1. 30 ottobre 2012
Andrea Pozzan A mio papà.
12 anni fa, in questo stesso giorno, mi ha lasciato senza la sua mano sulla
spalla.
Da quel momento, forse, è iniziato il mio viaggio.
Dove sarò domani
Diario di un viaggio di superficie
2
2. Premessa 1 ‐ Bloccato
Ho iniziato a scrivere questo “coso”, perché non riesco ancora a chiamarlo Sono fermo. Bloccato per terra da questo tocco paralizzante ma indolore.
libro, quasi quattro anni fa. Capisco. Di qui non si passa proprio. Anzi. Lì non è il posto dove devo andare.
Avevo fatto un sogno e l’avevo raccontato al mio psicoterapeuta (sì all’epoca
ero abbastanza devastato) e lui mi ha detto semplicemente: “vai avanti, Mi alzo, un po’ intontito, guardo le scale e il corridoio dove stavo tentando di
scrivi”. E io, come Forrest Gump, ho cominciato a correre e a fare strada con entrare. Mi giro ed esco nuovamente all’aperto, attraverso la porta a vetri
la scrittura. Ho finito adesso dopo mille interruzioni. con le sbarre bianche. Fuori c’è ancora lo stesso nugolo di persone, tra le
quali si confondono queste specie di “guardiani” che controllano l’accesso al
I capitoli non sono capitoli. Sono troppo brevi per essere considerati tali. Seminario Teologico1. Me ne sto fuori un po’ nel cortile, poi mi incammino
Scrivevo quasi sempre la sera tardi, per cui la lunghezza di queste “sezioni verso la lunga pista asfaltata che porta verso il cancello che dà su viale
numerate” è stata determinata semplicemente dalla mia resistenza al sonno! Rodolfi. Il cancello è chiuso. Giro verso sinistra ed entro nel parco, passeggio
Ho riletto tutto, ho fatto leggere la prima bozza ad alcune persone (solo lungo il recinto: una siepe mi separa dalla strada ma non mi impedisce di
donne) per eliminare le inevitabili sviste notturne, ma non ho voluto cambiare vedere fuori le auto che passano e corrono. Mi addentro nel parco, supero il
nulla di quello che avevo scritto. Lo cose raccontate quattro anni fa sono vecchio deposito degli attrezzi e mi dirigo verso l’estremità che confina con le
completamente diverse da quelle che scriverei oggi. Diversi erano i momenti e case di Borgo Santa Lucia. Qui ci deve essere un varco, penso. Non so perché,
diverso ero io, ma vorrei che chi legge mi potesse accompagnare in questo ma non credo di poter uscire normalmente attraverso uno dei cancelli.
viaggio e seguire anche il mio mutare. Lo trovo, il varco. E’ un passaggio tra il muro di una casa e una rete metallica
un po’ malmessa. Sono fuori in strada. Ho insieme un senso di liberazione e di
Ultima cosa. Nel racconto parlo di alcuni luoghi che ‐all’epoca in cui ne smarrimento. Dove vado adesso? C’è un posto dove devo andare? Meglio: c’è
scrivevo‐ non avevo ancora visitato, per cui ci saranno sicuramente un posto dove VOGLIO andare? Ci penso. Non mi viene in mente niente e
imprecisioni ed assurdità. Anche questo ho voluto lasciare intatto, a costo di quindi mi incammino. Passo sotto Porta Santa Lucia e proseguo. La sede del
sembrare ridicolo: se ho scritto di cose che non conoscevo, ma desideravo, un CAI: quanti ricordi.. ma al momento mi suscita malinconia e poi è chiusa. Che
motivo ci sarò stato! Ovviamente, durante questo lungo intervallo di tempo, ci starei a fare?
in tutti quei luoghi ci sono effettivamente andato ed è stato bellissimo.
Vado avanti un po’ a piedi ma poi decido che è meglio prendere un autobus e
Il titolo di riserva era “La casa pervinca”: se avrete pazienza di arrivare alla dirigermi verso la stazione dei treni. Così faccio: a Ponte degli Angeli salgo
fine scoprirete perché.
1
Siamo a Vicenza e sì, è proprio come pensate.
3 4
3. sull’autobus. Non ho il biglietto, mannaggia. Non importa: rischio. Scendo in Palermo – stazione di Palermo… L’altoparlante annuncia la mia meta. Scendo
Stazione. Entro nella biglietteria. Un’occhiata al tabellone degli orari e ho con qualche interrogativo in testa. Non ho davvero idea di cosa farò. Intanto
deciso: Palermo. “Minchia. Palermo! E’ distante” penso. Ma poi mi dirigo voglio dare un’occhiata in giro. Non sono mai stato a Palermo e –se devo
verso la biglietteria e senza esitazioni compro un biglietto di seconda classe essere sincero‐ non saprei neanche collocarla precisamente nella Sicilia. Forse
per Palermo. E’ un Intercity quello con cui devo partire. Farà tante fermate è nella parte sud‐occidentale ma di più non saprei. Mi vergogno a dirlo, ma
ma non conta. L’importante è andare. non so neanche se c’è o non c’è il mare a Palermo. Mi dico che c’è!
Sono sul treno. Dovrò cambiare a Bologna e poi via di filato per 18 ore. Passeggio per una grande via del centro. E’ molto ampia. I palazzi che la
Passerò lo stretto di Messina dentro il treno, nella pancia di un traghetto. costeggiano sono di colore rosa chiaro, come le rocce al tramonto. Ci sono
Figo! Ho un libro da leggere, soldi sufficienti e la carta di credito. Non ho palme e si sta davvero bene. Mangiare! E’ ora di mettere qualcosa sotto i
bagagli ma mi comprerò lo stretto necessario man mano che mi servirà. denti. Sempre più convinto che ci sia il mare, mi ispira mangiare pesce… Ci
sono ristoranti e trattorie ma voglio scegliere bene: il posto deve ispirarmi e
Nello scompartimento con me c’è una donna e un signore anziano. Il signore voglio concedermi tutto il tempo necessario per gustare ogni momento di
anziano mi ispira simpatia ma la mia attenzione è ovviamente sulla giovane questo pranzo.
donna. Sta leggendo una rivista.. mi sembra una delle classiche riviste
femminili che parlano di psicologia e benessere. E’ elegante, ha l’aria di All’angolo di una strada, nei pressi di un parco molto verde, c’è un ristorante
essere colta ed è carina. Un po’ distaccata all’apparenza ma c’è calore. Mi con giardino esterno, coperto da una pergola frondosa. Ecco il mio posto:
siedo e apro il mio libro: non ho proprio voglia di leggere ma credo che fuori all’aperto, con il sole che filtra attraverso le foglie del rampicante che
questo mi dia modo di essere più disinvolto. Leggo qualche pagina, poi butto copre la tettoia e illumina la tovaglia candida. Si avvicina il cameriere, gli
lì un commento sul tempo, sul caldo che fa… Mi risponde il signore, chiedo un consiglio ma mi propone una cosa che non mi ispira. Voglio una
abbassando il giornale che stava leggendo. Io non lo ascolto in verità e tengo pasta al nero di seppia. E ci voglio bere uno Chardonnay siciliano pieno di sole
d’occhio la signora. Boh. Non vedo reazioni quindi mi do alla lettura. In realtà e profumi. Che bellezza. Si sta proprio bene e alla fine mi godo anche un caffè
il libro è interessante e quasi non mi accorgo che il treno è arrivato a Bologna. nero e forte.
Metto via tutto e mi preparo a scendere. Il signore resta ma lei, la donna, si
alza per scendere e finalmente mi sorride. Olè! Chiedo al cameriere se conosce qualcuno che affitti camere per qualche
giorno. Mi indirizza verso una casa poco lontana, dove una signora gestisce
Una corsa e salgo sul treno che mi porterà a Palermo. Ho perso di vista la mia alcune camere e le affitta anche a settimana. Vediamo, mi dico…
bella compagna di viaggio ma ho il ricordo del suo sorriso e mi basta. Il
viaggio è lungo e lo passo gran parte sonnecchiando o addirittura dormendo. La casa è ben tenuta. Senza pretese ma con una bella sensazione di cura ed
I paesaggi che vedo dal finestrino quando mi sveglio sono sempre così diversi attenzione.
e così belli. E’ un bel paese il nostro: un trionfo di diversità.
