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Aspetti giuridici
del crowdfunding
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3Aspetti giuridici del crowdfunding
Introduzione
Gian Domenico Mosco
La nuova regolamentazione dell’Equity Crowdfunding
Il quadro regolamentare di riferimento
Roberta Mangione
Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione finanziaria
Casimiro Antonio Nigro
Equity Crowdfunding e diritto societario
Interventi
Claudio Di Falco
Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali):
limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso
Alessandro Portolano
Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento
nell’ambito della disciplina in tema di Equity Crowdfunding
Tavola rotonda: Equity Crowdfunding, effettiva
opportunità di patrimonializzazione per le imprese?
Francesca Brunori
Piccole imprese e mercato dei capitali. L’opportunità del Crowdfunding
Sommario
6
6
18
18
28
38
38
50
66
67
4Aspetti giuridici del crowdfunding
Luca Enriques
La disciplina italiana uccide il Crowdfunding nella culla?
Leonardo Frigiolini
Il ruolo delle SIM e l’importanza di un unico sostegno multidisciplinare
allo startupper
Salvatore Rizzo
Equity Crowdfunding: i possibili rischi di compliance per gli intermediari
Martina Tambucci
Il ruolo degli intermediari tradizionali e degli investitori professionali
nell'Equity Crowdfunding
Bibliografia
Autori
Centro Ricerca LUISS Dream
Unicaseed
we are nois3. Digital Design Thinking.
Thank you
72
76
79
89
93
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95
95
96
97
5Aspetti giuridici del crowdfunding
Aspetti giuridici
del crowdfunding
Gian Domenico Mosco +
TRACK CURATOR:
6Aspetti giuridici del crowdfunding
La nuova regolamentazione
dell’equity crowdfunding
Gian Domenico Mosco
Centro di Ricerca LUISS DREAM
Diritto e Regole per Europa Amministrazione e Mercati
1.
L'equity based crowdfunding rappresenta, lungo una
strada ideale che si muove dal modello donation-based,
prosegue con quello reward-based e avanza ancora con il
lending crowdfunding, la tappa più avanzata dello scontro,
ben messo in evidenza da Daniela Castrataro, tra i caratteri
di spontaneismo e flessibilità quanto a partecipazione,
condivisione e credibilità convalidata dal basso che
caratterizzano il crowdfunding come fenomeno del web 2.0; e
quelli di ponderazione degli interessi e di rigidità delle regole
propri dei mercati finanziari.
Per una società, rivolgersi via internet tramite un portale a
una massa di persone con l'obiettivo di raccogliere capitali
volti a finanziare un'iniziativa imprenditoriale non è soltanto
chiedere aiuto sulla fiducia a dei sostenitori. Chi risponde
partecipa infatti alla società e ai suoi benefici (possibili) e rischi
(sicuri) e diviene pertanto un investitore da tutelare sia quando
accede al mercato dei capitali, sia una volta divenuto socio della
"emittente".
In questo scontro tra territori concettualmente opposti, la
nuova regolamentazione italiana dell'equity crowdfunding
rappresenta dunque una sorta di artificiale faglia di
7Aspetti giuridici del crowdfunding
Sant’Andrea tra web 2.0 e ordinamento dei mercati finanziari,
che non può che rivelarsi ad alto rischio sismico.
2.
La regolamentazione ha origine, come è noto, nell’ottobre
2012 con il decreto legge Crescita-bis (d.l. n. 179/2012,
convertito nella legge n. 221/2012) che ha cercato di favorire
a livello normativo il rilancio competitivo del nostro
sistema imprenditoriale attraverso numerosi interventi
per l’innovazione e il finanziamento delle PMI; tra questi,
un'articolata disciplina delle start up innovative, società di
capitali nuove o di recente costituzione il cui oggetto sociale
riguarda almeno in prevalenza prodotti o servizi innovativi ad
alto valore tecnologico e soddisfa altri requisiti indicati dalla
legge.
Per promuovere le start up sono state introdotte agevolazioni
di vario tipo ­– lavoristiche, fiscali, di semplificazione – relative
all'accesso al credito e all'internazionalizzazione nonché
deroghe al diritto societario e a quello fallimentare. Infine,
anche rivedendo il diritto dell'intermediazione finanziaria e in
connessione con una parte importante delle deroghe al diritto
delle società, è stata disciplinata la raccolta di capitali di rischio
destinati alle start up innovative tramite portali on line.
A fine giugno 2013 la Consob ha emanato un regolamento in
materia di “raccolta di capitali di rischio da parte di start up
innovative tramite portali on-line” (delibera Consob n. 18592
del 26 giugno 2013), completando la nostra disciplina normativa
dell’equity crowdfunding, la prima divenuta operativa a livello
mondiale.
La regolamentazione del fenomeno non è quindi di carattere
generale, ma riguarda solo le start up, e tra queste solo quelle
8Aspetti giuridici del crowdfunding
qualificabili innovative.
Attualmente, dunque, il crowdfunding è soggetto a un doppio
regime regolatorio: per l'equity crowdfunding rivolto alle
start up innovative valgono le norme introdotte dal Crescita-
bis e dal regolamento Consob; a tutta la restante parte del
fenomeno, compreso l'equity crowdfunding non rivolto alle
start up innovative, continuano ad applicarsi le regole ordinarie
di volta in volta rilevanti. Riguardo a quest'ultime emerge
in genere, e così nel caso di iniziative volte a far affluire
via internet alle imprese capitale di rischio, la difficoltà di
stabilire quali siano quelle concretamente applicabili, spesso
del resto di grande complessità e onerosità, non affrontabili
dagli attori del movimento crowdfunding se non snaturandosi
per trasformarsi in intermediari professionisti. Si genera
pertanto un forte rischio di concreta impossibilità d’uso
dello strumento o almeno di una sua marginalità, costretto a
sopravvivere all'interno dei coni d'ombra, dubbi e pericolosi,
della regolamentazione finanziaria.
Se la mancanza di regole specifiche risulta, paradossalmente,
un fattore non di libertà ma di limitazione, l'intervento
del legislatore, anche se arrivato molto presto, va valutato
positivamente forse – ed è un secondo paradosso – proprio per
il suo principale limite, che è quello della ristrettezza del suo
campo d'applicazione.
La raccolta tramite portali può rappresentare, infatti, un nuovo
e importante canale di finanziamento delle PMI, specialmente
ma non esclusivamente in fase di avvio dell'attività, se quel
che più dovrebbe contare è la novità del progetto, non del
soggetto impresa. Si è scelto invece di regolamentare solo la
raccolta relativa a start up innovative, che per quanto definite
legislativamente in termini laschi rappresentano solo una
percentuale minima delle circa 3.800.000 PMI italiane, al 95%
micro imprese con meno di dieci dipendenti (fonte: UE, Scheda
9Aspetti giuridici del crowdfunding
informativa SBA 2012). La percentuale, considerate le circa
1.300 start up innovative esistenti (v. tabella 1), è oggi di circa lo
0,03%. Ricordo, d’altro canto, che attualmente ci sono in Italia
circa 1.400.000 società di capitali e che spazio per un’apertura
del loro capitale c’è sicuramente, considerato che s.r.l. e s.p.a.
hanno una compagine sociale assai ristretta, spesso pari o
inferiore alle tre unità e solo eccezionalmente superiore alle 5
unità (v. tabella 2). Se ciò è certamente una grave incongruenza,
ancor più in questi tempi di recessione, la scelta si rivela però
opportuna per sperimentare sul campo la regolamentazione
di un fenomeno che è obiettivamente difficile disciplinare
con equilibrio, come dimostra lo stesso ritardo della SEC nel
dare attuazione e concreta operatività al JOBS Act approvato
nell'aprile 2012 dal Congresso USA.
In altre parole, una disciplina destinata a un micro settore può
essere un utile banco di prova per la regolamentazione del
fenomeno, con rischi di fallimento ancora complessivamente
limitati. E il nostro intervento legislativo appare importante,
in chiave non necessariamente solo positiva, anche per il
regolatore europeo, considerato che all'inizio di questo mese di
ottobre la Commissione ha avviato una consultazione pubblica
sul crowdfunding come forma alternativa di finanziamento
per le start up e, in generale, per le PMI, con l'obiettivo di
definire una possibile regolazione ottimale del fenomeno, che
solo a livello europeo può evitare distorsioni nel ricorso allo
strumento – e alla concorrenza – dovute alla localizzazione
dell'iniziativa.
3.
Legislatore e Consob si sono trovati a dover ricercare
quell'equilibrio nella disciplina normativa del fenomeno al
quale accennavo poc'anzi e che è richiesto, evidentemente, per
sciogliere al meglio la potenziale antitesi "web 2.0 vs mercato
10Aspetti giuridici del crowdfunding
finanziario", che vuol dire assicurare a un tempo semplicità al
quadro regolatorio e la dovuta tutela all'investitore raggiunto
tramite web.
Mi limito qui a delineare quello che a me pare sia l'approccio
complessivo della nuova disciplina normativa.
La regolamentazione si occupa, da un lato, della gestione
dei portali per la raccolta di capitale di rischio delle start up
innovative, sul presupposto che a essa si applicherebbero
altrimenti – almeno nella più parte dei casi – le norme del TUF
su servizi e attività d'investimento, anche promossi e collocati
a distanza; dall'altro lato, delle offerte al pubblico effettuate
tramite i portali, avendo a mente la disciplina del TUF sulle
offerte al pubblico di sottoscrizione e vendita. 	
Con riguardo alla disciplina TUF delle offerte al pubblico, la
nuova disciplina normativa semplicemente impedisce che
quelle tramite portali possano riguardare strumenti finanziari
per un corrispettivo nel complesso pari o superiore a quello
che, determinato dalla Consob, esclude l'applicazione delle
norme sulle offerte pubbliche del TUF ai sensi del suo art. 100,
comma 1, lett. c), limite che per il regolamento emittenti è di 5
milioni di euro.
In altri termini, si sfrutta la fascia ordinaria di non rilevanza di
un’offerta al pubblico ai fini TUF senza fare nessuno “sconto”
e rendendo anzi applicabile alle offerte tramite portali oneri e
obblighi nuovi e specifici.
D’altro canto, in questo modo si delimita anche il campo di
applicazione dell'intera disciplina, impedendone l'applicazione
alle raccolte on line particolarmente grandi, ma non a quelle
di medie dimensioni (l'ammontare complessivo superiore a 5
milioni di euro è significativamente maggiore del milione di
dollari posto come soglia massima dal JOBS Act USA).
Nella specifica disciplina delle offerte tramite portali, due
11Aspetti giuridici del crowdfunding
previsioni assumono particolare rilievo e lasciano al tempo
stesso perplessi:
•	 la necessità, ai fini del perfezionamento dell'offerta,
che una quota pari almeno al 5% degli strumenti
finanziari offerti sia sottoscritta da investitori
professionali, fondazioni bancarie o incubatori di
start up innovative (che, attualmente, sono sedici:
tabella 3);
•	 il diritto "a termine" di tag along – co-vendita della
partecipazione – o di recesso degli investitori non
professionali nel caso di trasferimento del controllo a
terzi da parte dei soci che lo detengono.
Per quanto riguarda la gestione dei portali, il nuovo art.
50-quinquies del TUF, introdotto dal decreto Crescita-
bis, la consente solo o a imprese di investimento e banche
autorizzate ai relativi servizi di investimento; o a soggetti,
presumibilmente espressione della cultura crowdfunding, che
devono però: a) iscriversi in un apposito registro tenuto dalla
Consob, nel quale in una sezione speciale sono annotati anche i
gestori "di diritto" che ne facciano richiesta; b) trasmettere gli
ordini di sottoscrizione (e vendita) esclusivamente, di nuovo, a
sim e banche.
Quest'ultima condizione rompe l'unitarietà dell'operazione,
revocando in dubbio la possibilità di ricondurre l'attività
dei gestori “non professionali” tra i servizi e le attività di
investimento definiti dall'art. 1, comma 5, TUF. Dubbi superati
dal legislatore – credo correttamente, alla luce dell’art. 1,
comma 5, lett. e (ricezione e trasmissione di ordini) – che ha
però al tempo stesso escluso l’applicazione delle norme del TUF
su servizi e attività d'investimento per i soggetti iscritti nel
registro avvalendosi della facoltà d'esenzione lasciata agli stati
membri dall'art. 3 della direttiva Mifid 2004/39/CE.
12Aspetti giuridici del crowdfunding
Si è creata in questo modo una netta spaccatura tra i gestori:
•	 le banche e le sim, già abilitate a prestare servizi
d'investimento, possono di diritto gestire un portale
previa annotazione nella sezione speciale del registro.
A essi si applicano interamente e senza eccezioni
le norme del TUF di derivazione Mifid sui servizi
d'investimento, fermo il principio di proporzionalità,
poiché gestiscono l'intero processo di raccolta on
line dei capitali che configura, secondo la Consob,
quanto meno la prestazione di servizi d'investimento
di tipo esecutivo; in più devono tener conto degli
obblighi informativi previsti per gli altri gestori dal
regolamento crowdfunding;
•	 agli altri gestori non si applicano invece le regole del
TUF sui servizi d'investimento, ma specifiche regole
di condotta contenute nel regolamento Consob, fermo
restando che non possono perfezionare gli ordini da
soli e dunque gestire integralmente la raccolta.
Con riguardo all'attività di perfezionamento degli ordini che
le banche e le sim ricevono dai gestori “non professionali”,
il regolamento Consob ha in via di principio confermato
l'applicazione a essa delle disposizioni del TUF sui servizi di
investimento, ma l'ha esclusa quando gli ordini siano inferiori
a determinate soglie da essa individuate, piuttosto basse (qui
distinguendosi all’inverso dalla legge USA).
Questa ulteriore distinzione lascia perplessi, poiché l'attività di
perfezionamento o non integra mai un servizio d'investimento
(e per il regolamento, ancora una volta credo correttamente,
non è così) o l'esclusione sotto soglia comporta un'ulteriore
ipotesi di esenzione dalla Mifid, non prevista dalla direttiva.
È assai dubbio che il legislatore nazionale possa prevedere una
nuova esenzione e per di più possa farlo attraverso una fonte
13Aspetti giuridici del crowdfunding
normativa secondaria. Ma se anche tutto ciò fosse considerato
possibile, resterebbe comunque il fatto che sotto questo aspetto
il regolamento – nonostante qualche intelligente sforzo di
mascheramento giuridico basato sulla diversa modulazione
dei rapporti negoziali tra investitore, portale, intermediario
– disattende il nuovo art. 50-quinquies, comma 2, TUF, in
violazione, allora, dello stesso principio di gerarchia delle fonti.
4.
In definitiva, a me pare che la regolamentazione primaria
e secondaria abbia fatto prevalere la logica del mercato
finanziario e della sua regolamentazione, ma che sia evidente
lo sforzo di tenere presente i caratteri del web 2.0.
La nuova regolamentazione ha inoltre cercato di non
impedire le operazioni di raccolta più grandi, ma di escludere
dal nuovo regime normativo solo quelle particolarmente
rilevanti rispetto all'uso concreto del crowdfunding (alle quali
continuano ad applicarsi le regole ordinarie), al tempo stesso
delineando anche all'interno della disciplina un ulteriore
doppio binario con meno oneri per gli ordini singolarmente
più piccoli. Segnalo peraltro che l'emittente che si rivolge a un
portale iscritto nella sezione ordinaria del registro potrebbe
limitare l'entità degli ordini effettuabili ricalcando le soglie
del regolamento, escludendo così ex ante in via generale
l’applicazione della Mifid.
Si è però realizzata una miscela normativa di oneri e obblighi
sia ordinari, sia specificamente semplificati rispetto a quelli
ordinari, sia "nuovi", nel senso che non ve sono di ordinari,
nel complesso forse più complicata che capace d'assicurare
effettiva tutela all'investitore non professionale.
Un limite che poteva risultare meno evidente se si fosse
puntato sull’auto regolamentazione dei vari soggetti coinvolti,
14Aspetti giuridici del crowdfunding
specie delle start up innovative e dei gestori dei portali
diversi da banche e sim, e sul rispetto del principio comply or
explain già applicato dal TUF alle società quotate con riguardo
all’adesione a un codice di comportamento in materia di
governo societario (art. 123-bis, comma 2, lett. a).
In questo modo sarebbe stato anche possibile muoversi con
più coraggio verso la cultura del web e del crowdfunding,
rispetto alla quale lascia in particolare perplessi la necessità di
coinvolgere in ogni caso nell'operazione intermediari abilitati e
investitori professionali, specie nel caso di questi ultimi senza
vantaggi sicuri per gli investitori non professionali.
5.
Certo criticare è facile, scrivere le norme molto più difficile,
soprattutto in un campo di particolare complessità, segnato da
esigenze tra loro opposte, qual è quello in esame.
Mi sembra dunque che la regolamentazione sia oggi da valutare,
pur con i suoi limiti, in termini nel complesso positivi, ma che
sarà presto necessario perfezionarla sulla base dell'esperienza
e renderla fruibile da tutte le PMI che vogliano realizzare nuovi
progetti imprenditoriali.
Quel che è certo è che sarebbe un peccato, non solo per le
imprese, se l'equity crowdfunding si rivelasse semplicemente
un ennesimo tentativo fallito di sostenere lo sviluppo
imprenditoriale.
•
15Aspetti giuridici del crowdfunding
Fonte:
Nostra elaborazione su
dati infocamere, 2013 -
2014.
Forma giuridica Numero start up
S.r.l. 1.040
S.r.l. Semplificata 55
S.r.l. Con socio unico 75
S.r.l. A capitale ridotto 12
Società cooperativa 21
S.p.a. 24
Totale al 18 ottobre 2013 1.227
Totale al 6 gennaio 2014 1.508
Tabella 1
Diffusione delle start up innovative dal 18/11/13 e a oggi
Tabella 2
Numero Soci S.r.l. e S.p.a.
Forma giuridica Numerosità dei soci
1<X≤3 4≤X≤5 4≤X≤5 X≥10 TOTALE
Società per azioni 16.469 6.934 5.027 5.605 34.035
Quota % sul totale 48,39% 20,37% 14,77% 16,47% 83% sul totale
delle non cessate
Società a respon-
sabilità limitata
858.454 147.766 45.521 15.315 1.067.056
Quota % sul totale 80,45% 13,85% 4,27% 1,44% 92,12% sul totale
delle non cessate
Fonte: Infocamere, 2013
16Aspetti giuridici del crowdfunding
Fonte:
Infocamere, 2014
Regione Valore
Friuli Venezia Giulia 2
Lazio 2
Lombardia 4
Marche 1
Piemonte 2
Sardegna 1
Sicilia 1
Trentino Alto Adige 1
Veneto 2
Totale al 6 gennaio 2014 16
Tabella 3
Riepilogo sulle società iscritte alle sezione degli incubatori
certificati
Riferimenti
•	 Ministero dello Sviluppo Economico, Rapporto Restart
Italia della task force sulle start up, 11 settembre 2012,
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/
rapporto-startup-2012.pdf.
•	 Consob, delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 recante
il regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da
parte di start-up innovative tramite portali on-line ai
sensi dell'articolo 50-quinquies e dell'articolo 100-
ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e
successive modificazioni.
17Aspetti giuridici del crowdfunding
•	 Consob, Comunicazione n. 0066128 dell'1° agosto
2013 riguardante lo svolgimento da parte di banche
e imprese di investimento dell'attività di gestione di
portali on line per la raccolta di capitali per le start
up innovative.
•	 Consob, Guida “Equity crowdfunding… Cosa
devi assolutamente sapere prima di investire in
una 'start-up innovativa' tramite portali on-line”,
http://www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori/investor/
crowdfunding/index.html.
•	 Commissione Europea, Consultazione
pubblica sul crowdfunding,  
http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2013/
crowdfunding/index_en.htm.
•	 Assonime, Circolare 30 ottobre 2012, n. 29 e circolare
6 maggio 2013, n. 11.
•	 Infocamere, Start-up innovative,
http://startup.registroimprese.it/.
18Aspetti giuridici del crowdfunding
Equity Crowdfunding e diritto
dell’intermediazione finanziaria
Roberta Mangione
LUISS Guido Carli
1.
L’idea di fondo sulla quale si è sviluppato il fenomeno
dell’equity crowdfunding è quella di creare una forma
alternativa di finanziamento per le aziende proveniente
“dal basso” – ossia da una folla di potenziali investitori che
investono esigue somme di denaro nel capitale di rischio delle
piccole e medie imprese – attraverso l’utilizzo di piattaforme
web che mettono in diretto contatto i finanziatori con i soggetti
finanziati.
Il nostro legislatore ha mostrato una particolare attenzione
all’evoluzione del suddetto fenomeno al punto da
regolamentarlo con l’introduzione nel TUF di una disciplina
relativa all’attività di gestione di portali per la raccolta di
capitali per le start-up innovative e all’offerta al pubblico
effettuata tramite i suddetti portali.
Com’è noto, l’attività di gestione dei portali online è riservata
a due categorie di soggetti: i) le imprese di investimento
e le banche autorizzate ai relativi servizi di investimento
(c.d. gestori di diritto), ii) i soggetti iscritti in un apposito
registro tenuto dalla Consob, a condizione che questi ultimi
trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione degli
strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente
19Aspetti giuridici del crowdfunding
alle banche e alle imprese di investimento e che non detengano
somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza di terzi.
È evidente che la scelta operata dal legislatore è nel
senso di escludere che i gestori diversi da quelli di diritto
possano svolgere l’attività di raccolta e sottoscrizione in
maniera del tutto autonoma, essendo necessario nella fase
di perfezionamento degli ordini il coinvolgimento degli
intermediari abilitati (banche e imprese di investimento) il cui
ruolo è differente a seconda che l’investitore intenda impiegare
una somma superiore o inferiore alle soglie individuate dal
regolamento sul crowdfunding01
.
