Caratterizzazione di un rivelatore a piatti resistivi (RPC)
1. Universit`a degli studi di Napoli
“Federico II”
Facolt`a di Scienze MM.FF.NN.
Corso di Laurea in Fisica
Esperienza di Laboratorio di Fisica II
Caratterizzazione di un rivelatore a
piatti resistivi (RPC)
Studenti: Docente:
Carpentieri Carmela
DI Iorio Gerardo
Iorio Elena Crisostomo Sciacca
13. Capitolo 1
Rivelatori a gas
Lo studio dei costituenti della materia e delle interazioni cui sono soggetti richiede l’
analisi di processi di diffusione o annichilazione di particelle ad energie sufficiemente
alte nel centro di massa. I processi fisici che ci mettono in condizioni di rivelare
particelle sono diversi a seconda che queste siano neutre o cariche:
i fotoni possono interagire per effetto fotoelettrico, effetto Compton o per creazione
di coppie; gli elettroni e i positroni possono essere rivelati grazie alla loro interazione
elettromagnetica con il materiale rivelante.
Ai fini dello studio dei rivelatori a gas, sar´a utile trattare, per linee generali, gli
effetti derivanti dall’ interazione di particelle ionizzanti nel gas.
1.1 Passaggio di particelle attraverso la materia
Il passaggio di particelle cariche attraverso la materia ´e, in generale, caratterizzato da
due fenomeni:
1. perdita di energia
2. deflessione dalla direzione di incidenza.
Questi effetti sono sostanzialmente il risultato di uno dei seguenti processi:
1. collisioni anelastiche con gli elettroni atomici del materiale
2. scattering elastico con i nuclei
3. emissione di radiazione Cherenkov
4. reazioni nucleari
1
14. Simbolo Definizione Unit´a o valore
mec2
Massa dell’ elettrone x c2
0.51099906(15)MeV
Z Numero atomico del mezzo
A Numero di massa del mezzo gmol−1
k/A 4πNAr2
emec2
/A 0.307075MeV g−1
cm2
per A = 1gmol−1
I Energia media di eccitazione eV
δ Density effect correction
Tabella 1.1: Sommario delle variabili usate
5. Bremsstrahlung.
In questo e nel successivo paragrafo analizzeremo il meccanismo di ionizzazione.
Consideriamo una particella che incide in un mezzo con velocit´a βc maggiore di
quella degli elettroni orbitali (circa Zαc) e piccola abbastanza da trascurare gli effetti
radiattivi. La perdita media di energia ( stopping power) ´e ben descritta dall’
equazione di Bethe-Bloch:
−
dE
dx
= Kz2 Z
A
1
β2
[
1
2
ln
2mec2
β2
γ2
Tmax
I2
− β2
−
δ
2
] (1.1)
Qui Tmax ´e l’ energia cinetica massima che pu´o essere trasferita ad un elettrone
libero in una singola collisione.
Le unit´a di misura sono scelte in modo tale che dx abbia le dimensioni di una massa
per unit´a di superficie, per es. g/cm2
.
Per una particella di massa M e momento Mβγc, Tmax ´e dato da :
Tmax =
2mec2
β2
γ2
1 + 2γ me
M
+ (me
M
)2
(1.2)
1.2 Meccanismo di ionizzazione
La reazione di ionizzazione che avviene al passaggio di una particella carica in un gas
o di un fotone di energia maggiore dell’ energia di ionizzazione ´e la seguente :
X + p → X+
+ p + e−
(1.3)
con creazione di una coppia ione positivo-elettrone. La ionizzazione creata dalla
stessa radiazione incidente `e detta ionizzazione primaria. In un certo numero di queste
15. Figura 1.1: Perdita di energia nel rame
Figura 1.2: Perdita di energia nei liquidi
16. ionizzazioni viene trasferita una quantit´a sufficientemente grande di energia all’ elet-
trone da permettergli a sua volta di produrre coppie di ioni per urto, contribuendo alla
carica complessivamente prodotta. Questa ulteriore ionizzazione ´e detta secondaria.
Se, a seguito di ionizzazione secondaria, l’ energia degli elettroni ´e ancora sufficiente a
ionizzare altre molecole di gas, si avr´a ionizzazione terziaria e cos´ı via. Il processo con-
tinua finch´e non viene raggiunta la soglia delle reazioni di ionizzazione. A questo punto
´e lecito porsi una domanda: qual ´e il numero medio di coppie elettrone-ione create per
un dato ammontare di energia persa? Per l’ Argon questo numero medio risulta essere
dell’ ordine di una coppia per 30eV di energia persa, cio´e per una perdita di energia
di 3keV saranno create, in media, 3000
30
= 100 coppie elettrone-ione positivo. Mentre
il numero di coppie create ´e importante per l’ efficienza e la risoluzione di energia del
rivelatore, ugualmente importante ´e che queste coppie rimangano in uno stato libero
per un tempo lungo abbastanza da essere raccolte. Due processi, in particolare, impe-
discono questa operazione: ricombinazione e cattura elettronica. In assenza di campo
elettrico esterno gli elettroni e gli ioni liberati dal passaggio di radiazione, diffondono
isotropicamente a partire dal loro punto di creazione. In questo processo essi subiscono
collisioni multiple con le molecole del gas e perdono la loro energia tornando lenta-
mente all’ equilibrio termico con il gas e, eventualmente, ricombinandosi. In presenza
di un campo elettrico esterno le coppie non diffondono pi´u isotropicamente perch´e il
campo modifica le rispettive traiettorie; gli ioni acquistano cos´ı una componente non
nulla di velocit´a nella direzione del campo, denominata velocit´a di drift. Raggiunto il
catodo (o l’ anodo se ´e un elettrone), gli ioni vengono neutralizzati dalla carica presen-
te, mantenuta costante da un generatore di tensione. Per gli ioni positivi, la velocit´a
di drift risulta essere linearmente dipendente dal rapporto E/p. Aumentando il campo
elettrico, l’ energia cinetica media aumenta fino a diventare confrontabile con l’ energia
di ionizzazione del gas; in questo caso l’ elettrone pu´o generare, per urto, nuove coppie
ione-elettrone libere, originando una “valanga”. A causa della grande mobilit´a degli
elettroni rispetto agli ioni (di massa superiore), la valanga ha la forma di una goccia
di liquido con gli elettroni raggruppati in testa e gli ioni positivi, pi´u lenti, in coda.
Se α ´e il cammino libero medio di un elettrone per una collisione ionizzante
secondaria, allora 1
α
´e la probalit´a di ionizzazione per unit´a di cammino.
Se ci sono N elettroni nel mezzo, allora per unit´a di cammino dx ci saranno dN =
Nαdx nuovi elettroni creati. Integrando otteniamo il numero totale di elettroni creati
in un cammino x:
N = N0exp(αx). (1.4)
17. Figura 1.3: Forma della valanga
SEGNALE
+Vo
ANODO
CATODO
Figura 1.4: Rivelatori a gas
1.3 Rivelatori a ionizzazione
Questi strumenti sono basati sulla raccolta diretta degli elettroni di ionizzazione e degli
ioni prodotti in un gas dal passaggio di radiazione. I tre apparecchi a gas pi´u usati sono:
camera a ionizzazione, contatori proporzionali e contatori geiger. La configurazione
base consta di un contenitore di forma cilindrica con pareti conduttrici e una stretta
finestra di uscita. Il cilindro ´e riempito di un gas nobile, solitamente l’Argon.
Lungo il suo asse ´e sospeso un filo conduttore al quale viene applicato un voltaggio
positivo +V0, relativamente alle pareti. Si stabilisce allora un campo elettrico radiale:
E =
1
r
V0
ln(b
a
)
(1.5)
dove r ´e la distanza radiale dall’ asse; b ´e il raggio interno del cilindro; a il raggio
18. Figura 1.5: creazione coppie
del filo conduttore. Quando una radiazione attraversa il cilindro vengono create un
certo numero di coppie elettrone-ione positivo. Sotto l’ azione del campo elettrico
gli elettroni vengono accelerati verso l’ anodo e gli ioni verso il catodo. Il segnale di
corrente osservato dipende dalla intensit´a del campo.
A voltaggio nullo la carica raccolta ´e nulla e ci´o corrisponde alla situazione in cui
gli elettroni diffondono isotropicamente: non essendoci infatti direzione privilegiata,
mediamente, in un punto qualsiasi, si raccoglieranno tanti elettroni quanti ioni positivi.
Al crescere del voltaggio vengono superate le forze di ricombinazione e quindi aumenta
la carica libera presente grazie alle prime ionizzazioni. Una prima zona di saturazione
si incontra in corrispondenza della situazione in cui tutte le coppie prodotte vengono
raccolte, ma la tensione ´e ancora troppo bassa da fornire alle particelle interne energia
sufficiente a produrre ionizzazioni secondarie. In questa prima regione (II) lavorano
le camere a ionizzazione. Aumentando ancora il voltaggio al di l´a della regione II, il
campo elettrico ´e in grado di accelerare gli elettroni liberi ad energie tali da ionizzare
le molecole del gas nel cilindro. Gli elettroni creati in questa seconda ionizzazione sono
anch’essi accelerati e ionizzano altre molecole fino a creare una “valanga”. Il numero
di coppie ione-elettrone nella valanga ´e direttamente proporzionale al numero di elet-
troni primari. In questa regione di moltiplicazione proporzionale lavorano le camere
proporzionali (regione III). Un ulteriore aumento della tensione comporta la situazione
di proporzionalit´a limitata in cui le reazioni secondarie avvengono in maniera incon-
trollabile provocando una deformazione rilevante del campo interno e una perdita della
proporzionalit´a diretta. A tensioni ancora pi´u alte si verificano delle scariche nel gas
che a loro volta producono fotoni UV in maniera isotropa che provocano ionizzazioni
19. µ
PoliuretanoCornice laterale
Strips di pick-up
Piano isolante in PVC
Spaziatori in PVCgas
Bachelite
Bachelite
Piano isolante in PVC
HV
GND
(su grafite)
Foglio di alluminio (40 m)µ
Foglio di alluminio (40 m)
(su grafite)
Figura 1.6: Struttura dell’ RPC
in altri punti del rivelatore. Se il fenomeno di emissione di fotoni UV e le ulteriori
ionizzazioni prodotte da questi, diventano rilevanti, hanno luogo delle scariche intense
che, con opportune miscele di gas, possono essere localizzate in una regione molto ri-
stretta del rivelatore. A questo proposito si parla di regione streamer. Per controllare
questo effetto si ´e soliti introdurre un gas di spegnimento, detto quenching, che assorbe
i fotoni ultravioletti e tampona l’ effetto a cascata. I detectors che lavorano in questa
zona sono detti contatori Geiger-Muller.