5 6
4. Il cancello è aperto quindi entro; trovo aperto anche il portoncino d’entrata: 2 ‐ E mo’…?
è in Douglas, il legno che andava tanto negli anni ’70 (ricordo che mio papà
non lo amava perché esotico e bisognoso di troppa manutenzione… e poi ce Ma quanto ho dormito? Sarà stato il viaggio, il pranzo. Boh. Fatto sta che
l’avevano tutti!). Entrando nella piccola reception vedo tutto buio, per via del fuori è già buio. Mi tiro su dal letto. Sono le 21: tardissimo. Ma non al sud: qui
contrasto con la potente luce dell’esterno. Appena i miei occhi si abituano a si mangia tardi e non avrò problemi a trovare qualcosa da mettere sotto i
questa fresca penombra mi avvicino al piccolo bancone: suono il campanello denti. Non mi piace questa espressione. Dà l’idea che si mangi solo per
perché non c’è nessuno. nutrirsi. Ora, non che sia sbagliato nutrirsi, ma è come godersi un decimo
della vita. Come ascoltare musica classica utilizzandola come rumore di fondo
Sento i passi veloci che scendono dalle scale e resto folgorato. E’ lei. La donna per coprire i rumori del cesso. Mangiare è un rito. Mangiare bene è più che
del treno! un piacere. E’ una coccola a se stessi. Un momento di attenzione e di
contemplazione. C’è cura nel preparare, nel presentare, nel decorare. C’è
Non so che dire lì per lì. Sono sorpreso e un po’ sconcertato da questa fatica, fuoco, lavoro, amore. E tu vuoi trangugiare tutto in 3 minuti?
coincidenza. Lei risolve tutto con la replica del suo sorriso e io: “sto cercando
una stanza per alcuni giorni”. Qualche volta lo faccio. A volte mangio anch’io in modo frenetico, quasi
nervoso. A quel punto può essere il cibo più delizioso al mondo, ma non te ne
“Allora sei capitato nel posto giusto”. Mi risponde lei. E senza attendere un accorgi. Mangiare richiede calma: e non è solo un buon consiglio del medico.
mio cenno mi invita a salire verso quella che sarà la mia stanza. La calma aiuta a percepire, distinguere i sapori, impararli e poi riconoscerli.
C’è profumo di lavanda nel corridoio. Apre la porta e subito si dirige verso il Come con il vino. Ricordo mio padre che si versava un bicchiere pieno di vino
balcone della porta finestra per dare luce e aria all’ambiente. E’ una camera da tavola, di quello fatto insieme allo zio Livio nella cantina di mia nonna
spaziosa. C’è un letto matrimoniale con il baldacchino e due porte finestre Bruna, e poi lo beveva spesso tutto d’un fiato, dopo un gigantesco piatto di
che danno su un balconcino fiorito e sul giardino interno. pastasciutta preparato da mia mamma. I piatti di pasta che preparava mia
mamma saranno stati di due etti o anche più, con sugo abbondante. Va detto
Mi lascia solo e io mi stendo sul letto, avvolto dal profumo delle lenzuola che non faceva mai sia il primo che il secondo: o pasta o carne, insomma.
pulite. Lo chardonnay fa effetto. Ci sta un sonnellino, mi dico. Forse sognerò. Motivi di economia, e salutismo inconsapevole. Beveva un bicchiere di
Forse stavolta il sogno lo vivo davvero. questo vino, di cui non ricordo il gusto se non che sapeva da vino,
esattamente come io bevo un bicchiere d’acqua. Per dissetarmi.
Io faccio parte della generazione che non ha considerato il cibo come
sostentamento, soprattutto faccio parte della generazione che non ha patito
la fame. Mio papà mi raccontava sempre della fame: ragazzo, adolescente,
7 8
5. sempre affamato e costretto a girare per gli orti dei vicini per prendere infatti. Continuo col mio passo da montanaro finchè giungo ad un bivio. Le
qualche pomodoro maturo e mangiarlo così, come una mela. due strade sono separate da un giardino pubblico. Prendo la via di sinistra
(evidentemente ho deciso questa come direzione, stasera) e inizio a vedere le
Da piccolo consideravo il mangiare una gran perdita di tempo e mi piacevano palme lungo il percorso pedonale. Forse ci siamo. Infatti: al termine del viale
pochissime cose. Tutto questo è durato fintanto che non sono entrato in c’è una grande piazza recintata che si affaccia al mare!
Seminario. Lì sono iniziati cinque anni di cibo disgraziato: ho un ricordo
pessimo di quei pranzi e di quelle cene, ad aspettare le sere in cui come Non ho voglia di mangiare pesce anche stasera (perché sei venuto in riva al
primo c’era il caffelatte: che quello almeno aveva un sapore decente. Solo più mare allora?). Mangerò un pizza e la mangerò fuori. Nel lungomare ci sono
recentemente ho cominciato a gustare il cibo ben preparato, o quello locali e molte pizzerie; ne scelgo una sulla base del colore delle tovaglie:
particolare. Mi piace anche sperimentare, provare nuovi piatti o nuove bianche a larghe strisce blu.
cucine, magari etniche. Non sempre ti va bene, ma la curiosità prevale sul
rischio della delusione. Il vino è stata una scoperta ancora più recente. Mi Mentre mangio una pizza con bufala e basilico fresco comincio a pensare a
piace sentire le sensazioni che ti dà un grande vino in bocca e –prima ancora‐ cosa farò ora che sono arrivato a Palermo. Ancora una volta non ho le idee
al naso: sentori, profumi, gusti e persistenze spesso per me indecifrabili ma chiare. So che resterò qui per qualche tempo e che non ho intenzione di fare
affascinanti. Non so distinguere i singoli aromi e non so sempre definire il il turista.
gusto che sento in bocca, ma riconosco con certezza quello che mi piace e Mi piacerebbe un lavoro qualsiasi, magari da fare di sera per poter avere il
quello che non mi piace. Se non mi piace, meglio l’acqua: ha una sua grande giorno libero. In questo momento non ho bisogno di soddisfazioni
dignità. professionali. Qualcosa che mi permetta di pagarmi le spese e dedicarmi a
Esco quindi. La serata è tiepida e invita a passeggiare. C’è molta gente in qualcosa di più mio. Poi si vedrà.
strada ma il ritmo è tranquillo. Nessuno si affretta, nessuno accelera il passo Non ho mai fatto il cameriere ma potrei provare. Chiedo al titolare della
per arrivare chissà dove o chissà quanto prima. C’è un brulichìo allegro e pizzeria: da qualche parte bisogna pur cominciare. E’ bassa stagione ma un
spensierato. Dico, non penso che Palermo sia uno dei posti più tranquilli della cameriere si è appena licenziato. Il posto è mio.
terra: come mai tutta ‘sta serenità? Non so rispondere e mi limito a godermi
il tragitto. Ancora una volta non ho un’idea precisa su dove andare. Vediamo Facile, più del previsto. Ma la sera successiva l’euforia passa presto: un
se c’è o no questo mare. Cerco indicazioni per la spiaggia o per porti o cose inferno tra cucina e tavoli, clienti esigenti, cose da imparare a memoria, pizze
del genere. Niente. Vuoi vedere che non c’è il mare?! da cambiare, corse, caldo, freddo, fretta. Esausto. A mezzanotte finisco il
turno e non ho più forze ne energie mentali. Ma che lavoro è questo??
Non mi preoccupo e non desisto: imbocco una laterale a sinistra e la
percorro con buon passo. Già questo suscita qualche sguardo interrogativo Mi riprometto di non mollare e la sera successiva va un po’ meglio. Ho
dei passanti. “Questo qui è sicuramente del nord”, penseranno… e così è dovuto portare molta pazienza con un cliente cui non andava bene
9 10
6. praticamente nulla. Difficile per me stare al mio posto e accettare tanta 3 – Vita (uno sfogo…)
insolenza. Eppure tutto sembra passarmi oltre le spalle: sono il cameriere,
ovvio che se la prendano con me. Ma non è niente di personale. Sto Sono a Palermo da una settimana. Lavoro di sera e di giorno.. di giorno faccio
imparando! cose ogni volta diverse. Mi sa un po’ di strano questa vita senza un
programma, eppure così ricca di senso. Sto vivendo, questo è certo. Ma è una
Ho ancora problemi a portare fuori più piatti alla volta e quanto scottano, dimensione così aperta, così disponibile al venire, al divenire, che quasi quasi
accidenti. non mi sembra… “giusta”.
La paga a fine settimana è un altra novità. Dà un senso ancora più immediato Eh sì. Perché io ho sempre pensato che le cose per essere “giuste” devono
del risultato del proprio lavoro e aiuta a non sprecare: sai che quei soldi ti avere un preciso aspetto: la serietà. Solo quello che è rigoroso, sudato, voluto
devono bastare fino alla paga successiva. E da quando son qui non ho mai e conquistato con una fatica aspra è degno di essere chiamato “giusto”. Ma
usato la carta di credito. Compero il necessario e mi concedo qualche piccolo in questo modo la vita diventa arida, secca. E ti inaridisci anche tu, finché la
lusso, un libro, una cena nella serata libera. tua anima quasi non respira più.
Ho cominciato anche a legare un po’ con gli altri camerieri. C’è anche un
inglese, sceso da Londra due anni fa per visitare tutta l’Italia e arrivato ormai
al capolinea: più in giù c’è solo l’Africa. Dovrà tornare, penso tra me e me. E Fatica. Fatica e rinuncia. Frustrazione. Dovere, obbligo,
quando partirà lo seguirò: se sono sopravvissuto a Palermo potrò vivere alla rimorso, dolore… Dolore.
grande anche a Londra. In questa angustia ho vissuto per anni e anni.