La distinzione tra le due categorie di gestori assume rilievo con
riguardo alla disciplina applicabile allo svolgimento dell’attività
di gestione del portale. L’art. 50-quinques del TUF, infatti,
dispone che i gestori iscritti nel registro della Consob sono
esentati dall’applicazione della relativa disciplina (artt. da 21
a 25-bis del TUF) e da quella della promozione e collocamento
a distanza dei servizi e attività di investimento e strumenti
finanziari (art. 32 TUF) avendo invece l’obbligo di applicare
nei confronti degli investitori le specifiche regole di condotta
stabilite dal regolamento sul crowdfunding.
Al contrario, i gestori di diritto applicano le disposizioni
dettate dal TUF in materia prestazione di servizi e attività di
investimento e la relativa disciplina di attuazione, che peraltro
non contengono alcuna disposizione specifica in materia di
raccolta di strumenti finanziari emessi da start-up innovative
tramite portali online.
La presa d’atto delle peculiarità che caratterizzano le
operazioni di equity crowdfunding ha spinto l’Autorità di
vigilanza a imporre anche ai gestori di diritto l’applicazione
delle regole di condotta di cui agli artt. 14, 15 e 16 del
regolamento
02
sul crowdfunding ampliando, in tal modo, lo
“scalino normativo” tra i gestori di diritto e gli altri gestori
derivante dalla normativa primaria. Uno scalino ancora
01.
L’art. 17, comma 4, del regolamento
sul crowdfunding ha stabilito che
qualora gli ordini impartiti dagli
investitori siano inferiori a euro 500
per le singole offerte o euro 1.000
per gli ordini complessivi annuali
effettuati da persone fisiche e a euro
5.000 per le singole offerte o euro
10.000 per dini complessivi annuali
effettuati da persone giuridiche,
le banche e gli intermediari che
ricevono gli ordini di sottoscrizione
dal gestore del portale non
applicano le disposizioni previste
dalla parte II del TUF e relativa
disciplina di attuazione.
02.
V. Comunicazione Consob n.
0066128 del 1° agosto 2013.
20Aspetti giuridici del crowdfunding
più ampio sussiste del resto nell’ipotesi di investimenti
inferiori alla soglia stabilita nell’art. 17 del regolamento sul
crowdfunding, in quanto per i gestori di diritto non è previsto
un regime di esenzione dall’applicazione della disciplina sui
servizi e le attività di investimento simile a quello previsto gli
intermediari abilitati che perfezionano gli ordini “sotto soglia”.
È auspicabile un intervento di uniformazione delle discipline
volto quantomeno a ridurre le profonde differenze di disciplina
normativa a oggi esistenti.
Peraltro, la nuova regolamentazione – che si applica
esclusivamente alle offerte al pubblico condotte attraverso
portali online aventi a oggetto strumenti finanziari emessi da
start-up innovative di importo complessivo non superiore a 5
milioni di euro – prevede per il perfezionamento dell’offerta
la sottoscrizione di almeno il 5% degli strumenti finanziari
da parte di investitori professionali, fondazioni bancarie o
incubatori di start-up innovative.
Nella bozza di regolamento predisposta dalla Consob per la
consultazione l’obbligo di sottoscrizione era una condizione
per l’ammissione dell’offerta sul portale e non per il suo
perfezionamento. Lo scopo era quello di tutelare la folla di
investitori al dettaglio attraverso l’intervento di operatori
esperti che, prima di procedere alla sottoscrizione del
capitale, avrebbero valutato la profittabilità del progetto
innovativo realizzando in tal modo una forma di garanzia
per i piccoli investitori. L’attuale formulazione della norma
a seguito della consultazione, che prevede l’intervento
degli investitori professionali solo come condizione per il
perfezionamento dell’offerta, capovolge questo meccanismo:
saranno eventualmente gli investitori professionali a poter
beneficiare della “percezione” della pluralità degli investitori
inesperti rispetto a quel determinato investimento. Ma se è
così, occorrerebbe domandarsi quale sia in concreto l’utilità
21Aspetti giuridici del crowdfunding
dell’obbligo ai fini della tutela degli investitori. Inoltre, com’è
stato notato, considerato che l’ammontare medio della raccolta
di capitale online varia da 100 mila euro a 1 milione di euro,
un investimento del 5%, che andrebbe da 5.000 a 50.000 euro,
esulerebbe dallo stesso profilo operativo degli investitori
professionali [Piattelli, 2013].
2.
Lo schema disegnato dal legislatore per la raccolta di capitali
effettuata tramite portali online gestiti da soggetti iscritti
nel registro della Consob prevede un “dialogo” a più voci
tra le start-up innovative (emittenti), il gestore del portale
online iscritto nel registro Consob, le banche e le imprese di
investimento, gli investitori; dialogo nel quale però non tutti
devono necessariamente interloquire tra loro.
Le start-up innovative.
Le start-up innovative sono società di capitali o cooperative
di nuova costituzione che non sono quotate su un mercato di
capitali o su un sistema multilaterale di negoziazione e che
operano in settori innovativi e tecnologici, anche a vocazione
sociale, individuate sulla base di particolari requisiti stabiliti
dalla legge e iscritte in una sezione speciale del registro delle
imprese.
L’emittente che intende effettuare un’offerta tramite il
portale online deve fornire al gestore tutte le informazioni
riguardanti l’offerta (secondo lo schema previsto dall’allegato
3 del regolamento sul crowdfunding) affinché quest’ultimo
possa renderle disponibili agli investitori sulla piattaforma
web. In realtà, il regolamento non disciplina (né impone)
l’instaurazione di un accordo tra questi due soggetti, ma è
22Aspetti giuridici del crowdfunding
difficile immaginare la prestazione di un servizio da parte del
portale in mancanza di un accordo negoziale con l’emittente.
Il regolamento sul crowdfunding, peraltro, dispone che
l’emittente è l’unico soggetto responsabile della completezza e
veridicità dei dati e delle informazioni fornite al portale e che
le informazioni concernenti l’offerta non sono sottoposte ad
approvazione da parte dell’Autorità di vigilanza.
Peraltro, la società emittente deve aprire, presso la banca o
la sim incaricata di eseguire il perfezionamento degli ordini,
un conto indisponibile sul quale il gestore provvederà a far
confluire la provvista necessaria al perfezionamento degli
ordini di adesione all’offerta.
Il gestore iscritto nel registro della Consob.
Il gestore del portale iscritto nel registro della Consob procede
alla pubblicazione dell’offerta sul portale che, ai sensi dell’art.
1, comma 5 del TUF, è una piattaforma web che ha come finalità
esclusiva la raccolta di capitali di rischio da parte delle start-
up innovative. La normativa secondaria impone ai gestori
di rendere disponibili agli investitori le informazioni che
riguardano la gestione del portale, in generale l’investimento in
start-up innovative e la singola offerta.
I gestori sono obbligati a comportarsi con diligenza, correttezza
e trasparenza. Inoltre, devono comunicare agli investitori le
informazioni relative alle offerte fornite dall’emittente in
maniera chiara, corretta e non fuorviante affinché questi ultimi
siano in grado di effettuare consapevoli scelte di investimento
astenendosi, peraltro, dal formulare raccomandazioni
riguardanti gli strumenti finanziari offerti online.
Quest’ultima disposizione, in realtà, mal si concilia con la su
richiamata regola della responsabilità esclusiva dell’emittente
per le informazioni sull’offerta fornite al gestore. Infatti,
23Aspetti giuridici del crowdfunding
l’obbligo di fornire informazioni chiare, precise e non
fuorvianti non avrebbe ragion d’essere se il gestore dovesse
limitarsi a trasferire pedissequamente le informazioni fornite
dall’emittente sulla piattaforma senza effettuare alcuna
verifica delle stesse. Se così fosse, potrebbero esserci notevoli
conseguenze per il gestore nel caso in cui si verificasse una
perdita dell’investimento dipendente dalla diffusione di
informazioni incomplete, non corrette o fuorvianti.
Una volta pubblicata l’offerta sul portale, il gestore riceve
gli ordini di adesione dagli investitori e li trasmette a un
intermediario abilitato da esso prescelto, che si occupa di
curarne il perfezionamento.
Appare corretto ritenere che l’attività svolta dai gestori dei
portali iscritti nel registro tenuto dalla Consob sia qualificabile
come “ricezione e trasmissione di ordini” e, pertanto,
rientri nel novero dei servizi e delle attività di investimento
disciplinati dal TUF.
Com’è noto, il TUF pone una riserva di attività per l’esercizio
professionale nei confronti del pubblico dei suddetti servizi
esclusivamente in capo ai soggetti autorizzati dalla Consob
e dalla Banca d’Italia
03
. In merito a quest’ultimo profilo si
osservi come, nel caso del crowdfunding, il gestore del portale
iscritto nel registro tenuto dalla Consob, pur non essendo
un intermediario autorizzato, svolge l’attività di raccolta e
trasmissione di ordini.
In realtà, il fondamento giuridico dell’attività condotta dai
portali deve ricercarsi nel meccanismo di esenzione facoltativa
stabilito dall’art. 3 della MIFID
04
.
Si tratta, a ben vedere, di una disposizione che rimette agli Stati
membri la possibilità di escludere l’applicazione della disciplina
MIFID sui servizi di investimento per i soggetti che svolgono
esclusivamente l’attività di ricezione e trasmissione di ordini,
non detengono fondi o titoli appartenenti ai clienti e che,
03.
Oltre alle banche e alle sim anche
le società di gestione del risparmio
(SGR), le società di gestione
armonizzata (SGA), le società
finanziarie di cui all’art. 106 TUB,
gli agenti di cambio, i consulenti
finanziari, le società fiduciarie
iscritte in una sezione speciale
dell’albo delle SIM e le società di
gestione dei mercati regolamentati,
possono prestare attività e servizi
di investimento seppur con alcune
restrizioni.
04.
La Consob, nelle valutazioni
all’articolato del Regolamento
afferma che “l’attività resa dal
gestore è riconducibile alla ricezione
e trasmissione di ordini in esenzione
facoltativa rispetto all’applicazione
della direttiva MIFID”.
24Aspetti giuridici del crowdfunding
nell’ambito della prestazione di tali servizi, sono autorizzati
a trasmettere gli ordini soltanto agli intermediari abilitati a
condizione che le attività di tali soggetti siano regolamentate a
livello nazionale.
Le banche e le imprese di investimento.
L’art. 17 del regolamento dispone che le banche e le imprese
di investimento che ricevono gli ordini dal gestore del portale
– probabilmente sulla base di un preventivo accordo con
quest’ultimo – ne curano il perfezionamento raccogliendo
le somme corrispondenti all’ammontare del valore degli
strumenti finanziari in un conto indisponibile a favore
dell’emittente. Relativamente alla fase di esecuzione degli
ordini, la stessa norma introduce poi un regime differenziato a
seconda dell’ammontare degli ordini di adesione all’offerta.
Per gli investimenti al di sopra della soglia indicata nel
regolamento la Consob, avendo ravvisato una particolare
esigenza di tutela dei clienti (need of protection) ha optato per
l’applicazione da parte degli intermediari abilitati del quadro
di disposizioni del TUF che regolano la prestazione dei servizi
e delle attività di investimento. A tal proposito, si osservi che
per individuare le regole che i soggetti abilitati sono tenuti a
rispettare per il perfezionamento degli ordini, occorrerebbe
specificare la tipologia di servizio di investimento che viene
prestato.
Com’è noto, la disciplina sui servizi e le attività di
investimento prevede una serie di obblighi informativi e di
comportamento in capo all’intermediario nonché la necessaria
contrattualizzazione del rapporto intercorrente con il cliente.
Il “recupero” delle regole MIFID nell’ultimo segmento di
operatività dell’equity crowdfunding, dunque, comporta una
modifica del ruolo dell’intermediario che, lungi dall’essere
un mero esecutore degli ordini, assume una funzione attiva
25Aspetti giuridici del crowdfunding
nel processo di formazione della volontà degli investitori
rispetto alle scelte di investimento. Peraltro, la necessità di
instaurare un rapporto diretto con il cliente se da un lato è
in linea con le logiche di tutela dell’investitore che si trova
in una posizione di “intrinseca debolezza”, dall’altro finisce
per allungare la “filiera” dei rapporti relativi alle operazioni
di equity crowdfunding – dovendo i clienti intrattenere un
rapporto sia con l’intermediario abilitato sia con il gestore –
con significative conseguenze in termini di complicazione dei
procedimenti.
Diversa è invece l’ipotesi in cui il portale trasmette un ordine
inferiore alle soglie determinate dal regolamento in quanto
l’intermediario lo esegue direttamente, verosimilmente
non instaurando con l’investitore alcun rapporto negoziale.
A tal proposito, la stessa Autorità di vigilanza ha affermato
che in caso di investimenti inferiori alle soglie previste
dal regolamento “le banche e le imprese di investimento si
limitano a curare la fase esecutiva e di regolamento degli
ordini trasmessi dal gestore del portale, il quale resta l’unico
interlocutore dell’intermediario che riceve gli ordini”. Del resto,
la funzione propria del servizio di ricezione e trasmissione
di ordini è quella di “evitare” che i clienti entrino in contatto
con il soggetto al quale vengono trasmessi gli ordini avendo
già instaurato un rapporto con il raccoglitore di ordini
05
.
Inoltre, il prospettato meccanismo di operatività dell’equity
crwodfunding risponde a una logica di semplificazione e
snellezza delle procedure che favorisce la diffusione dello
strumento a tutto vantaggio delle imprese start-up innovative.
Diversamente da quanto potrebbe affermarsi per l’ipotesi
“sopra soglia”, sembra corretto ritenere che l’attività di
perfezionamento degli ordini “sotto soglia” esercitata
nell’“ultimo miglio” di operatività del meccanismo dell’equity
crowdfunding dalle banche e dalle imprese di investimento
non sia qualificabile come servizio di investimento ai sensi del
05.
Secondo la Consob “l’intermediario
che presta il servizio di ricezione e
trasmissione di ordini tiene in via
diretta i rapporti con gli investitori
e sceglie un proprio l’intermediario
negoziatore a cui trasmettere gli
ordini ricevuti dai propri clienti.
Questi ultimi non entrano in
rapporto con l'intermediario
negoziatore”, v. Comunicazione
Consob del 19 ottobre 1999, n.
DI/99076449. Tale orientamento è
stato in seguito ribadito dalla stessa
Autorità nella Comunicazione del 27
giugno del 2002, n. DIN/2045433.
26Aspetti giuridici del crowdfunding
TUF. A ben vedere, infatti, la disciplina di derivazione MIFID sui
servizi di investimento non prevede alcuna ipotesi di esenzione
per gli investimenti che siano al di sotto di un determinato
ammontare che possa in qualche modo giustificare la
disapplicazione delle regole del TUF senza incidere sulla
qualificazione giuridica (servizio di investimento) dell’attività
svolta dalle banche e dalle sim. Un ulteriore indizio a conferma
di un tale assunto deriva dalla circostanza che la Consob, con
specifico riferimento alla raccolta di capitali tramite portali
gestiti direttamente dalle banche e dalle sim, ha espressamente
vietato l’applicazione delle suddette soglie di esenzione e
ha, nel contempo, ribadito che “tenuto conto che l’attività di
gestione di portali online implica la prestazione di servizi di
investimento quantomeno di tipo <<esecutivo>>, le banche
e le imprese di investimento sono chiamate ad osservare
le pertinenti disposizioni dettate dal TUF e della relativa
disciplina di attuazione06
”.
Probabilmente, l’impossibilità di estendere le soglie di
esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di
investimento anche alle banche e alle sim che gestiscono
direttamente i portali deriva dal fatto che i servizi da esse
prestati abbiano natura giuridica di servizi di investimento e,
pertanto, a essi si applica tout court la relativa normativa.
Gli investitori.
Si osservi infine che tutti gli investitori (diversi dagli investitori
professionali), prima di aderire alle singole offerte sul portale
sono obbligati a compilare un questionario comprovante la
comprensione delle caratteristiche essenziali e dei rischi
principali connessi all’investimento in start-up innovative e
a dichiarare di poter sostenere economicamente l’eventuale
perdita dell’investimento.
Nella successiva fase del perfezionamento, però, soltanto
gli investitori che abbiano effettuato investimenti per un
06.
V. Comunicazione Consob n.
0066128 del 1° agosto 2013 e le
“istruzioni per l’uso” dell’equity
crowdfunding nella sezione “investor
education” del sito www.consob.it.
27Aspetti giuridici del crowdfunding
ammontare superiore alle soglie stabilite nel regolamento
dovranno instaurare un rapporto diretto con l’intermediario
vigilato che è, come già ribadito, soggetto all’applicazione della
disciplina sui servizi e sulle attività di investimento. Pertanto,
gli investitori sono sottoposti al procedimento di “profilatura”
mediante il quale gli intermediari abilitati raccolgono
informazioni relative all’esperienza in materia di investimenti
dei singoli clienti ai fini del c.d. giudizio di adeguatezza o
appropriatezza delle operazioni da questi ultimi disposte.
•
28Aspetti giuridici del crowdfunding
Equity crowdfunding
e diritto societario
Casimiro A. Nigro
LUISS Guido Carli
1.Introduzione.
Come è normale, nella fase attuale il crowdfunding è
stato oggetto di analisi principalmente, ed in effetti quasi
esclusivamente, nella prospettiva del diritto dei servizi di
investimento.
Ove allo stesso fenomeno ed alla relativa disciplina domestica
si guardi dal punto di vista del diritto societario, emergono,
d’altra parte, altre criticità che non possono essere trascurate
o sottovalutate (soprattutto ove si consideri che, per quanto
consta, la forma organizzativa prescelta dalla stragrande
maggioranza delle start-up innovative iscritte nell’apposita
sezione del registro delle imprese è la società a responsabilità
limitata).
Sono due i profili su cui ci si intende soffermare: la deroga
al divieto di offerta al pubblico vigente per le quote di
società a responsabilità limitata (art. 2468 c.c.), di cui non
sembra possibile fare a meno di evidenziare la conclamata
asistematicità; e la nozione di «strumenti finanziari» rilevante
ai fini del Regolamento (art. 1, lett. h) del Regolamento), di cui si
sottolineerà la parziarietà.
29Aspetti giuridici del crowdfunding
2. La deroga all’art. 2468 c.c.
L’art. 26, comma 2, del noto Decreto Legge Sviluppo-bis
(appresso, DL 179) prevede che «l’atto costitutivo delle start
up innovative costituita in forma di società a responsabilità
limitata può creare categorie di quote di diritti diversi e, nei
limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il
contenuto delle varie categorie, anche in deroga a quanto
previsto dall’art. 2468, commi 2 e 3, del codice civile».
Il legislatore ha così inteso rendere più flessibile la disciplina
della quota di società a responsabilità limitata, sia consentendo
la modulazione del relativo contenuto, sia soprattutto – per
quanto qui interessa – consentendo alla legge statutaria di
prevedere che le quote possano formare oggetto di offerta al
pubblico.
Premesso che è certamente difficile spiegare la coesistenza
di un divieto (generale) e di una deroga (speciale), perché
«[o] il divieto ha un senso, e allora non si capisce perché la
deroga a favore di imprese più rischiose. O non ha senso e
allora si dovrebbe aprire a tutte le srl la possibilità di accedere
direttamente al mercato dei capitali» (Enriques), le numerose
problematiche che si accompagnano alla scelta di superare il
divieto di cui all’art. 2468 c.c. non possono essere taciute né
sottovalutare.
Problematiche, queste, che per vero non sembrano dipendere
dalla disposizione di cui all’art. 2468 c.c., e che sembrano
essere, invece, funzione della complessiva disciplina del
tipo e, quindi, ove non appositamente derogata mediante
l’introduzione di una specifica regolamentazione di fonte
privata, della disciplina applicabile alla start-up innovativa
costituita in forma di società a responsabilità limitata.
Basti infatti notare, in termini davvero essenziali (anzi, fugaci),
30Aspetti giuridici del crowdfunding
come il regime domestico della società a responsabilità limitata
(ma ciò vale, con alcune precisazioni che qui non è possibile
svolgere, anche con riferimento ai corrispondenti tipi sociali di
altre giurisdizioni) sia informato all’idea che tale tipo societario
è destinato a servire le esigenze di un ristretto numero di soci,
con tendenziale propensione alla cogestione ed altrettanto
tendenziale attitudine al monitoraggio dell’operato altrui.
È per questo motivo che la disciplina della start-up innovativa è
ineluttabilmente destinata a rivelarsi inadeguata. In mancanza
di una massiccia contrattualizzazione della disciplina dei
rapporti sociali e dell’organizzazione societaria, in una
crowdfunding-backed firm organizzata in forma di società a
responsabilità limitata accadrebbe inevitabilmente che:
•	 per un verso, gli investitori non godrebbero di quelle
protezioni che invece il regime normativo inerente
ad altri tipi societari appresta proprio al fine di
neutralizzare i rischi correlati alla interazione tra una
moltitudine di investitori e un gruppo di “gestori del
patrimonio altrui”; e
•	 per altro verso, attribuirebbe al singolo crowdfunder
diritti sicuramente eccessivi, sproporzionati
in astratto e potenzialmente suscettibili di
essere in concreto pretestuosamente piegati a
fini ostruzionistici, e perciò idonei ad incidere
sulla gestibilità, ancor prima che sulla gestione,
dell’impresa “comune”.
Qualche esemplificazione, per quanto banale ed
approssimativa, potrebbe giovare. Due esempi in particolare –
ma potrebbero farsene numerosi – valgono a chiarire i termini
del problema.