1.4 RPC
1.4.1 Caratteristiche costruttive
Il principio alla base del funzionamento di un RPC ´e quello di un rivelatore a gas
che lavori in regime streamer. Un RPC ´e costituito da due elettrodi resistivi piani
e paralleli in bachelite (la cui resistivit´a varia tra 1010
e 1012
Ωcm) dello spessore di
circa 2mm, tenuti ad una distanza costante pari a 2mm grazie ad appositi cilindretti
spaziatori in PVC ed ad una cornice isolante che fissa i bordi degli elettrodi.
Un accorgimento importante nella realizzazione pratica di un RPC ´e l’ oleatura
delle pareti interne. Spalmando infatti olio di lino sulle facce interne delle armature si
riesce a rendere le superfici pi´u lisce evitando disuniformit´a che potrebbero influenzare
fortemente il valore locale del campo elettrico. Tra i due elettrodi viene fatta fluire
una miscela di Argon, Isobutano, Freon a pressione atmosferica. Ciascun elettrodo ´e
quindi ricoperto esternamente da uno strato di vernice conduttrice a base di grafite
che serve a distribuire uniformemente l’ alta tensione applicata alle armature su tutta
la superficie. Il tutto viene ricoperto da uno strato in PVC per isolare il sistema.
Vengono infine aggiunti alla struttura un piano in alluminio in corrispodenza della
faccia esterna del catodo e una serie di strips di prelievo del segnale in corrispondenza
20. Figura 1.7: Circuito equivalente di un RPC
della faccia esterna dell’ anodo con un ulteriore strato in PVC e uno in alluminio. La
scelta della miscela di Isobutano, Argon, Freon non ´e casuale:
• l’ Argon ha la funzione di innescare la scarica, inoltre ha una bassa elettronega-
tivit´a, un basso potenziale di ionizzazione e un basso costo;
• l’ Isobutano ha la funzione di quencher. ´E una macro molecola organica che
assorbe i fotoni UV emessi dall’ Argon;
• il Freon ´e una sostanza fortemente elettronegativa che contribuisce a limitare la
scarica agendo come ulteriore quencher.
Le percentuali da noi usate per i costituenti della miscela sono :
ARGON 48%
ISOBUTANO 4%
FREON(HFC34) 48%
per un flusso totale di 6 l/h .
1.4.2 Principio di funzionamento
Il principio di lettura si basa sulla misura della variazione di tensione indotta sugli
elettrodi a seguito dello streamer conseguente al passaggio di una particella. L’ analisi
del segnale generato in un RPC pu´o essere effettuata mediante lo studio di un circuito
equivalente che schematizzi una cella di scarica. Per cella di scarica si intende un
condensatore piano avente come superficie quella su cui si addensa la carica raccolta
da un elettrodo. Il circuito equivalente ´e quello in figura 1.7.
21. Figura 1.8: Circuito equivalente al passaggio di particella
Al passaggio di una particella si innesca una scarica nel gas e il corrispondente
circuito equivalente sar´a allora quello in figura 1.8.
La scarica ´e schematizzata da un generatore di corrente il quale provoca una di-
minuzione della tensione ai capi della gap. Conseguentemente si verifica un aumento
della d.d.p ai capi degli elettrodi in modo da bilanciare la diminuzione precedente e
mantenere V0 costante ai capi della cella. I tempi di cui dobbiamo tener conto sono
allora due :
• il tempo di scarica τs(circa 10ns)
• il tempo morto τRP C che occore al sistema per ripristinare le condizioni iniziali.
τRP C = Relet.(Celet. + 2Cgap) = Relet.Celet. + 2(
ρl
∆S
)(
ǫ0∆S
d
) (1.6)
per l = d (come nel nostro caso)
τRP C = ǫ0ρ(ǫelet. + 2) = 10ms (1.7)
dove l ´e la distanza reciproca degli elettrodi; d ´e lo spessore della gap; ∆S ´e la
superficie dell’ armatura della cella di scarica; ρ = 1011
Ωcm. Dunque per un tempo
t = 10ms dalla scarica non ´e possibile la rilevazione di altre particelle che incidano
nella cella. Il segnale generato all’ interno di un RPC pu´o essere prelevato per mezzo
di elettrodi di pick-up. Due sono le possibili scelte di tali elettrodi : strips in alluminio
disposte parallelamente a ricoprire la superficie dell’ anodo, consentono una misura di
posizione della particella con precisioni dell’ ordine del cm; pads in rame, consento-
no una misura precisa dei tempi di arrivo delle particelle poich´e il segnale non deve
viaggiare lungo una linea di trasmissione. Gli elettrodi utilizzati dal nostro RPC sono
strips. Le strips si comportano come delle vere e proprie linee di trasmissione( con una
22. loro impedenza caratteristica) che trasportano il segnale all’ elettronica di front-end.
Come per una linea di trasmissione, occore adattare l’ impedenza tra strips e canali
di ingresso dell’ elettronica, per impedire riflessioni del segnale. Le strips hanno un’
impedenza di circa 33Ω e sono connesse da un lato alla FEC e dall’ altro ad un piano di
massa per mezzo di un resistore R = 2KΩ. Essendo inoltre il tempo di propagazione
di un segnale su tali linee circa 5ns/m, con strips di un metro occore aspettarsi qualche
ns di ritardo. Quindi per misure di tempo occorre tener conto di tali correzioni.
23. Capitolo 2
Apparato sperimentale
2.1 Layout
La torre sperimentale utilizzata ´e costituita da due piani di scintillatori e un piano di
RPC in bachelite. Partendo dal basso si incontra un primo piano di scintillatori (S-
bottom) costituito da quattro scintillatori delle dimensioni di 100x25 cm2
, affiancati
trasversalmente in modo da formare una superficie complessiva di un metro quadro.
Ogni scintillatore presenta alle due estremit´a una guida di luce e un fotomoltipli-
catore. Ad una distanza di 70 cm dal piano S-bottom c’ ´e il piano RPC con elettrodi
in bachelite di forma trapezoidale e dimensioni 1.8 m · (1.4 m base minore) · 1 m,
equipaggiato con 32 strips in alluminio larghe 3 cm e distanziate di 2 mm. Un ultimo
piano di scintallatori (S-top) ´e posto a 110 cm dal piano RPC ed ´e strutturato come
il precedente.
Il piano di strips ´e letto da due schede elettroniche, ciascuna con 16 canali di
ingresso, in grado di generare un fast-or. Per controllare la tensione di alimentazione
del rivelatore e le correnti di assorbimento viene utilizzato il modulo C.A.E.N SY127
HIGH VOLTAGE SYSTEM interfacciato via software ad un terminale video su cui ´e
possibile impostare i parametri e monitorarli.
2.2 Sistema di flussaggio del gas
Per un corretto funzionamento del RPC ´e necessario mantenere costanti le percentuali
dei costituenti la miscela per evitare uno spostamento del punto di lavoro del rivelatore.
A tale scopo vengono adoperati dei flussimetri di massa che regolano la quantit´a di gas
che deve fluire nella gap, selezionandola secondo la massa: non sono quindi influenzati
da fattori esterni come pressione e temperatura. Oltre ai flussimetri di massa il sistema
di flussaggio ´e costituito da tre bombole contenenti l’ Argon, il Freon e l’ Isobutano.
11
25. B
Figura 2.3: Curva di taratura dell’ Argon
Argon e Freon sono tenuti ad una pressione di 200 atm mentre l’ Isobutano ´e tenuto
a 1.8 atm per evitare la liquefazione. Nel percorso tra le bombole, poste esternamente
al laboratorio, e il laboratorio stesso sono inseriti dei riduttori di pressione su Argon e
Freon che portano la pressione a 4 atm e , internamente al laboratorio, altri riduttori
portano la pressione a 1.6 atm per tutti e tre i gas.
Il volume interno della camera ´e :
V (RPC) = [
(1.8 + 1.4)
2
]0.002 = 0.0032m3
= 3.2l (2.1)
Utilizzando le curve di taratura dei flussimetri si determinano i flussi parziali in
volume.
Φtot = 6 l/h
Φ(Argon) = 0.48 Φtot = Φ(Freon) = 2.88 l/h
Φ(Isobutano) = 0.04 Φtot = 0.240 l/h
I valori da impostare dal controllore dei flussimetri sono :
YArgon = 26.1%
YIsobutano = 2.0%
YHF C134 = 61.7%
ricavati secondo la formula Y = M0 + M1X, dove X `e il flusso (in l/h), mentre i
parametri M0 ed M1 sono riportati in tabella 2.1
26. Figura 2.4: Curva di taratura dell’ HFC134
Figura 2.5: Curva di taratura dell’ Isobutano
Gas M0 M1
Argon −1.0054 9.4263
Isobutano 1.6101 20.86
HFC −0.20547 9.2586
Tabella 2.1: Parametri
27. Figura 2.6: Diagramma a blocchi della FEC
Prima di essere mandati al RPC i gas vengono inviati in un recipiente cilindrico
con alette miscelanti che provvede al mescolamento dei tre componenti. La miscela ´e
quindi mandata al RPC ed ´e tenuta sotto controllo tramite un asametro e una valvola
di sicurezza. Una informazione visiva sul flussaggio costante del gas ´e data da due
bubbolatori posti all’ entrata e all’ uscita dal RPC.
2.3 La scheda di front-end (FEC)
I segnali presenti sulle strips del RPC sono discriminati e letti tramite due schede elet-
troniche che raccolgono i segnali provenienti rispettivamente dalle strips pari e dispari.
Riportiamo di seguito, per linee generali, i principi su cui si basa il funzionamento
di una Front-End Card . L’ RPC ´e un rivelatore con un basso rumore e un buon
rapporto segnale-rumore (S/N). Se si lavora in regione di streamer l’ impulso minimo
di carica ´e circa 100 ÷ 150pC, a seconda della miscela di gas utilizzata e il tempo di
salita 2 ÷ 4 ns. L’ ampiezza del segnale su una resistenza di 50Ω ´e circa di 200mV .
Lo stadio di ingresso della FEC ´e connesso direttamente alle strips ed ´e sempre
attivo, indipendentemente dal trigger. Ciascuna strip si comporta come una linea
di trasmissione nella quale, ´e stato mostrato, la velocit´a di propagazione del segnale
´e circa 20 cm/ns. Lo stadio di ingresso alimenta un circuito basato su un doppio
monostabile, per la riduzione del rumore, ed un dispositivo PLD(Programmable Logic
Device) con il compito di produrre il fast-or.
Le strips sono collegate alla FEC tramite un cavo twistato piatto. I segnali, nume-
28. Figura 2.7: Diagramma a blocchi delle funzioni della FEC
rati da I0 a I15 sono adattati all ’impedenza caratteristica della strip per mezzo di un
resitore R0, quindi sono amplificati dai transistors Q0 − Q15
I transistors sono polarizzati in modo da procurare una corrente di emettitore di
circa 1mA per mezzo di una resitenza di limitazione RB posta sull’ emettitore e con
un induttore sul collettore. Per impulsi in ingresso al di sopra della soglia la scarica
dell’ induttore causa un allungamento dell’ impulso.