Ho respirato sempre più piano, rannicchiato in uno spazio
troppo stretto per viverci. Mi sono rattrappito e
rinsecchito.
Ma cosa c’è di “giusto” in tutto questo? Cosa c’è di
“bene”? Cosa c’è di “buono”?
Poi la mia anima ha gridato. Ad un certo punto ha emesso
un lamento, un gemito prolungato, ad implorare la vita. A
chiedere acqua e aria per tornare ad espandersi, e farmi
vivere ancora. E farmi vivere, finalmente.
11 12
7. E io ho sentito questa supplica, ma non l’ho saputa o e il mio cuore è pronto ad accogliere ogni segnale che la
voluta ascoltare veramente. Ho preteso che la mia vita vita mi vorrà dare.
procedesse per la stessa strada che mi aveva ridotto in
quello stato. E le cose arrivano, come per magia: incontro persone,
vedo cose che mi ispirano un’azione, lascio spazio ad un
Troppe cose da infrangere. Troppa struttura da abbattere pensiero nuovo che –libero da vincoli‐ mi ispira un
e troppa paura di rimanere solo e senza difese. proposito… E’ più un fluire che un dirigere. E’ mettersi
nella direzione della corrente e scoprire che le cose
Il dovere è una condanna, ma ti protegge dal pericolo più arrivano da sole, che le possibilità sono davvero infinite e
temuto: la perdita di te stesso. Pensi che se molli tutto, se che il bello deve ancora venire…
abbandoni il tuo luogo pieno di sbarre ma sicuro, ti
perderai di certo. L’odore della libertà ti dà il senso della
vertigine, riempie le narici e pizzica, come l’alcol che
scaldandosi ti evapora addosso e tu lo respiri e ti sembra La donna del treno, che ora ho ritrovato nella casa dove dormo, è una
già di perdere la testa. presenza strana nella mia vita qui. C’è ma non la vedo quasi mai. La riconosco
nel letto rifatto, nei fiori freschi all’entrata, dai profumi che si rinnovano nel
E poi pensi che la libertà sia mancanza di responsabilità. Ti corridoio.
convinci che la scelta sia tra essere liberi ed essere
responsabili di qualcosa e di qualcuno. E disprezzi chi Vedo i segni del suo passaggio. Sento fin dentro le viscere la sua femminilità
sceglie la libertà e pensi di essere l’uomo saggio che che pervade ogni oggetto e ogni spazio della casa. Voglio conoscerla di più: è
investe, rinunciando a molto adesso per avere chissà cosa troppo misteriosa.
chissà quando. Forse quando sarà ormai vecchio. Forse E’ piacevole questo suo aleggiare ma io voglio conoscere la donna in carne e
quando, alla fine della vita, si dirà di lui che ha fatto tutto ossa. Voglio capire i suoi sentimenti ma voglio soprattutto leggerglieli negli
il possibile per essere giusto. Ma non sarà stato felice e occhi, sentirli nelle mani e toccarli. Voglio sentire il suo respiro vicino al mio e
quindi non potrà esserlo per l’eternità. sentire odori, non solo profumi.
Ma ora io sono uscito e sto vivendo la libertà come un Vorrei vederla spettinata e con le ciabatte, ma sempre col suo sorriso. E il suo
dono quotidiano. Ogni mattina mi alzo e mi chiedo quante mistero, ad intrigarmi.
cose mi riserverà il nuovo giorno, e affronto il tempo come
un contadino fiducioso nel buon raccolto. Non so a dire il
vero cosa raccoglierò, quindi tutti i miei sensi sono ricettivi
13 14
8. 4 – Avanti delle rose sfiorite. Si contano tre foglie a scendere dal fiore e si recide
immediatamente sotto; in questo modo da lì sorgerà presto un nuovo
Voglio trovarmi un lavoro serio. A Vicenza era il mio mestiere: trovare lavoro germoglio e un nuovo bocciolo.
per gli altri. Voglio vedere se sono capace di farlo per me! Qui però siamo in
Sicilia, mica in Veneto.. Non è come dirlo. Decido di partire dal punto più Forte di queste nozioni mi offro di dare una mano. Lei mi guarda non molto
ovvio: le società di Lavoro Interinale2. Ci sono dappertutto e operano con convinta. Ok, il bricolage non è il mio forte –me lo si legge addosso‐ ma sulla
standard consolidati. potatura delle rose posso dire la mia. Con mia sorpresa lei sfodera il suo
sorriso di default e mi cede guanti e forbice. Io prego dentro di me che non se
Stendo un elenco delle Società più note e secondo me più serie e comincio a ne vada lasciandomi lì come un pirla. Per mia fortuna invece non sembra
contattarle. Anzi, le vado a visitare direttamente. So che loro – a differenza avere l’intenzione di concedermi troppa autonomia: mi osserva mentre
delle società di selezione come la mia‐ fanno spesso il colloquio “su due recido con finta sicurezza i primi rametti. Ben presto vedo che si rilassa e
piedi” ai candidati che si presentano nelle loro sedi… Soprattutto se si anch’io sono più sereno. Le chiedo allora un consiglio su come trovare un
presenta una persona normodotata e che dimostri di avere buone chances di lavoro serio, da fare in giornata e non di sera... e che non sia raccogliere
inserimento. pomodoro!
Comincio dalla Manpower. Mi dà l’idea di trattare profili leggermente più alti “Per lavorare basta andare da Calogero Lo Presti”, mi risponde lei. Eccoci, ci
delle altre. siamo: dopo sole due settimane avrò già il mio impatto con qualche piccolo
Mi sbagliavo: solo braccianti agricoli o operai generici per i cantieri edili. boss di cosa nostra!
Meglio continuare a fare il cameriere, dico io. Passo all’Adecco e ad altre Lei legge la mia perplessità e senza attendere risposta aggiunge “è il sindaco
società ma la musica non cambia. di Palermo”. Oddio. Peggio che peggio.
Me ne torno a casa con qualche certezza in meno e la sensazione di aver A dire il vero –aggiunge lei quasi divertita dal mio sbigottimento‐ oltre ad
forse scelto la via d’accesso sbagliata per quella zona. essere sindaco è stato Presidente degli Industriali di Palermo e conosce a
Al mio rientro trovo finalmente la mia padrona di casa. E’ alle prese con le fondo la realtà imprenditoriale di quaggiù. Meno male: cominciamo a
rose del piccolo giardino: indossa i guanti e brandisce una forbice da ragionare in modo potabile anche per uno del nord.
potatura. Ricordo i rudimenti di giardinaggio trasmessi da mia madre e un po’ E come faccio io a farmi ricevere da questo Calogero... “Lo Presti”, fa lei
dal mio vecchio parroco: so qual è il punto esatto per la corretta potatura completando la frase, indulgente come una maestrina.
2
Così si chiamavano al tempo in cui ho scritto questa pagina. Oggi si direbbe Società “Non c’è problema ‐mi rassicura‐ le otterrò io l’appuntamento. Il dottor Lo
di Somministrazione Lavoro. Capirai. (ndr) Presti ha un debito morale con me e non mi rifiuterà un favore”. Indugio per
15 16
9. un momento sulla natura di questo debito morale e sento nascere una specie l’incarico è quello di capire il perché con 250 dipendenti non si riesca a dare
di gelosia di questo … come si chiama?... Beh insomma: vorrei averci io un una risposta soddisfacente ai cittadini che chiedono servizi e informazioni.
debito morale con una così. Sceglierei un pagamento ventennale, anzi: a vita! Non ho la minima idea di come fare ma sono talmente galvanizzato che la
prima cosa che mi viene in mente è quella di festeggiare. Rientro di corsa a
Il giorno dopo trovo fuori della stanza, appeso sulla porta, un post‐it giallo casa, prendo sottobraccio Anna (così si chiama la padrona di casa) e stavolta
con scritto il giorno e l’ora dell’appuntamento. C’è anche il numero di la sorprendo io: senza darle tante spiegazioni la trascino fuori e la porto in un
telefono della segretaria per ogni evenienza. vicino locale, dove servono aperitivi con stuzzichini di pesce.
Ammazza che efficienza! Ma a che ora ci avrà parlato? Di sera? Aumentano le Ordino due Franciacorta della marca che avevo occhiato nella lista dei vini e
mie congetture sul debito, ma intanto realizzo che la data segnata nel mi faccio portare al tavolo un piatto pieno di delizie marinare. Lei è ancora un
biglietto è quella di oggi.. e che l’appuntamento è tra due ore esatte! po’ stordita dalla rapidità della mia azione ma credo che il mio viso raggiante
Colazione fuori con l’immancabile granita e un gemellino fresco (un pane tolga ogni dubbio sulla natura del blitz. “Ho un lavoro. Un grande lavoro!” Ed
croccante al sesamo che si intinge nella granita: una delizia) e alle 10,00 in è grazie a te, angelo del sorriso. Cin cin!!
punto sono nella sala d’attesa dell’ufficio del sindaco di Palermo, Calogero Lo
Presti.
