Sceneggiatura realizzata dal Liceo Simone Morea di Conversano nell'ambito del progetto-concorso "Dal palcoscenico alla realtà @ scuola di prevenzione".
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www.scuoladiprevenzione.it
1. “I morti non raccontano storie”
Personaggi
Il presentatore ( narratore)
Federico Pecunia (datore di lavoro indossa pantaloni e camicia neri)
Pino (morto sul lavoro)
Luigi (morto sul lavoro)
Silvia (morta sul lavoro)
Martina (morta sul lavoro)
Operai
Segretario di Pecunia
PROLOGO - “L’EREDITÀ”
In scena ci sono i morti sul lavoro (PINO, LUIGI, SILVIA E MARTINA), il
NARRATORE (vestito da presentatore) che entra sul palco accompagnato dalla
sigla del programma “L’eredità”.
NAR: Buonasera a tutti cari telespettatori e benvenuti ad una nuova, elettrizzante
puntata dell’Eredità! Spero che voi a casa siate carichi almeno la metà di quanto lo
sono i nostri formidabili concorrenti! Vero?
Si zittisce ed aspetta una risposta dai concorrenti, che lo guardano spenti o con un
sorriso tirato sul volto (l’esplosività del presentatore cozza con la tragicità dei
concorrenti)
NAR: Questo è lo spirito! Tenetevi forte, perché questa puntata sarà tutta incentrata
su di un unico, ETERNO argomento: la Morte! (Si sentono degli applausi di
sottofondo). Siamo pronti? Partiamo subito con la prima domanda allora! (si gira
verso Martina) Martina, nella nostra meravigliosa Italia durante il 2022 quanti sono
stati i morti sul lavoro? 232, 450, 701 o 1404?
MARTINA: Credo siano state 701.
NAR: E invece no! Sono state ben 1404 le morti sul lavoro! Ma questo non lo dico io,
eh! Sono dati ufficiali direttamente dell’efficientissimo INAIL! Bene, un errore per
Martina! Ma proseguiamo! (Si gira verso Pino) Pino! Quando un dipendente muore
tragicamente sul posto di lavoro, di chi è la colpa? Del datore di lavoro, del
2. dipendente, dell’organizzazione dell’azienda o di tutti gli organi aziendali, dal più alto
al più basso?
PINO: La mia esperienza mi suggerisce la seconda: la colpa è del datore di lavoro.
NAR: Errore anche per Pino! Anime mie, un po’ di partecipazione, non siete ancora
entrate nel gioco! In realtà la colpa è suddivisa fra tutti gli organi aziendali, dal capo,
passando per i vari sottintendenti fino ad arrivare al semplice lavoratore. (sorride al
pubblico) Sono tutti colpevoli! (Si gira verso Luigi) Luigi, tocca a te ora! A Torino, in
via Genova, tre operai muoiono a causa di un cedimento di una gru. Quando? 1986,
2003, 2021 0 2010?
LUIGI: Nel 2021
NAR: Ed è la risposta esatta! Finalmente qualcuno che sa come giocare! Sarà stata
pura intuizione? Oppure magari qualcos’altro gli ha suggerito la risposta? Ah, e chi lo
sa! Quindi niente errore per Luigi! (si gira verso Silvia) Silvia, cara, domanda per te:
Sul luogo di lavoro, il datore è obbligato ad applicare norme per eliminare o ridurre al
minimo i rischi: Vero o Falso?
SILVIA (con voce rassegnata): Vero…
NAR: Ed anche per Silvia nessun errore! È proprio vero, il datore di lavoro è tenuto
a preservare la sicurezza dei suoi valenti sottoposti! Ma prose…
Si sente un trambusto fuori dal palco e il Narratore si ferma. Sul palco irrompe
Federico Pecunia.
PECUNIA: Si può sapere cosa state facendo!?! Tornate immediatamente al lavoro!!!
Il NAR. lo guarda soppesandolo in silenzio, poi sorride sprezzante.
NAR: Federico, andiamo. Manco da morti li vuoi lasciare in pace?
Si spengono le luci e tutti escono
ATTO I- IN UFFICIO
Lunedì mattina, ufficio della “Pecunia industries”.
Suona una campana, i dipendenti entrano ed iniziano a sistemarsi per lavorare e
successivamente entra il Sig. Pecunia con il suo segretario.
PECUNIA (freddamente): Buongiorno!