Si considerino, infatti:
31Aspetti giuridici del crowdfunding
a.	 la circostanza in cui il fondatore dell’impresa abbia
appreso di una nuova opportunità di affari e decida
di appropriarsene, dunque sfruttandola per il proprio
personale tornaconto anche quando questa presenti
“commercialmente” affinità notevoli con l’attività
svolta dalla crowdfunding-backed firm;
e, d’altra parte,
b.	 lo scenario in cui il titolare di una quota infinitesimale
della stessa crowdfunding-backed firm intenda
“infastidire” il gestore dell’impresa avvalendosi – id
est, abusando – delle prerogative attribuitegli dalla
disciplina sui diritti individuali di informazione
dei soci ovvero addirittura esperendo l’azione di
responsabilità nei confronti degli amministratori.
Ecco, il mero cenno a tali scenari induce il dubbio che la scelta
del legislatore non sia stata ottimale, anche se a prima vista
vincoli normativi di derivazione comunitaria (segnatamente,
la disciplina sul capitale legale minimo) ne hanno sicuramente
limitato la libertà di azione.
Certo è che alle poche osservazioni che precedono non può non
seguire il modesto ma – si ritiene – doveroso suggerimento
ai consulenti legali di guardarsi bene dal consigliare ai propri
clienti di consentire alla società a responsabilità limitata di
“incontrare” il pubblico diffuso dei risparmiatori in mancanza
di una profonda e radicale rimodulazione, per via contrattuale,
del relativo regime di fonte codicistica.
3.Strumenti finanziari partecipativi emesse dalle
società a responsabilità limitata.
Altra questione che vale la pena di considerare è quella che
32Aspetti giuridici del crowdfunding
emerge dalla definizione di «strumenti finanziari» rilevante ai
fini dell’applicazione del Regolamento.
A mente dell’art. 1, lett. h), del noto Regolamento si ha che
«[…] si intendono per […] “strumenti finanziari” le azioni
o quote rappresentative del capitale sociale previste dal [DL
179], emesse dalle start-up innovative oggetto delle offerte al
pubblico condotte attraverso portali».
Pur in mancanza di un vincolo legislativo esplicito od implicito,
la Consob ha deciso di limitare l’attribuzione dello status di
securities negoziabili sui portali di equity-based crowdfunding
alle sole azioni e quote.
È bene precisare che alcun limite espresso in tal senso è
rinvenibile nell’articolato legislativo. L’unico luogo in cui,
nel corpo dell’articolato legislativo, è fatto riferimento ad
«azioni» e «quote» in termini letteralmente analoghi
a quelli riscontrabili nella definizione regolamentare di
«strumenti finanziari» è rappresentato dalla disposizione con
cui il legislatore aveva identificato uno dei requisiti necessari
affinché un’impresa possa godere dello status di «start-up
innovativa» al fine di godere di un trattamento normativo
privilegiato.
Ma è dubbio che tale disposizione possa dirsi davvero rilevante
nell’ottica che qui interessa.
Le disposizioni recanti la disciplina relativa ai portali, come
pure quelle relative alle offerte, non contengono d’altra parte
alcun riferimento a specifiche tipologie di strumenti finanziari.
Invero, nel corpo di tali disposizioni, i termini «quote» ed
«azioni» mai sono impiegati dal legislatore.
Il legislatore ha invece impiegato formule più generiche,
che non precludono alcuna soluzione in punto di definizione
del tipo di securities negoziabili on line, con il solo limite –
33Aspetti giuridici del crowdfunding
peraltro in termini assoluti anch’esso discutibile – che si tratti
di strumenti finanziari volti alla raccolta di capitale di rischio:
riferimento è di volta in volta fatto, così, alla «raccolta di
capitali di rischio tramite portali on line»; alla «facilitazione
della raccolta del capitale di rischio da parte delle start-
up innovative»; ovvero addirittura alla mera «raccolta di
capitali».
Difficilmente, d’altra parte, potrebbe ritenersi decisivo il
riferimento a generiche esigenze di protezione dell’investitore,
poiché la circostanza che l’investitore possa sottoscrivere
«azioni e quote rappresentative del capitale sociale […] emesse
dalle start-up innovative» non è a priori di per sé elemento
capace di assicurare al sottoscrittore una tutela maggiore
rispetto a quella di cui questi avrebbe beneficiato se oggetto
dell’offerta fossero stati “altri” strumenti finanziari.
E va da sé che, nel parlare di “altri” strumenti finanziari, si
intende far riferimento agli strumenti finanziari di cui all’art.
26, comma 7, DL 179, secondo cui «l’atto costitutivo delle
società di cui all’art. 25, comma 2 […] può altresì prevedere, a
seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera
o di servizi, l’emissione di strumenti finanziari forniti di diritti
patrimoniali od anche di diritti amministrativi, escluso il voto
nelle decisioni dei soci ai sensi degli articolo 1479 e 2479-bis
c.c.».
La disciplina regolamentare sembrerebbe perciò porsi in
sensibile contrasto (non con la lettera, ma più probabilmente)
con lo spirito della disciplina di fonte primaria. Legittima
infatti il dubbio che sia pervenuto a scelte contraddittorie la
considerazione della circostanza che, proprio all’indomani del
riconoscimento in favore delle imprese costituite in forma di
società a responsabilità limitata della possibilità di emettere
strumenti finanziari partecipativi, l’Autorità deputata a
definire le correlate regole di implementazione della normativa
34Aspetti giuridici del crowdfunding
primaria abbia scelto di escludere tali securities dalla nozione
di “strumenti finanziari” rilevante ai fini della applicazione del
regolamento.
4.Gli strumenti finanziari partecipativi quali
strumenti finanziari negoziabili on line?
Come già era accaduto per la società per azioni, la scelta del
legislatore di consentire alle società a responsabilità limitata
sembra in ultima analisi finalizzata a (o potrebbe essere
comunque utilmente sfruttata per) agevolare l’incontro tra
“capitale” e “imprenditoria” attraverso securities la cui
modulabilità contenutistica dovrebbe consentire di far fronte
ad esigenze finanziarie diverse e variabili nel tempo e nello
spazio.
Ci si chiede, allora, quali potrebbero essere stati i vantaggi
scaturenti dall’ipotetico accoglimento di una più lata nozione di
strumento finanziario ai fini dell’applicazione del Regolamento.
Dal momento che, proprio per effetto delle nuove disposizioni
legislative, alla costituzione della start-up innovativa in forma
di società a responsabilità limitata può pervenirsi senza il
reperimento di alcuna provvista finanziaria (come noto, è oggi
sufficiente 1 euro), dovrebbe apparire oltremodo chiaro come
l’esigenza dell’imprenditore incorporante non sia quella di
“cedere” lo status di socio a terzi estranei, con tutti i rischi di
ingerenza (anche pretestuosa) nella governance dell’impresa
che potrebbero derivarne; ma sia, piuttosto, quella di entrare in
contatto con dei finanziatori in grado di apportare utili risorse
finanziarie all’impresa.
Gli strumenti finanziari partecipativi (diversamente dalle
«quote») risulterebbero allora certamente più idonei a
soddisfare le dette esigenze, anche perché – ed in tal modo
35Aspetti giuridici del crowdfunding
il cerchio sembra chiudersi in termini tutto sommato logici
– dei primi e non delle seconde il diritto positivo consente
di modificare la legge di circolazione (sempre che si ritenga
di applicare per analogia la pur lacunosa e perciò incerta
disciplina degli strumenti finanziari partecipativi emettibili
dalle società per azioni e quindi, nella specie, la disposizione di
cui all’art. 2346, comma 6, c.c.).
5.L’opportunità di regolare il contenuto di azioni e
quote negoziabili sui portali.
Ove pure motivata in ragione di supposte esigenze o finalità di
tutela dell’investitore, la scelta della Consob di qualificare come
strumenti negoziabili on line esclusivamente talune tipologie di
securities – si è detto: «azioni» e «quote» – non si risolve, di
per sé, in una mitigazione dei rischi naturaliter correlati ad un
investimento.
Ciò vale, in particolare, sia con riferimento al momento
dell’effettuazione dell’investimento, quando il problema
riguarda il tipo di presidi necessari per consentire
all’investitore di assumere una decisione informata; sia con
riferimento al momento del concreto ed effettivo godimento dei
diritti incorporati in tali securities, quando il problema deriva
dalla configurazione dei relativi contenuti patrimoniali ed
amministrativi.
Tali rischi, dunque, non dipendono dal tipo di strumento
finanziario, ma piuttosto dal relativo contenuto. Si intende
cioè dire che, stante la possibilità di modulare il contenuto
sia delle «azioni» e delle «quote», sia degli strumenti
finanziari partecipativi, la tutela dell’investitore e quindi,
successivamente, del socio, non dipendono dal nomen iuris
impiegato per designare le securities negoziabili, ma piuttosto
– in una prima fase – dalla capacità del sistema normativo
36Aspetti giuridici del crowdfunding
(nel suo complesso) di mettere l’investitore nella condizione
di investire consapevolmente; e – in una seconda fase – dalla
configurazione (innanzitutto) dei diritti patrimoniali.
Ben avrebbe perciò fatto il legislatore o, per esso, la Consob
a prediligere una soluzione meno formalistica di quella
in fine adottata, dirigendo gli sforzi di regolamentazione
verso un approfondimento degli incentivi economici che
l’ordine di soddisfazione dei financial claims associati alle
diverse tipologie di strumenti finanziari, e non invece meri
nominalismi, è meglio in grado di effettivamente (ma non
perciò solo sempre e comunque perfettamente) assicurare.
6.Conclusioni.
Ci si augura che, pur se nello spazio di poche pagine, possa
dirsi riuscito il tentativo di delineare, per sommi capi, il
quadro di regole di diritto societario (e, soprattutto inerenti
al tipo società a responsabilità limitata, quale forma ad oggi
“prevalentemente utilizzata per l’incorporazione di start-up
innovative) la cui considerazione agevolmente pone in evidente
rilievo la problematicità delle principali questioni scaturenti
dalle scelte effettuate dal regolatore domestico.
Questioni che – con l’occhio incuriosito e compiaciuto dello
studioso che si appresta ad esaminarle più approfonditamente
– appaiono per vero assai più numerose ed intriganti di quelle
di cui qui, in ossequio a date esigenze organizzative di celerità
e semplificazione del ragionamento svolto, si è scelto di
accennare.
Questioni che – ed è ciò che più conta all’indomani dell’entrata
in vigore di una regolamentazione a lungo attesa perché,
si diceva, avrebbe posto il nostro paese in una posizione di
invidiabile primazia regolamentare – non sono però facilmente
37Aspetti giuridici del crowdfunding
risolvibili senza una revisione, all’occorrenza anche radicale, di
momenti topici della disciplina primaria e/o secondaria.
•
38Aspetti giuridici del crowdfunding
Tecniche di protezione
dei crowdfunders
(investitori non professionali):
Limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso
Claudio Di Falco
Cleary Gottlieb Steen & Hamilton
Introduzione
La protezione dei soci di minoranza di una società di capitali,
in particolar modo se quotata in un mercato regolamentato, è
una delle principali finalità del diritto societario e del diritto
del mercato mobiliare. Tale protezione può assumere forme
e spiegarsi mediante tecniche normative diverse. Talvolta
il legislatore attribuisce al singolo socio di minoranza (o,
per prevenire abusi, a soci di minoranza che rappresentano
una certa quota del capitale sociale) diritti esercitabili nei
confronti della società. In altri casi, il legislatore impone degli
obblighi agli azionisti di maggioranza volti a proteggere i soci
di minoranza (ad esempio, tramite la disciplina dell’offerta
pubblica d’acquisto obbligatoria).
Il legislatore del c.d. Decreto Crescita
01
e la CONSOB,
regolamentando l’offerta al pubblico di strumenti finanziari
di start-up innovative
02
mediante portali, hanno perseguito
tale finalità attraverso strumenti che possono adattarsi alle
peculiari caratteristiche di tali società che, pur non essendo
01.
Decreto legge 18.10.2012, n. 179,
convertito con modificazioni in legge
17.12.2012 n. 221.
02.
Le società di cui all’articolo 25,
comma 2 del Decreto Crescita.
03.
Decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58, come successivamente
modificato. L’articolo citato è
stato inserito nel TUF dal Decreto
Crescita.
04.
Regolamento CONSOB 26.06.2013
n. 18592.
39Aspetti giuridici del crowdfunding
quotate, si sono rivolte al pubblico indistinto e possono
pertanto avere un numero elevato di azionisti di minoranza. In
particolare, la disciplina contenuta nell’articolo 100-ter, comma
2 del TUF
03
, come attuato dall’articolo 24 del Regolamento
Crowdfunding
04
condiziona l’ammissibilità dell’offerta di
azioni o quote di una start-up innovativa all’attribuzione, da
parte dello statuto della start-up stessa, di un diritto di recesso
o di co-vendita (tag-along) ad alcuni soci di minoranza in
determinate circostanze.
Nelle pagine che seguono si cercherà di ricostruire, nei limiti
inevitabilmente succinti del presente contributo, la fisionomia
di tali diritti: il diritto di recesso ed il diritto di co-vendita (o
tag-along). Il lavoro è organizzato come segue. Il § 2 descrive
l’ambito applicativo della disciplina in esame, le finalità di
politica legislativa ivi sottese ed il presupposto dell’esercizio
dei diritti in questione (i.e., che si verifichi un cambio di
controllo della start-up). Il § 3 tratta brevemente della verifica
del rispetto di tale disciplina. Il § 4 e il § 5 affrontano le
criticità connesse alla previsione, rispettivamente, del diritto
di co-vendita e del diritto di recesso, soffermandosi su alcune
possibili soluzioni.
Crowdfunders e cambio del controllo della start-up:
policy e disciplina
L’articolo 100-ter, comma 2 del TUF, introdotto dall’articolo 30
del Decreto Crescita 2.0 dispone:
«La Consob determina la disciplina applicabile
alle offerte [al pubblico condotte esclusivamente
attraverso uno o più portali] al fine di […] tutelare
gli investitori diversi dai clienti professionali
nel caso in cui i soci di controllo della start-up
innovativa cedano le proprie partecipazioni a terzi
40Aspetti giuridici del crowdfunding
successivamente all’offerta».
In attuazione di tale delega legislativa, l’articolo 24, comma 1,
lettera a) del Regolamento Crowdfunding prevede che:
«Ai fini dell’ammissione dell’offerta sul portale,
il gestore verifica che lo statuto o l’atto costitutivo
dell’emittente preveda:
a) il diritto di recesso dalla società ovvero il diritto
di co-vendita delle proprie partecipazioni nonché le
relative modalità e condizioni di esercizio nel caso
in cui i soci di controllo, successivamente all’offerta,
trasferiscano il controllo a terzi, in favore degli
investitori diversi dagli investitori professionali o
dalle altre categorie di investitori indicate al comma
2 che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti
finanziari offerti tramite portale. Tali diritti
sono riconosciuti per il periodo in cui sussistono
i requisiti previsti dall’articolo 25, commi 2 e 4,
del decreto e comunque per almeno tre anni dalla
conclusione dell’offerta».
Giova, innanzitutto, puntualizzare l’ambito di applicazione
soggettivo delle richiamate disposizioni onde chiarire i
soggetti protetti da tali norme. Si tratta dei soci di una
start-up innovativa: (i) di minoranza; e (ii) che non siano
clienti professionali o, per via del richiamo al comma 2
dell’articolo 24 del Regolamento Crowdfunding, fondazioni
bancarie o incubatori di start-up. Nel senso che i beneficiari
delle protezioni di legge siano soci di minoranza milita,
conclusivamente, la circostanza che l’esercizio dei diritti in
questione presuppone l’esistenza di un socio di controllo.
Quanto ai clienti professionali, si tratta di: (a) quelli indicati
nell’Allegato 3, punto I del Regolamento Intermediari: banche,
SIM, assicurazioni ed altri investitori c.d. istituzionali; e (b) i
clienti professionali pubblici di diritto, di cui all’articolo 2 del
41Aspetti giuridici del crowdfunding
decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11
novembre 2011 n. 236: i.e., Governo e Banca d’Italia.
Presupposto per l’esercizio del diritto statutario di recesso o di
co-vendita è il trasferimento della partecipazione di controllo
della start-up (c.d. cambio di controllo). La disposizione sembra
perseguire una duplice finalità. In primo luogo, ed anzitutto,
essa mira a far sì che il c.d. premio di controllo pagato
dall’acquirente al socio di controllo della start-up possa essere
in qualche modo “condiviso” anche dai soci di minoranza:
finalità la cui realizzazione, come si noterà, consegue pressoché
automaticamente dall’esercizio del diritto di tag-along e,
invece, piuttosto difficilmente dall’esercizio del diritto di
recesso. In secondo luogo, la previsione di diritti di exit dalla
compagine societaria è altresì volta a rimediare alla prevedibile
carenza di un mercato liquido in cui il socio possa rivendere la
propria partecipazione a seguito del cambio di controllo.
La previsione del recesso o del diritto di co-vendita in statuto
si atteggia, per la start-up, come un’alternativa: l’offerta sul
portale sarà cioè ammissibile se almeno una di tali clausole
sia contenuta nello statuto. Nulla sembra ostare, tuttavia, alla
previsione statutaria congiunta ed alternativa del recesso o del
tag-along: in tal caso, sarebbero i soci di minoranza a decidere
se vendere la propria partecipazione al terzo o chiederne la
liquidazione.
Verifica del gestore
Il primo profilo di interesse della norma riguarda la modalità
attraverso la quale si prevede la tutela dei crowdfunders. Al
fine di obbligare il socio di controllo della start-up a fornire
uno strumento di tutela ai soci di minoranza, si è onerato il
gestore del portale di un controllo sullo statuto della società.
Il gestore, infatti, dovrà accertare che lo statuto della start-up
abbia previsto, al verificarsi di un determinato evento, il diritto
42Aspetti giuridici del crowdfunding
di recesso o di co-vendita.
La tortuosa fisionomia della norma riflette il difficile equilibrio
perseguito, in questa materia, dal legislatore tra, da un lato, la
volontà di incentivare il capital-raising delle start-up - che non
vengono assoggettate alla vigilanza della Consob (ed infatti,
i destinatari del Regolamento Crowdfunding sono i gestori
dei portali, e non gli emittenti) – e, dall’altro, le istanze di
protezione degli azionisti di minoranza.
La verifica che il gestore dovrà effettuare al fine di ammettere
l’offerta sul portale appare di natura meramente formale: il
gestore potrà quindi limitarsi a verificare che un diritto di
co-vendita o di recesso esista in statuto e che ne sia regolato
l’esercizio, senza essere tenuto a valutazioni di merito sul
contenuto di tale diritto, sui profili operativi e procedurali
inerenti il suo esercizio e sulla idoneità dello stesso a garantire
le esigenze di tutela dei soci di minoranza. Infatti, nessun
vincolo è imposto all’emittente nella definizione delle modalità
e condizioni dell’esercizio del diritto di co-vendita o recesso
previsto in statuto. Pertanto, è possibile che la ratio di tutela
della norma venga vanificata nel caso dello statuto di una
start-up che, pur rispettando formalmente il requisito per
l’ammissione dell’offerta sul portale, prevede modalità e
condizioni di esercizio del diritto di co-vendita o di recesso
che rendano difficile o improbabile l’esercizio del diritto. In
tal senso, sarebbe auspicabile che – ove si diffondesse un
mercato significativo di offerte su portali di crowdfunding – gli
operatori sviluppassero una prassi di mercato tesa a rendere
effettivi gli strumenti di tutela previsti dalla disciplina.
Il diritto di co-vendita
Lo statuto della start-up può anzitutto prevedere, quale
“rimedio” per il cambio di controllo della società, un diritto di
co-vendita in favore dei soci di minoranza diversi dai clienti
professionali, dalle fondazioni bancarie o dagli incubatori
43Aspetti giuridici del crowdfunding
di start-up. Si tratta, semplificando, del diritto potestativo
di tali soci di vendere la propria partecipazione al terzo che
abbia formulato un’offerta di acquisto avente ad oggetto la
partecipazione del socio di controllo; la vendita dai soci di
minoranza al terzo avverrà sulla base dei termini e delle
condizioni che il terzo si è impegnato ad applicare al socio
di controllo stesso, così consentendo ai soci di minoranza di
beneficiare del c.d. premio di controllo.
Parte della dottrina, icasticamente, parla di un diritto di
“accodamento”, volendo con ciò intendere che i soci di
minoranza si “accodano” al socio di controllo nella vendita
delle partecipazioni.
In dottrina e nella prassi non vi è unanimità di vedute sulla
collocazione sistematica più opportuna per una clausola di
tag-along: secondo alcuni, infatti, si tratterebbe di clausola
da inserire non in uno statuto ma, più opportunamente, in un
patto parasociale. Tuttavia, anche prescindendo dal merito di
tali discussioni (a tacere d’altro, così facendo si priverebbe la
clausola dell’efficacia erga omnes propria degli statuti sociali),
appare comprensibile la scelta operata dalla CONSOB, che, in
alternativa, non avrebbe potuto imporre ai soci della start-
up di stipulare un patto parasociale contenente una clausola
di tag-along, quanto meno alla luce delle rilevanti difficoltà
applicative di una tale soluzione che avrebbero frustrato la
ratio del Decreto Crescita e le istanze di semplificazione nella
raccolta del capitale ivi sottese.
Come noto, il contenuto del diritto di co-vendita è solo
“socialmente” tipico e, quindi, la sua modulazione è rimessa
alla prassi ed alla negoziazione delle parti. L’effettività del
diritto di co-vendita è indissolubilmente legata ai suoi profili
operativi e procedurali. In concreto, affinché il socio di
minoranza possa utilmente esercitare il proprio diritto di co-
vendita, lo statuto dovrà puntualizzare: (i) l’obbligo per il socio
di controllo di informare tempestivamente i soci di minoranza
di aver ricevuto un’offerta, specificandone provenienza,
44Aspetti giuridici del crowdfunding
termini e condizioni (i.e., prezzo, condizioni sospensive, ecc.);
(ii) un congruo termine entro il quale i soci di minoranza
potranno eventualmente accettare l’offerta.
