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CAPITOLO

1

Il calcio giovanile ed il calcio top level

1.1 Il modello di prestazione
nel calcio professionistico
Molte discipline sportive sono caratterizzate da un impegno metabolico di tipo aerobico - anaerobico alternato. In questi sport il
lavoro muscolare è caratterizzato da fasi a
impegno elevato o molto elevato, di breve
durata, intervallate da fasi meno intense.
Questa alternanza si protrae nel tempo per
periodi variabili a seconda della disciplina
considerata (Dal Monte, Faina, 1999).
Il calcio viene definito uno sport di squadra
di situazione, a carattere invasivo e ad elevato coefficiente tecnico - coordinativo, in cui
il contesto tecnico è in funzione del risultato
che si vuole raggiungere:
sport di situazione, in quanto l’esecuzione
del gesto tecnico dipende dal contesto agonistico e dall’opposizione dell’avversario;
sport a carattere invasivo, in quanto il calciatore può svolgere i propri spostamenti in
qualsiasi parte del terreno di gioco, con la
possibilità del contatto fisico;
sport ad elevato coefficiente tecnico - coordinativo, poiché utilizza prevalentemente i piedi
nella esecuzione dei gesti tecnici, con la con-

seguente maggiore difficoltà tecnica in considerazione della contemporanea necessità di
un controllo visivo per acquisire informazioni
dall’ambiente di gioco (Isacchini, 2005).
Pertanto, è necessario adattarsi in ogni momento a situazioni tecnico - tattiche che si
vengono a creare, cercando di mantenere
elevata la propria tecnica, di disorganizzare il più possibile la tecnica e la tattica dell’avversario, che, tradotto in termini pratici,
significa cercare di entrare in possesso del
pallone e di prolungare tale fase per arrivare a segnare una rete, e dall’altro, impedire
che l’avversario realizzi, a sua volta, proprio
questa intenzione (Uhlig, Uhlig, 2005).
Attraverso un’accurata valutazione del comportamento del calciatore in gara è possibile
ottenere delle risposte statistiche (con riferimento anche alla variabile del ruolo) che
consentono di individuare i vari tipi di sforzi
compiuti e di valutare il tipo di carico di allenamento più appropriato.
Analizzando i dati sulle distanze percorse
da un giocatore durante una gara, si notano delle discrepanze. Alcuni lavori studiarono i calciatori professionisti durante degli
incontri, tracciando i loro movimenti su una

13
CAPITOLO

2

Il calcio moderno: nuove problematiche e
nuove conoscenze
2.1 Le capacità motorie del
giovane calciatore: definizione e metodologia di
allenamento
Le capacità motorie si possono definire come
i presupposti, di tipo endogeno, che permettono la formazione delle abilità motorie, che
sono determinanti ai fini di una migliore prestazione motoria e sportiva.
Per comprendere la differenza tra capacità
e abilità, è interessante la distinzione fatta
in letteratura allorché si distingue l’abilità
o skills, come il livello di perizia in un compito specifico, o in un gruppo limitato di
compiti; e la capacità o abilities riferendosi ad un tratto più generale di potenzialità
funzionali del soggetto che permettono di
far fronte alle richieste di durata, di potenza e di regolazione dei movimenti nelle
forme necessarie a realizzare gli obiettivi
dell’azione motoria e sportiva.
Dunque, risulta evidente che un modesto livello di capacità motorie rappresenta un limite
per l’espressione delle potenzialità motorie
dell’uomo ed in particolare dell’atleta nella
pratica delle varie attività sportive. Ovviamen-

te ciascuna capacità motoria ha un ruolo significativo a seconda dell’azione e dell’attività
motoria e sportiva presa in considerazione:
ad esempio nel sollevamento pesi è importante la forza massima, nella maratona la resistenza, nei 100 metri la velocità ecc.
Bisogna, però, tener conto che le capacità
motorie non si evidenziano in modo netto
quali fattori determinanti le varie discipline
sportive ma operano in sinergia con fattori
tecnici, tattici e psicologici di una determinata disciplina sportiva, in quanto da sole non
sarebbero sufficienti per il miglioramento
della prestazione.
La classificazione delle capacità motorie è più
didattica che sostanziale, e può essere fatta in
vari modi, in funzione del metodo conoscitivo
usato, o delle metodiche d’indagine applicate,
o ancora dei test significativi per ogni capacità. Tuttavia, non tutte le capacità motorie sono
immediatamente identificabili, e anzi di alcune
se ne discute l’esistenza, come ad esempio
riguardo alle capacità condizionali molti affermano che la forza sia l’unica esistente, e che
la velocità e la resistenza sarebbero delle sue
varianti (Donati, e coll., 1994). Come si può
notare dalla seguente tabella, molti ricercatori
hanno fornito una propria classificazione:

65
CAPITOLO

3

Il rischio di infortunio negli sport individuali e
di squadra con particolare riferimento al calcio
3.1 Dalla definizione
di rischio di infortunio
alla classificazione
delle lesioni
Cosa s’intende per infortunio? È piuttosto
difficile descrivere in cosa consista un infortunio sportivo. Finora la quantificazione degli
infortuni sportivi ha risentito eccessivamente
del punto di vista clinico: eziologia e diagnosi sono aspetti che hanno ancora un ruolo
prioritario sia rispetto alla quantificazione
della gravità di un infortunio sia rispetto all’analisi di eventuali correlazioni tra tipologia
di mezzi allenanti selezionati e tipologia di
trauma.
In alcuni studi, soltanto gli eventi che necessitano di cure mediche sono considerati
come “infortuni” (Schafle et al. 1990); in
altri, un infortunio per essere considerato
tale, deve determinare un “intervento terapeutico e il riposo per almeno una settimana” (Ekstrand, Gillquist 1983 a,b,c). Mentre
alcuni ricercatori, per definire un infortunio,
richiedono un “periodo di inabilità alla pratica sportiva” (Albert 1983; Lorentzon et

al. 1988; Sullivan et al. 1980). Tutte le definizioni sopra riportate, essendo influenzate
troppo dall’aspetto clinico, sono estremamente selettive per adeguarsi al punto di
vista dell’atleta e dell’allenatore; dal punto
di vista dell’atleta, l’aspetto fondamentale
della maggior parte degli infortuni è legato
agli effetti che questi provocano sulla prestazione agonistica e sulle sessioni d’allenamento. È stato anche definito come “un
qualsiasi infortunio che si verificasse durante sessioni programmate di allenamento o di gioco che impedisse al giocatore di
partecipare alla seguente sessione di allenamento o gioco” (Ekstrand 1982).
Una definizione che maggiormente si adatta
a questa problematica spiega un infortunio
come: “un evento sfavorevole che si realizza
durante l’attività sportiva e provoca l’inabilità ad allenarsi o gareggiare normalmente”
(McLennan 1990, Watson 1993).
Bisognerebbe considerare anche la gravità
dell’infortunio (Van Mechelen et al. 1992)
che viene solitamente misurata in base al numero di giorni di assenza dalla partecipazione sportiva (Hawkins, Fuller 1999; Hawkins

109
CAPITOLO

1

Gli effetti di due differenti protocolli di training
aerobico sui valori di VMA in giovani calciatori
Italo Sannicandro, Salvatore De Pascalis, Andrea Piccinno, Giuseppe Nannarone

1.1 Scelta del quadro
di riferimento
L’importanza dell’allenamento aerobico per
il calciatore rappresenta un obiettivo del
condizionamento atletico: un’elevata potenza aerobica massima (VO2max) è stata
correlata all’intensità di corsa durante una
partita (Impellizzeri et al., 2006); si conosce inoltre che un’alta capacità aerobica
contribuisce al recupero durante l’esercizio
intermittente ad alta intensità, tipica dell’attività e dell’allenamento dei giocatori di
calcio.
Inoltre, l’innalzamento della soglia anaerobica ritarda l’accumulo di lattato e la diminuzione del ph muscolare.
L’importanza dell’allenamento aerobico per
i calciatori è stata confermata da alcuni studi che indicano una relazione tra la potenza
aerobica e la classificazione competitiva, il
livello della squadra e la distanza coperta
durante la partita. Per questi motivi i programmi di allenamento calcistici comprendono in genere condizionamenti aerobici
(Impellizzeri et al., 2006).

Anche se conosciamo le basi teoriche e
pratiche della modalità di corsa definita
“intermittente”, si ritiene che sia comunque
utile, chiarirne i punti principali.
I principi su cui si basa il lavoro intermittente sono da ricercare nell’affinità con le
caratteristiche della prestazione presa in
esame:
a) l’alternanza di sforzi elevati ad altri
meno intensi con pause brevi di recupero;
b) il reclutamento alternato sia delle fibre
veloci (IIb), durante gli sprint, di quelle
veloci resistenti (IIa) durante la corsa
ad alto ritmo;
c) la produzione “ottimale” di acido lattico
4-8 mmol/l, né troppo bassa né troppo
alta, sufficiente a stimolare i processi
fisiologici di smaltimento dello stesso
come substrato energetico, permettendo così di prolungare l’esercizio.
L’intermittente, riportato in letteratura e poi
adottato nell’ambito del mondo calcistico da
altri Autori, al quale va l’indubbio merito di
avere introdotto in quest’ambito alcune varianti molto interessanti, come “l’intermit-

133
CAPITOLO

2

Gli effetti di differenti protocolli di
condizionamento sui valori di forza, velocità
e reattività in giovani calciatori
Italo Sannicandro