Il segnale positivo sul collettore del transistor viene visto da un circuito integrato
74F240 che agisce contemporaneamente come buffer e come discriminatore. Quando le
strips rilevano un evento , se il segnale risultante sul collettore del transistor ´e pi´u alto
della tensione VIH del circuito 74F240, allora uscir´a un segnale negativo dal buffer.
Poich`e il circuito integrato 74F240 agisce come discriminatore, una sua importante
caratteristica `e il ritardo introdotto tra i segnali in ingresso e in uscita dalla scheda.
`E stato testato che, per un seganle in ingresso di durata 20ns e ampiezza 100mV ,
il ritardo IN-OUT `e (33.6 ± 0.4) ns. Dunque l’uscita DATA-OUT risulta ritardata
rispetto al FAST-OR.
2.4 Sistema di acquisizione dei dati
La fase determinante nel processo di presa dati consiste nel mettere a punto una catena
di collegamento tra moduli elettronici in grado di prelevare il dato alla fonte e portarlo
al computer per l’acquisizione.
29. Figura 2.8: Stadio di ingresso della FEC
Figura 2.9: Struttura della FEC
30. Il nostro lavoro di laboratorio consiste nel verificare il funzionamento di un RPC
al variare di tre parametri fondamentali:
• miscela di gas all’interno della gap;
• tensione di alimentazione degli elettrodi;
• temperatura ambientale.
Abbiamo quindi diviso l’acquisizione dei dati in due fasi:
1. misure al variare della miscela e della tensione di alimentazione:
per ogni miscela utilizzata abbiamo fatto misure di efficienza e conteggi
di singola al variare della tensione di alimentazione e ricavato quindi
il punto di lavoro. In seguito, a tensione fissata, abbiamo fatto misure
del ritardo introdotto sui segnali provenienti dalle FEC e monitoraggio
dei cosmici;
2. misure al variare della temperatura:
scelta una determinata miscela di gas e fissata per essa il punto di
lavoro (la tensione di plateau `e stata scelta, convenzionalmente, 300V
al di sopra del ginocchio della curva di efficienza) abbiamo fatto misure
di efficienza e conteggi di singola in funzione della temperatura.
Restano ora da definire le procedure con cui sono state realizzate tali misurazioni.
• Misure di efficienza:
l’efficienza `e definita come il rapporto tra il numero di eventi rivelati
e il numero di eventi forniti dal trigger:
ε =
A
numero di trigger
(2.2)
dove il trigger `e generato tramite lo schema in fig 2.10
e A (numerodi eventi rivelati) `e definito come in fig 2.11
• Conteggi di singola:
in questo caso dobbiamo distinguere le procedure utilizzate nelle due
fasi.
Fase (2): nello schema di figura 2.12 abbiamo riassunto il tipo di
operazioni logiche effettuate sui segnali provenienti dalle FEC. Sono
31. OR 8 SCINTILLATORI UP
OR 8 SCINTILLATORI DW
TRIGGER
AND
Figura 2.10: Schema del trigger
FEC D
FEC S
TRIGGER
AND
FAST OR
FAST OR
OR
A
Figura 2.11: Schema per il conteggio degli eventi
FEC S FEC D
DISCR. DISCR.
OR
ECL
SCALER
MAC
FAST OR FAST OR
ECL-NIM
NIM-ECL
ECL-NIM
NIM-ECL
NIM-ECL(3) (3)
(4)
Figura 2.12: Schema per i conteggi di singola
32. OR
FEC S
FEC D
FAST OR
FAST OR
ECL-NIM
ECL-NIM
COUNTER
Figura 2.13: Schema per il conteggio a mano
TRIGGER
FEC
RITARDO
T
D
C
FAST OR
START
STOP
Figura 2.14: Misure di ritardo
inoltre indicate le conversioni tra logiche NIM ed ECL necessarie al
trasporto del segnale. Le misure effettuate al punto (3) servono essen-
zialmente per il controllo del funzionamento delle schede elettroniche,
mentre al punto (4) contiamo il numero di eventi rivelati dal RPC in-
dipendentemente dal trigger: alla scala di conteggio infatti arriver`a un
segnale ogni volta che una qualunque delle 32 strips ha parlato.
Fase (1): a differenza della Fase (2), in cui le operazioni sono auto-
matizzate, i conteggi sono stati fatti “a mano” secondo lo schema di
figura 2.13.
• Misure della risoluzione temporale del RPC:
La figura 2.14 mostra lo schema di acquisizione dei tempi di risposta
del rivelatore, raccolti da una delle due schede di Front-End. Un altro
canale del TDC raccoglie i tempi della seconda FEC.
• Molteplicit`a delle strips:
Si utilizza, a tale scopo, un modulo VME ZERO-SUPPRESSOR al
quale vengono indirizzate le uscite FAST-OR e DATA-OUT delle sin-
gole FEC (fig 2.15). Lo STROBE di tale modulo deriva dal trigger
del sistema stesso. Ad ogni segnale di trigger lo STROBE genera 16
successivi segnali di clock in modo che lo Z-SUPP legga le informazio-
ni delle strips, generate dalla FEC in maniera seriale. Le informazioni
acquisite dallo Z-SUPP vengono inviate al computer sotto forma di
parole di 8 bit, una per ciascuna strip, contenenti informazioni codifi-
cate circa la sua posizione e il suo stato (cio`e se ha parlato o meno). In
33. FEC D
FEC S
TRIGGER STROBE
ZERO
SUPPRESSOR
MAC
DATA OUT
DATA OUT
FAST OR
FAST OR
Figura 2.15: Schema per il monitoraggio cosmici
questo modo riusciamo ad avere informazioni circa la distribuzione del
numero di segnali provenienti da ciascuna strip. La successiva analisi
dei dati “letti” dallo Z-SUPP viene effettuata tramite un programma
di cui riportiamo il testo in appendice D.
2.5 I moduli 6B e la sonda per la lettura della
temperatura
Come abbiamo gi`a avuto modo di sottolineare, lo scopo dell’esperienza di laboratorio
`e quello di monitorare il funzionamento di un RPC al variare della miscela di gas
utilizzata e al variare della temperatura ambientale. Per questo secondo obiettivo si
sono rese necessarie delle sonde per la lettura della temperatura e dei moduli per la
conversione degli impulsi provenienti dalle sonde.
Per quanto riguarda la sonda, abbiamo utilizzato il tipo AD592, un circuito inte-
grato monolitico a due terminali, trasduttore di temperatura che fornisce una corrente
di uscita proporzionale alla temperatura assoluta. La corrente di uscita viene letta da
un modulo 6B11 dell’ Analog Devices installato su un backplain 6BP04 − 2.
2.5.1 Il backplain 6BP04 − 2 e i moduli 6B
Il 6BP04 − 2 ´e un backplain a quattro canali (figura 2.16). Presenta un connettore
di uscita RS − 485, che permette la connessione con altri backplains, e un connettore
RS − 232C per l’interfaccia con il computer.
Le quattro entrate vengono lette da moduli 6B che convertono in digitale i segnali
analogici in ingresso. I moduli di input accettano segnali in ingresso provenienti da
34. Figura 2.16: Backplane 6BP04-2
temocoppie, RDT(resinstence temperature detectors), segnali di tensione e di corrente.
In seguito convertono questi segnali e trasmettono i dati serialmente attraverso un
connettore RS − 485.I moduli utilizzati per l’ esperienza sono di tipo 6B11 e 6B13.
Modulo 6B11: accetta come input informazioni provenienti da termocoppie di
vario tipo, tensioni e correnti, con risoluzione variabile a seconda del range selezionato.
Il formato dei dati in uscita ´e in unit´a naturali( come o
C, V o mA), in percentuale
del fondo scala o in formato esadecimale.
Modulo 6B13: accetta input da RTD di platino, nichel o rame e d´a un’ uscita
linearizzata in unit´a naturali, in percentuale del fondo scala o in formato esadecimale.
Avendo a disposizione una sonda AD592 la cui uscita ´e in corrente abbiamo
utilizzato il 6B11.
Il modulo ´e configurato via software attraverso un’ apposita funzione che ne sele-
ziona l’indirizzo e il formato dei dati. L’ operazione di configurazione va effettuata
rimuovendo il jumper W1 ( vedi figura backplain ).
2.5.2 La sonda AD592 e l’errore sulla lettura della tempera-
tura
La sonda d´a, in uscita, una corrente secondo il grafico di figura 2.19.
Affinch´e il modulo 6B possa leggere una tensione abbiamo inserito una resistenza
R = 293.7Ω ai cui capi leggiamo la d.d.p, come mostrato in figura 2.20.
Per capire quale dovr´a essere l’intervallo di funzionamento del modulo facciamo le
seguenti considerazioni: la sonda legge temperature nell’intervallo −25/105o
C; per i
35. Figura 2.17: Dimensioni della sonda
Figura 2.18: Pin di collegamento della sonda
Figura 2.19: Grafico di conversione
36. +5V
6B
293.7Ω
AD592
Figura 2.20: Schema di collegamento con la resistenza
Formato dei dati +F.S. Zero -F.S. Risoluzione
Unit´a ing. +100 0 −100 10 µV
% del FSR +100 0 −100 0.01%
Tabella 2.2: Caratteristiche del range
nostri scopi possiamo ridurre questo intervallo ai valori 0/40o
C che corrispondono ad
un intervallo di corrente ( vedi grafico di fig. 2.19):
273µA ÷ 313µA
e, quindi, ad un intervallo di tensione:
(273 × 10−3
× 293.7)mV ÷ (313 × 10−3
× 293.7)mV
cio´e
80mV ÷ 92mV
Allora, via software, possiamo fissare l’ input range del modulo tra −100mV e
+100mV .
A questo range corrisponde, secondo la tabella fornita dalla casa costruttrice, un
errore sulla misura effettuata dal modulo di ±10µV ,cio´e un errore sulla seconda cifra
decimale (vedi tabella 2.2). Con la propagazione degli errori possiamo risalire all’
errore sulla lettura della temperatura. Consideriamo V = 100mV
I = V
R
= 100mV
293.7Ω
= 340.48µA
´e la corrente in uscita dalla sonda .
Calcoliamo l’ errore realtivo sulla corrente come :
δI
340.48µA
= 0.01mV
100mV
+ 0.1Ω
293.7Ω
= 4 × 10−4
dove 0.1Ω ´e l’ errore di sensibilit´a del multimetro digitale con cui ´e stata misurata
R.