Entro puntualissimo [ma qui non siamo a Palermo?!!] e il Sindaco mi riceve
con lo stesso calore con cui avrebbe salutato un amico che non vedeva da
vent’anni. Stretta di mano vigorosa e doppio bacio di rito.
Ci sediamo nel salottino. Mi offre un caffè che mi guardo bene dal rifiutare
[sto imparando a conoscerli, i siciliani….]. Si va subito al dunque [sempre più
strano e inatteso!]: gli espongo il mio desiderio, gli racconto un po’ del mio
lavoro a Vicenza e dei miei studi.
Lui si ferma per alcuni istanti pensoso. Io non ho grandi aspettative e quindi
lo guardo sereno. E lui: “si sente di accettare un rapporto di consulenza
anziché un lavoro come dipendente?”. E che, scherziamo? “Mai stato
dipendente in vita mia!”, rispondo subito.
Per farla breve. A mezzogiorno esco dal Municipio con la bozza di un
contratto con l’Azienda Municipalizzata per la gestione dell’acqua e del gas:
17 18
10. 5 – Chi ben comincia… milanista pluri‐generazionale! Era milanista mio padre e lo sono diventato
anch’io, ovvio no?
Ho dormito di un sonno agitato. O meglio, non ho dormito affatto.
Mi capita a volte di essere tormentato da un pensiero fisso, una sorta di Ma torniamo al mio professore di Liceo. Nel suo studio aveva 2 o 3 grandi
enigma dal quale non riesco ad uscire. Un calcolo complesso che non torna archivi a cassettoni, come quelli dove vanno a curiosare i detective nei film
mai, un ragionamento che continuo a riprendere dall’inizio e tiene in gialli, in cerca di un “dossier” o di indizi utili alla soluzione del caso. Solo che
movimento la mia mente: una specie di loop, di giro a vuoto. In queste notti quelli di Costantini, così si chiamava il mio prof‐poeta, erano pieni di schede
non sono particolarmente angosciato, sono occupato e basta. Tanto tematiche rigorosamente ordinate secondo l’alfabeto (sì ok, non è un criterio
occupato da non poter dormire. geniale ma nelle cose di lettere funziona, per definizione!). In quella stanza
che odorava di caffè in grani era concentrato un immenso sapere, un
Così succede che arriva mattina e –sfinito‐ mi addormento poco prima che microcosmo dove tutti i significati trovavano il loro posto ed erano pronti ad
suoni la sveglia. E la sveglia ha suonato, a lungo, anche stavolta. essere utilizzati, composti, mixati.
Non ho mai avuto problemi a svegliarmi presto. Quando studiavo passavo i
pomeriggi prima dei compiti o delle interrogazioni a scrivere le “schede”, così Ma come sono finito a parlare di tutto questo? Ah sì, per via dell’abitudine ad
ero costretto a fare delle autentiche levatacce per avere il tempo di alzarsi presto la mattina. La sveglia alle 5 era la norma, soprattutto a fine
memorizzare e prepararmi effettivamente alla verifica. quadrimestre, e questa abitudine mi è rimasta anche dopo iniziando
E’ stato il mio professore di greco a insegnarmi questo metodo di studio. l’Università a Padova. Ovviamente lì non c’erano i compiti e le interrogazioni,
Scrivere una sintesi di ciò che devi imparare ti costringe a ragionare, a capire. c’erano le sessioni di esame. Io e il mio amico Diego – stesso Liceo, stessa
Se non capisci non puoi fare sintesi, se non cogli i nessi logici di un tema non facoltà, e fino a ieri stesso lavoro‐ ci alzavamo all’alba il giorno in cui
puoi abbreviarne il percorso; occorre leggere, rileggere, scovare la traccia dovevamo dare un esame: partivamo a piedi dal Collegio Leopardi –ben oltre
nascosta che guida lo snodarsi dei contenuti. Solo quando hai veramente Prato della Valle‐ e raggiungevamo Piazza del Capitaniato dopo una mezzora
colto l’essenza puoi scrivere e ridurre in pochi passaggi schematici intere buona di scarpinata (il mio amico odiava gli autobus, i tram e tutti i mezzi
pagine di un libro. troppo affollati per il suo olfatto iper‐sensibile). Tutto questo sforzo aveva il
nobile fine di annotare i nostri nomi nella parte alta dei foglietti, appesi dagli
Il mio professore di greco era un asceta e un poeta. E la sua poesia era densa studenti per stabilire in modo informale l’ordine nel quale si sarebbe
di icone linguistiche, di simboli potenti capaci di evocare un universo di affrontato il professore di turno. Via il dente, via il dolore, pensavamo allora.
significati. Era un grande, non c’è che dire. Oddio, tifava per la Juventus e Poi ho ripreso ad alzarmi presto per andare al lavoro, e ora anche per andare
quando la domenica la sua squadra del cuore vinceva, il lunedì veniva a in montagna o per la mia corsa del mattino (quando non piove).
scuola indossando una sciarpa bianca e nera sopra pantaloni e maglione
girocollo irrimediabilmente neri. Nessuno è perfetto, pensavo allora da buon
19 20
11. Ma le notti dei pensieri in loop mi rendono pesantissimo il risveglio. Vorrei tutto il senso delle parole con cui Anna si congeda da me: “stai attento a
dire a me stesso “stai qui altri 2 minuti”, ma quando l’ho fatto mi sono come inizi!”. Sono troppo contento e troppo sicuro di me per pensarci.
risvegliato dopo un ora e trovato improvvisamente in super ritardo! Questa
notte l’ossessione ripetitiva riguardava il nuovo incarico all’azienda del gas.
Da dove avrei iniziato, che resistenze avrei incontrato, come sarebbe stata
accolta la mia presenza?
C’è da dire che di norma –una volta sveglio‐ tutto questo gran attorcigliarsi di
pensieri e congetture si dirada come la nebbia mattutina in montagna,
d’estate. Solo che sono in coma, tutto qua.
“Stamattina ci vorrà un supplemento di caffè”, mi dico mentre decido quale
delle tre camicie che ho in dotazione devo indossare per l’evento. Opto per la
camicia bianca e la cravatta: i codici vanno rispettati e io da stamattina sono il
consulente scelto dal sindaco!
Scoprirò più tardi che nessuno qui d’estate porta la cravatta.
Scendo le scale della mia casa in prestito e dalle stanze di Anna esce un
profumo di caffè così intenso che non resisto. Metto dentro la testa per
salutare, nella neppur tanto recondita speranza di un invito, e come al solito
resto spiazzato. Questa donna è tutta una spola tra la cucina e il terrazzo,
dove ha preparato una colazione degna di un cinque stelle a Montecarlo. La
tovaglia è di canapa bianca, come i tovaglioli stretti in anelli di legno esotico.
Una caraffa in cristallo con spremuta d’arance rosse, pane fresco tagliato a
fette, burro, marmellata, frutta. E caffè.
Sono senza parole. Anna mi saluta senza smettere di tessere il suo ordito
operoso e mi invita a sedermi. Ad essere onesti, mi chiede cosa faccio lì
impalato e cosa aspetto a sedermi [quella di “imbambolarmi” è una mia
peculiare capacità e non credo in quei momenti di ispirare grande
intelligenza]. La colazione così abbondante e all’aperto mi riconcilia con la
vita tanto che ‐quando mi alzo per andare verso il mio destino‐ non colgo del
21 22
12. 6 – Anno zero della complicità: tutti i soggetti che lo abitano si nutrono di gran parte delle
risorse disponibili, in teoria a tutt’altro destinate.
Non so cosa pensavo, cosa mi ero messo in testa. Ho ragionato da uomo del
nord, convinto che ogni problema ha una soluzione. Nei libri di storia si parla L’ho capito al terzo colloquio. Al primo non ci credevo. Al secondo non ho
da secoli di questione meridionale: uno dovrebbe capire che certe patologie, voluto crederci. Al terzo non ho avuto altra scelta che constatare la sconfitta.
quando diventano croniche, perdono la possibilità di essere risolte. La Attento a come inizi, mi aveva avvisato Anna. Ora capisco cosa intendeva
questione meridionale non è un problema, è uno stato, una condizione di dirmi.
esistenza. Mi sono bruciato nell’arco di mezza giornata. Un record.