2.1 Il quadro di riferimento
La capacità del muscolo di lasciarsi temporaneamente allungare è una caratteristica
che viene indagata per molteplici motivi: per
studiare aspetti meccanici specifici legati a
particolari regimi di contrazione muscolare,
si pensi allo stretch-shortening cycle, alcuni
riflessi neuromuscolari, la capacità di flessibilità o, infine, i fattori che predispongono al
danno muscolare (Fowles et al., 2000)
L’utilizzo delle esercitazioni di allungamento
muscolare nell’ambito dei programmi di condizionamento atletico risalgono ai primi anni
’80 (Anderson, 1982).
Lo spazio, che tale contenuti hanno occupato
nel corso di questi anni è diventato sempre
più ampio e sempre più diverse sono state
le metodologie adottate per ottenere una
migliore mobilità articolare ed una più funzionale flessibilità muscolare.
Fino a poco tempo fa l’introduzione di esercizi di stretching riguardava tutte le fasi della
seduta di allenamento e tutti i momenti della
programmazione annuale differenziando in

minima parte contenuti e metodologie proposte; oggi, alcuni ricercatori sono critici nei
confronti di tale impostazione e tentano una
rivisitazione scientifica degli effettivi vantaggi
dell’allungamento muscolare sulla prestazione
(Alberti et al., 2007; Cometti, 2003; Cometti e
coll., 2004a & 2004b; Witvrouw et al., 2004).
Soprattutto alla luce della tipologia di prestazioni richieste dai giochi sportivi e dagli
sport di situazione in genere, che prevedono impegni di forza caratterizzata da
elevata esplosività, con tempi di reazione
brevissimi e con tempi di appoggio al suolo
altrettanto ridotti (Cometti e coll., 2004a &
2004b; Campos et al., 2004; Alberti et al.,
2007; Bishop, 2003).
Uno dei motivi legati all’utilizzo di esercitazioni di allungamento muscolare trova giustificazione pratica nella prevenzione degli infortuni di natura muscolare, pur se ultimamente le
evidenze scientifiche non sono tutte concordi
nel riconoscere tale valenza (Witvrouw et al.,
2003; Hunter et al., 2001; Lally, 1994; McNair et al., 2002; Shrier, 2000).
Si sostiene da parte di alcuni Autori che lo

151
CAPITOLO

3

Gli effetti di due differenti protocolli di
training aerobico sui valori di forza e velocità
in giovani calciatori: il concurrent training in
età giovanile esiste?
Italo Sannicandro, Andrea Piccinno, Salvatore De Pascalis, Giuseppe Nannarone

3.1 Quadro di riferimento
relativo al modello
di prestazione in ambito
giovanile
Il calcio è un’attività di tipo intermittente, in
cui la corsa è caratterizzata da fasi di accelerazione e decelerazione continue, unite
ad altrettanto continui cambi di frequenza
del passo dettati dall’esigenza di correre
mantenendo il controllo della palla e dell’avversario (Bisciotti et al., 2000a). La distanza coperta in campo da un giocatore di
calcio di alto livello è intorno ai 10 – 12 km,
mentre per il portiere di circa 4 km (Stolen et al., 2005). Per i giovani calciatori,
invece, si attestano distanze tra i 10419 e i
16691 m (Veale et al., 2007). Studi recenti
riportano che i centrocampisti percorrono
distanze più lunghe e che i giocatori professionisti coprono distanze più lunghe rispetto ai dilettanti (Whitehead, 1976; Mohr et
al., 2003; Di Salvo et al., 2007). L’intensità
di esercizio è ridotto e la distanza coper-

ta è 5 – 10% in meno nel secondo tempo
paragonato al primo (Rienzi et al., 2000;
Mohr et al., 2003). Alcuni lavori, hanno evidenziato, nei giovani calciatori, una distanza coperta nel secondo tempo inferiore al
primo del 5,5% (Castagna et al., 2003). Lo
sprint costituisce 1 – 11% della distanza
totale coperta durante la gara (Mohr et al.,
2003; Van Gool et al., 1988; Reilly, Thomas,
1976), che corrisponde al 0,5 – 3,0% dell’effettivo tempo di gioco (Withers et al.,
1982; Bangsbo et al., 1991; Reilly, Thomas,
1976; Mayhew, Wenger, 1985). Ogni giocatore effettua 1000 – 1400 brevi attività
(Mohr et al., 2003; Bangsbo et al., 1991;
Reilly, Thomas, 1976), cambiando ogni 4 –
6 secondi. Alcuni lavori indicano, nei giovani
calciatori, un numero di attività che varia da
752 a 942, con una durata da 0 a 3 sec
(Veale et al., 2007). Le attività effettuate
sono: 10 – 20 sprint, corsa ad alta intensità ogni 70 secondi, 15 tackles, 50 azioni
con la palla e 30 passaggi, resistendo alla
pressione dell’avversario (Ekblom, 1986;

