Soneva Fushi non solo solo
gli ospiti, che lasciano spesso pareri
entusiasti sui social network e sui portali di
recensioni online, ma anche personaggi
pubblici di fama internazionale che il
resort invita per incontrare gli ospiti: alcuni
dei tanti nomi sono quelli dell’astronauta
Buzz Aldrin, l’attrice Naomie Harris e lo
chef Carlo Cracco. In questo modo il
Soneva Fushi spinge in duplice direzione
le conversazioni intorno al resort: da una
parte i personaggi famosi, che diventano
influencer, daranno vita al passaparola
con gli amici e con il pubblico, attraverso
interviste e nella vita privata; per quanto
riguarda gli ospiti, viene loro fornito
33. 32
un’ulteriore motivo per dare il via ad un
word-of-mouth entusiasta, online ed
offline.
5.3
I viaggi sono racconti che si sognano, si
vivono, si raccontano e condividono,
spingendo gli ascoltatori a identificarsi con
il narratore per entrare nella magia della
storia narrata, desiderando di diventare a
loro volta protagonisti di storie simili.
Creando coinvolgimento, identificazione e
spinta all’azione, lo storytelling è un
eccellente strumento per il marketing
digitale turistico, sia quando nasce
spontaneamente, come nel caso degli
User Generated Content, sia quando si
tratta di una strategia di marketing
studiata dalle destinazioni turistiche per la
propria promozione.
Ci sono sei consigli per uno storytelling
efficace nell’ambito turistico:
1. Identificare i punti di forza della
destinazione. Si tratta di ricerche
che l’operatore deve svolgere
offline, concentrandosi
sull’esperienza offerta, individuando
contenuti di valore e identificativi.
In questa fase è necessario anche
individuare e coinvolgere i
“cantastorie” locali, come artigiani,
produttori di prodotti tipici o
personaggi legati al territorio.
2. Individuare l’incipit della storia. Si
tratta della fase in cui si ispira e
incuriosisce il destinatario, uscendo
dagli stereotipi per raccontare
qualcosa di nuovo e speciale. Non è
il momento per fornire informazioni
ma suggestioni e sapori, per calare
il viaggiatore nell’atmosfera della
storia narrata.
3. Creare un hub. Lo storytelling è un
racconto corale e multi-piattaforma,
perciò presenta un alto rischio di
dispersione delle varie parti del
racconto. È necessario creare un
“centro” che raccolga le storie
condivise online (blog, social
network, recensioni ecc.) e le
articoli in un unico racconto, per
esempio una pagina Facebook di
destinazione o un blog.
4. Identificare le piattaforme. Dopo
aver pensato all’hub, l’operatore
deve analizzare le piattaforme di
Social Media come Facebook,
Twitter, Instagram, YouTube,
Pinterest. L’obiettivo è quello di
capire su quali piattaforme sono più
attivi i suoi interlocutori, quali
contenuti preferiscono e creare un
piano editoriale efficace.
5. Stimolare la creazione di User
Generated Content. I contenuti
generati dagli utenti sono molto
importanti perché rappresentano
l’esperienza diretta del viaggiatore,
percepita dagli altri utenti come
una testimonianza credibile ed
affidabile. Il fatto che l’utente abbia
investito parte del suo tempo nella
creazione di un contenuto
riguardante la destinazione ha
come risultato un accrescimento
del valore percepito negli altri
utenti. Si tratta quindi di contenuti
con grande efficacia comunicativa.
Gli UGC rendono vivo il racconto e
34. 33
consentono di identificare i punti di
forza del territorio e le possibili
problematiche.
6. Essere costanti. Il racconto deve
essere curato quotidianamente e le
conversazioni non devono mai
spegnersi, per non perdere il lavoro
effettuato e le relazioni costruite.
Dopo aver ideato e lanciato la campagna
basata sullo storytelling, è necessario tirare
le conclusioni e valutarne l’efficacia. Un
modo per misurare la revenue dello
storytelling nel turismo è quello di
monitorare le conversazioni online, sia in
termini di volume sia di sentiment,
confrontandole con quelle pre-campagna.
È necessario, inoltre, individuare il risultato
che si vuole raggiungere, chiedendosi a
cosa si attribuisce più valore: l’accensione
del desiderio e quindi le cause del primo
incontro, i gesti che hanno contribuito alla
relazione oppure la spinta che ha
generato la decisione finale d’acquisto del
servizio. A seconda dell’importanza che si
attribuisce a questi valori cambia il valore
attribuito allo storytelling, che ha un ruolo
più importante nella fase dell’ispirazione
iniziale e dell’aumento della visibilità,
mentre ha meno potere nel momento del
confronto tra i servizi, una fase in cui vince
la razionalità e si soppesano informazioni.
35. 34
L’obiettivo di questo lavoro è stato quello
di esplorare le tecniche e le dinamiche
dello storytelling. Negli ultimi anni è
diventato una vera e propria arte e ha
avuto particolare successo sotto forma di
digital storytelling, ovvero la creazione e la
gestione di storie attraverso il web, i social
network, il sito e tutti i canali che fanno
riferimento al brand o al prodotto.
E’ evidente come grazie allo storytelling
non sia più in alcun modo necessario
inventare qualcosa di nuovo, basta
semplicemente prendere un oggetto che
già esiste e trovare un modo per
raccontarlo. Solo in questo modo
l’oggetto o il prodotto si trasformano nel
simbolo della storia raccontata. Una storia
è la narrazione di eventi reali o immaginari
con personaggi che interagiscono tra di
loro creando una trama. In base
all’obiettivo prefissato, una storia può
avere un termine definito oppure può
lasciare spazio a diverse interpretazioni o
conclusioni.
La morale quindi non è che tutti devono
fare storytelling, sempre e comunque.
Ogni contesto ed ogni pubblico
presentano caratteristiche diverse e queste
richiedono una strategia di racconto
adeguata. Non tutti gli Storyholder sono
pronti a seguire tipologie di narrazioni
fortemente immersive, complesse,
interattive, partecipative e frammentate.
Per fare storytelling è importante essere
consapevoli di quello che si offre al
pubblico: un’esperienza di lettura diversa,
quella più adatta ai suoi bisogni e alle sue
inclinazioni, gestendo
contemporaneamente diversi livelli di
racconto in una narrazione unica ed
emozionante.
36. 35
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