37. Risoluzione della sonda
0
200
400
600
800
1000
23.7 23.8 23.9 24 24.1 24.2 24.3 24.4
0.2688E+05/ 13
P1 1237. 1.492
P2 24.03 0.2450E-04
P3 0.3033E-01 0.4547E-04
Temp. sonda (C)
Figura 2.21: Istogramma
δI = 0.1µA
I = (340.5 ± 0.1)µA ´e la misura di I con il suo errore. Dato che la temperatura si
ottiene a partire da I come (vedi grafico in fig 2.19)
T = α(I − 273µA)
con α = 1
oC
µA
e l’ intercetta dati senza errore allora T = (67.5 ± 0.1)o
C. Questo ´e l’
errore ottenuto tramite propagazione. Per attribuire il giusto errore alla temperatura
occorre confrontare questo valore con la precisione dello strumento: in questo modo
avremo un’ idea sulla ripetibilit´a della misura. A tal fine abbiamo ripetuto N = 2000
volte la misurazione di T nelle stesse condizioni ottenendo l’ istogramma di figura 2.21.
La distribuzione di queste misure presenta una deviazione standard σ = 0.03 molto
pi´u piccola dell’ errore di sensibilt´a. Per tale motivo, ogni volta che leggeremo una
temperatura le attribuiremo un’ incertezza sulla prima cifra decimale.
38. 2.6 L’ambiente LABVIEW
Per l’ acquisizione e l’ analisi dei dati `e stato utilizzato il linguaggio di programma-
zione LABVIEW installato su MAC IIVX. Si tratta di un programma che sviluppa
applicazioni, come il PASCAL o il BASIC, ma a differenza di questi, usa un linguaggio
di programmazione G, per creare programmi sottoforma di diagramma a blocchi. I
programmi di LABVIEW sono chiamati Virtual Instuments (VIS) poich`e il modo di
operare imita la strumentazione vera e propria.
Le caratteristiche di un Virtual Instument sono le seguenti:
• un’ interfaccia interattiva: il pannello frontale che simula il pannello di uno
strumento fisico. Pu`o contenere manopole, pulsanti e altri indicatori di controllo.
• Il VI riceve istruzioni da un diagramma a blocchi costruito in linguaggio G. Il
diagramma a blocchi risulta essere il “source code” di un VI.
• Ogni VI pu`o essere utilizzato come programma a se stante o come funzione
inserita in un altro programma.
Di seguito si portano il pannello frontale (2.22)e il diagramma a blocchi del pro-
gramma (2.23) :
40. INIT CAMAC
APRE IL FILE DI USCITA
IMPOSTA LA TENSIONE DI LAVORO
RATE DI SINGOLA ( FECdx, FECsx, FECor),
SETTA TENSIONE DI LAVORO, FILE DI
USCITA, WAITING TIME, COUNTING TIME
, #RUNS, EVENTI DI EFFICIENZA
MISURA L’ EFFICIENZA , TEMPERATURA
CORRENTE.
SCRIVE I DATI NEL FILE
FINE
LOOP
SU #RUNS
Figura 2.23: Diagramma a blocchi del programma TOTAL
41. Capitolo 3
Taratura degli strumenti
In questo capitolo verrano illustrate le procedure di calibrazione dei vari moduli CA-
MAC e NIM utilizzati in laboratorio e facenti parte della catena di trasferimento dati.
Verranno inoltre descritte le principali caratteristiche degli scintillatori utilizzati.
3.1 Calibrazione della soglia del discriminatore
Per verificare la soglia dello strumento abbiamo mandato un impulso di ampiezza
variabile, tramite un generatore, al discriminatore secondo lo schema di fig. 3.1.
Sull’ oscilloscopio abbiamo misurato il valore della tensione in corrispondenza del
quale la porta ´e scattata. La soglia nominale del discriminatore ´e stata misurata
tramite un tester. I risultati ottenuti sono riportati in tabella 3.1 e nel grafico di fig
3.2.
Dai dati abbiamo ricavato il fit lineare y = P1 + P2x, dove P1 = 5 ± 2mV e
P2 = 1.065 ± 0.008.
Generatore
di segnali
Discriminatore Oscilloscopio
Segnale di
ampiezza variabile
Figura 3.1: Schema di collegamento per la taratura del discriminatore
29
43. T νnom (KHz) conteggi (in 10s) νcounter (KHz)
580 ± 20(ns) 1700 ± 59 16218203 ± 4027 1621.8 ± 0.4
2.00 ± 0.02(µs) 500 ± 5 5065967 ± 2250 506.6 ± 0.2
20 ± 1(µs) 50 ± 2 506781 ± 712 50.68 ± 0.07
300 ± 10(µs) 3.1 ± 0.1 32695 ± 181 3.27 ± 0.02
400 ± 10(µs) 2.50 ± 0.06 24825 ± 158 2.48 ± 0.02
800 ± 20(ns) 1250 ± 31 11677989 ± 3417 1167.8 ± 0.3
180 ± 4(ns) 5000 ± 123 50023318 ± 7073 5002.3 ± 0.7
140 ± 4(ns) 7000 ± 204 71057370 ± 8430 7105.7 ± 0.8
90 ± 2(ns) 11000 ± 247 108893969 ± 10435 10889 ± 1
80 ± 2(ns) 12500 ± 312 125790901 ± 11216 12579 ± 1
Tabella 3.2: Tabella scala di conteggio
3.2 Scala di conteggio
Per tarare le scala abbiamo inviato un segnale di periodo variabile al discriminatore,
per ottener un segnale NIM, e quindi alla scala di conteggio. Lo stesso segnale ´e stato
inviato all’ oscilloscopio per la misura del periodo e quindi della frequenza nominale.
I risultati sono sintetizzati in tabella 3.2 e in figura 3.3.
In tabella T `e il periodo, la frequenza νnom `e calcolata come 1/T mentre la fre-
quenza νcounter `e calcolata come: numero di conteggi/time . Il periodo `e misurato
tramite l’ oscilloscopio, quindi il suo errore varia secondo il fondo scala. L’ errore sulla
νnom e la νcounter `e ottenuto, a partire dalle espressioni delle frequenze, tramite
propagazione:
∆νnom =
∆T
T2
(3.1)
∆νcount =
√
conteggi
time
(3.2)
3.3 Modulo di coincidenze
Verifichiamo il ritardo della porta AND. Mandiamo lo stesso segnale alle due entrate
di un discriminatore. I segnali in uscita sono visualizzati all’ oscilloscopio: la loro
durata ´e fissata a 20 ± 0.2ns. Un’ uscita ´e mandata in una scatola di ritardo e quin-
di ad un ingresso del modulo di coincidenza; l’ altra uscita direttamente al secondo
ingresso del modulo. Contemporaneamente, all’ oscilloscopio, guardiamo le uscite del
discriminatore. Il risultato ottenuto ´e sintetizzato in figura 3.4.
45. La sovrapposizione minima affinch´e la porta scatti ´e : 7.0±0.2ns, dunque la nostra
finestra di coincidenza ´e 13.0 ± 0.2ns.
3.4 Scintillatori
I due piani di scintillatori UP-DOWN, presenti nella torre sperimentale provvedono a
fornire il trigger, indispensabile per le nostre misurazioni.
Questa parte dell’ esperienza ha lo scopo di determinare le condizioni di lavoro
ottimali per tali rivelatori al fine di servircene al meglio nel successivo lavoro di presa
dati.
Un rivelatore a scintillazione `e costituito da tre parti: una parte di rivelazione che
emette luce al passaggio di una particella; una guida di luce, che convoglia la luce
verso l’ ultimo componente; un fotomoltiplicatore. Il fotomoltiplicatore ´e capace di
convertire luce in corrente elettrica. Un primo elemento costitutivo ´e il fotocatodo,
che converte la luce incidente in elettroni per effetto fotoelettrico. Gli elettroni pro-
dotti vengono convogliati con un opportuno campo elettrico sul primo dinodo dove, a
causa dell’ urto, rilasciano parte della loro energia provocando la creazione di ulterio-
ri elettroni. Grazie al campo elettrico presente tra i dinodi questi elettroni vengono
accelerati verso i dinodi successivi, creando una valanga elettronica che viene infine
raccolta dall’ anodo, amplificata e analizzata. L’ altezza degli impulsi elettrici gene-
rati all’ uscita di un fotocatodo risultano proporzionali all’ energia depositata dalla
particella al suo passaggio attraverso il materiale rivelante.
Nel nostro lavoro di laboratorio `e stato necessario effettuare due tipi di misurazioni:
• misure di coincidenza
• ricerca del punto di lavoro
3.4.1 Curva di coincidenze
Per poter utilizzare al meglio gli scintillatori `e necessario eliminare il rumore di fondo
che potrebbe falsare le nostre misure. A questo scopo occorre prelevare contempo-
raneamente il segnale dai due piani di scintillatori. Facciamo misure di coincidenza
al variare del ritardo introdotto su un segnale, fino a rendere massimo il numero di
coincidenze rivelato.
La coppia di scintillatori UP-DOWN che abbiamo utilizzato `e la T1d-B1d (vedi
figura torre sperimentale cap 2). Il circuito riassuntivo dei collegamenti fatti `e riportato
in fig. 3.5.
46. 1A
2A
1B
2B
A
B
discriminatore
DELAY
DELAY
SCATOLA
DI
CONTEGGIO
AND
FOTOTUBO
FOTOTUBO
T1d
B1d
Figura 3.5: Schema per la curva di coincidenza
Tempo di ritardo
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
5
-60 -40 -20 0 20 40 60
Tempo di ritardo (ns)
Coincidenze(Hz)
Figura 3.6: Tempo di ritardo
Le uscite 1A e 2B sono mandate direttamente al contatore per i conteggi di singola.
L’uscita 2A verr`a ritardata costantemente di 63ns per evitare di dover introdurre
ritardi negativi sull’ altro segnale. La durata dei segnali `e fissata a (20 ± 0.2)ns.
La tensione di alimentazione dei fotomoltiplicatori ´e :
HV (T1D) = 2450V HV (B1D) = 2400V .
La tabella tab. 3.3 riporta i risultati ottenuti.
Quindi nel realizzare la coincidenza degli scintillatori i segnali saranno ritardati
opportunamente in modo da massimizzare il numero di coincidenze: il ritardo relativo
tra i due segnali ´e stato fissato a −10ns.
48. FOTOTUBO DOWN
FOTOTUBO UP
SCALEAND
RITARDODISC.
DISC.