167
CAPITOLO

4

L’analisi dell’evoluzione della capacità di velocità
dall’età evolutiva all’età adulta in praticanti calcio
Italo Sannicandro, Dario Fabiano

4.1 Il quadro di riferimento
Le ricerche avviate per conoscere gli aspetti
correlati alla pratica calcistica in età evolutiva sono articolate e varie: gli autori sono
interessati a conoscere la capacità di carico (Kruger, 1989; Frohner, 1997, 2001),
i rapporti tra stadi della maturazione ed
evoluzione delle capacità motorie (Viru et
al., 1998), i livelli di evoluzione delle capacità motorie in giovani calciatori di élite ed
in calciatori di modesta qualificazione (Sproviero et al., 2002; Felici et al., 1995; Manno
et al., 1992), l’efficienza di alcune capacità
implicate nella prestazione quali ad esempio
la potenza aerobica (Sannicandro e Colella,
2003), il rapporto tra carichi di allenamento
ed insorgenza di paramorfismi a carico dell’arto inferiore (Witrouw e coll., 2005; Fabbri,
2005).
In modo particolare nel calcio le capacità
condizionali sono state lungamente indagate, specie negli ultimi vent’anni, in quanto si
pensa che siano maggiormente migliorabili e
incisive ai fini della prestazione rispetto alle
capacità coordinative (Nieber, 2004; Bosco,

1990; Arcelli, 1990; Cazorla e Léger, 1993;
Cometti, 1995; Bangsbo, 1995; Bisciotti,
2003).
La velocità, in particolare, con le sue componenti rappresenta uno degli elementi più
importanti della capacità di prestazione calcistica (Weineck, 1996), e tra le componenti
della velocità, le più importanti ai fini prestativi nel calcio sono l’esplosività degli arti inferiori e la capacità di accelerazione (Manno
et al., 1992).
La velocità è una capacità che distingue
i calciatori di alto livello dai calciatori di
medio e basso livello: infatti, secondo una
ricerca, che ha indagato la capacità di accelerazione attraverso il test di corsa veloce
per 20 metri su calciatori di Serie A, B e C1,
le prestazioni migliorano progressivamente nel passaggio dalla Serie C1 alla Serie A
(Sassi, 1996).
Le analisi del modello di prestazione con
giovani calciatori indicano che, in ragione del
ruolo occupato in campo, un calciatore esegue in sprint da 222±75 metri a 360±185
metri nel corso di una gara ufficiale (Thatcher e Batterham, 2004).

197
CAPITOLO

5

Analisi della forza esplosiva degli arti inferiori
in una squadra di calcio: dal settore giovanile
alla massima serie
Italo Sannicandro, Dario Rossi

5.1 Il quadro di riferimento
In ambito calcistico è possibile condurre molteplici tipologie di indagine al fine di descrivere le caratteristiche motorie del calciatore;
ci si affida a differenti metodi di valutazione
che presentano altrettanto differenti livelli di
affidabilità e validità (Roi & Lariviere, 1997;
Bisciotti,2006).
La valutazione delle differenti espressioni
della capacità di forza costituisce un tema di
ricerca molto indagato nella letteratura specifica che affronta la preparazione atletica
del calciatore (Bosco, 1992 e 1997; Bisciotti, 2005; Cometti, 2006; Arruda et al., 2007;
De Carnys & Lees, 2007).
L’interesse, inoltre, nei riguardi dell’evoluzione della capacità di forza è giustificato dalle
conoscenze relative alla correlazione esistente tra alcune espressioni di tale capacità
e la velocità di corsa, motivo per cui per alcuni Autori è importante analizzare la relazione
forza-velocità (Bosco, 1992 e 1997).
Esistono infatti studi che dimostrano la correlazione tra forza esplosiva e velocità intesa
come capacità di sprintare.(Proietti, 1997).

Il rapporto tra la capacità di forza e la gestualità relativa al calcio appare invece meno
diretto: la forza di calcio, infatti, sembra
maggiormente correlata alla capacità di accelerare il corpo prima di calciare, piuttosto
che alla forza di salto in avanti misurata mediante salto in lungo da fermo (Sporis et al.,
2006).
Altrettanto utili alla comprensione del problema sono i lavori che individuano nella capacità di forza un presupposto indispensabile
alla realizzazione della performance calcistica già dal settore giovanile.
L’esercizio strenuo presentato sotto forma di
esercitazioni ad elevata intensità della durata
corrispondete ad un solo un tempo di gara
(circa 45 min) evidenzia una significativa riduzione di alcune espressioni di forza relative al salto ed un preoccupante incremento
dei valori di pressione nella presa di contatto
al suolo da parte di giovani calciatori (Oliver
et al., 2006).
La riduzione dell’attività elettromiografica
a carico di alcuni muscoli dell’arto inferiore
unitamente alla modesta capacità di riutilizzare l’energia elastica stoccata dopo solo 45