DIPENDENTI (in coro, con voce stanca): Buongiorno signor Pecunia…
I dipendenti prendono le loro postazioni di lavoro
3. PECUNIA (alzando la voce): Come ogni giorno, oggi dobbiamo rendere al massimo
delle nostre possibilità. Il tempo è denaro, cari miei. Se no che vi pago a fare?
SEGRETARIO (con reverenza): Ma signore, siamo appena arrivati! Ci dia almeno il
tempo di sistemarci!
Entra Silvia, correndo
SEG: Ah, ciao Silvia…
PECUNIA (ironicamente copre la voce del SEG): Ah, siamo arrivati in anticipo oggi!
Posso offrirti un caffè nel mio ufficio già che ci siamo?
SILVIA (affannata): Signore… il pullman… era in ritardo… non è stata colpa mia!
PECUNIA (q. b. arrabbiato): Fandonie! Che pullman e pullman! È perché non hai
voglia di lavorare! Seguimi nel mio ufficio: dobbiamo fare un bel discorsetto.
Silvia segue a testa bassa Pecunia in ufficio
UN LAVORATORE: Eccallà, ne abbiamo perso un’altra!
I personaggi tornano a lavorare creando un po’ di caos, appena entra il narratore
tutti rimangono in silenzio
NARRATORE: Quello che avete appena visto è Federico Pecunia, il CEO di questa
compagnia da tanti, tanti, tantissimi anni; non so se avete notato, ma gli anni di
lavoro e fatica l’hanno reso ossessionato dall’ordine e legato ad un solo e unico dio:
il dio denaro! I soldi cari miei…
Alla parola “SOLDI”, Pecunia esce dall’ufficio con Silvia, che si va a sistemare subito
vicino alla sua scrivania, che è vicino a quella del segretario
PECUNIA: Soldi? Chi ha detto soldi? Dall’ufficio ho sentito che state parlando di me,
ma nessuna descrizione sarà mai paragonabile all’originale chiaramente. Io ho
creato questa industria con le mie mani quando ero ancora un ragazzo senza tante
aspettative davanti e girano voci che io non sia un buon capo! Ma in realtà non
capiscono che per far in modo che diano il meglio di loro sono costretto a tenerli in
riga! E poi, per quanto riguarda la sicurezza, siamo “appostissimo”: i miei lavoratori
sguazzano nella sicurezza! Tanto quello che dovevo fare, ovvero eleggere i
responsabili della sicurezza sul lavoro, l’ho fatto. Che mai potrebbe accadere di
male?
Pecunia torna nel suo ufficio
4. NAR: Ecco, avete visto? Questa è la prova provata di quello che ho detto poc’anzi.
Quella povera anima invece si chiama Silvia d’Orazio. Guardate che faccia, chissà
come Pecunia l’ha trattata…
SILVIA: Mi ha fatto un capo cazziatone! Ha detto che sono una fallita, incapace e
tantissime altre cattiverie! Ma ho solo 22 anni e chi ha spiegato quel cavolo di corso
sulla sicurezza, l’ha fatto veramente coi piedi. (Si guarda intorno) Qualcuno ha visto
il mio zaino? Se non inizio subito a lavorare quello esce di nuovo e mi strapazza
nuovamente!
MARTINA: Te l’ho preso io. Sai, sono abituata a raccattare i pezzi in giro, ho 2 figli
che sono proprio sbadati. È per questo che lavoro qui… anche se non è questo
quello che avrei voluto fare davvero... In realtà da bambina avevo un sogno:
diventare una cantante! Poi ho capito che quello della “star” era solamente un
sogno nel cassetto che sarebbe rimasto lì per sempre. Però quando sono con i miei
bimbi ci divertiamo tanto a cantare insieme la nostra canzone preferita (canticchia
una canzone di Cesare Cremonini). Mi piacerebbe tanto viaggiare da un paese
all’altro con tutta la mia famiglia con la musica a volume altissimo.
SILVIA: Davvero?!? Anch’io adoro la musica…Come si chiamano i tuoi bambini?
MARTINA: Marco ed Eleonora. Sai, sono come cane e gatto…vorrei riuscire a stare
più tempo con loro…ma qui gli straordinari sono troppi e …(Le si incrina la voce) Ah,
scusami, ma non ci siamo ancora presentate… Come ti chiami?
Silvia: Oh giusto, piacere Silvia.
MARTINA: Io sono Martina!
SILVIA: Anch’io ho tantissimi sogni…
MARTINA: Brava, non mollare, mi raccomando!