10ns
COUNT
Figura 3.7: Schema di collegamento per il plateau degli scintillatori
Generatore
disegnali Discriminatore
Ritardo
T
D
C
Figura 3.8: Schema di collegamento per la taratura del TDC
3.4.2 Ricerca del punto di lavoro
Per questo tipo di misurazioni abbiamo utilizzato uno scintillatore appartenente al
piano UP ed il corrispondente scintillatore del piano DOWN, in modo che la traiettoria
della particella individuata dai due rivelatori sia verticale. Abbiamo quindi ripetuto
l’ operazione per le otto coppie di scintillatori UP-DOWN. Fissato quindi il ritardo
tra i due segnali provenienti dai fototubi a -10 ns, come determinato nel paragrafo
precedente, abbiamo studiato la dipendenza del numero di coincidenze dalla variazione
della tensione di alimentazione del fototubo UP, mantenendo costante la tensione del
fototubo DOWN.Individuata la regione di plateau e, quindi , il punto di lavoro del
fototubo UP, abbiamo ripetuto le stesse misure per il fototubo DOWN , fissando
la tensione del futotubo UP al valore di plateau precedentemente trovato. ´E stato
necessario riottenere un nuovo plateau per il fototubo UP, poiche’ quello precedente
´e stato trovato per un valore della tensione del fototubo DOWN diverso dal valore di
plateau. Lo schema dei collegamenti ´e quello di fig:3.7.
Le soglie dei discriminatori sono state fissate entrambe a −70 mV . Riportiamo i
grafici relativi alle nostre misurazioni.
Riportiamo in tabella 3.6 i valori delle tensioni di lavoro dei 16 scintillatori.
51. Ritardo (ns) Ch-1
10 175 ± 1
32 602 ± 1
50 894 ± 1
56 1052 ± 1
68 1324 ± 1
82 1547 ± 1
94 1800 ± 1
114 2200 ± 1
134 2597 ± 1
154 3030 ± 1
174 3394 ± 1
184 3590 ± 1
194 4086 ± 1
Tabella 3.7: taratura del Ch-1 del TDC
3.5 Taratura del TDC
Il TDC converte un intervallo di tempo, delimitato da due segnali (START e STOP),
in una informazione digitale composta da 12 bit. Il modulo da noi utilizzato ha una
interfaccia CAMAC(vedi appendice CAMAC), mediante la quale ´e possibile leggere
gli otto canali di cui dispone. ´E possibile, mediante jumpers esterni, selezionare un
opportuno fondoscala; il fondoscala da noi scelto ´e di 0.2µs. La taratura del TDC
consiste nel mettere in relazione l ’intervallo di tempo tra lo START e lo STOP, in
ingresso, e la risposta del TDC. Poich´e gli ingressi (START-STOP) del TDC sono in
logica NIM , il segnale proveniente dal generatore ´e stato mandato ad un discriminatore
per ottenerne, in uscita, segnali NIM. Una uscita ´e stata mandata quindi direttamente
allo START , mentre l’ altra ´e stata ritardata , mediante una scatola di ritardo, e poi
mandata allo STOP. L’ uscita del TDC ´e letta tramite il MAC, interfacciato con il
CAMAC (fig. 3.8).
Nelle tabelle 3.7 e 3.8 riportiamo i valori del ritardo introdotto tra i segnali in
ingresso al TDC e la sua codifica digitale. Abbiamo dovuto sistemare i dati in due
tabelle perch`e la taratura dei canali dal 2 all’ 8 `e stata fatta in un secondo momento.
I grafici sono riportati nelle figure 3.9 e 3.10.
54. Temp. termometro Temp. sonda
(o
C) ±0.1 (o
C) ±0.1
18.0 19.3
19.5 20.6
19.9 21.4
20.2 21.5
24.5 25.6
20.9 22.1
21.3 22.3
23.0 23.2
28.8 28.8
29.8 30.4
30.4 30.5
35.8 36.2
40.5 41.5
Tabella 3.11: Taratura della sonda
3.6 Taratura della sonda AD592
Per tarare la sonda abbiamo utilizzato come temperatura di riferimento quella fornita
da un termometro a mercurio, posto nelle stesse condizioni della sonda. Abbiamo
quindi graficato i valori ottenuti dalla sonda in funzione di quelli del termometro. I
risultati sono riportati nella tabella 3.11 e nel grafico 3.9.
Avendo trovato un valore dell’ intercetta sensibilmente diverso da zero, tutti i valori
letti dalla sonda dovranno essere ridotti di 1.6o
C.
57. Capitolo 4
Risultati sperimentali
In questo capitolo ci proponiamo di mostrare, i risultati ottenuti nel corso delle varie
misure. Abbiamo suddiviso questa sezione in due parti corrispondenti alle due fasi gia’
descritte del lavoro di laboratorio cos`ı da rispecchiare la successione delle operazioni
fatte.
4.1 Studio al variare della miscela
Le miscele utilizzate sono quelle riportate in tabella 4.1.
In tali miscele la percentuale di Isobutano ´e mantenuta costante al 4%. Ci´o ´e
dovuto al fatto che, essendo l’ Isobutano il componente spegnente della miscela, una
sua diminuzione implica un’ amplificazione delle piccole scariche presenti nella camera,
tale da superare la soglia dei discriminatori delle FEC, aumentando il rumore dell’
RPC. Abbiamo quindi variato le quantit´a di Argon e HFC134 in un intervallo tale da
consentire comunque un corretto funzionamento della camera.
4.1.1 Assorbimento di corrente
Le misure di assorbimento di corrente da parte del RPC ci forniscono, unitamente
ai conteggi di singola, informazioni circa il livello di rumore del rivelatore. Infatti,
un elevato assorbimento di corrente pu´o essere sintomo di una cattiva oleatura degli
elettrodi. Abbiamo monitorato l’ assorbimento di corrente al variare della miscela di
gas e, per ogni miscela, al variare della tensione applicata ai capi degli elettrodi del
RPC. Non essendo stati osservati cambiamenti sostanziali nel passaggio da una miscela
all’ altra, riportiamo un unico grafico relativo ai valori :Argon = 48%, Isobutano = 4%
e HFC-134 = 48%.
Dal grafico in figura 4.1 risulta evidente che, per valori della tensione inferiori a
45
59. -0.1
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
6000 6200 6400 6600 6800 7000 7200 7400 7600 7800 8000 8200 8400 8600 8800 9000
Efficienza
Tensione (V)
Efficenza
45-4-51
46-4-50
47-4-49
48-4-48
49-4-47
50-4-46
51-4-45
52-4-44
Figura 4.2: Efficienza al variare della tensione a diverse concentrazioni
6900V , l’assorbimento di corrente `e nullo e aumenta leggermente al limite dell’intervallo
di tensione esplorato.
4.1.2 Efficienza e conteggi di singola
L’ efficienza `e uno dei parametri che ci d`a indicazioni circa “la bont`a” di un rivelatore:
`e il rapporto tra il numero di particelle rivelate dal RPC e il numero di particelle
incidenti identificate dal sistema di trigger. Questo parametro ci dice quanti eventi
“perde” il rivelatore, cio`e quante particelle passano senza essere “viste” dal RPC. I
conteggi di singola forniscono una stima del livello di rumore del rivelatore.
´E interessante osservare (fig. 4.2) lo spostamento verso destra della zona di pla-
teau all’ aumentare della percentuale di HFC-134, con conseguente diminuzione della
quantit´a di Argon presente nella camera. Ci´o ´e dovuto al fatto che, essendo l’ Ar-
gon il componente essenziale per l’ innesco della scarica, un suo aumento determina
il raggiungimento della zona di plateau a valori sempre pi´u bassi della tensione di
alimentazione degli elettrodi. A riprova di ci´o, si osservi l’ aumento dei conteggi di
singola all’ aumentare della quantit´a di Argon (fig. 4.4-4.5-4.6). Notiamo inoltre come,
nonostante la variazione dei costituenti della miscela, il valore di plateau dell’ efficien-
za resti costante intorno al 92%. In figura 4.3 abbiamo sintetizzato i dati relativi all’
62. efficienza riportando, in funzione della concentrazione di Argon, i valori della tensio-
ne di alimentazione corrispondenti ai valori dell’efficienza pari a 0.1, 0.5, 0.9. Com’
`e possibile osservare, all’ aumentare della concentrazione di Argon, `e necessaria una
tensione di alimentazione pi`u bassa per ottenere i valori cercati dell’ efficienza.
4.2 Misura della risoluzione temporale e della mol-
teplicit`a delle strips
Per questo tipo di analisi abbiamo utilizzato un campione di 20000 eventi, acquisiti
con miscela di lavoro: Argon= 48%, Isobutano= 4% e HFC134= 48%, poich´e per le
altre concentrazioni non sono stati osservati sostanziali cambiamenti. Per ogni evento
riconosciuto dal trigger, vengono memorizzate le informazioni relative allo stato delle
32 strips e dei tempi di risposta delle due schede di elettronica associate al rivelatore.
Questo file di dati viene letto ed analizzato dal programma Mult (vedi appendice C)
per ottenere le seguenti informazioni:
• Molteplicit´a dei clusters
• Risoluzione temporale del RPC
• Distribuzione dei segnali provenienti dalle strips
4.2.1 Molteplicit´a dei clusters
Il programma seleziona, tra i 20000 eventi letti, quelli con un solo cluster (per cluster
si intende un insieme contiguo di strips che hanno parlato) e, di tale cluster, ne misura
la dimensione.
Come si evince dalla figura 4.7 la dimensione del cluster pi´u probabile ´e 2.
4.2.2 Risoluzione temporale del RPC
In questo caso vengono selezionati eventi costituiti da un solo cluster di molteplicit´a
due. In corrispondenza di tali eventi vengono letti i ritardi tra il segnale di trigger e
quello di fast-or per ciascuna delle due FEC. Le distribuzioni ricavate sono riportate
in figura 4.8 e 4.9.
´E interessante notare, in entrambi i casi, la presenza costante di un secondo picco,
meno pronunciato, dovuto ad un fenomeno di cross talk: i fotoni ultravioletti derivanti
dalla scarica indotta al passaggio della particella possono interagire con molecole di
Argon in una zona lontana dal punto in cui `e avvenuta la prima ionizzazione, causando
63. Y
Distribuzione della molteplicita del piano RPC
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
5 10 15 20 25 30
ID
Entries
Mean
12345
17065
3.209
Molteplicita
Figura 4.7: Molteplicit´a dei clusters
tdc_fec1 no cluster
0
100
200
300
400
500
50 100 150 200 250 300 350 400 450
0.1114E+06/ 304
P1 471.7 0.5391
P2 96.13 0.3820E-02
P3 3.858 0.5343E-02
ns
Figura 4.8: Risoluzione temporale della FEC1
64. tdc_fec2 no cluster
0
100
200
300
400
500
50 100 150 200 250 300 350 400 450
0.1210E+06/ 296
P1 513.4 0.5122
P2 91.74 0.7539E-02
P3 3.579 0.5244E-02
ns
Figura 4.9: Risoluzione temporale della FEC2
una seconda scarica nel mezzo; in questo caso l’ elettronica di lettura rivela un pri-
mo impulso ritardato rispetto al tempo di arrivo della particella reale ed un secondo
impulso che corrisponde al reale attraversamento del rivelatore.