221

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  • 1. CAPITOLO 1 Il calcio giovanile ed il calcio top level 1.1 Il modello di prestazione nel calcio professionistico Molte discipline sportive sono caratterizzate da un impegno metabolico di tipo aerobico - anaerobico alternato. In questi sport il lavoro muscolare è caratterizzato da fasi a impegno elevato o molto elevato, di breve durata, intervallate da fasi meno intense. Questa alternanza si protrae nel tempo per periodi variabili a seconda della disciplina considerata (Dal Monte, Faina, 1999). Il calcio viene definito uno sport di squadra di situazione, a carattere invasivo e ad elevato coefficiente tecnico - coordinativo, in cui il contesto tecnico è in funzione del risultato che si vuole raggiungere: sport di situazione, in quanto l’esecuzione del gesto tecnico dipende dal contesto agonistico e dall’opposizione dell’avversario; sport a carattere invasivo, in quanto il calciatore può svolgere i propri spostamenti in qualsiasi parte del terreno di gioco, con la possibilità del contatto fisico; sport ad elevato coefficiente tecnico - coordinativo, poiché utilizza prevalentemente i piedi nella esecuzione dei gesti tecnici, con la con- seguente maggiore difficoltà tecnica in considerazione della contemporanea necessità di un controllo visivo per acquisire informazioni dall’ambiente di gioco (Isacchini, 2005). Pertanto, è necessario adattarsi in ogni momento a situazioni tecnico - tattiche che si vengono a creare, cercando di mantenere elevata la propria tecnica, di disorganizzare il più possibile la tecnica e la tattica dell’avversario, che, tradotto in termini pratici, significa cercare di entrare in possesso del pallone e di prolungare tale fase per arrivare a segnare una rete, e dall’altro, impedire che l’avversario realizzi, a sua volta, proprio questa intenzione (Uhlig, Uhlig, 2005). Attraverso un’accurata valutazione del comportamento del calciatore in gara è possibile ottenere delle risposte statistiche (con riferimento anche alla variabile del ruolo) che consentono di individuare i vari tipi di sforzi compiuti e di valutare il tipo di carico di allenamento più appropriato. Analizzando i dati sulle distanze percorse da un giocatore durante una gara, si notano delle discrepanze. Alcuni lavori studiarono i calciatori professionisti durante degli incontri, tracciando i loro movimenti su una 13
  • 2. CAPITOLO 2 Il calcio moderno: nuove problematiche e nuove conoscenze 2.1 Le capacità motorie del giovane calciatore: definizione e metodologia di allenamento Le capacità motorie si possono definire come i presupposti, di tipo endogeno, che permettono la formazione delle abilità motorie, che sono determinanti ai fini di una migliore prestazione motoria e sportiva. Per comprendere la differenza tra capacità e abilità, è interessante la distinzione fatta in letteratura allorché si distingue l’abilità o skills, come il livello di perizia in un compito specifico, o in un gruppo limitato di compiti; e la capacità o abilities riferendosi ad un tratto più generale di potenzialità funzionali del soggetto che permettono di far fronte alle richieste di durata, di potenza e di regolazione dei movimenti nelle forme necessarie a realizzare gli obiettivi dell’azione motoria e sportiva. Dunque, risulta evidente che un modesto livello di capacità motorie rappresenta un limite per l’espressione delle potenzialità motorie dell’uomo ed in particolare dell’atleta nella pratica delle varie attività sportive. Ovviamen- te ciascuna capacità motoria ha un ruolo significativo a seconda dell’azione e dell’attività motoria e sportiva presa in considerazione: ad esempio nel sollevamento pesi è importante la forza massima, nella maratona la resistenza, nei 100 metri la velocità ecc. Bisogna, però, tener conto che le capacità motorie non si evidenziano in modo netto quali fattori determinanti le varie discipline sportive ma operano in sinergia con fattori tecnici, tattici e psicologici di una determinata disciplina sportiva, in quanto da sole non sarebbero sufficienti per il miglioramento della prestazione. La classificazione delle capacità motorie è più didattica che sostanziale, e può essere fatta in vari modi, in funzione del metodo conoscitivo usato, o delle metodiche d’indagine applicate, o ancora dei test significativi per ogni capacità. Tuttavia, non tutte le capacità motorie sono immediatamente identificabili, e anzi di alcune se ne discute l’esistenza, come ad esempio riguardo alle capacità condizionali molti affermano che la forza sia l’unica esistente, e che la velocità e la resistenza sarebbero delle sue varianti (Donati, e coll., 1994). Come si può notare dalla seguente tabella, molti ricercatori hanno fornito una propria classificazione: 65