È evidente, ad esempio, che la previsione di modalità
inadeguate di comunicazione delle condizioni dell’offerta o di
un termine per l’esercizio del diritto troppo breve inciderebbero
negativamente sull’effettività della tutela fornita dal diritto
di co-vendita. In definitiva la mera previsione di un diritto di
co-vendita e delle relative modalità di esercizio, disgiunta da
una verifica della loro idoneità a garantire un effettivo esercizio
del diritto, non appare sufficiente per garantire un’adeguata
protezione dei soci di minoranza.
Sarebbe allora auspicabile lo sviluppo di una prassi di mercato
volta a individuare il contenuto minimo che una clausola di tag-
along debba avere per garantire una tutela effettiva ai soci di
minoranza di una start-up.
Ad esempio, tale clausola “standard” potrebbe richiedere
che la comunicazione ai soci di minoranza debba contenere
almeno indicazione: (i) dell’identità del terzo offerente, (ii)
del prezzo di acquisto da questi offerto (che chiaramente deve
essere il medesimo per il socio di controllo e i crowdfunders),
(iii) delle modalità di pagamento del prezzo, (iv) dell’esistenza
di eventuali garanzie, (v) della partecipazione a cui si riferisce
l’offerta, (vi) della data prevista per il perfezionamento
del trasferimento. Inoltre, tale clausola standard dovrebbe
prevedere che venga assegnato un termine congruo (compreso,
ad esempio, tra 10 e 20 giorni lavorativi) entro cui i soci di
minoranza potranno esercitare il diritto.
Infine, quanto alle modalità di comunicazione ai crowdfunders
dell’offerta del terzo, le società emittenti potrebbero
permettere ai soci di registrare un proprio indirizzo di
posta elettronica sul sito delle società, al fine di ricevere
tempestivamente la comunicazione dell’offerta del terzo.
45Aspetti giuridici del crowdfunding
Tag-along a durata limitata
L’articolo 24, comma 1, lettera a) del Regolamento
Crowdfunding prevede che il diritto di tag-along (o, in
alternativa, di recesso) sia riconosciuto per il periodo in cui la
start-up conserva i requisiti normativi della fattispecie previsti
dall’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita e, in ogni caso,
per un periodo di almeno 3 anni dall’offerta.
Si tratta di un periodo verosimilmente più breve di quello
necessario ad una start-up per cominciare a generare utili. Ad
esempio, nei business plan di operazioni di venture capital,
in molti casi i primi utili sono attesi non prima del quarto o
quinto anno successivo all’investimento. Assumendo che la
società abbia promosso un’offerta nell’anno di sua costituzione
(T0) e che l’investimento genererà utili non prima del quinto
anno di vita (T+5), la “caducazione” dei diritti delle minoranze
intorno a T+3 si tradurrebbe nella strutturale impossibilità,
per le minoranze stesse, di condividere un possibile premio di
controllo: è improbabile, infatti, che il controllo della start-up
sia trasferito prima di T+3, quando cioè l’investimento non ha
ancora iniziato a generare utili.
Anche tale esito, che indubbiamente indebolisce l’effettività
dei diritti riconosciuti ai crowdfunders di minoranza, potrebbe
essere contrastato dall’emersione di best practice volte a
pattuire statutariamente una durata maggiore del diritto di
co-vendita: ad esempio, ancorandolo alla durata del business
plan della società o al raggiungimento di un risultato in utile da
parte della start-up (ad esempio, prevedendo che, anche oltre il
terzo anno, il diritto permanga fino alla chiusura dell’esercizio
successivo al primo esercizio concluso con un utile).
Tag-along e successivi trasferimenti azionari
Il tenore letterale dell’articolo 24, comma 1, lettera a) del
46Aspetti giuridici del crowdfunding
Regolamento Crowdfunding induce a dubitare dell’applicabilità
del diritto di tag-along anche a beneficio di chi ha acquistato da
un crowdfunder, e, quindi, non in sede di offerta sul portale.
Al riguardo, deve premettersi che il caso discusso appare
abbastanza remoto: poiché, per definizione, le azioni o quote
di una start-up non possono essere quotate né in un mercato
regolamentato né in un sistema multilaterale di negoziazione
(si veda l’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita), dovrebbe
ipotizzarsene un trasferimento successivo all’offerta sul
portale che avvenga tra privati e fuori mercato affinché il
caso prospettato possa verificarsi. Evento possibile ma non
probabile, anche perché si stima che circa l’85% delle start-
up siano costituite in forma di s.r.l., il che rende ancora
più articolato ed oneroso l’eventuale trasferimento della
partecipazione.
Il dubbio sull’applicabilità del diritto di tag-along anche a
favore del socio di minoranza che non abbia acquistato la
partecipazione nell’offerta sorge in ragione della lettera della
norma ricordata: essa si applica, infatti, soltanto in favore di
investitori che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti
finanziari «offerti tramite portale». L’acquirente “secondario”,
che abbia acquisito la partecipazione non tramite portale ma
dall’investitore che a sua volta ha acquistato tramite portale,
potrebbe dunque essere escluso dal beneficio del diritto di co-
vendita.
L’interpretazione proposta, sebbene conduca ad esiti non
appaganti in punto di tutela degli investitori, appare tuttavia
conforme alla lettera della norma. Anche in tal caso, appare
auspicabile l’emersione di best practice volte a rimediare in via
statutaria a questa lacuna: lo statuto della start-up potrebbe
puntualizzare che il diritto di co-vendita spetta a tutti i soci di
minoranza diversi dai clienti professionali, indipendentemente
dalla modalità di acquisizione della partecipazione.
47Aspetti giuridici del crowdfunding
Il diritto di recesso
In alternativa al diritto di co-vendita, quale ulteriore “rimedio”
per reagire al cambio di controllo, lo statuto della start-up può
riconoscere ai soci di minoranza il diritto di recesso. Valgono
per il diritto di recesso le considerazioni sopra svolte in
merito alle modalità per garantire una tempestiva e completa
informazione al socio di minoranza e un termine congruo
per l’esercizio del diritto. Inoltre, anche in questo caso, si
tratta di un diritto “a tempo determinato” che lo statuto è
tenuto a riconoscere per un periodo non superiore a 3 anni (si
v. “Diritto di co-vendita –Tag-along a durata limitata”, sopra,
per la discussione di tale profilo ed una possibile soluzione
che può essere adottata anche rispetto al diritto di recesso).
Analogamente, valgono anche per il recesso i dubbi espressi
in relazione all’applicabilità del diritto di tag-along a soci che
non abbiano acquisito la partecipazione «tramite portale» (si
v. “Diritto di co-vendita – Tag-along e successivi trasferimenti
azionari”, sopra).
Un profilo particolare relativo alla tutela fornita da un diritto
statutario di recesso è relativo alla efficacia di tale strumento
al fine di permettere che ai crowdfunders venga fornita la
possibilità di “condividere” il premio di controllo riconosciuto
al socio di maggioranza.
La valorizzazione delle partecipazioni oggetto di recesso
segue criteri analoghi, sebbene non identici, per le società
a base azionaria e le società a responsabilità limitata. Da un
lato, le azioni oggetto di recesso sono valutate in base alla
«consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive
di reddito, nonché dell’eventuale valore di mercato» (articolo
2427-ter, comma 3, codice civile in materia di s.p.a.). Dall’altro,
le quote sono rimborsate sulla base del valore del patrimonio
sociale, determinato «tenendo conto» del valore di mercato
(articolo 2473, comma 2, codice civile in materia di s.r.l.).
48Aspetti giuridici del crowdfunding
In entrambi i casi il criterio di valutazione è dato dalla
consistenza patrimoniale della start-up che si determina,
anche o prevalentemente, sulla base del valore di mercato della
partecipazione. Un’analisi, anche di superficie, di tali requisiti
induce a rilevare come si tratti di criteri particolarmente
penalizzanti nel caso di start-up: dati i requisiti normativi
di tale figura, è verosimile che il relativo patrimonio sociale
sia modesto ed il valore delle partecipazioni sociali non
particolarmente elevato. In ogni caso, anche ipotizzando che
la valorizzazione segua criteri particolarmente favorevoli
ai soci recedenti, si dubita che essa possa consentire loro
di “condividere” in qualche modo il premio di controllo:
i.e., è verosimile che il valore di recesso unitario sarà
tendenzialmente (ed ampiamente) inferiore al prezzo unitario
pagato dal terzo per il pacchetto di controllo.
È auspicabile che, anche in questo caso, in analogia con
quanto descritto sopra in relazione al diritto di tag-along, le
prassi di mercato intervengano a “correggere” le possibili
disfunzioni di un’applicazione solo formale dei requisiti del
Regolamento Crowdfunding. Ad esempio, gli statuti di start-up
potrebbero prevedere che la partecipazione del socio recedente
in caso di cambio di controllo venga valutata alla luce del
prezzo di vendita offerto per la partecipazione di controllo.
Tecnicamente, la legittimità di una simile clausola statutaria
farebbe leva sull’articolo 2427-ter, comma 4, codice civile in
materia di società per azioni, ritenuto applicabile anche alle
società a responsabilità limitata dalla dottrina maggioritaria
(almeno, pacificamente, nel caso in cui l’autonomia privata
adotti criteri di valutazione più favorevoli per il socio
recedente): tale norma consente allo statuto di prevedere
che la valorizzazione della partecipazione oggetto di recesso
avvenga sulla base di «altri elementi suscettibili di valutazione
patrimoniale». Il prezzo offerto dal terzo al socio di controllo
ben potrebbe essere ricompreso tra tali «altri elementi».
Seguendo tale approccio si eliminerebbe la disparità di
49Aspetti giuridici del crowdfunding
trattamento tra soci di start-up che abbiano optato per
l’inserimento del tag-along in statuto e soci di start-up che
abbiano invece optato per la previsione del recesso.
•
50Aspetti giuridici del crowdfunding
Le regole di condotta
applicabili a banche
e imprese di investimento
nell’ambito della disciplina
in tema di equity crowdfunding
Alessandro Portolano
Chiomenti Studio Legale
1. Considerazioni preliminari
Il fenomeno del crowdfunding è tipicamente inteso come un
modello di raccolta di fondi alternativo rispetto agli strumenti
di finanza convenzionale, caratterizzato dall’impiego di
moderne tecnologie informatiche e retto da dinamiche
collaborative, alle quali non è estranea una componente lato
sensu di partecipazione della collettività a talune forme di
impresa societaria.
Sotto tale profilo, pertanto, il fenomeno reca in sé un
potenziale effetto di “disintermediazione” dei canali
tradizionali dell’intermediazione bancaria e finanziaria.
La visione “tipica” del fenomeno evoca uno scenario di
immediatezza e semplicità dell’investimento, nell’ambito del
quale il potenziale investitore idealmente accede ad un portale
online dal proprio computer, si informa sui progetti di sviluppo
presentati da una molteplicità di operatori e seleziona, anche
con una certa volontà di “condivisione” o “partecipazione” (e,
dunque, non solo per finalità di mero investimento finanziario)
51Aspetti giuridici del crowdfunding
l’impresa in cui intende investire. In questo scenario
semplificato, dal momento dell’individuazione dell’opportunità
di investimento si giunge quindi all’“acquisto” con un “click”,
da parte dell’investitore, di una quota del capitale dell’impresa
selezionata; tale acquisto è successivamente perfezionato –
sempre in questa immagine un po’ oleografica del fenomeno
– con il versamento dell’importo corrispondente in favore
dell’impresa stessa, non molto diversamente da quello che
accade in una normale transazione di e-commerce, dove al
più, al momento del pagamento, l’acquirente è reindirizzato
su un’apposita pagina web per l’istruzione dell’operazione
di pagamento, in modo tale da concludere in pochi secondi
l’intera operazione di investimento.
Le considerazioni di seguito svolte intendono evidenziare che lo
scenario sopra delineato rappresenta un’ipotesi eccessivamente
semplificata – verrebbe da dire naif – rispetto a quanto
previsto dalla normativa in materia di equity crowdfunding; o
quantomeno che detto scenario, pur cogliendo indubbiamente
alcuni aspetti del fenomeno in discorso, come risultanti
dall’analisi della relativa disciplina di settore, non riesce a
rappresentarne tutti i profili, anche applicativi.
Dall’analisi della predetta disciplina si evince infatti che gli
attori “tradizionali” dell’intermediazione finanziaria (in
particolare, banche e imprese di investimento) continueranno
verosimilmente a svolgere un ruolo molto significativo
nell’ambito delle attività connesse al fenomeno in questione,
potendosi realizzare soltanto in misura ridotta quell’effetto
di “disintermediazione” tipicamente collegato alle attività di
crowdfunding.
Tale conseguenza, peraltro, è già esplicitata nelle previsioni
di cui all’art. 50-quinquies del Testo Unico della Finanza (di
seguito, il “TUF”) e al Regolamento CONSOB n. 18592 del 26
giugno 2013 (di seguito, il “Regolamento”), nella misura in cui
52Aspetti giuridici del crowdfunding
dette disposizioni impongono comunque il coinvolgimento
di un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di
investimento ai fini del perfezionamento e dell’esecuzione
delle operazioni di investimento concluse tramite il portale,
anche nell’ipotesi in cui il portale stesso sia gestito da soggetti
(diversi dalle banche o dalle imprese di investimento) iscritti
nell’apposito registro tenuto dalla CONSOB (di seguito, i
“Gestori Autorizzati”).
Fin qui, quindi, si tratta di poco più che ovvietà, se si legge la
disciplina in argomento.
E tuttavia, quel che si vuole rimarcare, in questa sede, è che
in molti scenari astrattamente ipotizzabili gli intermediari
“tradizionali” – vale a dire, banche e imprese di investimento
abilitate alla prestazione di servizi di investimento –
potrebbero svolgere un ruolo ben più rilevante di quello
comportante la mera “esecuzione” delle operazioni
concluse dall’investitore; ruolo che potrebbe spingersi fino
al doversi astenere dal dare esecuzione a un’operazione pur
autonomamente valutata dall’investitore nella sua interazione
col portale, con ovvie conseguenze, rispetto a quell’immagine
idealizzata e semplificata dell’investimento della specie.
Le affermazioni sin qui svolte si basano essenzialmente
su alcune considerazioni, di seguito riassunte, relative alla
qualificazione delle attività prestate dalle banche e dalle
imprese di investimento nell’ambito delle attività di equity
crowdfunding e degli strumenti finanziari emessi da start-up
innovative.
a.	 Gestione di portali on-line e prestazione di servizi di
investimento: cenni sul tema delle regole di condotta
e delle valutazioni di adeguatezza e appropriatezza
In primo luogo, deve osservarsi che l’attività di gestione di
portali online per la raccolta di capitali di rischio da parte di
53Aspetti giuridici del crowdfunding
start-up innovative (come noto regolata, a livello primario,
dagli artt. 50-quinques e 100-ter del TUF e, a livello secondario,
dalle previsioni del Regolamento) appare rientrare, almeno
in astratto, nell’ambito di applicazione delle norme del TUF e
relative misure attuative in materia di servizi di investimento.
Tale qualificazione emerge con sufficiente chiarezza dalla
disciplina positiva sopra richiamata.
In particolare, l’art. 50-quinquies del TUF dispone che
l’esercizio dell’attività di gestione dei portali è riservato
alle banche e alle imprese di investimento “autorizzate alla
prestazione dei relativi servizi di investimento”. Ancora, con
la Comunicazione n. 0066128 del 1 agosto 2013 (di seguito, la
“Comunicazione dell’1 agosto 2013”), la CONSOB ha chiarito,
con riferimento all’attività svolta dalle banche e imprese di
investimento che svolgono attività di gestione dei portali (di
seguito, i “Gestori di Diritto”), che “l’attività di gestione di
portali on line implica la prestazione di servizi di investimento
quantomeno di tipo ‘esecutivo’”. Non meno chiaramente, la
CONSOB ha altresì osservato, con riferimento ai gestori dei
portali diversi dai Gestori di Diritto, che “l’attività del portale
è riconducibile alla ricezione e trasmissione di ordini in
esenzione facoltativa rispetto all’applicazione della Direttiva
MiFID, come previsto dall’art. 3 della citata Direttiva”
01
.
Con riferimento alla disciplina generale delle regole di condotta
applicabili agli intermediari nell’ambito della prestazione dei
servizi e delle attività di investimento, si ricorda brevemente,
nel limitato spazio qui a disposizione, come il contenuto di
siffatti obblighi di condotta si atteggi diversamente a seconda
del servizio di volta in volta effettivamente prestato (oltre
che, naturalmente, della tipologia di clienti a cui il servizio è
offerto).
In particolare, in caso di prestazione dei servizi di consulenza
e gestione di portafogli, gli intermediari sono tenuti, come
01.
L’art. 3 della MiFID prevede quanto
segue:
“1. Gli Stati membri hanno la
facoltà di non applicare la presente
direttiva alle persone rispetto alle
quali essi sono lo Stato membro
d'origine che:
•	 non sono autorizzate a
detenere fondi o titoli
appartenenti ai clienti e
che per questo motivo non
possono mai trovarsi in
situazione di debito con i loro
clienti, e
•	 non sono autorizzate
a prestare servizi di
investimento, tranne la
ricezione e la trasmissione
di ordini in valori mobiliari
e quote di organismi
d'investimento collettivo
e l'attività di consulenza in
materia di investimenti relativa
a tali strumenti finanziari, e
•	 nell'ambito della prestazione
di tali servizi sono autorizzate
a trasmettere ordini soltanto
a:
i.	 imprese di investimento
autorizzate ai sensi della
presente direttiva,
ii.	 enti creditizi autorizzati
ai sensi della direttiva
2000/12/CE,
iii.	 succursali di imprese ...
54Aspetti giuridici del crowdfunding
noto, a “profilare” il cliente e ad effettuare il c.d. “test di
adeguatezza” in relazione all’operazione da realizzarsi o
suggerita all’investitore; in caso di prestazione dei servizi
di investimento c.d. esecutivi (i.e. diversi dalla consulenza e
dalla gestione di portafogli) gli intermediari, pur non essendo
obbligati ad effettuare il predetto test di adeguatezza, sono
comunque tenuti alla profilatura del cliente, nonché ad
effettuare il diverso test di “appropriatezza”.
Le due valutazioni – di “adeguatezza” e “appropriatezza” –
sono profondamente differenti per contenuti e finalità.
Nel primo caso, infatti l’intermediario è tenuto a raccogliere
un set più completo di informazioni dal cliente (ad es.,
anche sulla situazione finanziaria dell’investitore e sui
suoi obiettivi di investimento); nel secondo caso, invece, è
sufficiente raccogliere un set significativamente più ridotto di
informazioni (in particolare, sulla conoscenza ed esperienza
dell’investitore in relazione al tipo di strumento finanziario
oggetto dell’operazione).
Ancor più significativamente, qualora sia richiesto
all’intermediario dalla normativa di effettuare il predetto test
di adeguatezza e quest’ultimo si concluda con esito negativo, è
previsto che lo stesso intermediario non possa procedere con
l’esecuzione dell’operazione valutata inadeguata in relazione
al singolo cliente; di contro, qualora l’intermediario sia tenuto
ad effettuare soltanto un test di appropriatezza e quest’ultimo
abbia esito negativo, l’investitore può comunque eseguire
l’operazione, previa necessaria informativa in relazione
all’esito negativo della valutazione di appropriatezza condotta
dall’intermediario.
Dunque, dalla qualificazione dell’attività prestata da un
intermediario in termini di consulenza seguono conseguenze
molto rilevanti, di per sé idonee a mettere in crisi il paradigma
di semplicità dell’investimento tramite portali online.
di investimento o di
enti creditizi che sono
autorizzati in un paese
terzo e che sono tenuti
ad ottemperare e
ottemperano a norme
prudenziali considerate
dalle autorità competenti
almeno altrettanto
rigorose quanto quelle
stabilite nella presente
direttiva, nella direttiva
2000/12/CE o nella
direttiva 93/6/CEE,
iv.	 organismi d'investimento
collettivo autorizzati in
virtù della legislazione
di uno Stato membro
a vendere quote al
pubblico, nonché ai
dirigenti di siffatti
organismi,
v.	 società di investimento
a capitale fisso, quali
definite all'articolo 15,
paragrafo 4 della seconda
direttiva 77/91/CEE del
Consiglio, del 13 dicembre
1976, intesa a coordinare,
per renderle equivalenti,
le garanzie che sono
richieste, negli Stati
membri, alle società di cui
all'articolo 58, secondo
comma, del Trattato, per
tutelare gli interessi dei
soci e dei terzi per quanto
riguarda la costituzione
della società per azioni,
nonché la salvaguardia
e le modificazioni del
capitale sociale della
stessa, i cui titoli sono
quotati o negoziati in un
mercato regolamentato
in uno Stato membro,
...
...
55Aspetti giuridici del crowdfunding
b.	 La natura “illiquida” degli investimenti in quote di
start-up innovative
Gli strumenti finanziari emessi da start-up innovative
costituiscono, per espresso riferimento normativo nel
Regolamento, investimenti di natura illiquida
02
.
Come noto, la CONSOB ha dedicato particolare attenzione alle
regole di condotta applicabili alla distribuzione di prodotti
illiquidi, attraverso l’adozione, tra l’altro, della Comunicazione
n. 9019104 del 2 marzo 2009, vero convitato di pietra della
disciplina dell’equity crowdfunding, nell’ambito della quale
(come già nell’ambitodella procedura di pubblica consultazione
tenutasi in vista della definizione delle disposizioni in
questione) non è mai richiamata.