SILVIA: (abbracciandola) Mettiamoci al lavoro!
Entra Pecunia in scena
Pecunia (rivolgendosi a Martina): Vieni un attimo qui (Martina si avvicina a Pecunia)
Senti, domani vieni un’ora prima, va bene?
Martina Di nuovo? Sono 3 settimane che faccio ore in più!
Pecunia: Non mi interessa, tu vieni prima e basta, intesi?!
Martina: Va bene… Buona giornata anche a lei.
Pecunia : Eccellente! Ora vado a controllare quegli scansafatiche che stanno
lavorando sul cantiere e ricordate “IL TEMPO È DENARO”.
5. ATTO II- IL CANTIERE
In scena c’è PECUNIA che cammina e riflette fra sé e sé
PECUNIA: Forse sono stato troppo duro con quella ragazza in ufficio… (scuote la
testa) No, no… Se dovessi allentare anche solo minimamente la corda, sarebbe il
caos. Ai miei tempi ho provato ad essere gentile e comprensivo ma ho solo ricevuto
pugnalate alle spalle, nel lavoro è così, come nella vita. Meglio dedicarsi al lavoro ed
al guadagno.
Entrano in scena i lavoratori (Pino, Luigi e altri quattro operai). In scena ci sono delle
attrezzature che rimandano ad un cantiere insieme ai caschi e a delle imbragature.
Un lavoratore, giovane ed inesperto, prova a sistemarsi le imbracature, ma s’incastra
e viene raggiunto da Luigi, che mentre lo aiuta..
LUIGI: Sei nuovo, eh? Pure io la prima volta che venni qui non sapevo come
sistemarmi questi aggeggi. Avevo 21 anni quando ho iniziato a lavorare. Ormai sono
passati tanti anni e qui mi conoscono praticamente tutti. Sono capitato qua per puro
caso, mentre facevo provini per fare l'attore. Non sono mai stato preso e appena mi
hanno offerto un lavoro, ho subito accettato. A dire la verità non posso, anzi non
devo lamentarmi, perché senza noi operai questo Paese non andrebbe avanti. (In
castellanese) Minumol ca ste fegghm; cheda pccen…Sto per diventare nonno, sono
la persona più felice del mondo! Tu invece, chi sei?
Il lavoratore sta per rispondere quando riceve una chiamata e si allontana fuori
scena. Di avvicina Pino a Luigi e quest’ultimo lo guarda sorpreso
Luigi: Pino! Che ci fai qui? Oggi non dovrebbe essere il tuo giorno libero?
Pino: Sì, ma oggi è una giornata un po’ particolare e non ce la facevo proprio a
rimanere da solo a casa. Quindi sono venuto lo stesso.
Luigi: Va bene vecchio mio, come preferisci, basta che non ti sforzi assai.
PECUNIA che fino ad ora è rimasto in disparte, si avvicina ai dipendenti
PECUNIA: Buongiorno signori, spero vivamente che siate in procinto di iniziare, o
sbaglio?
Luigi (scocciato): Certo Signor Pecunia, stavamo proprio finendo di sistemare i
dispositivi di sicurezza.
PECUNIA: Bene, non vorrei che succedessero spiacevoli incidenti. Questo palazzo
deve essere completato entro sei mesi, ora torno in ufficio per controllare le pratiche
di vendita. Buon lavoro.
PECUNIA esce di scena
6. Luigi : Sembra fatto di pietra e ghiaccio assieme.
Pino : È un uomo che conosce il lavoro vero. (pausa) Però sì, sembra un ghiacciolo.
Tutti ridono alla battuta di Pino e nel frattempo il NARRATORE entra in scena
silenziosamente. Li guarda e sospira
NARRATORE: Ridete, ridete. Ridete ora che potete. (si rivolge al pubblico)
Guardateli, sono come candele e come tali possono essere spente in un attimo.
Il NARRATORE esce lentamente – buio.
ATTO III- PINO
Sulla scena c’è Pino in primo piano e altri due lavoratori dietro.
OPERAIO 1(al telefono): Pronto? (…) Sì, sì sono a lavoro (…) No amore non posso
stasera perché lavoro fino a tardi (si guarda intorno) aspetta, aspetta forse ho trovato
una soluzione, ti richiamo. (si avvicina all’anziano) Ciao Pino come va? Sai… oggi è
il mio anniversario di fidanzamento ma non posso festeggiarlo perché ho il turno,
non è che potresti sostituirmi? Solo per questa volta, ti restituirò il favore.