Ho iniziato il mio primo giorno da consulente nel modo più ovvio e più Concluso il mio incontro con Carmelo Licheri, direttore amministrativo e
sbagliato. Parlando. finanziario dell’azienda, nel tempo in cui riordinavo le carte e le idee tutta la
Ho voluto innanzitutto incontrare i dirigenti di questa ipertrofica struttura aveva capito le mie intenzioni ed erano scattati meccanismi di
organizzazione. Dirigenti? Abituato com’ero ad interfacciarmi con i manager difesa così efficaci da rendere impossibile ogni e qualsiasi avanzamento, in
e gli imprenditori delle aziende del Nord‐est, avevo interiorizzato l’assurda quello che era diventato all’improvviso un campo minato. Scacco matto in
convinzione che le persone che ricoprono una posizione di responsabilità una sola mossa: non credo sia tecnicamente possibile nel gioco degli scacchi,
innanzitutto possiedano le competenze sufficienti per governare i processi e eppure io ci sono riuscito.
le funzioni a loro affidate. Chi più chi meno in modo evoluto, ma comunque Forse in altri tempi non mi sarei fermato, avrei insistito per dimostrare di non
capaci e soprattutto motivati ad affrontare i problemi e a risolverli. Magari essere uno che si arrende e per dare un’apparenza di dignità al mio lavoro.
con un approccio poco canonico, o non sofisticato quanto quello di chi è Oggi non più. So capire subito quando un’equazione è senza soluzione e non
cresciuto nelle organizzazioni multinazionali. Ma pragmaticamente efficace. ho bisogno di affrontare gli inutili passaggi di uno svolgimento dall’esito
scontato.
Si dice efficace un percorso, o metodo, in grado di giungere al risultato
atteso. Non necessariamente per la via più breve, economica o razionale. Qui Uscendo dall’azienda ho percorso il lungo corridoio con gli uffici dei capi
di efficace non c’è proprio niente. Il sistema mi è apparso subito nella sua settore. Tante porte. Tante targhe. Tanti nomi. Dalla penultima porta, quella
intrinseca perversione: lo scopo per cui opera non è il raggiungimento della dell’ufficio relazioni con il pubblico, ho intravisto il volto di una giovane
finalità istituzionale o di servizio, ma l’auto‐conservazione. Insomma: fornire impiegata dai capelli biondissimi e dagli occhi azzurri. I normanni hanno
acqua e gas non è l’obiettivo, ma solo un pretesto. La vera funzione di questo lasciato senz’altro il loro segno in questa terra, mi sono detto. Ma pensandoci
gigantesco carrozzone, infima parte di un colossale groviglio di strutture non è stata questa rara variate genetica ad attrarre la mia attenzione. Pur di
miranti alla perpetuazione dello stato di potere, è quello di garantire le fuggita, ho colto un’espressione sospesa. Quasi un’aspettativa, timida ma
condizioni di mantenimento della patologia parassitaria. Un intero precisa. Ho rallentato inconsapevolmente il passo e altrettanto
ecosistema il cui delicato equilibrio è fondato sul principio della simbiosi e
23 24
13. istintivamente ho cercato di leggere il nome scritto nella targhetta, Discardi, ha offerto una straordinaria opportunità. E io torno dopo un solo giorno con
mi sembra. O Biscardi, non so. l’armatura perforata e senza cavallo.
Alle 16 e 30 ero già nell’ufficio del sindaco a dichiarare la mia resa “Ti aspettavo”, mi dice bevendo una delle sue innumerevoli tisane, incroci di
incondizionata. Calogero Lo Presti non ci voleva credere e non si rassegnava erbe aromatiche ed estratti di piante dai miracolosi e per me sconosciuti
per nulla a questa incomprensibile rinuncia senza tentativo. Mi “taliava” con effetti benefici (che zoticone sono) . Nel suo volto leggo un velo di rassegnata
uno sguardo tra l’incredulo e il deluso, senza far nulla per nascondere una delusione ma nessun rimprovero, nessun giudizio. Non ho dovuto raccontare.
certa disapprovazione. Ma anche questo ho imparato a sopportare. La vita mi Né spiegare nulla. Siamo stati in silenzio, all’ombra del portico, a sorseggiare
ha insegnato a reggere l’oltraggio di un giudizio negativo su di me e sul mio acqua mista a nonsocchè.
operato: fa male ma è di lunga più sano dell’auto‐illusione e del mentire a se “ E adesso, che farai?”.
stessi prima che agli altri. “Non lo so. Ma non posso più restare qui”.
Forse stavolta è davvero arrivato per me l’anno zero.
Non ho voglia di affrontare una logorante guerra di trincea. Proprio no. Sarà
che nella mia memoria è rimasta scolpita l’immagine del Monte Ortigara,
sull’Altipiano di Asiago. Una zona brulla e spoglia, dove sono scavati nella
roccia i segni indelebili di una assurda guerra tra fratelli confinanti. Ancor
oggi –per chi ha voglia e coraggio di andarci la mattina presto quando tutto è
ancora più desolato‐ sembra di sentirlo quel grido. Nasce dal silenzioso e
inutile sacrificio di ventenni strappati dalla loro terra e dai loro affetti, morti
per conquistare un picco di roccia, in nome di una Patria che l’avrebbe visto
riconsegnato di lì a pochi giorni al “nemico” austriaco. Nemico impersonato
da altri ragazzi ventenni strappati dalla loro terra e dalle loro case, per morire
in mezzo ai sassi nudi. Si respira il peso dell’assurdo di cui è capace l’uomo, se
non sa fermare la sua idiozia.
Io non ho vent’anni e non voglio morire sopra un sasso. Ci vuole coraggio
anche per disertare, se vogliamo essere clementi. E io ho deciso di essere
clemente con me stesso.
La sera non so come affrontare Anna. Ammetto che nei suoi confronti mi
sento davvero in difetto: mi ha voluto aiutare, si è esposta con il Sindaco e mi
25 26
14. 7 – London faccia e provo con gentilezza a spiegarle le mie intenzioni. Niente da fare. “Mi
ricordo che si chiamava Paul ma tutti lo chiamavano Honey”(Miele?! Mah.
Devo recuperare il nome di quel cameriere inglese. Sono tornato oggi Capirò più tardi il perché…). Appena pronuncio il soprannome vedo con la
pomeriggio nella speranza di trovarlo ancora nella stessa pizzeria in cui l’ho coda dell’occhio che un ragazzo sui vent’anni alza la testa di scatto dal libro
conosciuto. Niente. Non lavorava più lì da qualche giorno (a dire il vero, che stava leggendo. Bingo!!
aveva lavorato lì SOLO per qualche giorno.. si sa come sono gli inglesi). Ho
chiesto al titolare del locale se avesse annotato un suo cellulare. “Ma che, Saluto con un sorriso ebete la ragazza della reception e mi avvicino al
scherziamo? “. Dopo cinque minuti di sproloqui, intercalati da colorite ragazzotto. Ha occhi chiarissimi e la carnagione bianca e lentigginosa tipica
espressioni, ho capito che in sintesi non voleva più avere a che fare con uno del nord Europa. Mi presento in inglese, a colpo sicuro, e scopro che è un
come lui o quegli altri “fricchettoni stranieri”. francese del Sud. Perfetto(ma ne azzecco una?). Tre anni di francese alle
medie. Ce la posso fare, anche se mi somiglio subito a Totò davanti al vigile di
Voglio andare a Londra e voglio trovare quel tipo. Mi serve. Milano "Eschiusmi, bitteschen; noio, volevon savuar l'endiriss.. ja?”.
Insomma, vinte le prime resistenze mi dice che sì, lo conosceva. Sì, ci ha
Mi sono ricordato che aveva parlato di un Ostello della Gioventù dove condiviso la camera per qualche notte. Sì, ha tenuto il suo numero di cellulare
alloggiava. Non mi viene in mente il nome ma non ce ne saranno poi così e sì, sono stati amanti. Ah bene… Cosa?! Aspetta un attimo, no non sono
tanti a Palermo, no? Entro in un bar che pubblicizza l’accesso wi‐fi ad abituato a questi colpi di scena. Sono uno di provincia e non ci sono proprio
internet. Mi siedo ad un tavolo che ha anche il computer in dotazione, ordino avvezzo. Cerco di non far trasparire la mia sorpresa ma mi rendo conto che è
un caffè freddo e apro sparato google. A Palermo ce ne sono cinque o sei, tardi. Sono imbarazzato e un po’ pirla, ma lui non sembra preoccuparsi più di
tutto sommato non è una ricerca impossibile. tanto. Questo mi dà il tempo per smetterla di sentirmi minacciato e per
tentare di non rovinare tutto ad un passo dalla meta.
Il primo che trovo è l’Hotel Firenze. Si chiama Hotel ma è un ostello. Pago il
caffè e mi avvio di buon passo [è un marchio di infamia quaggiù camminare Si chiama Claude ma anche lui ha un “nick‐name”: “Rouge” (e che centra il
veloci, me ne rendo conto, ma è più forte di me] verso il centro storico. La rosso adesso?). “Di cognome faccio Rouger”, dice lui anticipando la mia
zona è molto bella e piena di monumenti, ma io ho altro da fare. domanda e facendomi sentire ancora più idiota.