La Comunicazione sui prodotti illiquidi non si propone
di introdurre nuove norme o nuovi obblighi in capo agli
intermediari, enucleando piuttosto, almeno nella prospettiva
dell’Autorità, meri criteri applicativi delle regole generali e
dei doveri posti in capo agli intermediari dalla normativa –
regole generali che dunque, come tali, appaiono poter trovare
applicazione anche al caso di specie.
Ben si comprende, allora, come la situazione possa cominciare
ad apparire più complessa rispetto alla prospettiva – anche un
po’ romantica – dell’investitore che “clicca” su un apposito
pulsante (quasi una sorta di “mi piace”) all’interno di una
pagina web e acquista, in questo modo, titoli rappresentativi del
capitale di una start up innovativa.
Nella Comunicazione sugli illiquidi, infatti – anche con
riferimento alle valutazioni di mera appropriatezza – la
CONSOB ha sottolineato che, nella prestazione di servizi aventi
ad oggetto strumenti finanziari di siffatta natura, “dovranno
essere tenute in debito conto le peculiari caratteristiche dei
02.
Nell’art. 15 del Regolamento si
prevede infatti che il gestore debba
fornire agli investitori le informazioni
relative all’investimento in strumenti
finanziari emessi da start-up
innovative riguardanti, tra l’altro,
il “rischio di illiquidità”. Inoltre,
nell’Allegato 3 al Regolamento
– contenente le “informazioni
sulla singola offerta” che devono
essere pubblicate dal gestore sul
portale – è previsto l’inserimento
di un disclaimer volto a chiarire
che “l’investimento in strumenti
finanziari emessi da start-up
innovative è illiquido e connotato da
un rischio molto alto”.
a condizione che le
attività di tali persone
siano regolamentate a
livello nazionale.
2. Le persone escluse dall'ambito
d'applicazione della presente
direttiva a norma del paragrafo
1 non godono delle libertà di
prestare servizi e/o di effettuare
attività di investimento o di
stabilire succursali previste,
rispettivamente, dalle disposizioni
dell'articolo 31 e dell'articolo 32.”
...
56Aspetti giuridici del crowdfunding
prodotti illiquidi […] raffrontandole al grado di conoscenza
finanziaria ed esperienza del cliente e verificando l’effettiva
capacità di quest’ultimo di comprenderne gli specifici profili di
rischio”.
Va da sé che la effettiva applicabilità degli obblighi di cui alla
Comunicazione sugli illiquidi andrà approfondita, caso per
caso, con riferimento a tutti gli obblighi in questione (andrebbe,
ad esempio, verificata la possibilità concreta di applicare gli
obblighi di trasparenza nella fattispecie in esame).
c.	 La portata “espansiva” della nozione di consulenza
Nella Comunicazione sui prodotti illiquidi la CONSOB ha anche
affermato che “non è escluso, in via astratta, che i servizi di
collocamento o ricezione e trasmissione ordini (o di esecuzione
di ordini o negoziazione per conto proprio) siano posti in essere
senza essere accompagnati da consulenza. Tuttavia, nel caso,
l’intermediario deve approntare meccanismi (contrattuali,
organizzativi, procedurali, e di controllo) per rendere effettiva
la conformazione dei propri collaboratori e dipendenti a
contatto con la clientela a predefiniti modelli relazionali, nel
presupposto che, di fatto, vista l’ampia nozione di consulenza
resa dal legislatore in attuazione delle fonti comunitarie, può
risultare elevato (specie quando si utilizzino forme di contatto
non ‘automatiche’) il rischio che l’attività concretamente svolta
sfoci nel presentare un dato strumento finanziario come adatto
per quel cliente, integrando così la ‘consulenza in materia di
investimenti’ ”.
La nozione di consulenza, nell’accezione accolta dall’Autorità di
Vigilanza di settore, ha dunque una portata significativamente
pervasiva; essa può venire in rilievo, almeno in astratto, in ogni
occasione di interazione “personalizzata” tra intermediario
e cliente, soprattutto nell’ipotesi della prestazione di servizi
aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. “illiquidi”.
57Aspetti giuridici del crowdfunding
La posizione di cui sopra era stata d’altra espressa dalla
CONSOB già in esito alle consultazioni condotte in occasione
del recepimento della MiFID nel 2007; essa è stata quindi
concretamente applicata dalla Consob in sede ispettiva e cià
sia nella tornata di accertamenti ispettivi di vigilanza c.d.
“conoscitivi”, condotti all’indomani del recepimento della
MiFID, all’incirca nel biennio 2008/2010, sia nel corso degli
accertamenti condotti successivamente, cui sono anche seguiti
procedimenti e provvedimenti sanzionatori fondati anche
sul mancato rispetto delle regole di condotta proprie della
prestazione del servizio di consulenza, con riferimento a talune
fattispecie che l’Autorità ha ritenuto di ricomprendere nella
predetta nozione “ampia” di consulenza.
2.Le regole di condotta applicabili alle banche
e alle imprese di investimento nell’ambito
dell’equity crowdfunding
I brevissimi e necessariamente parziali cenni in materia di
regole di condotta sopra riassunti consentono di mettere in
luce come si possa determinare una diversa configurazione
delle regole di condotta applicabili alle banche e alle imprese
di investimento – con differenti conseguenze applicative e
interpretative – a seconda dei contesti in cui può venire in
rilievo la prestazione di servizi di investimento da parte delle
stesse in relazione alle quote / azioni di start-up innovative.
Anche la CONSOB, peraltro, è risultata abbastanza chiara sul
punto, avendo osservato, nella Comunicazione dell’1 agosto
2013, “che l’attività di gestione di portali on line implica la
prestazione di servizi di investimento quantomeno di tipo
‘esecutivo”. La CONSOB ha dunque espressamente riconosciuto
che il rapporto tra intermediario e cliente può diversamente
atteggiarsi a seconda delle attività in concreto prestate dalla
58Aspetti giuridici del crowdfunding
banca / impresa di investimento a beneficio del cliente, con
la conseguenza che il servizio prestato dall’intermediario
non deve essere necessariamente ricondotto alla categoria
dei servizi di natura esecutiva (i.e. collocamento, ricezione e
trasmissione di ordini, etc.).
In linea con quanto sopra, la CONSOB ha altresì osservato che
“i gestori di diritto potranno prescegliere le concrete modalità
di svolgimento della propria attività, graduando l’applicazione
delle regole di condotta in ragione dei tipi di servizi di
investimento effettivamente prestati nei confronti della
clientela e della tipologia di investitori serviti”.
Questa formulazione normativa, tuttavia, segna anche un
limite per gli intermediari, i quali dovranno necessariamente
prestare particolare attenzione al modello di business e
organizzativo adottato nella prestazione del servizio e,
soprattutto, al grado di “personalizzazione” del rapporto
intrattenuto con l’investitore. Non è infatti escluso, a tale
riguardo, che l’attività dell’intermediario possa tradursi, in
punto di fatto, in un’attività di consulenza (soprattutto nella
sua accezione ampia), che richieda l’effettuazione di una
valutazione di adeguatezza ai sensi della disciplina sopra
richiamata.
Peraltro, nel documento di consultazione emanato con
riferimento al testo del Regolamento, la CONSOB aveva già
chiarito che nella relazione con l’intermediario “si applicano
le regole dettate dal Tuf sullo svolgimento dei servizi di
investimento (in particolare, l’investitore sarà opportunamente
profilato e assistito dalle regole di appropriatezza o di
adeguatezza a seconda del tipo di relazione che instaurerà con
l’intermediario)”.
Ove possano ravvisarsi elementi di personalizzazione di tale
rapporto, sussisteranno verosimilmente gli estremi per la
59Aspetti giuridici del crowdfunding
prestazione del servizio di consulenza e, quindi, per ritenere
sussistente in capo al relativo intermediario l’obbligo di
effettuare una valutazione di adeguatezza dell’operazione da
realizzare, previa acquisizione delle informazioni richieste
dalla normativa, con il conseguente divieto di effettuare la
medesima operazione in caso di giudizio di inadeguatezza.
a.	 Alcune ipotesi esemplificative di contatti
“personalizzati” tra cliente e intermediario, con
conseguente (possibile se non probabile) prestazione
del servizio di consulenza.
Fermo restando che i predetti temi si pongono tanto con
riferimento all’ipotesi di portali gestiti da “gestori di diritto”,
quanto con riferimento a portali gestiti da “gestori autorizzati”
(diversi, quindi, da banche e imprese di investimento), si
osserva come, in tale ultimo caso, la concreta natura della
relazione tra gli intermediari coinvolti e l’investitore potrebbe
essere influenzata da almeno due fattori.
Rileverebbe infatti, al riguardo, innanzitutto l’individuazione
dell’intermediario esecutore, tenuto conto che la normativa
sembra lasciare aperta la possibilità che a svolgere tale ruolo
sia un intermediario con cui l’investitore intrattiene già un
rapporto contrattuale. La CONSOB ha osservato, in esito alla
consultazione sui contenuti del Regolamento, che è rimessa alla
discrezionalità ed alla libera autodeterminazione dei gestori
la scelta in merito alla banca o all’impresa di investimento cui
trasmettere l’ordine, fermo restando l’obiettivo di evitare una
eccessiva frammentazione delle sottoscrizioni.
Possono quindi immaginarsi situazioni in cui l’investitore
intrattiene già un rapporto a carattere anche personalizzato
con l’intermediario esecutore dell’operazione su quote/azioni di
start-up innovative (magari essendo già stato anche “profilato”
da tale intermediario), ovvero sia stato indirizzato al portale
Aspetti giuridici del crowdfunding
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Aspetti giuridici del crowdfunding

  • 3. 3Aspetti giuridici del crowdfunding Introduzione Gian Domenico Mosco La nuova regolamentazione dell’Equity Crowdfunding Il quadro regolamentare di riferimento Roberta Mangione Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione finanziaria Casimiro Antonio Nigro Equity Crowdfunding e diritto societario Interventi Claudio Di Falco Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali): limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso Alessandro Portolano Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento nell’ambito della disciplina in tema di Equity Crowdfunding Tavola rotonda: Equity Crowdfunding, effettiva opportunità di patrimonializzazione per le imprese? Francesca Brunori Piccole imprese e mercato dei capitali. L’opportunità del Crowdfunding Sommario 6 6 18 18 28 38 38 50 66 67
  • 4. 4Aspetti giuridici del crowdfunding Luca Enriques La disciplina italiana uccide il Crowdfunding nella culla? Leonardo Frigiolini Il ruolo delle SIM e l’importanza di un unico sostegno multidisciplinare allo startupper Salvatore Rizzo Equity Crowdfunding: i possibili rischi di compliance per gli intermediari Martina Tambucci Il ruolo degli intermediari tradizionali e degli investitori professionali nell'Equity Crowdfunding Bibliografia Autori Centro Ricerca LUISS Dream Unicaseed we are nois3. Digital Design Thinking. Thank you 72 76 79 89 93 94 95 95 96 97
  • 5. 5Aspetti giuridici del crowdfunding Aspetti giuridici del crowdfunding Gian Domenico Mosco + TRACK CURATOR:
  • 6. 6Aspetti giuridici del crowdfunding La nuova regolamentazione dell’equity crowdfunding Gian Domenico Mosco Centro di Ricerca LUISS DREAM Diritto e Regole per Europa Amministrazione e Mercati 1. L'equity based crowdfunding rappresenta, lungo una strada ideale che si muove dal modello donation-based, prosegue con quello reward-based e avanza ancora con il lending crowdfunding, la tappa più avanzata dello scontro, ben messo in evidenza da Daniela Castrataro, tra i caratteri di spontaneismo e flessibilità quanto a partecipazione, condivisione e credibilità convalidata dal basso che caratterizzano il crowdfunding come fenomeno del web 2.0; e quelli di ponderazione degli interessi e di rigidità delle regole propri dei mercati finanziari. Per una società, rivolgersi via internet tramite un portale a una massa di persone con l'obiettivo di raccogliere capitali volti a finanziare un'iniziativa imprenditoriale non è soltanto chiedere aiuto sulla fiducia a dei sostenitori. Chi risponde partecipa infatti alla società e ai suoi benefici (possibili) e rischi (sicuri) e diviene pertanto un investitore da tutelare sia quando accede al mercato dei capitali, sia una volta divenuto socio della "emittente". In questo scontro tra territori concettualmente opposti, la nuova regolamentazione italiana dell'equity crowdfunding rappresenta dunque una sorta di artificiale faglia di
  • 7. 7Aspetti giuridici del crowdfunding Sant’Andrea tra web 2.0 e ordinamento dei mercati finanziari, che non può che rivelarsi ad alto rischio sismico. 2. La regolamentazione ha origine, come è noto, nell’ottobre 2012 con il decreto legge Crescita-bis (d.l. n. 179/2012, convertito nella legge n. 221/2012) che ha cercato di favorire a livello normativo il rilancio competitivo del nostro sistema imprenditoriale attraverso numerosi interventi per l’innovazione e il finanziamento delle PMI; tra questi, un'articolata disciplina delle start up innovative, società di capitali nuove o di recente costituzione il cui oggetto sociale riguarda almeno in prevalenza prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e soddisfa altri requisiti indicati dalla legge. Per promuovere le start up sono state introdotte agevolazioni di vario tipo ­– lavoristiche, fiscali, di semplificazione – relative all'accesso al credito e all'internazionalizzazione nonché deroghe al diritto societario e a quello fallimentare. Infine, anche rivedendo il diritto dell'intermediazione finanziaria e in connessione con una parte importante delle deroghe al diritto delle società, è stata disciplinata la raccolta di capitali di rischio destinati alle start up innovative tramite portali on line. A fine giugno 2013 la Consob ha emanato un regolamento in materia di “raccolta di capitali di rischio da parte di start up innovative tramite portali on-line” (delibera Consob n. 18592 del 26 giugno 2013), completando la nostra disciplina normativa dell’equity crowdfunding, la prima divenuta operativa a livello mondiale. La regolamentazione del fenomeno non è quindi di carattere generale, ma riguarda solo le start up, e tra queste solo quelle
  • 8. 8Aspetti giuridici del crowdfunding qualificabili innovative. Attualmente, dunque, il crowdfunding è soggetto a un doppio regime regolatorio: per l'equity crowdfunding rivolto alle start up innovative valgono le norme introdotte dal Crescita- bis e dal regolamento Consob; a tutta la restante parte del fenomeno, compreso l'equity crowdfunding non rivolto alle start up innovative, continuano ad applicarsi le regole ordinarie di volta in volta rilevanti. Riguardo a quest'ultime emerge in genere, e così nel caso di iniziative volte a far affluire via internet alle imprese capitale di rischio, la difficoltà di stabilire quali siano quelle concretamente applicabili, spesso del resto di grande complessità e onerosità, non affrontabili dagli attori del movimento crowdfunding se non snaturandosi per trasformarsi in intermediari professionisti. Si genera pertanto un forte rischio di concreta impossibilità d’uso dello strumento o almeno di una sua marginalità, costretto a sopravvivere all'interno dei coni d'ombra, dubbi e pericolosi, della regolamentazione finanziaria. Se la mancanza di regole specifiche risulta, paradossalmente, un fattore non di libertà ma di limitazione, l'intervento del legislatore, anche se arrivato molto presto, va valutato positivamente forse – ed è un secondo paradosso – proprio per il suo principale limite, che è quello della ristrettezza del suo campo d'applicazione. La raccolta tramite portali può rappresentare, infatti, un nuovo e importante canale di finanziamento delle PMI, specialmente ma non esclusivamente in fase di avvio dell'attività, se quel che più dovrebbe contare è la novità del progetto, non del soggetto impresa. Si è scelto invece di regolamentare solo la raccolta relativa a start up innovative, che per quanto definite legislativamente in termini laschi rappresentano solo una percentuale minima delle circa 3.800.000 PMI italiane, al 95% micro imprese con meno di dieci dipendenti (fonte: UE, Scheda
  • 9. 9Aspetti giuridici del crowdfunding informativa SBA 2012). La percentuale, considerate le circa 1.300 start up innovative esistenti (v. tabella 1), è oggi di circa lo 0,03%. Ricordo, d’altro canto, che attualmente ci sono in Italia circa 1.400.000 società di capitali e che spazio per un’apertura del loro capitale c’è sicuramente, considerato che s.r.l. e s.p.a. hanno una compagine sociale assai ristretta, spesso pari o inferiore alle tre unità e solo eccezionalmente superiore alle 5 unità (v. tabella 2). Se ciò è certamente una grave incongruenza, ancor più in questi tempi di recessione, la scelta si rivela però opportuna per sperimentare sul campo la regolamentazione di un fenomeno che è obiettivamente difficile disciplinare con equilibrio, come dimostra lo stesso ritardo della SEC nel dare attuazione e concreta operatività al JOBS Act approvato nell'aprile 2012 dal Congresso USA. In altre parole, una disciplina destinata a un micro settore può essere un utile banco di prova per la regolamentazione del fenomeno, con rischi di fallimento ancora complessivamente limitati. E il nostro intervento legislativo appare importante, in chiave non necessariamente solo positiva, anche per il regolatore europeo, considerato che all'inizio di questo mese di ottobre la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul crowdfunding come forma alternativa di finanziamento per le start up e, in generale, per le PMI, con l'obiettivo di definire una possibile regolazione ottimale del fenomeno, che solo a livello europeo può evitare distorsioni nel ricorso allo strumento – e alla concorrenza – dovute alla localizzazione dell'iniziativa. 3. Legislatore e Consob si sono trovati a dover ricercare quell'equilibrio nella disciplina normativa del fenomeno al quale accennavo poc'anzi e che è richiesto, evidentemente, per sciogliere al meglio la potenziale antitesi "web 2.0 vs mercato
  • 10. 10Aspetti giuridici del crowdfunding finanziario", che vuol dire assicurare a un tempo semplicità al quadro regolatorio e la dovuta tutela all'investitore raggiunto tramite web. Mi limito qui a delineare quello che a me pare sia l'approccio complessivo della nuova disciplina normativa. La regolamentazione si occupa, da un lato, della gestione dei portali per la raccolta di capitale di rischio delle start up innovative, sul presupposto che a essa si applicherebbero altrimenti – almeno nella più parte dei casi – le norme del TUF su servizi e attività d'investimento, anche promossi e collocati a distanza; dall'altro lato, delle offerte al pubblico effettuate tramite i portali, avendo a mente la disciplina del TUF sulle offerte al pubblico di sottoscrizione e vendita. Con riguardo alla disciplina TUF delle offerte al pubblico, la nuova disciplina normativa semplicemente impedisce che quelle tramite portali possano riguardare strumenti finanziari per un corrispettivo nel complesso pari o superiore a quello che, determinato dalla Consob, esclude l'applicazione delle norme sulle offerte pubbliche del TUF ai sensi del suo art. 100, comma 1, lett. c), limite che per il regolamento emittenti è di 5 milioni di euro. In altri termini, si sfrutta la fascia ordinaria di non rilevanza di un’offerta al pubblico ai fini TUF senza fare nessuno “sconto” e rendendo anzi applicabile alle offerte tramite portali oneri e obblighi nuovi e specifici. D’altro canto, in questo modo si delimita anche il campo di applicazione dell'intera disciplina, impedendone l'applicazione alle raccolte on line particolarmente grandi, ma non a quelle di medie dimensioni (l'ammontare complessivo superiore a 5 milioni di euro è significativamente maggiore del milione di dollari posto come soglia massima dal JOBS Act USA). Nella specifica disciplina delle offerte tramite portali, due
  • 11. 11Aspetti giuridici del crowdfunding previsioni assumono particolare rilievo e lasciano al tempo stesso perplessi: • la necessità, ai fini del perfezionamento dell'offerta, che una quota pari almeno al 5% degli strumenti finanziari offerti sia sottoscritta da investitori professionali, fondazioni bancarie o incubatori di start up innovative (che, attualmente, sono sedici: tabella 3); • il diritto "a termine" di tag along – co-vendita della partecipazione – o di recesso degli investitori non professionali nel caso di trasferimento del controllo a terzi da parte dei soci che lo detengono. Per quanto riguarda la gestione dei portali, il nuovo art. 50-quinquies del TUF, introdotto dal decreto Crescita- bis, la consente solo o a imprese di investimento e banche autorizzate ai relativi servizi di investimento; o a soggetti, presumibilmente espressione della cultura crowdfunding, che devono però: a) iscriversi in un apposito registro tenuto dalla Consob, nel quale in una sezione speciale sono annotati anche i gestori "di diritto" che ne facciano richiesta; b) trasmettere gli ordini di sottoscrizione (e vendita) esclusivamente, di nuovo, a sim e banche. Quest'ultima condizione rompe l'unitarietà dell'operazione, revocando in dubbio la possibilità di ricondurre l'attività dei gestori “non professionali” tra i servizi e le attività di investimento definiti dall'art. 1, comma 5, TUF. Dubbi superati dal legislatore – credo correttamente, alla luce dell’art. 1, comma 5, lett. e (ricezione e trasmissione di ordini) – che ha però al tempo stesso escluso l’applicazione delle norme del TUF su servizi e attività d'investimento per i soggetti iscritti nel registro avvalendosi della facoltà d'esenzione lasciata agli stati membri dall'art. 3 della direttiva Mifid 2004/39/CE.