Pino: (sospiro) …Va bene
OPERAIO 1 esce di scena
Pino: Buon divertimento! (sospiro di nuovo) Questi ragazzi, ma dove hanno la testa?
Devono imparare a riconoscere le vere priorità della vita, mica ci sarà sempre
qualcuno ad aiutarli ed io lo sono bene. Dovrebbero ringraziare il signor Pecunia per
questa opportunità e non cercare sempre una scusa per non lavorare. (tra sé e sé)
Parlando di anniversari, sono 15 anni che Mina non c’è più. Mia moglie: bella,
radiosa, illuminava le mie giornate. Ora mi sveglio al mattino, in una casa buia, solo.
Ogni tanto mi giro e penso di trovarla al mio fianco, ma purtroppo non è così. Il
lavoro è l’unica cosa che mi resta, mi distrae…Ora sarà meglio che mi sbrighi, prima
inizio prima finisco. Ora salgo sull’impalcatura, alla mia età sono più agile di questi
giovanotti…(Si mette le mani a coppa vicino alla bocca ed urla dando le spalle al
pubblico) France’ passami quel coperchio. Ma quanto pesa?
Pino: Vai piano, vai più giù!!! Madò non mi sente. Aiutoooo!
Pino rivolge lo sguardo verso il pubblico
(Si sente il rumore della moneta che cade). Pino cade.
Buio, il narratore entra ed è vestito con una giacca, una cravatta ed un cappello,
prima di parlare si volta di spalle al pubblico, si toglie il cappello in segno di rispetto,
silenzio e parla
7. NAR: Vedete questo palazzo? Tra 6 mesi sarà completo, bianco, pronto per essere
venduto al miglior acquirente. Nessuno però penserà quando sia davvero costato.
(PAUSA) A chi è costato… I morti non raccontano storie, sta ai vivi raccontarle.
Buio e tutti escono
ATTO IV- MARTINA
Si sente il suono di una sveglia. Martina rientra in scena e si siede su una sedia
Martina (rivolgendosi al pubblico): E anche stamattina solita storia…sono molto
stanca…
Martina chiude gli occhi e si poggia sulla sedia come se si stesse addormentando; si
sente il suono di una macchina che sbanda e si schianta. Martina apre gli occhi di
scatto
Martina: Io sognavo di viaggiare con la mia famiglia… (Si sente il rumore della
moneta che cade)
Parte “Poetica” di Cremonini in sottofondo
Martina chiude gli occhi e canta “Anche quando poi saremo stanchi…”
Continueremo a cantarla insieme, per sempre.
Martina rimane in scena sulla sedia, entra il narratore
NAR: Fermate la musica (la musica non si ferma) Oh non mi avete sentito?!? Ho
detto SILENZIO (la musica si ferma bruscamente) … I morti non raccontanti storie,
sta ai vivi raccontarle.
ATTO V- LUIGI
Luigi al pubblico
LUIGI: Se adesso chiudono l'azienda, io dove vado? Sta per nascere mia nipote, …
però in questo posto non c’è sicurezza, mancano i caschi, manca tutto. Eih tu, sulla
gru, stai attento che qua non si sa mai cosa può accadere, a me il rumore che fa
quel coso non piace per niente. Luigi riceve una telefonata
LUIGI: ODDIO, ODDIO, NON CI CREDO, RAGAZZI, A MIA FIGLIA SI SONO
ROTTE LE ACQUE! STO PER DIVENTARE NONNO, NON CI POSSO CREDERE!
IO DEVO PROPRIO ANDARE, CI VEDIAMO DOMANI.
Luigi si china per prendere la cassetta degli attrezzi, si sente un forte rumore seguito
dal suono della moneta che cade. Luigi è a terra.
Entra con calma il narratore e si inginocchia vicino a Luigi
8. NAR: Luigi…Stavi passando vicino ad una gru, avresti dovuto tenere la testa alta e
fiera, come il gran lavoratore che eri. I morti non raccontano storie, sta ai vivi
raccontarle.
ATTO VI- SILVIA
Silvia entra sulle note di una litania e si posiziona al centro della scena, su una
sedia. Inizia a parlare, rivolta al pubblico
SILVIA: Sapete? Non ho mai avuto paura della morte. Quando si è giovani,
spensierati, è l’ultima cosa a cui si pensa. E poi, diciamocelo: la vita non ci prepara
mai a cosa del genere.