Entro nella reception di questo edificio vagamente liberty e chiedo se per Va bene lo ammetto. Non mi fa problema l’idea che questo ragazzo sia gay,
caso aveva alloggiato lì un ragazzo inglese nelle ultime settimane. Quando mi imbarazza starci vicino. Un buon psicanalista saprebbe come interpretare
finisco di formulare la domanda mi sento già uno stupido. Solo nella piccola la cosa. Magari la mia è omosessualità latente, ben nascosta dietro la sana
Hall ci saranno sette o otto giovani, e parlano tutti inglese. La ragazza che sta passione per il sesso con le donne. Ma qui non ci sono strizzacervelli per
dietro al bancone non infierisce ma mi ricorda che comunque non sarebbe fortuna e io devo solo recuperare il telefono di Paul. “Honey... Minchia!
tenuta a dare quel tipo di informazioni. Io le sono grato per non avermi riso in
27 28
15. Adesso ho capito!”. Ho capito e mi sembro tanto mia mamma, quando ha Cinque ore dopo sono su un volo della Meridiana. Direzione Roma Fiumicino.
scoperto che il suo attore preferito, Rock Hudson, era omosessuale e ha Destinazione finale: Londra.
iniziato un’analisi retrospettiva di tutta la sua filmografia, per scoprire gli
evidenti indizi di questa sua condizione.
Per fortuna i miei tempi di recupero sono buoni e mi invento un invito a
prendere qualcosa in un bar che avevo adocchiato prima di entrare il questo
Ostello‐Hotel.
Seduto all’ombra di un grande ombrellone bianco comincio a sentirmi un po’
più a mio agio. Ho davanti questa specie di Adone che si arrotola con grande
disinvoltura una sigaretta. Le cartine della RIZA, i movimenti che servono a
rullare il tabacco trinciato, l’immancabile leccata che conclude l’operazione
(ma perché mi guarda mentre lo fa, accidenti?!): è tutto un rituale, lento ma
preciso e naturale. Anch’io ci provo qualche volta a farmi una sigaretta così,
soprattutto la sera, ma di naturale e preciso i miei movimenti hanno poco ed
è raro che il risultato finale sia davvero esaltante.
Io ordino una birra Messina ghiacciata, Rouge va subito sul pesante con un
Gin & Soda con molto ghiaccio. Ma come si fa a bere una simile bomba alle
quattro e mezza del pomeriggio? Lui non sembra fare una piega e beve
continuando a guardarmi. Io mi dico che è meglio se ottengo quanto prima
l’informazione che mi serve ed evaporo lontano da questa situazione.
Dopo dieci minuti buoni di generica conversazione –chè alternativa non c’era,
dato il mio livello di conoscenza del gallico idioma‐ gli chiedo se può darmi il
numero di Honey‐Paul . Mi dà il numero, ci salutiamo, pago il conto al bar, gli
do’ la mano stringendo la sua nel modo più virile che mi riesce , registro il suo
sguardo tra il deluso e il seccato. E fuggo.
29 30
16. 8 – Overground dall’averli frequentati per una vita. Ed è da loro che spontaneamente si sente
attratto chi invece –come me‐ è un forestiero, per giunta imbranato.
L’aeroporto di Fiumicino è enorme. Una città nella città. Dorothy era seduta vicino a me. A dire il vero ci separava la catasta formata
dal mio bagaglio a mano , la giacca leggera che avevo tirato fuori convinto
Ricordo di aver letto qualcosa sui “Non‐luoghi”. Sono spazi fisici in cui ci che a Londra avrebbe fatto freddo (o peggio avrebbe piovuto), la borsa con le
troviamo a transitare ma dove nessuno realmente abita. Milioni di persone ci cose da mangiare appena comprate, un libro e La Repubblica con tanto di
passano, ne calpestano il territorio, vi si nutrono, parlano, leggono, si inserto. E lei? Niente. Appena una borsetta, così minuta che sì e no avrebbe
incontrano, si lasciano, dormono; vivono insomma (magari muoiono). Ma potuto contenere i fazzoletti di carta e l’American Express. Ovviamente
nessuno ci resta. Gli aereoporti internazionali sono i non‐luoghi per Platinum.
definizione.
Deve aver capito che ero un beginner proprio dall’intasamento di oggetti che
Che io non sia stato fino ad oggi un grande viaggiatore si capisce da come mi mi portavo appresso e mi ha subito preso in simpatia.
muovo in questi spazi senza identità, simili in ogni parte del mondo, dove Dorothy è una splendida signora dall’età indecifrabile. Elegante e raffinata,
esistono codici di comportamento e stili assolutamente propri. Anche il ma senza alcuna concessione all’esteriorità e all’ostentazione. Non so come,
linguaggio (codice per eccellenza) è peculiare e auto‐referenziale. Gate, ma si capisce subito che queste persone appartengono ad un altro ordine di
Delay, Check‐in, Duty‐free, Departures, Arrivals, Landing… Parole di uso umanità. Sarà la postura, la naturalezza con cui si muovono in spazi così
comune, che però in questi contesti assumono significati propri, specifici e anonimi permeandoli di un appena percepibile sentore di superiorità.
universali: che tu sia in Kenia o a New York. O a Ulan‐Botor. Aleggiano. Ecco.
Il simbolo topico di questi non‐luoghi è l’area di imbarco. Quando vi giungi Oddio, a ben osservare alcuni dettagli possono rivelare molto: le mani
hai oltrepassato la barriera dei controlli (dove io ho dovuto lasciare la perfette, ornate da un solo prezioso anello, l’abbigliamento informale ma
bomboletta con la schiuma da barba perché fuori dagli standard “post‐11 dove nulla sembra essere concesso al caso, le scarpe basse ma
settembre” dei contenitori di liquidi), ti sei lasciato alle spalle i negozi, i impeccabilmente eleganti. Ma senza dubbio dice molto di più quello che non
ristoranti, le agenzie di noleggio auto e tutto il rutilante mondo delle aree c’è: il superfluo.
promiscue, per entrare in un’altra dimensione fatta di attesa e di accessori
essenziali. Leggere, mangiare, andare alla toilette, girovagare per i negozi tax‐ Mi sono guadagnato la sua attenzione –oltre ad un indulgente sguardo sul
free e dormire nelle scomode sedie sono le uniche attività possibili per mio microcosmo caotico‐ grazie al libro che stavo leggendo: “L’eleganza del
ingannare il senso di dilatazione temporale e la noia. riccio”. Lei è Inglese ma ha riconosciuto il nome dell’autrice francese e con il
suo italiano basico ha fatto il resto. Lei non lo aveva ancora letto e quindi –
E’ qui che ho conosciuto Dorothy. Sì perche in queste terre di nessuno c’è chi con un garbo tutto anglosassone‐ mi ha chiesto cosa ne pensassi. “Taste your
si trova perfettamente a suo agio, con quella sciolta confidenza che deriva
31 32
17. english, now…”. Mi sono buttato, favorito dall’autentico entusiasmo che indeterminato non avrei visto che rilievi poco più alti di qualche centinaio di
quella lettura aveva suscitato in me, nonostante il libro mi fosse stato metri. Niente rocce. Niente ghiaccio. Niente neve.
regalato da una donna che poco dopo mi aveva lasciato. “Sono stranamente
diviso tra la voglia di procedere nella lettura e il desiderio che il libro non E’ stato un momento, perché subito dopo ho pensato al mondo che mi si
finisca troppo presto”, le dico sperando di fare colpo. “Come la vita”, dice lei. stava aprendo davanti. Conosciuta Dorothy, avevo in cuor mio deciso che i
Alè. K.O. tecnico in una sola ripresa. riferimenti che mi aveva dato Honey‐Paul erano troppo underground per i
Da lì è partito un dialogo così intrigante, che quasi non mi sono reso conto miei attuali gusti. Preferivo iniziare dall’overground‐world di Doroty.
che avevano già chiamato il mio volo per l’imbarco. A quel punto ho pensato Decisamente preferivo lei. See you later, Paul.
con rammarico che avrei perso la mia Dama d’altri mondi e d’altri tempi: io
prendevo un volo low‐cost, lei sicuramente avrebbe volato in Business class o
addirittura in Prima. Non me la vedevo seduta pigiata nei sedili giallo‐blu in
finta pelle della nota compagnia Irlandese. Proprio no.
E mi sbagliavo.
Dorothy si è alzata con me, ha aspettato che io infilassi tutto l’impossibile nel
bagaglio a mano, mi ha accompagnato nei pressi della gabbia che serve a
misurarne l’ingombro (per evitare di lasciare a terra altri pezzi del mio
corredo) e si è messa in fila con me per lo stesso volo diretto a Londra‐
Stansted. Davvero ho tutto da imparare sulla vita!
Abbiamo parlato per tutto il viaggio. Beh, ha parlato molto lei e io ascoltavo,
intervenendo ogni tanto ma senza convinzione. Ero stregato e ammaliato da
questa straordinaria donna di mondo che viaggiava insieme agli studenti e ai
turisti per caso, pur avendo la possibilità di noleggiare un jet privato. Una
scelta, la sua, non dettata da vezzi radical‐chic ma dal desiderio autentico di
stare in mezzo all’umanità e di non perdere il contatto con i suoi odori. Odori,
sì. Ha detto proprio così!