  • 12. 12Aspetti giuridici del crowdfunding Si è creata in questo modo una netta spaccatura tra i gestori: • le banche e le sim, già abilitate a prestare servizi d'investimento, possono di diritto gestire un portale previa annotazione nella sezione speciale del registro. A essi si applicano interamente e senza eccezioni le norme del TUF di derivazione Mifid sui servizi d'investimento, fermo il principio di proporzionalità, poiché gestiscono l'intero processo di raccolta on line dei capitali che configura, secondo la Consob, quanto meno la prestazione di servizi d'investimento di tipo esecutivo; in più devono tener conto degli obblighi informativi previsti per gli altri gestori dal regolamento crowdfunding; • agli altri gestori non si applicano invece le regole del TUF sui servizi d'investimento, ma specifiche regole di condotta contenute nel regolamento Consob, fermo restando che non possono perfezionare gli ordini da soli e dunque gestire integralmente la raccolta. Con riguardo all'attività di perfezionamento degli ordini che le banche e le sim ricevono dai gestori “non professionali”, il regolamento Consob ha in via di principio confermato l'applicazione a essa delle disposizioni del TUF sui servizi di investimento, ma l'ha esclusa quando gli ordini siano inferiori a determinate soglie da essa individuate, piuttosto basse (qui distinguendosi all’inverso dalla legge USA). Questa ulteriore distinzione lascia perplessi, poiché l'attività di perfezionamento o non integra mai un servizio d'investimento (e per il regolamento, ancora una volta credo correttamente, non è così) o l'esclusione sotto soglia comporta un'ulteriore ipotesi di esenzione dalla Mifid, non prevista dalla direttiva. È assai dubbio che il legislatore nazionale possa prevedere una nuova esenzione e per di più possa farlo attraverso una fonte
  • 13. 13Aspetti giuridici del crowdfunding normativa secondaria. Ma se anche tutto ciò fosse considerato possibile, resterebbe comunque il fatto che sotto questo aspetto il regolamento – nonostante qualche intelligente sforzo di mascheramento giuridico basato sulla diversa modulazione dei rapporti negoziali tra investitore, portale, intermediario – disattende il nuovo art. 50-quinquies, comma 2, TUF, in violazione, allora, dello stesso principio di gerarchia delle fonti. 4. In definitiva, a me pare che la regolamentazione primaria e secondaria abbia fatto prevalere la logica del mercato finanziario e della sua regolamentazione, ma che sia evidente lo sforzo di tenere presente i caratteri del web 2.0. La nuova regolamentazione ha inoltre cercato di non impedire le operazioni di raccolta più grandi, ma di escludere dal nuovo regime normativo solo quelle particolarmente rilevanti rispetto all'uso concreto del crowdfunding (alle quali continuano ad applicarsi le regole ordinarie), al tempo stesso delineando anche all'interno della disciplina un ulteriore doppio binario con meno oneri per gli ordini singolarmente più piccoli. Segnalo peraltro che l'emittente che si rivolge a un portale iscritto nella sezione ordinaria del registro potrebbe limitare l'entità degli ordini effettuabili ricalcando le soglie del regolamento, escludendo così ex ante in via generale l’applicazione della Mifid. Si è però realizzata una miscela normativa di oneri e obblighi sia ordinari, sia specificamente semplificati rispetto a quelli ordinari, sia "nuovi", nel senso che non ve sono di ordinari, nel complesso forse più complicata che capace d'assicurare effettiva tutela all'investitore non professionale. Un limite che poteva risultare meno evidente se si fosse puntato sull’auto regolamentazione dei vari soggetti coinvolti,
  • 14. 14Aspetti giuridici del crowdfunding specie delle start up innovative e dei gestori dei portali diversi da banche e sim, e sul rispetto del principio comply or explain già applicato dal TUF alle società quotate con riguardo all’adesione a un codice di comportamento in materia di governo societario (art. 123-bis, comma 2, lett. a). In questo modo sarebbe stato anche possibile muoversi con più coraggio verso la cultura del web e del crowdfunding, rispetto alla quale lascia in particolare perplessi la necessità di coinvolgere in ogni caso nell'operazione intermediari abilitati e investitori professionali, specie nel caso di questi ultimi senza vantaggi sicuri per gli investitori non professionali. 5. Certo criticare è facile, scrivere le norme molto più difficile, soprattutto in un campo di particolare complessità, segnato da esigenze tra loro opposte, qual è quello in esame. Mi sembra dunque che la regolamentazione sia oggi da valutare, pur con i suoi limiti, in termini nel complesso positivi, ma che sarà presto necessario perfezionarla sulla base dell'esperienza e renderla fruibile da tutte le PMI che vogliano realizzare nuovi progetti imprenditoriali. Quel che è certo è che sarebbe un peccato, non solo per le imprese, se l'equity crowdfunding si rivelasse semplicemente un ennesimo tentativo fallito di sostenere lo sviluppo imprenditoriale. •
  • 15. 15Aspetti giuridici del crowdfunding Fonte: Nostra elaborazione su dati infocamere, 2013 - 2014. Forma giuridica Numero start up S.r.l. 1.040 S.r.l. Semplificata 55 S.r.l. Con socio unico 75 S.r.l. A capitale ridotto 12 Società cooperativa 21 S.p.a. 24 Totale al 18 ottobre 2013 1.227 Totale al 6 gennaio 2014 1.508 Tabella 1 Diffusione delle start up innovative dal 18/11/13 e a oggi Tabella 2 Numero Soci S.r.l. e S.p.a. Forma giuridica Numerosità dei soci 1<X≤3 4≤X≤5 4≤X≤5 X≥10 TOTALE Società per azioni 16.469 6.934 5.027 5.605 34.035 Quota % sul totale 48,39% 20,37% 14,77% 16,47% 83% sul totale delle non cessate Società a respon- sabilità limitata 858.454 147.766 45.521 15.315 1.067.056 Quota % sul totale 80,45% 13,85% 4,27% 1,44% 92,12% sul totale delle non cessate Fonte: Infocamere, 2013
  • 16. 16Aspetti giuridici del crowdfunding Fonte: Infocamere, 2014 Regione Valore Friuli Venezia Giulia 2 Lazio 2 Lombardia 4 Marche 1 Piemonte 2 Sardegna 1 Sicilia 1 Trentino Alto Adige 1 Veneto 2 Totale al 6 gennaio 2014 16 Tabella 3 Riepilogo sulle società iscritte alle sezione degli incubatori certificati Riferimenti • Ministero dello Sviluppo Economico, Rapporto Restart Italia della task force sulle start up, 11 settembre 2012, http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/ rapporto-startup-2012.pdf. • Consob, delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 recante il regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali on-line ai sensi dell'articolo 50-quinquies e dell'articolo 100- ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni.
  • 17. 17Aspetti giuridici del crowdfunding • Consob, Comunicazione n. 0066128 dell'1° agosto 2013 riguardante lo svolgimento da parte di banche e imprese di investimento dell'attività di gestione di portali on line per la raccolta di capitali per le start up innovative. • Consob, Guida “Equity crowdfunding… Cosa devi assolutamente sapere prima di investire in una 'start-up innovativa' tramite portali on-line”, http://www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori/investor/ crowdfunding/index.html. • Commissione Europea, Consultazione pubblica sul crowdfunding,   http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2013/ crowdfunding/index_en.htm. • Assonime, Circolare 30 ottobre 2012, n. 29 e circolare 6 maggio 2013, n. 11. • Infocamere, Start-up innovative, http://startup.registroimprese.it/.
  • 18. 18Aspetti giuridici del crowdfunding Equity Crowdfunding e diritto dell’intermediazione finanziaria Roberta Mangione LUISS Guido Carli 1. L’idea di fondo sulla quale si è sviluppato il fenomeno dell’equity crowdfunding è quella di creare una forma alternativa di finanziamento per le aziende proveniente “dal basso” – ossia da una folla di potenziali investitori che investono esigue somme di denaro nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese – attraverso l’utilizzo di piattaforme web che mettono in diretto contatto i finanziatori con i soggetti finanziati. Il nostro legislatore ha mostrato una particolare attenzione all’evoluzione del suddetto fenomeno al punto da regolamentarlo con l’introduzione nel TUF di una disciplina relativa all’attività di gestione di portali per la raccolta di capitali per le start-up innovative e all’offerta al pubblico effettuata tramite i suddetti portali. Com’è noto, l’attività di gestione dei portali online è riservata a due categorie di soggetti: i) le imprese di investimento e le banche autorizzate ai relativi servizi di investimento (c.d. gestori di diritto), ii) i soggetti iscritti in un apposito registro tenuto dalla Consob, a condizione che questi ultimi trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione degli strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente
  • 19. 19Aspetti giuridici del crowdfunding alle banche e alle imprese di investimento e che non detengano somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza di terzi. È evidente che la scelta operata dal legislatore è nel senso di escludere che i gestori diversi da quelli di diritto possano svolgere l’attività di raccolta e sottoscrizione in maniera del tutto autonoma, essendo necessario nella fase di perfezionamento degli ordini il coinvolgimento degli intermediari abilitati (banche e imprese di investimento) il cui ruolo è differente a seconda che l’investitore intenda impiegare una somma superiore o inferiore alle soglie individuate dal regolamento sul crowdfunding01 . La distinzione tra le due categorie di gestori assume rilievo con riguardo alla disciplina applicabile allo svolgimento dell’attività di gestione del portale. L’art. 50-quinques del TUF, infatti, dispone che i gestori iscritti nel registro della Consob sono esentati dall’applicazione della relativa disciplina (artt. da 21 a 25-bis del TUF) e da quella della promozione e collocamento a distanza dei servizi e attività di investimento e strumenti finanziari (art. 32 TUF) avendo invece l’obbligo di applicare nei confronti degli investitori le specifiche regole di condotta stabilite dal regolamento sul crowdfunding. Al contrario, i gestori di diritto applicano le disposizioni dettate dal TUF in materia prestazione di servizi e attività di investimento e la relativa disciplina di attuazione, che peraltro non contengono alcuna disposizione specifica in materia di raccolta di strumenti finanziari emessi da start-up innovative tramite portali online. La presa d’atto delle peculiarità che caratterizzano le operazioni di equity crowdfunding ha spinto l’Autorità di vigilanza a imporre anche ai gestori di diritto l’applicazione delle regole di condotta di cui agli artt. 14, 15 e 16 del regolamento 02 sul crowdfunding ampliando, in tal modo, lo “scalino normativo” tra i gestori di diritto e gli altri gestori derivante dalla normativa primaria. Uno scalino ancora 01. L’art. 17, comma 4, del regolamento sul crowdfunding ha stabilito che qualora gli ordini impartiti dagli investitori siano inferiori a euro 500 per le singole offerte o euro 1.000 per gli ordini complessivi annuali effettuati da persone fisiche e a euro 5.000 per le singole offerte o euro 10.000 per dini complessivi annuali effettuati da persone giuridiche, le banche e gli intermediari che ricevono gli ordini di sottoscrizione dal gestore del portale non applicano le disposizioni previste dalla parte II del TUF e relativa disciplina di attuazione. 02. V. Comunicazione Consob n. 0066128 del 1° agosto 2013.
  • 20. 20Aspetti giuridici del crowdfunding più ampio sussiste del resto nell’ipotesi di investimenti inferiori alla soglia stabilita nell’art. 17 del regolamento sul crowdfunding, in quanto per i gestori di diritto non è previsto un regime di esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi e le attività di investimento simile a quello previsto gli intermediari abilitati che perfezionano gli ordini “sotto soglia”. È auspicabile un intervento di uniformazione delle discipline volto quantomeno a ridurre le profonde differenze di disciplina normativa a oggi esistenti. Peraltro, la nuova regolamentazione – che si applica esclusivamente alle offerte al pubblico condotte attraverso portali online aventi a oggetto strumenti finanziari emessi da start-up innovative di importo complessivo non superiore a 5 milioni di euro – prevede per il perfezionamento dell’offerta la sottoscrizione di almeno il 5% degli strumenti finanziari da parte di investitori professionali, fondazioni bancarie o incubatori di start-up innovative. Nella bozza di regolamento predisposta dalla Consob per la consultazione l’obbligo di sottoscrizione era una condizione per l’ammissione dell’offerta sul portale e non per il suo perfezionamento. Lo scopo era quello di tutelare la folla di investitori al dettaglio attraverso l’intervento di operatori esperti che, prima di procedere alla sottoscrizione del capitale, avrebbero valutato la profittabilità del progetto innovativo realizzando in tal modo una forma di garanzia per i piccoli investitori. L’attuale formulazione della norma a seguito della consultazione, che prevede l’intervento degli investitori professionali solo come condizione per il perfezionamento dell’offerta, capovolge questo meccanismo: saranno eventualmente gli investitori professionali a poter beneficiare della “percezione” della pluralità degli investitori inesperti rispetto a quel determinato investimento. Ma se è così, occorrerebbe domandarsi quale sia in concreto l’utilità
  • 21. 21Aspetti giuridici del crowdfunding dell’obbligo ai fini della tutela degli investitori. Inoltre, com’è stato notato, considerato che l’ammontare medio della raccolta di capitale online varia da 100 mila euro a 1 milione di euro, un investimento del 5%, che andrebbe da 5.000 a 50.000 euro, esulerebbe dallo stesso profilo operativo degli investitori professionali [Piattelli, 2013]. 2. Lo schema disegnato dal legislatore per la raccolta di capitali effettuata tramite portali online gestiti da soggetti iscritti nel registro della Consob prevede un “dialogo” a più voci tra le start-up innovative (emittenti), il gestore del portale online iscritto nel registro Consob, le banche e le imprese di investimento, gli investitori; dialogo nel quale però non tutti devono necessariamente interloquire tra loro. Le start-up innovative. Le start-up innovative sono società di capitali o cooperative di nuova costituzione che non sono quotate su un mercato di capitali o su un sistema multilaterale di negoziazione e che operano in settori innovativi e tecnologici, anche a vocazione sociale, individuate sulla base di particolari requisiti stabiliti dalla legge e iscritte in una sezione speciale del registro delle imprese. L’emittente che intende effettuare un’offerta tramite il portale online deve fornire al gestore tutte le informazioni riguardanti l’offerta (secondo lo schema previsto dall’allegato 3 del regolamento sul crowdfunding) affinché quest’ultimo possa renderle disponibili agli investitori sulla piattaforma web. In realtà, il regolamento non disciplina (né impone) l’instaurazione di un accordo tra questi due soggetti, ma è
  • 22. 22Aspetti giuridici del crowdfunding difficile immaginare la prestazione di un servizio da parte del portale in mancanza di un accordo negoziale con l’emittente. Il regolamento sul crowdfunding, peraltro, dispone che l’emittente è l’unico soggetto responsabile della completezza e veridicità dei dati e delle informazioni fornite al portale e che le informazioni concernenti l’offerta non sono sottoposte ad approvazione da parte dell’Autorità di vigilanza. Peraltro, la società emittente deve aprire, presso la banca o la sim incaricata di eseguire il perfezionamento degli ordini, un conto indisponibile sul quale il gestore provvederà a far confluire la provvista necessaria al perfezionamento degli ordini di adesione all’offerta. Il gestore iscritto nel registro della Consob. Il gestore del portale iscritto nel registro della Consob procede alla pubblicazione dell’offerta sul portale che, ai sensi dell’art. 1, comma 5 del TUF, è una piattaforma web che ha come finalità esclusiva la raccolta di capitali di rischio da parte delle start- up innovative. La normativa secondaria impone ai gestori di rendere disponibili agli investitori le informazioni che riguardano la gestione del portale, in generale l’investimento in start-up innovative e la singola offerta. I gestori sono obbligati a comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza. Inoltre, devono comunicare agli investitori le informazioni relative alle offerte fornite dall’emittente in maniera chiara, corretta e non fuorviante affinché questi ultimi siano in grado di effettuare consapevoli scelte di investimento astenendosi, peraltro, dal formulare raccomandazioni riguardanti gli strumenti finanziari offerti online. Quest’ultima disposizione, in realtà, mal si concilia con la su richiamata regola della responsabilità esclusiva dell’emittente per le informazioni sull’offerta fornite al gestore. Infatti,
  • 23. 23Aspetti giuridici del crowdfunding l’obbligo di fornire informazioni chiare, precise e non fuorvianti non avrebbe ragion d’essere se il gestore dovesse limitarsi a trasferire pedissequamente le informazioni fornite dall’emittente sulla piattaforma senza effettuare alcuna verifica delle stesse. Se così fosse, potrebbero esserci notevoli conseguenze per il gestore nel caso in cui si verificasse una perdita dell’investimento dipendente dalla diffusione di informazioni incomplete, non corrette o fuorvianti. Una volta pubblicata l’offerta sul portale, il gestore riceve gli ordini di adesione dagli investitori e li trasmette a un intermediario abilitato da esso prescelto, che si occupa di curarne il perfezionamento. Appare corretto ritenere che l’attività svolta dai gestori dei portali iscritti nel registro tenuto dalla Consob sia qualificabile come “ricezione e trasmissione di ordini” e, pertanto, rientri nel novero dei servizi e delle attività di investimento disciplinati dal TUF. Com’è noto, il TUF pone una riserva di attività per l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei suddetti servizi esclusivamente in capo ai soggetti autorizzati dalla Consob e dalla Banca d’Italia 03 . In merito a quest’ultimo profilo si osservi come, nel caso del crowdfunding, il gestore del portale iscritto nel registro tenuto dalla Consob, pur non essendo un intermediario autorizzato, svolge l’attività di raccolta e trasmissione di ordini. In realtà, il fondamento giuridico dell’attività condotta dai portali deve ricercarsi nel meccanismo di esenzione facoltativa stabilito dall’art. 3 della MIFID 04 . Si tratta, a ben vedere, di una disposizione che rimette agli Stati membri la possibilità di escludere l’applicazione della disciplina MIFID sui servizi di investimento per i soggetti che svolgono esclusivamente l’attività di ricezione e trasmissione di ordini, non detengono fondi o titoli appartenenti ai clienti e che, 03. Oltre alle banche e alle sim anche le società di gestione del risparmio (SGR), le società di gestione armonizzata (SGA), le società finanziarie di cui all’art. 106 TUB, gli agenti di cambio, i consulenti finanziari, le società fiduciarie iscritte in una sezione speciale dell’albo delle SIM e le società di gestione dei mercati regolamentati, possono prestare attività e servizi di investimento seppur con alcune restrizioni. 04. La Consob, nelle valutazioni all’articolato del Regolamento afferma che “l’attività resa dal gestore è riconducibile alla ricezione e trasmissione di ordini in esenzione facoltativa rispetto all’applicazione della direttiva MIFID”.
  • 24. 24Aspetti giuridici del crowdfunding nell’ambito della prestazione di tali servizi, sono autorizzati a trasmettere gli ordini soltanto agli intermediari abilitati a condizione che le attività di tali soggetti siano regolamentate a livello nazionale. Le banche e le imprese di investimento. L’art. 17 del regolamento dispone che le banche e le imprese di investimento che ricevono gli ordini dal gestore del portale – probabilmente sulla base di un preventivo accordo con quest’ultimo – ne curano il perfezionamento raccogliendo le somme corrispondenti all’ammontare del valore degli strumenti finanziari in un conto indisponibile a favore dell’emittente. Relativamente alla fase di esecuzione degli ordini, la stessa norma introduce poi un regime differenziato a seconda dell’ammontare degli ordini di adesione all’offerta. Per gli investimenti al di sopra della soglia indicata nel regolamento la Consob, avendo ravvisato una particolare esigenza di tutela dei clienti (need of protection) ha optato per l’applicazione da parte degli intermediari abilitati del quadro di disposizioni del TUF che regolano la prestazione dei servizi e delle attività di investimento. A tal proposito, si osservi che per individuare le regole che i soggetti abilitati sono tenuti a rispettare per il perfezionamento degli ordini, occorrerebbe specificare la tipologia di servizio di investimento che viene prestato. Com’è noto, la disciplina sui servizi e le attività di investimento prevede una serie di obblighi informativi e di comportamento in capo all’intermediario nonché la necessaria contrattualizzazione del rapporto intercorrente con il cliente. Il “recupero” delle regole MIFID nell’ultimo segmento di operatività dell’equity crowdfunding, dunque, comporta una modifica del ruolo dell’intermediario che, lungi dall’essere un mero esecutore degli ordini, assume una funzione attiva
  • 25. 25Aspetti giuridici del crowdfunding nel processo di formazione della volontà degli investitori rispetto alle scelte di investimento. Peraltro, la necessità di instaurare un rapporto diretto con il cliente se da un lato è in linea con le logiche di tutela dell’investitore che si trova in una posizione di “intrinseca debolezza”, dall’altro finisce per allungare la “filiera” dei rapporti relativi alle operazioni di equity crowdfunding – dovendo i clienti intrattenere un rapporto sia con l’intermediario abilitato sia con il gestore – con significative conseguenze in termini di complicazione dei procedimenti. Diversa è invece l’ipotesi in cui il portale trasmette un ordine inferiore alle soglie determinate dal regolamento in quanto l’intermediario lo esegue direttamente, verosimilmente non instaurando con l’investitore alcun rapporto negoziale. A tal proposito, la stessa Autorità di vigilanza ha affermato che in caso di investimenti inferiori alle soglie previste dal regolamento “le banche e le imprese di investimento si limitano a curare la fase esecutiva e di regolamento degli ordini trasmessi dal gestore del portale, il quale resta l’unico interlocutore dell’intermediario che riceve gli ordini”. Del resto, la funzione propria del servizio di ricezione e trasmissione di ordini è quella di “evitare” che i clienti entrino in contatto con il soggetto al quale vengono trasmessi gli ordini avendo già instaurato un rapporto con il raccoglitore di ordini 05 . Inoltre, il prospettato meccanismo di operatività dell’equity crwodfunding risponde a una logica di semplificazione e snellezza delle procedure che favorisce la diffusione dello strumento a tutto vantaggio delle imprese start-up innovative. Diversamente da quanto potrebbe affermarsi per l’ipotesi “sopra soglia”, sembra corretto ritenere che l’attività di perfezionamento degli ordini “sotto soglia” esercitata nell’“ultimo miglio” di operatività del meccanismo dell’equity crowdfunding dalle banche e dalle imprese di investimento non sia qualificabile come servizio di investimento ai sensi del 05. Secondo la Consob “l’intermediario che presta il servizio di ricezione e trasmissione di ordini tiene in via diretta i rapporti con gli investitori e sceglie un proprio l’intermediario negoziatore a cui trasmettere gli ordini ricevuti dai propri clienti. Questi ultimi non entrano in rapporto con l'intermediario negoziatore”, v. Comunicazione Consob del 19 ottobre 1999, n. DI/99076449. Tale orientamento è stato in seguito ribadito dalla stessa Autorità nella Comunicazione del 27 giugno del 2002, n. DIN/2045433.