Voce fuori campo
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Pausa
SILVIA (Si rivolge quasi a sé stessa): “Quel tempo della tua vita mortale, (PAUSA)
Belle parole quelle di Leopardi… mi risuonano nella testa da quando ero bambina.
Mamma mi chiamava “la mia Silvietta, dagli occhi ridenti e fuggitivi”.
Silvia si alza e si posiziona dietro la sedia, in piedi.
SILVIA: (riparte, affranta) La mia vita mortale è finita quella mattina d’inverno. Non
ricordo cosa sia successo precisamente: Pecunia mi aveva chiesto di rimanere per
dare un’occhiata ad un macchinario che si chiama Splitter. Come se mi intendessi di
ste’ cose.
Pausa. Silvia inizia a mimare la scena. A questo punto entra il NARRATORE, si
ferma al lato di Silvia, lei pare non accorgersene, e osserva attentamente la scena,
con sguardo quasi comprensivo.
Silvia: Mi avvicino, chiaramente avevo messo la tenuta da lavoro, mica so’ scema.
Lo accendo. Poi buio. Ricordo solo un dolore lancinante al braccio sinistro e poi più
niente... (Si sente il rumore della moneta che cade) Silenzio. Silvia si ferma
immobile. Il NARRATORE si avvicina alla sedia e la gira dal lato opposto. Tende
delicatamente la mano verso Silvia, lei la prende.
NARRATORE: I morti non raccontano storie, sta ai vivi raccontarle.
9. ATTO FINALE- GHIGLIOTTINA EREDITÀ
Il Narratore è in piedi, mentre Federico Pecunia è seduto ad un tavolino con due
sedie
NAR: Bentornati amati telespettatori! Siete giusto in tempo per il nostro gioco finale,
al quale parteciperà l’unico sopravvissuto! Il nostro Federico Pecunia! Benvenuti alla
resa dei conti! La ghigliottina! (Il narratore si siede)
PECUNIA: Che succede? Dove sono?!?
NAR: Sei esattamente dove dovresti essere, Federico. Le regole sono semplici: io ti
proporrò due parole e tu dovrai sceglierne una. Ripeteremo quest’operazione per
cinque volte e solo allora dovrai riflettere per un minuto e scrivere su questo
cartoncino una parola che unisca le cinque precedenti. Tutto chiaro?
PECUNIA: Che cosa ci guadagno io?
NAR: Potresti guadagnare quanto ti pare, i soldi non colmeranno quel vuoto che
senti dentro di te. Credevo che l’avessi capito, Federico. Soprattutto dopo quello che
è successo.
Federico lo guarda e poi abbassa la testa, facendo un gesto con la mano come ad
indicare “procedi”
NAR: Bene. Prima scelta di parole: Dio o Uomo
PECUNIA: Dio.
NAR: Ghigliottina. Era Uomo. Andiamo oltre. Memoria o Dimenticanza.
PECUNIA: Dimenticanza.
NAR: Ghigliottina. Era Memoria. Terza scelta: Dolore o Gioia.
PECUNIA: Dolore.
NAR: Ghigliottina. Giusto, era Dolore. Proseguiamo: Corpo o Mente
PECUNIA: Corpo.
NAR: Ghigliottina. Esattamente, era Corpo. Vedo che stai seguendo uno schema o
sbaglio? Hai, per caso, già in mente una parola?
PECUNIA: Un’idea di parola ce l’ho, sì. Ma non mi piace per niente.
NAR: Tanto lo scopriremo a breve. Ultima scelta per te, Signor Pecunia: Errore o
Esattezza.
PECUNIA: Errore.
10. NAR: Ghigliottina. Ed era Errore. Ricapitolando le parole sono: Uomo, Memoria,
Dolore, Corpo ed Errore. Sentiamo la tua parola Federico.
PECUNIA: Ma come, avevi detto che avrei avuto almeno un minuto per pensarci.
Non puoi sovvertire le regole a tuo piacimento, sarebbe…
NAR (completando la frase di Pecunia): Sbagliato? Una violazione dei diritti? Fuori
dagli schemi? Inaspettato? Tutto ciò che è successo…Tutti quelle morti nella tua
azienda. Erano per caso giuste? EH!?!
PECUNIA indietreggia leggermente con la sedia, ma lo guarda fisso
PECUNIA: Avevo dato disposizioni per la sicurezza dei lavoratori, non posso fare
tutto io.