Ammetto che mi sono distratto solo un momento, quando l’aereo è passato
sopra le Alpi. Ho avuto una stretta al cuore pensando che per un tempo
33 34
18. 9 – Ma perché dicono Londra? per un paio di settimane, in attesa di capire bene cosa fare della mia nuova
vita. Francesca e Alex sono stati gentilissimi e non hanno esitato un momento
Quando uno prende un aereo per Londra, si aspetta di atterrare a Londra. a rispondere positivamente e con entusiasmo alla mia richiesta di asilo
Ora, capisco che le compagnie Low‐Cost siano tali perché sanno ottimizzare politico, con quello stile molto “free” tipico di chi ha vissuto all’estero come
tutti gli aspetti del business, ma Stansted sta a Londra pressappoco come studente e dà ormai per scontato che le case siano un continuo via vai di
Vicenza sta a Bologna. Pensi di essere ad un passo dalle Torri degli Asinelli e ospiti, amici, familiari e pseudo‐conoscenti scrocconi (qual sono io) da
invece ti trovi a guardare la Rotonda del Palladio. sistemare senza pretese e senza troppo cerimonie. E’ un’ospitalità davvero
fresca , genuina e mi piace un sacco. Al di là di questa motivazione pratica (e
Prima di atterrare in mezzo alla campagna inglese, Dorothy mi ha dato pure opportunistica), devo dire che questo quartiere esercita su di me un
l’ennesima dimostrazione di cosa una donna riesce a far stare dentro ad una fascino del tutto particolare. E’ di fatto una enclave musulmana, o comunque
specie di borsa delle bambole. Altro che fazzolettini e carta di credito! un’area popolata soprattutto da stranieri di origine araba o medio‐orientale:
Durante il volo questa incarnazione dell’eleganza britannica ha tirato fuori da nei giorni di mercato (ovvero quasi sempre) sembra di stare in un Suk del
quella sorta di cilindro magico, nell’ordine: rossetto Chanel con piccolo nord Africa. Salvo che, percorrendo non più di 500 metri a piedi, ci si può
specchio; portadocumenti in pelle di nonsochè; un vero e proprio kit in ritrovare immersi tra i grattacieli dei luoghi simbolo del potere finanziario
miniatura per la manicure; un sottilissimo telefono cellulare Blackberry e un I‐ mondiale: la City.
Pod. Ma chi l’ha detto che la generazione degli ultra sessantenni è Questo contrasto armonico, come quello tra l’antico e il moderno
tecnologicamente analfabeta? nell’architettura urbana, è uno dei principiali motivi di fascino di questo
enorme, vitale e multietnico contenitore di umanità.
Amo farmi sorprendere dalle persone. Dorothy c’è riuscita senza apparente
sforzo. Ho appena finito di sistemarmi nel mio divano‐letto‐armadio, facendomi
Ma torniamo al mio arrivo a Non‐Londra. Non è la prima volta che vengo in spazio tra cataste di libri, chitarre, computer in bilico e soprammobili etnici.
questa metropoli simbolo del vivere contemporaneo, ma devo dire che resto Decido di chiamare Anna. L’ho lasciata a Palermo troppo in fretta e senza un
sempre sorpreso dall’efficienza dei pubblici servizi. Atterrare, prendere un minimo di spiegazioni, anche se lei di spiegazioni sembra non averne mai
treno senza neanche uscire dall’aereoporto, arrivare in una stazione bisogno: prende le cose e le persone come sono, finchè ci sono. Come
centralissima, salire in metropolitana, cambiare due volte linea senza mai fossero un dono stupendo ma fuggevole e incostante. Io sono fuggevole e
attendere più di tre minuti e uscire a due passi dalla tua meta è l’assoluta incostante già di mio, in questo periodo, ma con lei sono stato davvero bene.
normalità. Al cellulare non risponde e allora le mando un sms, sperando mi richiami. Mi
manca già.
La mia meta l’avevo decisa ancora a Palermo: Bethan Green, nella zona est di
Londra. La scelta è nata perché conosco una giovane coppia che abita in
quella zona e mi è sembrata la cosa più intelligente chiedere loro ospitalità
35 36
19. Per cena Francesca mi prepara una pasta con tutta l’Italia disponibile in casa. almeno così cerco di spiegarmi la sua apparente tranquillità. Guardo il
Scalda il cuore questa ospitalità fatta di cose semplici ed autentiche, fa cellulare. Niente messaggi né chiamate.
sentire il sapore delle pubblicità della Barilla. Ma perché Anna non richiama? I
cellulari che ti rendono raggiungibile ovunque, gli SMS, le e‐mail visibili sul Domani ho appuntamento con Dorothy alle nove. Mi ha promesso di aiutarmi
Blackberry ti creano l’aspettativa della risposta immediata. E se non arriva a trovare un lavoro qualsiasi per pagarmi un corso di inglese serio. “Se non
cominci a farti domande. Troppe domande. conosci perfettamente la lingua non puoi sperare in un lavoro decente”, mi
ha detto prima di lasciarmi il suo biglietto da visita. Parlando con me per
Dopocena usciamo per andare in uno dei Pub del quartiere. L’aspetto sa tutto il viaggio ha evidentemente capito che non ci siamo proprio.
molto da “Bar dello Sport”: pochi avventori, qualcuno già a buon punto nel Mentre usciamo e io penso già ad infilarmi sotto il letto vedo una città che ha
percorso che lo porterà a tornare a casa completamente ubriaco; ci sono i tutta l’intenzione di stare accesa e sveglia tutta la notte. Io non capisco, ma
biliardi e le immancabili freccette. Non è il posto che ti immagini a Londra: si capirò. Eh, se non capirò!
respira un’aria paesana e tutti sembrano conoscersi. Ci sediamo e ordiniamo
tre pinte di Guiness. Alex mi racconta dei sui primi lavori come regista: per il
momento solo documentari, ma è così che si inizia. Francesca ha da poco
finito di studiare qualcosa che ha a che fare con l’antropologia dello
spettacolo ed è alla ricerca di un lavoro. Da noi con una laurea così non si
saprebbe dove andare, ma qui sembra ci sia interesse per ogni tipo
d’avanguardia culturale e –se va male‐ puoi sempre puntare ad una borsa di
studio per continuare il tuo percorso di ricerca e magari puntare alla carriera
accademica. Una cattedra in danza del ventre o in sociologia del movimento
non avrebbero senso in nessun angolo del mondo, ma a Londra sì. Così
sembra, almeno.
Mentre giochiamo a biliardo ci avvicina un omone che ha in corpo tanta birra
da stendere un irlandese. Sembra molto interessato a Francesca e del tutto
incurante della presenza mia e soprattutto di Alex. Le chiede come si chiama,
da dove viene e perché nonostante le origini italiane sappia parlare inglese
così bene. Vedo che lei gli dà spago quel tanto che basta per non farlo
irritare, stoppando con fermezza ogni tentativo di superare il limite. Mi rendo
conto che non è la prima volta che affronta una situazione come questa, o
37 38
20. 10 – Non stop sembrata un po’ delusa: ma come, tutto qua? Lavori in una catena di caffè e
frequenti un corso di Inglese? Ma che ci sei andato a fare in Inghilterra?!
Raccogliere i bicchieri e riordinare i tavoli allo Starbuck’s di Liverpool Street: Forse ha ragione. Mi devo dare un po’ da fare.
ecco il mio nuovo lavoro. “Quando devo iniziare?”. “Subito”. “Ok”.
Ho deciso di chiamare Honey‐Paul e farmi dare qualche dritta. Sono
Mi sto abituando a questo continuo ricominciare ma non nascondo che è consapevole del rischio che corro ma ci voglio provare lo stesso.
dura. Insomma, ho studiato tanto. Liceo, Università, corsi post‐universitari. E
ora sono qui a ramazzare, passare lo straccio sui tavoli e correre a destra e a Mi ha dato un paio di nomi di locali dove andare di sera e dove si può
sinistra con il carrello dei rifiuti, mentre studenti più giovani di me se ne conoscere un sacco di gente: mi ha dato ovviamente anche il cellulare di
stanno seduti nelle poltrone scure a leggere libri e sorseggiare brodaglia nera alcuni suoi amici ma non credo che li andrò a cercare. Non ora almeno.