  • 26. 26Aspetti giuridici del crowdfunding TUF. A ben vedere, infatti, la disciplina di derivazione MIFID sui servizi di investimento non prevede alcuna ipotesi di esenzione per gli investimenti che siano al di sotto di un determinato ammontare che possa in qualche modo giustificare la disapplicazione delle regole del TUF senza incidere sulla qualificazione giuridica (servizio di investimento) dell’attività svolta dalle banche e dalle sim. Un ulteriore indizio a conferma di un tale assunto deriva dalla circostanza che la Consob, con specifico riferimento alla raccolta di capitali tramite portali gestiti direttamente dalle banche e dalle sim, ha espressamente vietato l’applicazione delle suddette soglie di esenzione e ha, nel contempo, ribadito che “tenuto conto che l’attività di gestione di portali online implica la prestazione di servizi di investimento quantomeno di tipo <<esecutivo>>, le banche e le imprese di investimento sono chiamate ad osservare le pertinenti disposizioni dettate dal TUF e della relativa disciplina di attuazione06 ”. Probabilmente, l’impossibilità di estendere le soglie di esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento anche alle banche e alle sim che gestiscono direttamente i portali deriva dal fatto che i servizi da esse prestati abbiano natura giuridica di servizi di investimento e, pertanto, a essi si applica tout court la relativa normativa. Gli investitori. Si osservi infine che tutti gli investitori (diversi dagli investitori professionali), prima di aderire alle singole offerte sul portale sono obbligati a compilare un questionario comprovante la comprensione delle caratteristiche essenziali e dei rischi principali connessi all’investimento in start-up innovative e a dichiarare di poter sostenere economicamente l’eventuale perdita dell’investimento. Nella successiva fase del perfezionamento, però, soltanto gli investitori che abbiano effettuato investimenti per un 06. V. Comunicazione Consob n. 0066128 del 1° agosto 2013 e le “istruzioni per l’uso” dell’equity crowdfunding nella sezione “investor education” del sito www.consob.it.
  • 27. 27Aspetti giuridici del crowdfunding ammontare superiore alle soglie stabilite nel regolamento dovranno instaurare un rapporto diretto con l’intermediario vigilato che è, come già ribadito, soggetto all’applicazione della disciplina sui servizi e sulle attività di investimento. Pertanto, gli investitori sono sottoposti al procedimento di “profilatura” mediante il quale gli intermediari abilitati raccolgono informazioni relative all’esperienza in materia di investimenti dei singoli clienti ai fini del c.d. giudizio di adeguatezza o appropriatezza delle operazioni da questi ultimi disposte. •
  • 28. 28Aspetti giuridici del crowdfunding Equity crowdfunding e diritto societario Casimiro A. Nigro LUISS Guido Carli 1.Introduzione. Come è normale, nella fase attuale il crowdfunding è stato oggetto di analisi principalmente, ed in effetti quasi esclusivamente, nella prospettiva del diritto dei servizi di investimento. Ove allo stesso fenomeno ed alla relativa disciplina domestica si guardi dal punto di vista del diritto societario, emergono, d’altra parte, altre criticità che non possono essere trascurate o sottovalutate (soprattutto ove si consideri che, per quanto consta, la forma organizzativa prescelta dalla stragrande maggioranza delle start-up innovative iscritte nell’apposita sezione del registro delle imprese è la società a responsabilità limitata). Sono due i profili su cui ci si intende soffermare: la deroga al divieto di offerta al pubblico vigente per le quote di società a responsabilità limitata (art. 2468 c.c.), di cui non sembra possibile fare a meno di evidenziare la conclamata asistematicità; e la nozione di «strumenti finanziari» rilevante ai fini del Regolamento (art. 1, lett. h) del Regolamento), di cui si sottolineerà la parziarietà.
  • 29. 29Aspetti giuridici del crowdfunding 2. La deroga all’art. 2468 c.c. L’art. 26, comma 2, del noto Decreto Legge Sviluppo-bis (appresso, DL 179) prevede che «l’atto costitutivo delle start up innovative costituita in forma di società a responsabilità limitata può creare categorie di quote di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi 2 e 3, del codice civile». Il legislatore ha così inteso rendere più flessibile la disciplina della quota di società a responsabilità limitata, sia consentendo la modulazione del relativo contenuto, sia soprattutto – per quanto qui interessa – consentendo alla legge statutaria di prevedere che le quote possano formare oggetto di offerta al pubblico. Premesso che è certamente difficile spiegare la coesistenza di un divieto (generale) e di una deroga (speciale), perché «[o] il divieto ha un senso, e allora non si capisce perché la deroga a favore di imprese più rischiose. O non ha senso e allora si dovrebbe aprire a tutte le srl la possibilità di accedere direttamente al mercato dei capitali» (Enriques), le numerose problematiche che si accompagnano alla scelta di superare il divieto di cui all’art. 2468 c.c. non possono essere taciute né sottovalutare. Problematiche, queste, che per vero non sembrano dipendere dalla disposizione di cui all’art. 2468 c.c., e che sembrano essere, invece, funzione della complessiva disciplina del tipo e, quindi, ove non appositamente derogata mediante l’introduzione di una specifica regolamentazione di fonte privata, della disciplina applicabile alla start-up innovativa costituita in forma di società a responsabilità limitata. Basti infatti notare, in termini davvero essenziali (anzi, fugaci),
  • 30. 30Aspetti giuridici del crowdfunding come il regime domestico della società a responsabilità limitata (ma ciò vale, con alcune precisazioni che qui non è possibile svolgere, anche con riferimento ai corrispondenti tipi sociali di altre giurisdizioni) sia informato all’idea che tale tipo societario è destinato a servire le esigenze di un ristretto numero di soci, con tendenziale propensione alla cogestione ed altrettanto tendenziale attitudine al monitoraggio dell’operato altrui. È per questo motivo che la disciplina della start-up innovativa è ineluttabilmente destinata a rivelarsi inadeguata. In mancanza di una massiccia contrattualizzazione della disciplina dei rapporti sociali e dell’organizzazione societaria, in una crowdfunding-backed firm organizzata in forma di società a responsabilità limitata accadrebbe inevitabilmente che: • per un verso, gli investitori non godrebbero di quelle protezioni che invece il regime normativo inerente ad altri tipi societari appresta proprio al fine di neutralizzare i rischi correlati alla interazione tra una moltitudine di investitori e un gruppo di “gestori del patrimonio altrui”; e • per altro verso, attribuirebbe al singolo crowdfunder diritti sicuramente eccessivi, sproporzionati in astratto e potenzialmente suscettibili di essere in concreto pretestuosamente piegati a fini ostruzionistici, e perciò idonei ad incidere sulla gestibilità, ancor prima che sulla gestione, dell’impresa “comune”. Qualche esemplificazione, per quanto banale ed approssimativa, potrebbe giovare. Due esempi in particolare – ma potrebbero farsene numerosi – valgono a chiarire i termini del problema. Si considerino, infatti:
  • 31. 31Aspetti giuridici del crowdfunding a. la circostanza in cui il fondatore dell’impresa abbia appreso di una nuova opportunità di affari e decida di appropriarsene, dunque sfruttandola per il proprio personale tornaconto anche quando questa presenti “commercialmente” affinità notevoli con l’attività svolta dalla crowdfunding-backed firm; e, d’altra parte, b. lo scenario in cui il titolare di una quota infinitesimale della stessa crowdfunding-backed firm intenda “infastidire” il gestore dell’impresa avvalendosi – id est, abusando – delle prerogative attribuitegli dalla disciplina sui diritti individuali di informazione dei soci ovvero addirittura esperendo l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Ecco, il mero cenno a tali scenari induce il dubbio che la scelta del legislatore non sia stata ottimale, anche se a prima vista vincoli normativi di derivazione comunitaria (segnatamente, la disciplina sul capitale legale minimo) ne hanno sicuramente limitato la libertà di azione. Certo è che alle poche osservazioni che precedono non può non seguire il modesto ma – si ritiene – doveroso suggerimento ai consulenti legali di guardarsi bene dal consigliare ai propri clienti di consentire alla società a responsabilità limitata di “incontrare” il pubblico diffuso dei risparmiatori in mancanza di una profonda e radicale rimodulazione, per via contrattuale, del relativo regime di fonte codicistica. 3.Strumenti finanziari partecipativi emesse dalle società a responsabilità limitata. Altra questione che vale la pena di considerare è quella che
  • 32. 32Aspetti giuridici del crowdfunding emerge dalla definizione di «strumenti finanziari» rilevante ai fini dell’applicazione del Regolamento. A mente dell’art. 1, lett. h), del noto Regolamento si ha che «[…] si intendono per […] “strumenti finanziari” le azioni o quote rappresentative del capitale sociale previste dal [DL 179], emesse dalle start-up innovative oggetto delle offerte al pubblico condotte attraverso portali». Pur in mancanza di un vincolo legislativo esplicito od implicito, la Consob ha deciso di limitare l’attribuzione dello status di securities negoziabili sui portali di equity-based crowdfunding alle sole azioni e quote. È bene precisare che alcun limite espresso in tal senso è rinvenibile nell’articolato legislativo. L’unico luogo in cui, nel corpo dell’articolato legislativo, è fatto riferimento ad «azioni» e «quote» in termini letteralmente analoghi a quelli riscontrabili nella definizione regolamentare di «strumenti finanziari» è rappresentato dalla disposizione con cui il legislatore aveva identificato uno dei requisiti necessari affinché un’impresa possa godere dello status di «start-up innovativa» al fine di godere di un trattamento normativo privilegiato. Ma è dubbio che tale disposizione possa dirsi davvero rilevante nell’ottica che qui interessa. Le disposizioni recanti la disciplina relativa ai portali, come pure quelle relative alle offerte, non contengono d’altra parte alcun riferimento a specifiche tipologie di strumenti finanziari. Invero, nel corpo di tali disposizioni, i termini «quote» ed «azioni» mai sono impiegati dal legislatore. Il legislatore ha invece impiegato formule più generiche, che non precludono alcuna soluzione in punto di definizione del tipo di securities negoziabili on line, con il solo limite –
  • 33. 33Aspetti giuridici del crowdfunding peraltro in termini assoluti anch’esso discutibile – che si tratti di strumenti finanziari volti alla raccolta di capitale di rischio: riferimento è di volta in volta fatto, così, alla «raccolta di capitali di rischio tramite portali on line»; alla «facilitazione della raccolta del capitale di rischio da parte delle start- up innovative»; ovvero addirittura alla mera «raccolta di capitali». Difficilmente, d’altra parte, potrebbe ritenersi decisivo il riferimento a generiche esigenze di protezione dell’investitore, poiché la circostanza che l’investitore possa sottoscrivere «azioni e quote rappresentative del capitale sociale […] emesse dalle start-up innovative» non è a priori di per sé elemento capace di assicurare al sottoscrittore una tutela maggiore rispetto a quella di cui questi avrebbe beneficiato se oggetto dell’offerta fossero stati “altri” strumenti finanziari. E va da sé che, nel parlare di “altri” strumenti finanziari, si intende far riferimento agli strumenti finanziari di cui all’art. 26, comma 7, DL 179, secondo cui «l’atto costitutivo delle società di cui all’art. 25, comma 2 […] può altresì prevedere, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o di servizi, l’emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali od anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articolo 1479 e 2479-bis c.c.». La disciplina regolamentare sembrerebbe perciò porsi in sensibile contrasto (non con la lettera, ma più probabilmente) con lo spirito della disciplina di fonte primaria. Legittima infatti il dubbio che sia pervenuto a scelte contraddittorie la considerazione della circostanza che, proprio all’indomani del riconoscimento in favore delle imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata della possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi, l’Autorità deputata a definire le correlate regole di implementazione della normativa
  • 34. 34Aspetti giuridici del crowdfunding primaria abbia scelto di escludere tali securities dalla nozione di “strumenti finanziari” rilevante ai fini della applicazione del regolamento. 4.Gli strumenti finanziari partecipativi quali strumenti finanziari negoziabili on line? Come già era accaduto per la società per azioni, la scelta del legislatore di consentire alle società a responsabilità limitata sembra in ultima analisi finalizzata a (o potrebbe essere comunque utilmente sfruttata per) agevolare l’incontro tra “capitale” e “imprenditoria” attraverso securities la cui modulabilità contenutistica dovrebbe consentire di far fronte ad esigenze finanziarie diverse e variabili nel tempo e nello spazio. Ci si chiede, allora, quali potrebbero essere stati i vantaggi scaturenti dall’ipotetico accoglimento di una più lata nozione di strumento finanziario ai fini dell’applicazione del Regolamento. Dal momento che, proprio per effetto delle nuove disposizioni legislative, alla costituzione della start-up innovativa in forma di società a responsabilità limitata può pervenirsi senza il reperimento di alcuna provvista finanziaria (come noto, è oggi sufficiente 1 euro), dovrebbe apparire oltremodo chiaro come l’esigenza dell’imprenditore incorporante non sia quella di “cedere” lo status di socio a terzi estranei, con tutti i rischi di ingerenza (anche pretestuosa) nella governance dell’impresa che potrebbero derivarne; ma sia, piuttosto, quella di entrare in contatto con dei finanziatori in grado di apportare utili risorse finanziarie all’impresa. Gli strumenti finanziari partecipativi (diversamente dalle «quote») risulterebbero allora certamente più idonei a soddisfare le dette esigenze, anche perché – ed in tal modo
  • 35. 35Aspetti giuridici del crowdfunding il cerchio sembra chiudersi in termini tutto sommato logici – dei primi e non delle seconde il diritto positivo consente di modificare la legge di circolazione (sempre che si ritenga di applicare per analogia la pur lacunosa e perciò incerta disciplina degli strumenti finanziari partecipativi emettibili dalle società per azioni e quindi, nella specie, la disposizione di cui all’art. 2346, comma 6, c.c.). 5.L’opportunità di regolare il contenuto di azioni e quote negoziabili sui portali. Ove pure motivata in ragione di supposte esigenze o finalità di tutela dell’investitore, la scelta della Consob di qualificare come strumenti negoziabili on line esclusivamente talune tipologie di securities – si è detto: «azioni» e «quote» – non si risolve, di per sé, in una mitigazione dei rischi naturaliter correlati ad un investimento. Ciò vale, in particolare, sia con riferimento al momento dell’effettuazione dell’investimento, quando il problema riguarda il tipo di presidi necessari per consentire all’investitore di assumere una decisione informata; sia con riferimento al momento del concreto ed effettivo godimento dei diritti incorporati in tali securities, quando il problema deriva dalla configurazione dei relativi contenuti patrimoniali ed amministrativi. Tali rischi, dunque, non dipendono dal tipo di strumento finanziario, ma piuttosto dal relativo contenuto. Si intende cioè dire che, stante la possibilità di modulare il contenuto sia delle «azioni» e delle «quote», sia degli strumenti finanziari partecipativi, la tutela dell’investitore e quindi, successivamente, del socio, non dipendono dal nomen iuris impiegato per designare le securities negoziabili, ma piuttosto – in una prima fase – dalla capacità del sistema normativo
  • 36. 36Aspetti giuridici del crowdfunding (nel suo complesso) di mettere l’investitore nella condizione di investire consapevolmente; e – in una seconda fase – dalla configurazione (innanzitutto) dei diritti patrimoniali. Ben avrebbe perciò fatto il legislatore o, per esso, la Consob a prediligere una soluzione meno formalistica di quella in fine adottata, dirigendo gli sforzi di regolamentazione verso un approfondimento degli incentivi economici che l’ordine di soddisfazione dei financial claims associati alle diverse tipologie di strumenti finanziari, e non invece meri nominalismi, è meglio in grado di effettivamente (ma non perciò solo sempre e comunque perfettamente) assicurare. 6.Conclusioni. Ci si augura che, pur se nello spazio di poche pagine, possa dirsi riuscito il tentativo di delineare, per sommi capi, il quadro di regole di diritto societario (e, soprattutto inerenti al tipo società a responsabilità limitata, quale forma ad oggi “prevalentemente utilizzata per l’incorporazione di start-up innovative) la cui considerazione agevolmente pone in evidente rilievo la problematicità delle principali questioni scaturenti dalle scelte effettuate dal regolatore domestico. Questioni che – con l’occhio incuriosito e compiaciuto dello studioso che si appresta ad esaminarle più approfonditamente – appaiono per vero assai più numerose ed intriganti di quelle di cui qui, in ossequio a date esigenze organizzative di celerità e semplificazione del ragionamento svolto, si è scelto di accennare. Questioni che – ed è ciò che più conta all’indomani dell’entrata in vigore di una regolamentazione a lungo attesa perché, si diceva, avrebbe posto il nostro paese in una posizione di invidiabile primazia regolamentare – non sono però facilmente
  • 37. 37Aspetti giuridici del crowdfunding risolvibili senza una revisione, all’occorrenza anche radicale, di momenti topici della disciplina primaria e/o secondaria. •
  • 38. 38Aspetti giuridici del crowdfunding Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali): Limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso Claudio Di Falco Cleary Gottlieb Steen & Hamilton Introduzione La protezione dei soci di minoranza di una società di capitali, in particolar modo se quotata in un mercato regolamentato, è una delle principali finalità del diritto societario e del diritto del mercato mobiliare. Tale protezione può assumere forme e spiegarsi mediante tecniche normative diverse. Talvolta il legislatore attribuisce al singolo socio di minoranza (o, per prevenire abusi, a soci di minoranza che rappresentano una certa quota del capitale sociale) diritti esercitabili nei confronti della società. In altri casi, il legislatore impone degli obblighi agli azionisti di maggioranza volti a proteggere i soci di minoranza (ad esempio, tramite la disciplina dell’offerta pubblica d’acquisto obbligatoria). Il legislatore del c.d. Decreto Crescita 01 e la CONSOB, regolamentando l’offerta al pubblico di strumenti finanziari di start-up innovative 02 mediante portali, hanno perseguito tale finalità attraverso strumenti che possono adattarsi alle peculiari caratteristiche di tali società che, pur non essendo 01. Decreto legge 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni in legge 17.12.2012 n. 221. 02. Le società di cui all’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita. 03. Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come successivamente modificato. L’articolo citato è stato inserito nel TUF dal Decreto Crescita. 04. Regolamento CONSOB 26.06.2013 n. 18592.