  • 3. CAPITOLO 3 Il rischio di infortunio negli sport individuali e di squadra con particolare riferimento al calcio 3.1 Dalla definizione di rischio di infortunio alla classificazione delle lesioni Cosa s’intende per infortunio? È piuttosto difficile descrivere in cosa consista un infortunio sportivo. Finora la quantificazione degli infortuni sportivi ha risentito eccessivamente del punto di vista clinico: eziologia e diagnosi sono aspetti che hanno ancora un ruolo prioritario sia rispetto alla quantificazione della gravità di un infortunio sia rispetto all’analisi di eventuali correlazioni tra tipologia di mezzi allenanti selezionati e tipologia di trauma. In alcuni studi, soltanto gli eventi che necessitano di cure mediche sono considerati come “infortuni” (Schafle et al. 1990); in altri, un infortunio per essere considerato tale, deve determinare un “intervento terapeutico e il riposo per almeno una settimana” (Ekstrand, Gillquist 1983 a,b,c). Mentre alcuni ricercatori, per definire un infortunio, richiedono un “periodo di inabilità alla pratica sportiva” (Albert 1983; Lorentzon et al. 1988; Sullivan et al. 1980). Tutte le definizioni sopra riportate, essendo influenzate troppo dall’aspetto clinico, sono estremamente selettive per adeguarsi al punto di vista dell’atleta e dell’allenatore; dal punto di vista dell’atleta, l’aspetto fondamentale della maggior parte degli infortuni è legato agli effetti che questi provocano sulla prestazione agonistica e sulle sessioni d’allenamento. È stato anche definito come “un qualsiasi infortunio che si verificasse durante sessioni programmate di allenamento o di gioco che impedisse al giocatore di partecipare alla seguente sessione di allenamento o gioco” (Ekstrand 1982). Una definizione che maggiormente si adatta a questa problematica spiega un infortunio come: “un evento sfavorevole che si realizza durante l’attività sportiva e provoca l’inabilità ad allenarsi o gareggiare normalmente” (McLennan 1990, Watson 1993). Bisognerebbe considerare anche la gravità dell’infortunio (Van Mechelen et al. 1992) che viene solitamente misurata in base al numero di giorni di assenza dalla partecipazione sportiva (Hawkins, Fuller 1999; Hawkins 109
  • 4. CAPITOLO 1 Gli effetti di due differenti protocolli di training aerobico sui valori di VMA in giovani calciatori Italo Sannicandro, Salvatore De Pascalis, Andrea Piccinno, Giuseppe Nannarone 1.1 Scelta del quadro di riferimento L’importanza dell’allenamento aerobico per il calciatore rappresenta un obiettivo del condizionamento atletico: un’elevata potenza aerobica massima (VO2max) è stata correlata all’intensità di corsa durante una partita (Impellizzeri et al., 2006); si conosce inoltre che un’alta capacità aerobica contribuisce al recupero durante l’esercizio intermittente ad alta intensità, tipica dell’attività e dell’allenamento dei giocatori di calcio. Inoltre, l’innalzamento della soglia anaerobica ritarda l’accumulo di lattato e la diminuzione del ph muscolare. L’importanza dell’allenamento aerobico per i calciatori è stata confermata da alcuni studi che indicano una relazione tra la potenza aerobica e la classificazione competitiva, il livello della squadra e la distanza coperta durante la partita. Per questi motivi i programmi di allenamento calcistici comprendono in genere condizionamenti aerobici (Impellizzeri et al., 2006). Anche se conosciamo le basi teoriche e pratiche della modalità di corsa definita “intermittente”, si ritiene che sia comunque utile, chiarirne i punti principali. I principi su cui si basa il lavoro intermittente sono da ricercare nell’affinità con le caratteristiche della prestazione presa in esame: a) l’alternanza di sforzi elevati ad altri meno intensi con pause brevi di recupero; b) il reclutamento alternato sia delle fibre veloci (IIb), durante gli sprint, di quelle veloci resistenti (IIa) durante la corsa ad alto ritmo; c) la produzione “ottimale” di acido lattico 4-8 mmol/l, né troppo bassa né troppo alta, sufficiente a stimolare i processi fisiologici di smaltimento dello stesso come substrato energetico, permettendo così di prolungare l’esercizio. L’intermittente, riportato in letteratura e poi adottato nell’ambito del mondo calcistico da altri Autori, al quale va l’indubbio merito di avere introdotto in quest’ambito alcune varianti molto interessanti, come “l’intermit- 133