Per stimare la risoluzione temporale del RPC si pu`o riportare in un istogramma
il minore dei due tempi delle due FEC. Ci`o corrisponde logicamente a misurare il
tempo dell’ OR dei due segnali (4.12). La deviazione standard della distribuzione non
coincide con la vera risoluzione del rivelatore in qualto contiene l’ indeterminazione
sul tempo di propagazione del segnale lungo la strip, che introduce un jitter massimo
di 10ns e che rappresenta l’effetto predominante nella distribuzione di figura (4.12).
4.2.3 Distribuzione dei segnali provenienti dalle strips
Per tale analisi vengono utilizzati tutti i 20000 eventi, senza restrizioni. Per ogni
evento il programma registra la posizione della strip che ha parlato e riporta in un
istogramma a barre il numero di segnali rivelati da ciascuna strip. La distribuzione
ottenuta ´e quella di figura 4.13. Questa analisi consente di verificare l’ eventuale
presenza di strips non funzionanti e, in ogni caso, di controllare l’efficienza delle strips
funzionanti. Come ci aspettavamo, data la geometria dell’apparato, la distribuzione
66. tdc_fec_or
0
200
400
600
800
1000
40 60 80 100 120 140 160 180
0.4336E+05/ 78
P1 983.9 0.5549
P2 89.96 0.2347E-02
P3 3.690 0.2550E-02
ns
tdc_fec_or
0
200
400
600
800
1000
40 60 80 100 120 140 160 180
0.4336E+05/ 78
P1 983.9 0.5549
P2 89.96 0.2347E-02
P3 3.690 0.2550E-02
ns
Figura 4.12: Risoluzione temporale good della FEC2
presenta un maggior numero di eventi in corrispondenza delle strips centrali. Non si
osservano in questo caso strips disconnesse.
4.3 Studio al variare della temperatura
Ripetiamo le misure di efficienza, assorbimento di corrente e conteggi di singola in-
troducendo un nuovo parametro: la temperatura. Lo scopo `e quello di controllare se
il numero di eventi rivelati dipende dalle condizioni ambientali. Per avere una pi`u
ampia escursione termica, il programma realizzato a tale scopo `e stato fatto girare per
un intero fine settimana. Riportiamo i grafici, sia in funzione della temperatura, sia
secondo la sequenza temporale.
4.3.1 Osservazioni
Come possiamo osservare dalle figure 4.15 e 4.16 l’ efficienza si mantiene pressoch`e
costante intorno al valore 87%. In relazione a tale figura, diviso l’ asse delle tempera-
ture in intervalli di 1o
C( a partire da 27.5o
C), per ogni intervallo abbiamo calcolato
la media pesata dei valori dell’ efficienza relativi ai punti appartenenti all’ intervallo
considerato, e assegnato tale valore al punto medio dell’ intervallo, come mostrato in
67. Y
Distribuzione delle strips
0
500
1000
1500
2000
2500
5 10 15 20 25 30
Strip
Figura 4.13: Distribuzione delle strips
figura 4.17. Da questa figura `e possibile notare come, tra il valore massimo e il valore
minimo ci sia una differenza di 0.8%.
Le figure 4.18 e 4.19 mostrano come la corrente di assorbimento non subisca
variazioni rilevanti, mantenendosi tra i valori 1/2µA
Per quanto riguarda i grafici relativi ai conteggi di singola, si pu`o notare dalla
figura 4.20, come l’andamento dei conteggi segua quello della temperatura, nel senso
che questi crescono al crescere di T e diminuiscono per una diminuzione di T.
La figura 4.23 sintetizza in un grafico tridimensionale le figure 4.20 e 4.21.
Dalla figura 4.21, per`o, si osserva come, in corrispondenza dello stesso valore della
temperatura, si abbiano conteggi distinti. Per analizzare meglio questo punto mostria-
mo nelle figure 4.2 e 4.22 l’ andamento delle singole (OR) in funzione della temperatura
a passi di 80 eventi. In tali grafici si osserva, in un certo senso, un “ciclo di isteresi”:
per i primi ottanta eventi si osserva un aumento dei conteggi con la temperatura; i se-
condi ottanta mostrano come, al diminuire della temperatura, i conteggi diminuiscano
seguendo una curva diversa dalla precedente; nell’ultimo grafico 4.22 infine si osserva
il ritorno dei conteggi lungo la curva iniziale. `E come se l’ RPC, per tornare nelle
condizioni iniziali, avesse bisogno di un certo “tempo morto” durante il quale effettua
dei conteggi affetti da rumore.
68. 28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
0 50 100 150 200 250 300 350 400
TempAir(C)
#runs
temp air VS runs
’dati_28.dat’
Figura 4.14: Andamento della temperatura
0.83
0.84
0.85
0.86
0.87
0.88
0.89
0.9
0 50 100 150 200 250 300 350 400
Efficenza
#runs
eff VS runs
’dati_28.dat’
Figura 4.15: Andamento dell’efficienza in funzione del numero di run
69. 0.83
0.84
0.85
0.86
0.87
0.88
0.89
0.9
28 29 30 31 32 33 34 35 36 37
Efficenza
Temp Air (C)
Effc VS temp air
’dati_28.dat’
Figura 4.16: Andamento dell’efficienza al variare della temperatura
0.86
0.865
0.87
0.875
0.88
26 28 30 32 34 36
Efficienza
Temp Air (C)
’media.dat’
Figura 4.17: Andamento dell’ efficienza avendo fatto una media pesata
70. 0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
2
0 50 100 150 200 250 300 350 400
Current(uA)
#runs
Current VS runs
’dati_28.dat’
Figura 4.18: Andamento della corrente al variare del numero di run
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
2
28 29 30 31 32 33 34 35 36 37
Current(uA)
Temp Air (C)
Current VS temp air
’dati_28.dat’
Figura 4.19: Andamento della corrente al variare della temperatura
71. 600
650
700
750
800
850
0 50 100 150 200 250 300 350 400
Singleor(Hz)
#runs
Single or VS runs
’dati_28.dat’
Figura 4.20: Andamento delle singole (OR) al variare del numero di run
600
650
700
750
800
850
28 29 30 31 32 33 34 35 36 37
Singleor(Hz)
Temp Air (C)
Single or VS temp air
’dati_28.dat’
Figura 4.21: Andamento delle singole (OR) al variare della temperatura
72. 600
650
700
750
800
850
900
26 28 30 32 34 36 38
Single(Hz)
Temp Air (C)
Single vs Temp Air
’<head -80 dati_28.dat’
600
650
700
750
800
850
900
26 28 30 32 34 36 38
Single(Hz)
Temp Air (C)
Single vs Temp Air
’<head -80 dati_28.dat’
’<head -160 dati_28.dat|tail -80’
600
650
700
750
800
850
900
26 28 30 32 34 36 38
Single(Hz)
Temp Air (C)
Single vs Temp Air
’<head -80 dati_28.dat’
’<head -160 dati_28.dat|tail -80’
’<head -240 dati_28.dat|tail -80’
600
650
700
750
800
850
900
26 28 30 32 34 36 38
Single(Hz)
Temp Air (C)
Single vs Temp Air
’<head -80 dati_28.dat’
’<head -160 dati_28.dat|tail -80’
’<head -240 dati_28.dat|tail -80’
’<head -320 dati_28.dat|tail -80’
Tabella 4.2: Andamento delle singole (OR) al variare della temperatura in sequenza
temporale
73. 600
650
700
750
800
850
900
26 28 30 32 34 36 38
Single(Hz)
Temp Air (C)
Single vs Temp Air
’<head -80 dati_28.dat’
’<head -160 dati_28.dat|tail -80’
’<head -240 dati_28.dat|tail -80’
’<head -320 dati_28.dat|tail -80’
’<tail -80 dati_28.dat’
Figura 4.22: Andamento delle singole (OR) al variare della temperatura: quadro
generale
75. Conclusioni
L’ esperienza svolta nel laboratorio del gruppo I del Dipartimento di Fisica dell’
I.N.F.N. di Napoli aveva come scopo lo studio delle caratteristiche di un rivelatore
a piatti resistivi. In particolare si volevano mettere in evidenza le eventuali dipen-
denze dalla temperatura dell’ efficienza e della corrente di assorbimento. Al termine
di tale studio possiamo affermare di non aver riscontrato sostanziali dipendenze delle
caratteristice del RPC dalla temperatura esterna.
L’ evidente variazione del valore dell’ efficienza nelle due fasi dell’ esperienza pen-
siamo sia dovuta ai cambiamenti apportati al rivelatore nel corso delle misurazioni,
ma non siamo in grado di stabilirne la causa.
Nonostante ci`o, i risultati ottenuti nel corso dello studio ci permettono di affermare
che l’ RPC `e senza dubbio uno strumento dotato di grande efficienza e flessibilit`a di
utilizzo.
63
76.
77. Appendice A
Richiami di statistica
A.1 Caratterizzazione degli strumenti di misura
Ai fini di chiarire la trattazione statistica dei dati sperimentali da noi effettuata, sar`a
utile richiamare alcuni concetti di fondamentale importanza. Una operazione di misura
non pu`o prescindere dalle caratteristiche dello strumento usato per tale misura.Esso
consente il confronto tra la grandezza in esame e l’ unit´a di misura corrispondente.
Indichiamo con G la grandezza fisica in esame, M(G) il risultato della misura effettuata
su G, con V(G) il valore effettivo di G, sconusciuto all’ atto dell’ operazione di misura
e con R(G) la risposta dello strumento.
L’ operazione che mette in relazione la risposta dello strumento R(G) con il valore
della sollecitazione V(G) `e detta taratura dello strumento (es. vedi figura 3.9): si
rilevano le risposte dello strumento in corrispondenza di determinate sollecitazioni
V(G) gi`a note . Nel caso della sonda per le misure di temperatura, abbiamo utilizzato
un termometro di riferimento al mercurio come indicatore del valore V(G) e graficato
le risposte della nostra sonda in funzione di quelle del termometro.
In generale, di uno strumento di misura occorre considerare le seguenti caratteri-
stiche:
• intervallo di funzionamento
• prontezza
• sensibilit`a
• errore di sensibilit`a
• precisione
65
78. Per analizzare queste grandezze facciamo sempre riferimento alla sonda utilizzata
per la lettura della temperatura.
L’ intervallo di funzionamento `e dato dal valore massimo, detto portata, e
minimo, detto soglia che lo strumento `e in grado di leggere. Nel caso della sonda
AD592 l’ intervallo di funzionamento va da −45o
C ÷ 67.5o
C.
La prontezza indica il tempo necessario affinch´e lo strumento risponda ad una
data sollecitazione.
La sensibilit´a ´e definita come il rapporto fra la variazione della risposta R(G) e
la variazione del valore della grandezza V(G) quando questa `e piccola.