NAR: Su questo concordiamo, Federico. Nonostante i soldi abbiano reso il tuo cuore
un arido deserto, hai fatto il tuo dovere. Anche se in maniera piuttosto scadente e
sbrigativa. Un errore che è stato poi amplificato da quei superficiali responsabili della
sicurezza che hai nominato ed infine dai tuoi stessi lavoratori che si ritenevano tanto
immortali da sottovalutare i rischi. Qui non stiamo cercando un colpevole, sciocca
anima. Ti ho chiesto: Queste morti sono giuste?
PECUNIA (abbassa lo sguardo): No. (pausa) Non lo sono.
NAR: Precisamente. Ora, la parola che hai pensato?
PECUNIA (esitante): Morte. La morte riguarda l’uomo e provoca dolore. Una morte
non dovrebbe mai essere dimenticata (esita), quindi si collega a Memoria. La morte
è legata indissolubilmente al corpo ed infine la morte può generarsi da un errore.
NAR: Morte. La tua risposta è Morte. E se ti dicessi che è tutto sbagliato? Che in
realtà dovresti guardare queste parole da un’altra prospettiva?
PECUNIA (ironico): E quale sarebbe la parola? Vita?
NAR: Precisamente.
PECUNIA: Non ha senso, tutto questo non ha senso. La parola DEVE essere Morte!
È l’unica collegabile a tutto.
NAR: Ti dico che non è la parola che cerchi. Ti consiglio di fidarti, conosco la Morte
meglio di quanto tu, fratello mio, possa credere.
PECUNIA spalanca gli occhi e si alza di scatto indietreggiando: TU!?! Tu sei…la
Morte?!?
NAR lo guarda e scoppia a ridere: Cos’è che vai a pensare? Non sono la Morte.
PECUNIA: Allora sei la Vita?
NAR: Ma no! Perché dovrei poter essere O l’una O l’altra?
11. PECUNIA: Sei…entrambe?
NAR: Bingo!
PECUNIA: Ma non è possibile! Vita e Morte sono opposte!
NAR: Opposte? Per caso hai mai visto una moneta fatta da una sola faccia? Sono
complementari, Federico. Complementari.
PECUNIA (arrabbiato): Sì ma cosa c’entra? Ora mi parli di Morte, ora di Vita, ora dei
miei dipendenti, ora di me. Qual è il senso?
NAR: I tuoi dipendenti sono morti. Oltre alle pressioni giuridiche, dentro di te senti
un’emozione chiamata senso di colpa. Perché, alla fine, nel tuo cuore solo e cavo
c’è ancora un barlume di umanità, per quanto tu voglia reprimerlo. Io posso aiutarti,
Federico. Ma devi sederti ed ascoltare.
Federico lentamente si risiede e si sistema, alla fine incrocia le braccia
NAR: Partiamo dalla prima parola. Uomo. La Vita è ciò che è intrinseco nell’uomo,
no? E bisogna viverla con tutti sé stessi, partendo dal corpo. E com’è ovvio, nella
vita si provano dolori di ogni tipo, molti dei quali disumani. Ed infine la vita è
costellata di errori, che non sono una brutta cosa, eh. Anzi, gli errori ci fanno
crescere, ci rendono migliori.
PECUNIA: Hai dimenticato Memoria.
NAR: La memoria è il tassello che lega Morte e Vita. Ti va di spiegarmelo tu? Per
vedere se hai capito?
PECUNIA: La memoria è ciò che ci lega al passato, magari a situazioni o persone
che non ci sono più. Come loro.
Sul palco entrano silenziosamente i morti sul lavoro e si posizionano ai lati del palco
VOCE FUORI CAMPO: Corrado Ravera, 54 anni. Morto schiacciato da un peso
mentre lavorava per una ristrutturazione.
Lucia Damiano, 49 anni. Morta in un incidente stradale perché distrutta dalle troppe
ore lavorative.
Luigi Monti, 52 anni. Morto in Campania schiacciato da una trave.
Luana d’Orazio, 22 anni. Morta perché si era incastrata in un macchinario di
un’industria tessile.
PECUNIA (si toglie la camicia nera e rimane con una t-shirt bianca, si rivolge al
pubblico): Denunciate ogni ingiustizia avvenuta e non tacete mai. Perché noi vivi la
voce ce l’abbiamo ancora. Perché, alla fine, i morti non ne raccontano di storie. Sta
ai vivi portarle avanti.