  • 5. CAPITOLO 2 Gli effetti di differenti protocolli di condizionamento sui valori di forza, velocità e reattività in giovani calciatori Italo Sannicandro 2.1 Il quadro di riferimento La capacità del muscolo di lasciarsi temporaneamente allungare è una caratteristica che viene indagata per molteplici motivi: per studiare aspetti meccanici specifici legati a particolari regimi di contrazione muscolare, si pensi allo stretch-shortening cycle, alcuni riflessi neuromuscolari, la capacità di flessibilità o, infine, i fattori che predispongono al danno muscolare (Fowles et al., 2000) L’utilizzo delle esercitazioni di allungamento muscolare nell’ambito dei programmi di condizionamento atletico risalgono ai primi anni ’80 (Anderson, 1982). Lo spazio, che tale contenuti hanno occupato nel corso di questi anni è diventato sempre più ampio e sempre più diverse sono state le metodologie adottate per ottenere una migliore mobilità articolare ed una più funzionale flessibilità muscolare. Fino a poco tempo fa l’introduzione di esercizi di stretching riguardava tutte le fasi della seduta di allenamento e tutti i momenti della programmazione annuale differenziando in minima parte contenuti e metodologie proposte; oggi, alcuni ricercatori sono critici nei confronti di tale impostazione e tentano una rivisitazione scientifica degli effettivi vantaggi dell’allungamento muscolare sulla prestazione (Alberti et al., 2007; Cometti, 2003; Cometti e coll., 2004a & 2004b; Witvrouw et al., 2004). Soprattutto alla luce della tipologia di prestazioni richieste dai giochi sportivi e dagli sport di situazione in genere, che prevedono impegni di forza caratterizzata da elevata esplosività, con tempi di reazione brevissimi e con tempi di appoggio al suolo altrettanto ridotti (Cometti e coll., 2004a & 2004b; Campos et al., 2004; Alberti et al., 2007; Bishop, 2003). Uno dei motivi legati all’utilizzo di esercitazioni di allungamento muscolare trova giustificazione pratica nella prevenzione degli infortuni di natura muscolare, pur se ultimamente le evidenze scientifiche non sono tutte concordi nel riconoscere tale valenza (Witvrouw et al., 2003; Hunter et al., 2001; Lally, 1994; McNair et al., 2002; Shrier, 2000). Si sostiene da parte di alcuni Autori che lo 151
  • 6. CAPITOLO 3 Gli effetti di due differenti protocolli di training aerobico sui valori di forza e velocità in giovani calciatori: il concurrent training in età giovanile esiste? Italo Sannicandro, Andrea Piccinno, Salvatore De Pascalis, Giuseppe Nannarone 3.1 Quadro di riferimento relativo al modello di prestazione in ambito giovanile Il calcio è un’attività di tipo intermittente, in cui la corsa è caratterizzata da fasi di accelerazione e decelerazione continue, unite ad altrettanto continui cambi di frequenza del passo dettati dall’esigenza di correre mantenendo il controllo della palla e dell’avversario (Bisciotti et al., 2000a). La distanza coperta in campo da un giocatore di calcio di alto livello è intorno ai 10 – 12 km, mentre per il portiere di circa 4 km (Stolen et al., 2005). Per i giovani calciatori, invece, si attestano distanze tra i 10419 e i 16691 m (Veale et al., 2007). Studi recenti riportano che i centrocampisti percorrono distanze più lunghe e che i giocatori professionisti coprono distanze più lunghe rispetto ai dilettanti (Whitehead, 1976; Mohr et al., 2003; Di Salvo et al., 2007). L’intensità di esercizio è ridotto e la distanza coper- ta è 5 – 10% in meno nel secondo tempo paragonato al primo (Rienzi et al., 2000; Mohr et al., 2003). Alcuni lavori, hanno evidenziato, nei giovani calciatori, una distanza coperta nel secondo tempo inferiore al primo del 5,5% (Castagna et al., 2003). Lo sprint costituisce 1 – 11% della distanza totale coperta durante la gara (Mohr et al., 2003; Van Gool et al., 1988; Reilly, Thomas, 1976), che corrisponde al 0,5 – 3,0% dell’effettivo tempo di gioco (Withers et al., 1982; Bangsbo et al., 1991; Reilly, Thomas, 1976; Mayhew, Wenger, 1985). Ogni giocatore effettua 1000 – 1400 brevi attività (Mohr et al., 2003; Bangsbo et al., 1991; Reilly, Thomas, 1976), cambiando ogni 4 – 6 secondi. Alcuni lavori indicano, nei giovani calciatori, un numero di attività che varia da 752 a 942, con una durata da 0 a 3 sec (Veale et al., 2007). Le attività effettuate sono: 10 – 20 sprint, corsa ad alta intensità ogni 70 secondi, 15 tackles, 50 azioni con la palla e 30 passaggi, resistendo alla pressione dell’avversario (Ekblom, 1986; 167