bollente. Se sarò bravo tra qualche settimana potrò servire ai tavoli. Se Finito il corso alle nove di sera mi avvio verso una delle zone universitarie, a
inizierò a capire le ordinazioni potrei anche aspirare ad un posto dietro il Nord della città. Non so davvero cosa aspettarmi, dal momento che non si
bancone, ad armeggiare nella macchina del caffè e a scatenare il vapore sul può dire che fino ad oggi io abbia avuto una vita notturna significativa. Trovo
latte per creare cappuccini che in Italia userebbero come sciacquone nella l’indirizzo del Virtual, un locale dove fanno musica dal vivo e dove si ritrovano
toilette. soprattutto gli studenti delle facoltà umanistiche. C’è un portone nero,
riverniciato da poco. Nessuna insegna. In compenso si sente da fuori musica a
C’è di buono che vedo un sacco di gente interessante. E con il tempo scopro palla e c’è un crocchio di persone con la birra in una mano e la sigaretta
che se ci sai fare non sei del tutto invisibile, anche se fai un lavoro rasoterra. nell’altra. Mi faccio strada, un po’ titubante, e appena dentro vengo travolto
Ieri ho scambiato due parole e un sorriso complice con una bellissima ragazza in un vortice di corpi in movimento. La musica è molto bella ma il volume è
scozzese. Non posso esagerare con le pause di conversazione perché il assordante. Trascinato dalla corrente mi trovo nei pressi del banco bar.
manager mi tiene d’occhio: gli italiani non hanno una cattiva fama come Ordino una birra. Sempre piene fino all’orlo, accidenti. Ne bevo un po’ per
lavoratori qui, anzi. Ma sembrano sapere che siamo tendenzialmente dei abbassarne il livello e per non sembrare troppo impacciato, intanto continuo
marpioni e non ci facciamo mai mancare l’occasione per fare i cascamorti con a farmi trasportare. Alla terza birra sono tutt’uno con la bolgia danzante. Mi
le clienti più carine. E io a quanto pare sono in perfetta media statistica. muovo allo stesso ritmo di questo mare, non posso e non voglio fermarmi.
Passo al Whisky. Con ghiaccio, perché fa un caldo infame. Ammetto che lo
Anna finalmente mi ha chiamato. Era stata fuori Palermo per alcuni giorni e struscio continuo dei corpi mi sta esaltando e un po’ eccitando. Sono ormai
non aveva portato con sé il cellulare (ma come, c’è ancora gente che riesce a completamente andato quando mi avvicina una ragazza giovanissima e mi
stare interi giorni off‐line?). Mi ha chiesto di portargli dei The inglesi, se mai spara un bacio senza preavviso, spalmandosi con tutto il corpo sulla mia
fossi tornato. Le ho raccontato di questi miei primi giorni a Londra ma mi è camicia completamente bagnata. Allungo le mani istintivamente e lei non
oppone la benché minima resistenza. Il trucco degli occhi è già sceso un po’ e
39 40
21. questo le dà un’aria molto dark. Mi prende per gli stracci e mi trascina in un 11 – Dorothy
angolo dove evidentemente ci sono dei divani. Lo capisco perché cado sul
morbido. Due secondi dopo arriva anche una sua amica mora. Ha una Questa città non dorme mai. Sono intrappolato in un ritmo senza pause, ma
minigonna da urlo e gli stivali sopra il ginocchio. Mi gira la testa e sento le non ho alcuna intenzione di ribellarmi. Mi chiedo da dove mi venga tanta
pulsazioni del mio cuore che mi martellano le tempie. Tocco, bacio, sento energia! Forse è proprio il Moud di questa metropoli così ricca di opportunità
mani dappertutto. Aspetta un attimo. Ma in quanti siamo in questo divano? e così contenta di offrirle a chiunque ne entri in contatto… Non lo so con
Va bene. Basta farti domande, pirla. Buttati in questa mischia e poi si vedrà. precisione, ma da quando sono arrivato avrò dormito in tutto dieci ore. Dieci
Non so bene quanto tempo sia passato e confesso che non sono molto sicuro ore in cinque giorni: sto aspettandomi da un momento all’altro l’arrivo delle
di quello che ho combinato. So che sono uscito alle cinque del mattino allucinazioni.
completamente sfatto. Sono rientrato a casa alle sei. Mi sono fatto la doccia,
ho bevuto un caffè e sono andato a lavorare. Ventiquattrore vissute non‐ Sono cambiate completamente anche le mie abitudini. Le mie colazioni sono
stop. sempre state mitiche e vi ho sempre dedicato molto tempo. Qui bevo un
caffè al volo e sono fuori. A piedi, poi metropolitana, poi ancora a piedi. Con i
La cosa incredibile è che adesso sono perfettamente sveglio e operativo. O Bus non ho ancora molta dimestichezza perché non si leggono i nomi delle
almeno così mi sembra. fermate e non so mai dove scendere; certo, qualche punto di riferimento
Francesca e Alex non mi hanno fatto domande. Meglio così. comincio ad averlo e nella mia mente si sta formando una mappa
Benvenuto al centro del mondo. rudimentale.
Mi serve avere una mappa in testa, essendo quasi del tutto privo di
orientamento spaziale. O meglio, ho un orientamento distorto di 180 gradi:
se faccio una curva a destra e due a sinistra non mi raccapezzo più. A quel
punto, se devo scegliere istintivamente una direzione, scelgo sempre quella
diametralmente opposta a quella giusta. L’architettura londinese non mi
aiuta molto: tolti i monumenti più famosi e i luoghi più celebri, per il resto è
come se avessero deciso di clonare tutte le vie replicando uno o due modelli
e stili di costruzione… Bethan Green a parte, ovviamente.
Il lavoro al pub non è male e mi sta aiutando molto ad imparare la lingua.
Quello che è certo è che non voglio fermarmi qui: ho voglia di esprimermi e
di pensare in grande. Sento che questa stagione della mia vita può offrirmi
molto, anche in virtù dell’essermi messo in discussione e di aver fatto una
41 42
22. sorta di “reset” sulle certezze e sui vincoli del mio passato. Mi sento tutto i mistero che si racchiude dentro a questo equilibrio troppo perfetto:
finalmente pronto. A cosa non lo so ancora. ognuno di noi ha un mondo che preferisce non lasciar emergere. Un mondo
Dorothy mi ha procurato alcuni appuntamenti con importanti società della fatto di passato inquietante o imbarazzante, di desideri inespressi e
City. Il mondo della finanza non mi ha mai attratto. Ma Londra offre molto anestetizzati, di paure e di sogni riposti in soffitta insieme a tutte le cose che
altro e molto meglio: grandi agenzie di comunicazione, società di consulenza, abbiamo deciso non ci serviranno più. Penso che per conoscere veramente
studi di design. E riviste di moda e tendenze. Eccolo lì il mio posto. una persona si dovrebbe partire dai ripostigli e dalle soffitte: lì le cose sono
come sono, perché nessuno si sogna di far vedere agli ospiti questi angoli
Ancora mi chiedo cosa ha visto in me Dorothy per giustificare tanta reconditi del proprio spazio di vita e della propria coscienza. Quando si fa
privilegiata attenzione. Troppo facile pensare ad una sorta di filiazione entrare qualcuno in casa propria ci si muove sempre nelle stanze della vita
adottiva; il punto è un altro. Quando parla con me ho la netta sensazione che quotidiana, dove tutto è pensato per essere visto anche dagli estranei e
lei intuisca grandi potenzialità inespresse e qualità di cui io non sono del tutto manifesta molto più quello che vogliamo gli altri pensino di noi, piuttosto che
consapevole. E come molte persone realizzate e soddisfatte di sé e della quello che siamo veramente. In soffitta e negli sgabuzzini invece lo spazio e
propria vita, desidera aiutarmi a trovare un percorso che davvero mi gli oggetti si dispongono secondo un paradigma solo apparentemente
permetta di “stapparmi” e di liberare tutto quello che è (e rischiava di casuale: ordine, disordine, accumuli verticali o accozzaglie orizzontali,
rimanere) “in nuce”. Io ho deciso di fidarmi di lei, e questo mi sta portando intasamenti a destra e spazi vuoti a sinistra, o viceversa. Luce o semi‐oscurità.
davvero lontano da dove io avrei voluto o pensato di andare. E’ una persona Logica o sconnessione.
fantastica. E’ ricca e non ostenta. Colta e non sofisticata. Elegante nella
assoluta semplicità. Non mi è ancora riuscito di capirne bene il carattere: è Ho davvero tanta voglia di entrare nei ripostigli di Dorothy perché secondo
difficile da “inquadrare” (nel senso di centrare e “mettere a fuoco” con un me ci sarà qualcosa di imprevedibile e –forse‐ eccitante.
obiettivo fotografico). Qualcosa di lei sfugge anche al mio sguardo abituato Domani sarò con lei perché mi ha procurato un appuntamento con la
ad indagare e a definire –semplificando‐ la classe di appartenenza di ogni redazione londinese di Vanity Frame. Prima di sera sarò molto più vicino al
persona. mondo nascosto di Dorothy.
Quando una persona non si fa cogliere immediatamente mi scateno. Non
resisto. Finchè non scopro cosa si nasconde dietro l’apparente ma incompleta
coerenza non mi do’ pace. Per il momento ho deciso di assecondarla, di
seguire il percorso che sta tracciando per me cercando nel frattempo di
entrare in maggiore confidenza. Non sarà facile, data la sua intelligenza, ma
prima o poi si aprirà una crepa, una porta socchiusa dove infilerò il piede
prima che si richiuda. A quel punto comincerà il mio gioco e farò riemergere
43 44