S =
dR(G)
dV (G)
(A.1)
Detto ∆R(G) l’ errore dovuto allo strumento (valori che differiscono fra loro meno
di 2∆R(G) vengono percepiti come lo stesso valore) , l’ errore di sensibilit`a `e dato da
:
2∆V (G) =
2∆R(G)
S
(A.2)
La precisione d`a un’ indicazione sulla ripetibilit`a di una misura. I risultati M(G)
di una operazione di misura eseguita nelle stesse condizioni non sono sempre gli stessi
per uno stesso valore di V(G). Si ottiene una distribuzione di valori di M(G) la cui
larghezza dipende dalle caratteristiche dello strumento. Possiamo quindi definire la
precisione come una grandezza inversamente proporzionale a tale larghezza.
A.2 Distribuzioni Gaussiana e Poissoniana
Distribuzione Gaussiana. In generale tale distribuzione descrive gli errori degli
strumenti di misura. La sua densit`a `e data da :
P(x) =
1
σ
√
2π
exp(−
(x − µ)2
2σ2
) (A.3)
dove i parametri µ e σ indicano il valore medio e la deviazione standard rispetti-
vamente e sono calcolati come :
σ = i(xi − x0)2
n − 1
(A.4)
µ = lim
n→inf
i
xi
n
(A.5)
79. x0 =
i
xi
n
(A.6)
dove µ `e la media teorica mentre x0 `e la media del campione (migliore stima della
media teorica).
Distribuzione Poissoniana.
Tale distribuzione descrive i risultati di esperimenti in cui si contano eventi che
si verificano casualmente, ma con una media temporale definita. La forma della
distribuzione `e data da:
Pµ(ν) = e−µ µν
ν!
(A.7)
In questa definizione, µ `e un parametro positivo che coincide con il numero medio
atteso di conteggi nell’intervallo di tempo considerato.
Se si calcola la deviazione standard, si ottiene:
σν =
√
µ (A.8)
Questa stessa deviazione standard `e stata utilizzata per attribuire l’ errore alle
misure di conteggio (ad esempio per il single counting rate). Per attribuire l’ errore
alle misure di efficienza abbiamo utilizzato la seguente espressione:
σeff =
eff(1 − eff)
N
(A.9)
dove N `e il numero degli eventi.
80.
81. Appendice B
Seriale
Per comunicazioni alfanumeriche tra coumputer e devices, con moderata velocit´a, e’
spesso usato il codice a 7-bit ASCII (American Standard Code for Information
Interchange), con una trasmissione dei bit su una singola linea. La tabella B.1 presenta
una lista completa del codice a 7-bit.
Oltre ai 7-bit ASCII viene inviato un ottavo bit , che non fa parte del codice ASCII,
ma ´e spesso un bit di parita’ hardware ed occasionalmente un “meta carattere “ usato
per aggiungere un 128o
carattere, creare un simbolo greco, modificare i font, etc. Si
puo’ notare dalla tabella B.1 che l’ alfabeto maiuscolo inizia al 41H; cambiando il 5o
bit a 1 si ottiene il corrispondente minuscolo. Per quanto riquarda i numeri c’`e da dire
che il valore ASCII del numero ´e esattamente il numero aggiungendoci 30H. I primi
32 caratteri ASCII sono o caratteri non stampabili oppure “control” caratteri. Quest’
ultimi sono usati per controllare stampanti oppure programmi in esecuzione oppure
per bloccare (DC3) o far ripartire (DC1) una comunicazione seriale. Sfortunatamente
il codice ASCII non ´e provvisto di caretteri greci e scientifici, esponenti, subscritti, ma
´e possibile, usando un “control” carattere (oppure una sequenza di caratteri) indicare
il cambiamento dei fonto dell’ alfabeto.
B.1 Trasmissione seriale dei bit
Il codice ASCII (o qualsiasi altro codice) pu´o essere trasmesso sia come un gruppo di
8 bit paralleli (8 separate linee) sia come una stringa seriale di 8 bit uno dopo l’ altro.
La trasmisione seriale ´e molto conveniente per basse velocit´a e per la semplificazione
delle linee. La trasmissione seriale ha un protocollo standard per la trasmissione dei
bit e una precisa frequenza dei bit: con trasmissione asincrona si intende un gruppo
di dieci bit, costituiti da uno start, 8 bit e uno stop (vedi fig. B.1). Per quanto riguarda
la frequenza di trasmissione le pi´u comuni sono: 300,1200,2400,4800,9600 e 19200 baud
(numero di periodi al secondo).
69
82. Non-printing Printing Printing Printing
Name Control Char H D Char H D Char H D Char H D
char
null ctrl-@ NUL 00 00 SP 20 32 @ 40 64 ‘ 60 96
start of heading ctrl-A SOH 01 01 ! 21 33 A 41 65 a 61 97
start of text ctrl-B STX 02 02 “ 22 33 B 42 66 b 62 98
end of text ctrl-C ETX 03 03 # 23 35 C 43 67 c 63 99
end of xmit ctrl-D EOT 04 04 $ 24 36 D 44 68 d 64 100
enquiry ctrl-E ENQ 05 05 % 25 37 E 45 69 e 65 101
acknowledge ctrl-F ACK 06 06 & 26 38 F 46 70 f 66 102
bell ctrl-G BEL 07 07 ‘ 27 39 G 47 71 g 67 103
backspace ctrl-H BS 08 08 ( 28 40 H 48 72 h 68 104
horizontal tab ctrl-I HT 09 09 ) 29 41 I 49 73 i 69 105
line feed ctrl-J LF 0A 10 * 2A 42 J 4A 74 j 6A 106
vertical tab ctrl-K VT 0B 11 + 2B 43 k 4B 75 k 6B 106
form feed ctrl-L FF 0C 12 ’ 2C 44 L 4C 76 l 6C 107
carriage return ctrl-M CR 0D 13 - 2D 45 M 4C 77 m 6D 109
shift out ctrl-N SO 0E 14 . 2E 46 N 4E 78 n 6E 110
shift in ctrl-O SI 0F 15 / 2F 47 O 4F 79 o 6F 111
data line escape ctrl-P DLE 10 16 0 30 48 P 50 80 p 70 112
device control 1 ctrl-Q DC1 11 17 1 31 49 Q 51 81 q 71 113
device control 2 ctrl-R DC2 12 18 2 32 50 R 52 82 p 72 114
device control 3 ctrl-S DC3 13 19 3 33 51 S 53 83 s 73 115
device control 4 ctrl-T DC4 14 20 4 34 52 T 54 84 t 74 116
neg acknowledge ctrl-U NAK 15 21 5 35 53 U 55 85 u 75 117
synchronous idle ctrl-V SYN 16 22 6 36 54 V 56 86 v 76 118
end of xmit block ctrl-W ETB 17 23 7 37 55 W 57 87 w 77 119
cancel ctrl-X CAN 18 24 8 38 56 X 58 88 x 78 120
end of medium ctrl-Y EM 19 25 9 39 57 Y 59 89 y 79 121
substitute ctrl-Z SUB 1A 26 : 3A 58 Z 5A 90 z 7A 122
escape ctrl-[ ESC 1B 27 ; 3B 59 [ 5B 91 { 7B 123
file separator ctrl- FS 1C 28 < 3C 60 5C 92 | 7C 124
group separator ctrl-] GS 1D 29 = 3D 61 ] 5D 93 } 7D 125
record separator ctrl-ˆ RS 1E 30 > 3E 62 ˆ 5E 94 ˜ 7E 126
unit separator ctrl- US 1F 31 ? 3F 63 5F 95 DEL 7F 127
Tabella B.1: Ascii Code
84. Figura B.3: Connetore RS-232
collegano due devices fra di loro bisogna tenere conto che un DTE trasmette sul pin 2
e riceve sul pin 3, mentre un DCE ´e il contrario. La tabella B.2 mostra le funzioni dei
vari segnali , di cui 5 non trasmettono dati , ma sono solo segnali di controllo hand-
shaking (RTS,CTS,DSR,DTR,DCD). Per quanto riguarda i segnali che trasmettono
i dati (TD,RD) bisogna sempre tener conto di chi trasmette e di chi riceve.
B.2.1 Software handshaking
Molti devices usano i segnali RTS/CTS per iniziare e fermare la trasmisssione dei
dati.Altri invece usano un “software handshake” :CTRL-S (per fermare) e CTRL-
Q (per iniziare o continuare la trasmissione).Questo metodo permette di usare un
semplice cavo in cui sono collegati solo i pin 1,2,3,7 .
85. Segnale Descrizione
DTE Data Terminal Equipment (i.e. computer)
DCE Data Communications Equipment (i.e. modem)
RxD Data received; 1 is transmitted “low”, 0 as “high”
TxD Data sent; 1 is transmitted “low”, 0 as “high”
DTR DTE announces that it is powered up and ready to communicate
DSR DCE announces that is ready to communicate;low=modem hangup
RTS DTE asks DCE for permission to send data
CTS DCE agrees on RTS
RI DCE signals the DTE that an establishment of a connection is attemted
DCD DCE announces that a connection is established
Tabella B.2: Segnali RS-232
Massimo numero di
driver 1
receiver 1
Massima lunghezza dei cavi 15m
Massima frequenza (bits/s) 20k
Livelli di trasmissione ±5V min
±15V max
Resistenza di carico 3k to 7k
Tabella B.3: Standard RS-232
86.
87. Appendice C
CAMAC
Il CAMAC `e un sistema modulare usato presso molti laboratori di ricerca di fisica
nucleare.Esso rappresenta la fusione di due standards: VS NIM e ESONE (Euro-
pean Standard of Nuclear Electronics). L’ applicazione primaria `e l‘ acquisizione dati
, ma pu`o essere anche usato per applicazioni logiche.
Il CAMAC `e uno standard internazionale di moduli elettronici definito dall’ ESONE
del JRC,Ispra.
La sua funzione `e di procurare uno schema per permettere ad una grande variet`a
di strumenti modulari di essere interfacciati con un computer. Il CAMAC permette
che un ‘ informazione sia trasferita dentro o fuori un modulo. Tali moduli CAMAC
possono essere inseriti in un CRATE CAMAC con 25 STATIONS numerate
da 1 a 25.La STATION 25 , che si trova nel sito laterale destro, `e riservata ad un
CRATE CONTROLLER , mentre quelle da 1 a 24 sono NORMAL STATIONS,
usate dai moduli CAMAC. Lo scopo del Controller `e di inviare i comandi CAMAC ai
moduli e trasferire informazioni tra il computer (o un altro digital device) e i moduli
CAMAC. I dati, le funzioni di controllo, le tensioni di alimentazione sono inviate per
mezzo di un DATAWAY . Questo `e costituito da una serie di BUS e singole linee
che attraversano il retro del CRATE. Il DATAWAY `e composto da :
• linee per trasferire dati digitali
• linee per segnale di strobe
• linee di indirizzamento
• linee di controllo
vedi tabella (C.1).