  • 7. CAPITOLO 4 L’analisi dell’evoluzione della capacità di velocità dall’età evolutiva all’età adulta in praticanti calcio Italo Sannicandro, Dario Fabiano 4.1 Il quadro di riferimento Le ricerche avviate per conoscere gli aspetti correlati alla pratica calcistica in età evolutiva sono articolate e varie: gli autori sono interessati a conoscere la capacità di carico (Kruger, 1989; Frohner, 1997, 2001), i rapporti tra stadi della maturazione ed evoluzione delle capacità motorie (Viru et al., 1998), i livelli di evoluzione delle capacità motorie in giovani calciatori di élite ed in calciatori di modesta qualificazione (Sproviero et al., 2002; Felici et al., 1995; Manno et al., 1992), l’efficienza di alcune capacità implicate nella prestazione quali ad esempio la potenza aerobica (Sannicandro e Colella, 2003), il rapporto tra carichi di allenamento ed insorgenza di paramorfismi a carico dell’arto inferiore (Witrouw e coll., 2005; Fabbri, 2005). In modo particolare nel calcio le capacità condizionali sono state lungamente indagate, specie negli ultimi vent’anni, in quanto si pensa che siano maggiormente migliorabili e incisive ai fini della prestazione rispetto alle capacità coordinative (Nieber, 2004; Bosco, 1990; Arcelli, 1990; Cazorla e Léger, 1993; Cometti, 1995; Bangsbo, 1995; Bisciotti, 2003). La velocità, in particolare, con le sue componenti rappresenta uno degli elementi più importanti della capacità di prestazione calcistica (Weineck, 1996), e tra le componenti della velocità, le più importanti ai fini prestativi nel calcio sono l’esplosività degli arti inferiori e la capacità di accelerazione (Manno et al., 1992). La velocità è una capacità che distingue i calciatori di alto livello dai calciatori di medio e basso livello: infatti, secondo una ricerca, che ha indagato la capacità di accelerazione attraverso il test di corsa veloce per 20 metri su calciatori di Serie A, B e C1, le prestazioni migliorano progressivamente nel passaggio dalla Serie C1 alla Serie A (Sassi, 1996). Le analisi del modello di prestazione con giovani calciatori indicano che, in ragione del ruolo occupato in campo, un calciatore esegue in sprint da 222±75 metri a 360±185 metri nel corso di una gara ufficiale (Thatcher e Batterham, 2004). 197
  • 8. CAPITOLO 5 Analisi della forza esplosiva degli arti inferiori in una squadra di calcio: dal settore giovanile alla massima serie Italo Sannicandro, Dario Rossi 5.1 Il quadro di riferimento In ambito calcistico è possibile condurre molteplici tipologie di indagine al fine di descrivere le caratteristiche motorie del calciatore; ci si affida a differenti metodi di valutazione che presentano altrettanto differenti livelli di affidabilità e validità (Roi & Lariviere, 1997; Bisciotti,2006). La valutazione delle differenti espressioni della capacità di forza costituisce un tema di ricerca molto indagato nella letteratura specifica che affronta la preparazione atletica del calciatore (Bosco, 1992 e 1997; Bisciotti, 2005; Cometti, 2006; Arruda et al., 2007; De Carnys & Lees, 2007). L’interesse, inoltre, nei riguardi dell’evoluzione della capacità di forza è giustificato dalle conoscenze relative alla correlazione esistente tra alcune espressioni di tale capacità e la velocità di corsa, motivo per cui per alcuni Autori è importante analizzare la relazione forza-velocità (Bosco, 1992 e 1997). Esistono infatti studi che dimostrano la correlazione tra forza esplosiva e velocità intesa come capacità di sprintare.(Proietti, 1997). Il rapporto tra la capacità di forza e la gestualità relativa al calcio appare invece meno diretto: la forza di calcio, infatti, sembra maggiormente correlata alla capacità di accelerare il corpo prima di calciare, piuttosto che alla forza di salto in avanti misurata mediante salto in lungo da fermo (Sporis et al., 2006). Altrettanto utili alla comprensione del problema sono i lavori che individuano nella capacità di forza un presupposto indispensabile alla realizzazione della performance calcistica già dal settore giovanile. L’esercizio strenuo presentato sotto forma di esercitazioni ad elevata intensità della durata corrispondete ad un solo un tempo di gara (circa 45 min) evidenzia una significativa riduzione di alcune espressioni di forza relative al salto ed un preoccupante incremento dei valori di pressione nella presa di contatto al suolo da parte di giovani calciatori (Oliver et al., 2006). La riduzione dell’attività elettromiografica a carico di alcuni muscoli dell’arto inferiore unitamente alla modesta capacità di riutilizzare l’energia elastica stoccata dopo solo 45 221