In una tipica operazione di DATAWAY, il CRATE CONTROLLER invia un co-
mando CAMAC nel quale sono incluse specifiche riguardanti il numero della stazione
75
88. (N), un sottoindirizzo (A)e un codice di funzione (F) vedi tabella . La stazione (N),
a cui `e stato inviato il comando, deve generare in risposta un segnale X (response).
Se il modulo riconsce il comando ed `e in grado di eseguirlo, allora viene generata una
risposta X=1. Diversamente, se il modulo non riconosce il comando, non `e in grado di
eseguire la funzione (F) o non `e alimentato, X=0. Per un comando di trasferimento
dati , devono essere usate le linee WRITE o READ . Bisogna notare che i termini
READ e WRITE sono applicati al CONTROLLER , non al modulo . Per esempio,
sotto un comando READ , il CONTROLLER legge i dati contenuti nel modulo.
Figura C.1: Pin allocation at control station
89. Codice F() Funzioni
0 Lettura dei registri gruppo 1
1 Lettura dei registri gruppo 2
2 Lettura e azzeramento dei registri gruppo 1
3 Lettura dei registri complementari al gruppo 1
4 Non standard
5 Riservata
6 Non standard
7 Riservata
8 Test Lam
9 Azzeramento dei registri gruppo 1
10 Azzeramento Lam
11 Azzeramento dei registri gruppo 2
12 Non standard
13 Riservata
14 Non standard
15 Riservata
16 Sovrascrittura dei registri gruppo 1
17 Sovrascrittura dei registri gruppo 2
18 Definizione parziale dei registri gruppo 1
19 Definizione parziale dei registri gruppo 2
20 Non standard
21 Azzeramento parziale dei registri gruppo 1
22 Non standard
23 Azzeramento parziale dei registri gruppo 2
24 Disabilitazione
25 Esecuzione
26 Abilitazione
27 Test di stato
28 Non standard
29 Riservata
30 Non standard
31 Risarvata
Tabella C.1: Funzioni Camac.
91. Appendice D
Software
D.1 Programma Mult
Figura D.1: Interfaccia grafica del programma
Il programma Mult permette una analisi off-line dei dati acquisiti dall programma
“trace” . Il programma , scrito in C++, si presenta con una shell per settere parametri
ed una finestra grafica , sviluppata in X Window System, per mezzo della quale viene
visualizzato lo stato delle strip per ciascun evento. La parte del codice riguardante la
shell ´e stato scritto conforme allo standard POSIX.1 . Il programma pu´o essere portato
79
92. su qualsiasi UNIX, basti che sia conforme al POSIX.1, anche se il sitema operativo
usato ´e stato una versione instabile 2.1.66 (per sviluppatori) del kernel Linux.
D.1.1 mult.cc
// −∗− linux −cc −∗−
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See the
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//
// You should have received a copy of the GNU General Public Li
// along with t h i s program ; i f not , write to the Free Software
// Foundation , Inc . , 675 Mass Ave , Cambridge , MA 02139 , USA.
#inc lude ” s h e l l . h”
#inc lude ” libmult . h”
S h e l l ∗ s h e l l ;
St r ip ∗ s t r i p ;
void pr int ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{
s t r i p −>stampa ( ) ;
}
void molt ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{// forse e ’ megli switch
i f ( argc==1)
s t r i p −>molt = a t o i ( argv [ 1 ] ) ;
e l s e
i f ( argc==0)
cout << ” valo r e di molt= ” << s t r i p −>molt << ”n” ;
93. e l s e c er r << ” t r o ppi parametri n” ;
}
void read ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{
i f ( argc==1){
s t r i p −>f i l e n a m e=argv [ 1 ] ;
s t r i p −>r e a d f i l e ( ) ;
} e l s e c er r << ” t r o ppi parametri n” ;
}
void quit ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{
s h e l l −>˜S h e l l ( ) ;
e x i t ( 0 ) ;
}
void delay ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{// forse e ’ megli switch
i f ( argc==1)
s t r i p −>delay = a t o i ( argv [ 1 ] ) ;
e l s e
i f ( argc==0)
cout << ” valo r e di delay= ” << s t r i p −>delay << ”n
e l s e c er r << ” t r o ppi parametri n” ;
}
void t 1 o f f s e t ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{// forse e ’ megli switch
i f ( argc==1)
s t r i p −>t d c c h 1 o f f s e t = a t o f ( argv [ 1 ] ) ;
e l s e
i f ( argc==0)
cout << ” valo r e di tdc o f f s e t 1= ” << s t r i p −>t d c c
e l s e c er r << ” t r o ppi parametri n” ;
}
void t 2 o f f s e t ( i n t argc , char ∗∗ argv )
{// forse e ’ megli switch
i f ( argc==1)
s t r i p −>t d c c h 2 o f f s e t = a t o f ( argv [ 1 ] ) ;
94. e l s e
i f ( argc==0)
cout << ” valo r e di tdc o f f s e t 2= ” << s t r i p −>t d c c
e l s e c er r << ” t r o ppi parametri n” ;
}
main ( )
{
char ∗prompt = ”Mult−2.0=>” ;
char ∗message = ”
MULT
ver sio n 2 .0
Copyright (C) 1997 , 1998 by Gerardo Di I o r i o arete@lux
This program i s f r e e software ; you can r e d i s t r i b u t e i t
i t under the terms o f the GNU General Public License as
the Free Software Foundation ; e i t h e r ver sio n 2 o f the L
( at your option ) any l a t e r ver sio n .
” ;
s h e l l = new S h e l l ( ) ;
s t r i p = new St r ip ( ) ;
s h e l l −>Adding Command( ”molt” , molt ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” read ” , read ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” quit ” , quit ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” pr int ” , pr int ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” time” , delay ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” t 1 o f f s e t ” , t 1 o f f s e t ) ;
s h e l l −>Adding Command( ” t 2 o f f s e t ” , t 2 o f f s e t ) ;
s h e l l −>Start ( prompt , message ) ;
}
D.1.2 libmult.cc
// −∗− linux −cc −∗−
// Copyright (C) 1997 , 1998 by Gerardo Di Iorio arete@luxna2 . n
//
95. // This program i s f r e e software ; you can r e d i s t r i b u t e i t and/o
// i t under the terms of the GNU General Public License as p u b
// the Free Software Foundation ; e i t h e r version 2 of the Licens
// ( at your option ) any l a t e r version .
//
// This program i s d i s t r i b u t e d in the hope th a t i t w i l l be usef
// but WITHOUT ANY WARRANTY; without even the implied warranty
// MERCHANTABILITY or FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE.
See the
// GNU General Public License for more d e t a i l s .
//
// You should have received a copy of the GNU General Public Li
// along with t h i s program ; i f not , write to the Free Software
// Foundation , Inc . , 675 Mass Ave , Cambridge , MA 02139 , USA.
#inc lude ” libmult . h”
SampleHistogram t d c f e c 1 h i s t o ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ;
SampleHistogram t d c f e c 2 h i s t o ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ;
SampleHistogram t d c f e c h i s t o ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ; //e ’ l ’OR
SampleHistogram t d c f e c 1 ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ; //sono good
SampleHistogram t d c f e c 2 ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ;
SampleHistogram t d c d i f f ( 1 . 2 5 , 5 0 0 .0 , 1 . 2 5 ) ;
SampleHistogram m o l t e p l i c i t a ( 1 . 0 , 3 2 .0 , 1 . 0 ) ;
SampleHistogram d i s t s t r i p ( 1 . 0 , 3 2 .0 , 1 . 0 ) ;
St r ip : : St r ip ( )
{
delay =1;
t d c c h 1 o f f s e t =0;
t d c c h 2 o f f s e t =0;
molt =2;
I n i t D i s p l a y ( ) ;
Init Windows ( ) ;
}
void St r ip : : r e a d f i l e ( )
{
96. i f s t r e a m read ( f i l e n a m e ) ;
i f ( ! read ){
c er r << ”No such f i l e ” << f i l e n a m e << ”n” ;
e x i t ( 1 ) ;
}
const char d e l i m i t e r s []= ” ’ ’ t v” ;
const i n t lenght =256;
char b u f f e r [ lenght ] ;
l i n e r e a d =0;
while ( ! read . eo f ( ) ) {
l i n e r e a d ++;
read . g e t l i n e ( buffer , lenght , ’ n ’ ) ;
char ∗tmp ;
i n t i =0;
tmp=s t r t o k ( buffer , d e l i m i t e r s ) ;
i f ( ! ( tmp==NULL)){
while ( ! ( tmp==NULL)){
s t r i p u n s o r t [ i ] = 0 ;
s t r i p u n s o r t [ i ] = a t o f (tmp ) ;
tmp = s t r t o k (NULL, d e l i m i t e r s ) ;
i ++;
}
} e l s e
f o r ( i =0; i <=36; i++)
s t r i p u n s o r t [ i ] = 0 . 0 ;
s o r t s t r i p ( ) ;
m o l t s t r i p ( ) ;
v i s u a l i z z a ( ) ;
}
}
void St r ip : : s o r t s t r i p ( )
{
odd = ( i n t ) s t r i p u n s o r t [ 0 ] ;
even = ( i n t ) s t r i p u n s o r t [ 1 ] ;
97. t o t a l = ( i n t ) s t r i p u n s o r t [ 2 ] ;
tdc ch1 = 0.125∗ s t r i p u n s o r t [ 3 5 ] ;
tdc ch2 = 0.125∗ s t r i p u n s o r t [ 3 6 ] ;
i n t k=30;
i n t i =0;
f o r ( i =3; i <=18; i ++){
s t r i p s o r t [ k ] = ( i n t ) s t r i p u n s o r t [ i ] ;
s t r i p s o r t [ k+1] = ( i n t ) s t r i p u n s o r t [ i +16];
k=k−2;
}
f o r ( i =0; i <=31; i++)
i f ( s t r i p s o r t [ i ] )
d i s t s t r i p += i +1;
}
void St r ip : : m o l t s t r i p ( )
{
bool c l u s t e r s t a t u s=f a l s e ;
bool n e w c l u s t e r s t a t u s=f a l s e ;
bool o l d c l u s t e r s t a t u s=f a l s e ;
i n t c l u s t e r v a l u e =0;
i n t i = 0 ;
i n t temp molt = 0 ;
s t r i p s o r t [3 2 ]=0 ;
f o r ( i =0; i <=32; i ++){
i f ( s t r i p s o r t [ i ] ) {
c l u s t e r s t a t u s=true ;
temp molt =temp molt + 1 ;
} e l s e
c l u s t e r s t a t u s=f a l s e ;
o l d c l u s t e r s t a t u s=n e w c l u s t e r s t a t u s ;
n e w c l u s t e r s t a t u s=c l u s t e r s t a t u s ;
i f ( ( n e w c l u s t e r s t a t u s==true)&&( o l d c l u s t e r s t a t u s==f a l s e ) )
c l u s t e r v a l u e=c l u s t e r v a l u e +1;
}