  • 39. 39Aspetti giuridici del crowdfunding quotate, si sono rivolte al pubblico indistinto e possono pertanto avere un numero elevato di azionisti di minoranza. In particolare, la disciplina contenuta nell’articolo 100-ter, comma 2 del TUF 03 , come attuato dall’articolo 24 del Regolamento Crowdfunding 04 condiziona l’ammissibilità dell’offerta di azioni o quote di una start-up innovativa all’attribuzione, da parte dello statuto della start-up stessa, di un diritto di recesso o di co-vendita (tag-along) ad alcuni soci di minoranza in determinate circostanze. Nelle pagine che seguono si cercherà di ricostruire, nei limiti inevitabilmente succinti del presente contributo, la fisionomia di tali diritti: il diritto di recesso ed il diritto di co-vendita (o tag-along). Il lavoro è organizzato come segue. Il § 2 descrive l’ambito applicativo della disciplina in esame, le finalità di politica legislativa ivi sottese ed il presupposto dell’esercizio dei diritti in questione (i.e., che si verifichi un cambio di controllo della start-up). Il § 3 tratta brevemente della verifica del rispetto di tale disciplina. Il § 4 e il § 5 affrontano le criticità connesse alla previsione, rispettivamente, del diritto di co-vendita e del diritto di recesso, soffermandosi su alcune possibili soluzioni. Crowdfunders e cambio del controllo della start-up: policy e disciplina L’articolo 100-ter, comma 2 del TUF, introdotto dall’articolo 30 del Decreto Crescita 2.0 dispone: «La Consob determina la disciplina applicabile alle offerte [al pubblico condotte esclusivamente attraverso uno o più portali] al fine di […] tutelare gli investitori diversi dai clienti professionali nel caso in cui i soci di controllo della start-up innovativa cedano le proprie partecipazioni a terzi
  • 40. 40Aspetti giuridici del crowdfunding successivamente all’offerta». In attuazione di tale delega legislativa, l’articolo 24, comma 1, lettera a) del Regolamento Crowdfunding prevede che: «Ai fini dell’ammissione dell’offerta sul portale, il gestore verifica che lo statuto o l’atto costitutivo dell’emittente preveda: a) il diritto di recesso dalla società ovvero il diritto di co-vendita delle proprie partecipazioni nonché le relative modalità e condizioni di esercizio nel caso in cui i soci di controllo, successivamente all’offerta, trasferiscano il controllo a terzi, in favore degli investitori diversi dagli investitori professionali o dalle altre categorie di investitori indicate al comma 2 che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti finanziari offerti tramite portale. Tali diritti sono riconosciuti per il periodo in cui sussistono i requisiti previsti dall’articolo 25, commi 2 e 4, del decreto e comunque per almeno tre anni dalla conclusione dell’offerta». Giova, innanzitutto, puntualizzare l’ambito di applicazione soggettivo delle richiamate disposizioni onde chiarire i soggetti protetti da tali norme. Si tratta dei soci di una start-up innovativa: (i) di minoranza; e (ii) che non siano clienti professionali o, per via del richiamo al comma 2 dell’articolo 24 del Regolamento Crowdfunding, fondazioni bancarie o incubatori di start-up. Nel senso che i beneficiari delle protezioni di legge siano soci di minoranza milita, conclusivamente, la circostanza che l’esercizio dei diritti in questione presuppone l’esistenza di un socio di controllo. Quanto ai clienti professionali, si tratta di: (a) quelli indicati nell’Allegato 3, punto I del Regolamento Intermediari: banche, SIM, assicurazioni ed altri investitori c.d. istituzionali; e (b) i clienti professionali pubblici di diritto, di cui all’articolo 2 del
  • 41. 41Aspetti giuridici del crowdfunding decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11 novembre 2011 n. 236: i.e., Governo e Banca d’Italia. Presupposto per l’esercizio del diritto statutario di recesso o di co-vendita è il trasferimento della partecipazione di controllo della start-up (c.d. cambio di controllo). La disposizione sembra perseguire una duplice finalità. In primo luogo, ed anzitutto, essa mira a far sì che il c.d. premio di controllo pagato dall’acquirente al socio di controllo della start-up possa essere in qualche modo “condiviso” anche dai soci di minoranza: finalità la cui realizzazione, come si noterà, consegue pressoché automaticamente dall’esercizio del diritto di tag-along e, invece, piuttosto difficilmente dall’esercizio del diritto di recesso. In secondo luogo, la previsione di diritti di exit dalla compagine societaria è altresì volta a rimediare alla prevedibile carenza di un mercato liquido in cui il socio possa rivendere la propria partecipazione a seguito del cambio di controllo. La previsione del recesso o del diritto di co-vendita in statuto si atteggia, per la start-up, come un’alternativa: l’offerta sul portale sarà cioè ammissibile se almeno una di tali clausole sia contenuta nello statuto. Nulla sembra ostare, tuttavia, alla previsione statutaria congiunta ed alternativa del recesso o del tag-along: in tal caso, sarebbero i soci di minoranza a decidere se vendere la propria partecipazione al terzo o chiederne la liquidazione. Verifica del gestore Il primo profilo di interesse della norma riguarda la modalità attraverso la quale si prevede la tutela dei crowdfunders. Al fine di obbligare il socio di controllo della start-up a fornire uno strumento di tutela ai soci di minoranza, si è onerato il gestore del portale di un controllo sullo statuto della società. Il gestore, infatti, dovrà accertare che lo statuto della start-up abbia previsto, al verificarsi di un determinato evento, il diritto
  • 42. 42Aspetti giuridici del crowdfunding di recesso o di co-vendita. La tortuosa fisionomia della norma riflette il difficile equilibrio perseguito, in questa materia, dal legislatore tra, da un lato, la volontà di incentivare il capital-raising delle start-up - che non vengono assoggettate alla vigilanza della Consob (ed infatti, i destinatari del Regolamento Crowdfunding sono i gestori dei portali, e non gli emittenti) – e, dall’altro, le istanze di protezione degli azionisti di minoranza. La verifica che il gestore dovrà effettuare al fine di ammettere l’offerta sul portale appare di natura meramente formale: il gestore potrà quindi limitarsi a verificare che un diritto di co-vendita o di recesso esista in statuto e che ne sia regolato l’esercizio, senza essere tenuto a valutazioni di merito sul contenuto di tale diritto, sui profili operativi e procedurali inerenti il suo esercizio e sulla idoneità dello stesso a garantire le esigenze di tutela dei soci di minoranza. Infatti, nessun vincolo è imposto all’emittente nella definizione delle modalità e condizioni dell’esercizio del diritto di co-vendita o recesso previsto in statuto. Pertanto, è possibile che la ratio di tutela della norma venga vanificata nel caso dello statuto di una start-up che, pur rispettando formalmente il requisito per l’ammissione dell’offerta sul portale, prevede modalità e condizioni di esercizio del diritto di co-vendita o di recesso che rendano difficile o improbabile l’esercizio del diritto. In tal senso, sarebbe auspicabile che – ove si diffondesse un mercato significativo di offerte su portali di crowdfunding – gli operatori sviluppassero una prassi di mercato tesa a rendere effettivi gli strumenti di tutela previsti dalla disciplina. Il diritto di co-vendita Lo statuto della start-up può anzitutto prevedere, quale “rimedio” per il cambio di controllo della società, un diritto di co-vendita in favore dei soci di minoranza diversi dai clienti professionali, dalle fondazioni bancarie o dagli incubatori
  • 43. 43Aspetti giuridici del crowdfunding di start-up. Si tratta, semplificando, del diritto potestativo di tali soci di vendere la propria partecipazione al terzo che abbia formulato un’offerta di acquisto avente ad oggetto la partecipazione del socio di controllo; la vendita dai soci di minoranza al terzo avverrà sulla base dei termini e delle condizioni che il terzo si è impegnato ad applicare al socio di controllo stesso, così consentendo ai soci di minoranza di beneficiare del c.d. premio di controllo. Parte della dottrina, icasticamente, parla di un diritto di “accodamento”, volendo con ciò intendere che i soci di minoranza si “accodano” al socio di controllo nella vendita delle partecipazioni. In dottrina e nella prassi non vi è unanimità di vedute sulla collocazione sistematica più opportuna per una clausola di tag-along: secondo alcuni, infatti, si tratterebbe di clausola da inserire non in uno statuto ma, più opportunamente, in un patto parasociale. Tuttavia, anche prescindendo dal merito di tali discussioni (a tacere d’altro, così facendo si priverebbe la clausola dell’efficacia erga omnes propria degli statuti sociali), appare comprensibile la scelta operata dalla CONSOB, che, in alternativa, non avrebbe potuto imporre ai soci della start- up di stipulare un patto parasociale contenente una clausola di tag-along, quanto meno alla luce delle rilevanti difficoltà applicative di una tale soluzione che avrebbero frustrato la ratio del Decreto Crescita e le istanze di semplificazione nella raccolta del capitale ivi sottese. Come noto, il contenuto del diritto di co-vendita è solo “socialmente” tipico e, quindi, la sua modulazione è rimessa alla prassi ed alla negoziazione delle parti. L’effettività del diritto di co-vendita è indissolubilmente legata ai suoi profili operativi e procedurali. In concreto, affinché il socio di minoranza possa utilmente esercitare il proprio diritto di co- vendita, lo statuto dovrà puntualizzare: (i) l’obbligo per il socio di controllo di informare tempestivamente i soci di minoranza di aver ricevuto un’offerta, specificandone provenienza,
  • 44. 44Aspetti giuridici del crowdfunding termini e condizioni (i.e., prezzo, condizioni sospensive, ecc.); (ii) un congruo termine entro il quale i soci di minoranza potranno eventualmente accettare l’offerta. È evidente, ad esempio, che la previsione di modalità inadeguate di comunicazione delle condizioni dell’offerta o di un termine per l’esercizio del diritto troppo breve inciderebbero negativamente sull’effettività della tutela fornita dal diritto di co-vendita. In definitiva la mera previsione di un diritto di co-vendita e delle relative modalità di esercizio, disgiunta da una verifica della loro idoneità a garantire un effettivo esercizio del diritto, non appare sufficiente per garantire un’adeguata protezione dei soci di minoranza. Sarebbe allora auspicabile lo sviluppo di una prassi di mercato volta a individuare il contenuto minimo che una clausola di tag- along debba avere per garantire una tutela effettiva ai soci di minoranza di una start-up. Ad esempio, tale clausola “standard” potrebbe richiedere che la comunicazione ai soci di minoranza debba contenere almeno indicazione: (i) dell’identità del terzo offerente, (ii) del prezzo di acquisto da questi offerto (che chiaramente deve essere il medesimo per il socio di controllo e i crowdfunders), (iii) delle modalità di pagamento del prezzo, (iv) dell’esistenza di eventuali garanzie, (v) della partecipazione a cui si riferisce l’offerta, (vi) della data prevista per il perfezionamento del trasferimento. Inoltre, tale clausola standard dovrebbe prevedere che venga assegnato un termine congruo (compreso, ad esempio, tra 10 e 20 giorni lavorativi) entro cui i soci di minoranza potranno esercitare il diritto. Infine, quanto alle modalità di comunicazione ai crowdfunders dell’offerta del terzo, le società emittenti potrebbero permettere ai soci di registrare un proprio indirizzo di posta elettronica sul sito delle società, al fine di ricevere tempestivamente la comunicazione dell’offerta del terzo.
  • 45. 45Aspetti giuridici del crowdfunding Tag-along a durata limitata L’articolo 24, comma 1, lettera a) del Regolamento Crowdfunding prevede che il diritto di tag-along (o, in alternativa, di recesso) sia riconosciuto per il periodo in cui la start-up conserva i requisiti normativi della fattispecie previsti dall’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita e, in ogni caso, per un periodo di almeno 3 anni dall’offerta. Si tratta di un periodo verosimilmente più breve di quello necessario ad una start-up per cominciare a generare utili. Ad esempio, nei business plan di operazioni di venture capital, in molti casi i primi utili sono attesi non prima del quarto o quinto anno successivo all’investimento. Assumendo che la società abbia promosso un’offerta nell’anno di sua costituzione (T0) e che l’investimento genererà utili non prima del quinto anno di vita (T+5), la “caducazione” dei diritti delle minoranze intorno a T+3 si tradurrebbe nella strutturale impossibilità, per le minoranze stesse, di condividere un possibile premio di controllo: è improbabile, infatti, che il controllo della start-up sia trasferito prima di T+3, quando cioè l’investimento non ha ancora iniziato a generare utili. Anche tale esito, che indubbiamente indebolisce l’effettività dei diritti riconosciuti ai crowdfunders di minoranza, potrebbe essere contrastato dall’emersione di best practice volte a pattuire statutariamente una durata maggiore del diritto di co-vendita: ad esempio, ancorandolo alla durata del business plan della società o al raggiungimento di un risultato in utile da parte della start-up (ad esempio, prevedendo che, anche oltre il terzo anno, il diritto permanga fino alla chiusura dell’esercizio successivo al primo esercizio concluso con un utile). Tag-along e successivi trasferimenti azionari Il tenore letterale dell’articolo 24, comma 1, lettera a) del
  • 46. 46Aspetti giuridici del crowdfunding Regolamento Crowdfunding induce a dubitare dell’applicabilità del diritto di tag-along anche a beneficio di chi ha acquistato da un crowdfunder, e, quindi, non in sede di offerta sul portale. Al riguardo, deve premettersi che il caso discusso appare abbastanza remoto: poiché, per definizione, le azioni o quote di una start-up non possono essere quotate né in un mercato regolamentato né in un sistema multilaterale di negoziazione (si veda l’articolo 25, comma 2 del Decreto Crescita), dovrebbe ipotizzarsene un trasferimento successivo all’offerta sul portale che avvenga tra privati e fuori mercato affinché il caso prospettato possa verificarsi. Evento possibile ma non probabile, anche perché si stima che circa l’85% delle start- up siano costituite in forma di s.r.l., il che rende ancora più articolato ed oneroso l’eventuale trasferimento della partecipazione. Il dubbio sull’applicabilità del diritto di tag-along anche a favore del socio di minoranza che non abbia acquistato la partecipazione nell’offerta sorge in ragione della lettera della norma ricordata: essa si applica, infatti, soltanto in favore di investitori che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti finanziari «offerti tramite portale». L’acquirente “secondario”, che abbia acquisito la partecipazione non tramite portale ma dall’investitore che a sua volta ha acquistato tramite portale, potrebbe dunque essere escluso dal beneficio del diritto di co- vendita. L’interpretazione proposta, sebbene conduca ad esiti non appaganti in punto di tutela degli investitori, appare tuttavia conforme alla lettera della norma. Anche in tal caso, appare auspicabile l’emersione di best practice volte a rimediare in via statutaria a questa lacuna: lo statuto della start-up potrebbe puntualizzare che il diritto di co-vendita spetta a tutti i soci di minoranza diversi dai clienti professionali, indipendentemente dalla modalità di acquisizione della partecipazione.
  • 47. 47Aspetti giuridici del crowdfunding Il diritto di recesso In alternativa al diritto di co-vendita, quale ulteriore “rimedio” per reagire al cambio di controllo, lo statuto della start-up può riconoscere ai soci di minoranza il diritto di recesso. Valgono per il diritto di recesso le considerazioni sopra svolte in merito alle modalità per garantire una tempestiva e completa informazione al socio di minoranza e un termine congruo per l’esercizio del diritto. Inoltre, anche in questo caso, si tratta di un diritto “a tempo determinato” che lo statuto è tenuto a riconoscere per un periodo non superiore a 3 anni (si v. “Diritto di co-vendita –Tag-along a durata limitata”, sopra, per la discussione di tale profilo ed una possibile soluzione che può essere adottata anche rispetto al diritto di recesso). Analogamente, valgono anche per il recesso i dubbi espressi in relazione all’applicabilità del diritto di tag-along a soci che non abbiano acquisito la partecipazione «tramite portale» (si v. “Diritto di co-vendita – Tag-along e successivi trasferimenti azionari”, sopra). Un profilo particolare relativo alla tutela fornita da un diritto statutario di recesso è relativo alla efficacia di tale strumento al fine di permettere che ai crowdfunders venga fornita la possibilità di “condividere” il premio di controllo riconosciuto al socio di maggioranza. La valorizzazione delle partecipazioni oggetto di recesso segue criteri analoghi, sebbene non identici, per le società a base azionaria e le società a responsabilità limitata. Da un lato, le azioni oggetto di recesso sono valutate in base alla «consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive di reddito, nonché dell’eventuale valore di mercato» (articolo 2427-ter, comma 3, codice civile in materia di s.p.a.). Dall’altro, le quote sono rimborsate sulla base del valore del patrimonio sociale, determinato «tenendo conto» del valore di mercato (articolo 2473, comma 2, codice civile in materia di s.r.l.).
  • 48. 48Aspetti giuridici del crowdfunding In entrambi i casi il criterio di valutazione è dato dalla consistenza patrimoniale della start-up che si determina, anche o prevalentemente, sulla base del valore di mercato della partecipazione. Un’analisi, anche di superficie, di tali requisiti induce a rilevare come si tratti di criteri particolarmente penalizzanti nel caso di start-up: dati i requisiti normativi di tale figura, è verosimile che il relativo patrimonio sociale sia modesto ed il valore delle partecipazioni sociali non particolarmente elevato. In ogni caso, anche ipotizzando che la valorizzazione segua criteri particolarmente favorevoli ai soci recedenti, si dubita che essa possa consentire loro di “condividere” in qualche modo il premio di controllo: i.e., è verosimile che il valore di recesso unitario sarà tendenzialmente (ed ampiamente) inferiore al prezzo unitario pagato dal terzo per il pacchetto di controllo. È auspicabile che, anche in questo caso, in analogia con quanto descritto sopra in relazione al diritto di tag-along, le prassi di mercato intervengano a “correggere” le possibili disfunzioni di un’applicazione solo formale dei requisiti del Regolamento Crowdfunding. Ad esempio, gli statuti di start-up potrebbero prevedere che la partecipazione del socio recedente in caso di cambio di controllo venga valutata alla luce del prezzo di vendita offerto per la partecipazione di controllo. Tecnicamente, la legittimità di una simile clausola statutaria farebbe leva sull’articolo 2427-ter, comma 4, codice civile in materia di società per azioni, ritenuto applicabile anche alle società a responsabilità limitata dalla dottrina maggioritaria (almeno, pacificamente, nel caso in cui l’autonomia privata adotti criteri di valutazione più favorevoli per il socio recedente): tale norma consente allo statuto di prevedere che la valorizzazione della partecipazione oggetto di recesso avvenga sulla base di «altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale». Il prezzo offerto dal terzo al socio di controllo ben potrebbe essere ricompreso tra tali «altri elementi». Seguendo tale approccio si eliminerebbe la disparità di
  • 49. 49Aspetti giuridici del crowdfunding trattamento tra soci di start-up che abbiano optato per l’inserimento del tag-along in statuto e soci di start-up che abbiano invece optato per la previsione del recesso. •
  • 50. 50Aspetti giuridici del crowdfunding Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento nell’ambito della disciplina in tema di equity crowdfunding Alessandro Portolano Chiomenti Studio Legale 1. Considerazioni preliminari Il fenomeno del crowdfunding è tipicamente inteso come un modello di raccolta di fondi alternativo rispetto agli strumenti di finanza convenzionale, caratterizzato dall’impiego di moderne tecnologie informatiche e retto da dinamiche collaborative, alle quali non è estranea una componente lato sensu di partecipazione della collettività a talune forme di impresa societaria. Sotto tale profilo, pertanto, il fenomeno reca in sé un potenziale effetto di “disintermediazione” dei canali tradizionali dell’intermediazione bancaria e finanziaria. La visione “tipica” del fenomeno evoca uno scenario di immediatezza e semplicità dell’investimento, nell’ambito del quale il potenziale investitore idealmente accede ad un portale online dal proprio computer, si informa sui progetti di sviluppo presentati da una molteplicità di operatori e seleziona, anche con una certa volontà di “condivisione” o “partecipazione” (e, dunque, non solo per finalità di mero investimento finanziario)
  • 51. 51Aspetti giuridici del crowdfunding l’impresa in cui intende investire. In questo scenario semplificato, dal momento dell’individuazione dell’opportunità di investimento si giunge quindi all’“acquisto” con un “click”, da parte dell’investitore, di una quota del capitale dell’impresa selezionata; tale acquisto è successivamente perfezionato – sempre in questa immagine un po’ oleografica del fenomeno – con il versamento dell’importo corrispondente in favore dell’impresa stessa, non molto diversamente da quello che accade in una normale transazione di e-commerce, dove al più, al momento del pagamento, l’acquirente è reindirizzato su un’apposita pagina web per l’istruzione dell’operazione di pagamento, in modo tale da concludere in pochi secondi l’intera operazione di investimento. Le considerazioni di seguito svolte intendono evidenziare che lo scenario sopra delineato rappresenta un’ipotesi eccessivamente semplificata – verrebbe da dire naif – rispetto a quanto previsto dalla normativa in materia di equity crowdfunding; o quantomeno che detto scenario, pur cogliendo indubbiamente alcuni aspetti del fenomeno in discorso, come risultanti dall’analisi della relativa disciplina di settore, non riesce a rappresentarne tutti i profili, anche applicativi. Dall’analisi della predetta disciplina si evince infatti che gli attori “tradizionali” dell’intermediazione finanziaria (in particolare, banche e imprese di investimento) continueranno verosimilmente a svolgere un ruolo molto significativo nell’ambito delle attività connesse al fenomeno in questione, potendosi realizzare soltanto in misura ridotta quell’effetto di “disintermediazione” tipicamente collegato alle attività di crowdfunding. Tale conseguenza, peraltro, è già esplicitata nelle previsioni di cui all’art. 50-quinquies del Testo Unico della Finanza (di seguito, il “TUF”) e al Regolamento CONSOB n. 18592 del 26 giugno 2013 (di seguito, il “Regolamento”), nella misura in cui
  • 52. 52Aspetti giuridici del crowdfunding dette disposizioni impongono comunque il coinvolgimento di un intermediario abilitato alla prestazione di servizi di investimento ai fini del perfezionamento e dell’esecuzione delle operazioni di investimento concluse tramite il portale, anche nell’ipotesi in cui il portale stesso sia gestito da soggetti (diversi dalle banche o dalle imprese di investimento) iscritti nell’apposito registro tenuto dalla CONSOB (di seguito, i “Gestori Autorizzati”). Fin qui, quindi, si tratta di poco più che ovvietà, se si legge la disciplina in argomento. E tuttavia, quel che si vuole rimarcare, in questa sede, è che in molti scenari astrattamente ipotizzabili gli intermediari “tradizionali” – vale a dire, banche e imprese di investimento abilitate alla prestazione di servizi di investimento – potrebbero svolgere un ruolo ben più rilevante di quello comportante la mera “esecuzione” delle operazioni concluse dall’investitore; ruolo che potrebbe spingersi fino al doversi astenere dal dare esecuzione a un’operazione pur autonomamente valutata dall’investitore nella sua interazione col portale, con ovvie conseguenze, rispetto a quell’immagine idealizzata e semplificata dell’investimento della specie. Le affermazioni sin qui svolte si basano essenzialmente su alcune considerazioni, di seguito riassunte, relative alla qualificazione delle attività prestate dalle banche e dalle imprese di investimento nell’ambito delle attività di equity crowdfunding e degli strumenti finanziari emessi da start-up innovative. a. Gestione di portali on-line e prestazione di servizi di investimento: cenni sul tema delle regole di condotta e delle valutazioni di adeguatezza e appropriatezza In primo luogo, deve osservarsi che l’attività di gestione di portali online per la raccolta di capitali di rischio da parte di
  • 53. 53Aspetti giuridici del crowdfunding start-up innovative (come noto regolata, a livello primario, dagli artt. 50-quinques e 100-ter del TUF e, a livello secondario, dalle previsioni del Regolamento) appare rientrare, almeno in astratto, nell’ambito di applicazione delle norme del TUF e relative misure attuative in materia di servizi di investimento. Tale qualificazione emerge con sufficiente chiarezza dalla disciplina positiva sopra richiamata. In particolare, l’art. 50-quinquies del TUF dispone che l’esercizio dell’attività di gestione dei portali è riservato alle banche e alle imprese di investimento “autorizzate alla prestazione dei relativi servizi di investimento”. Ancora, con la Comunicazione n. 0066128 del 1 agosto 2013 (di seguito, la “Comunicazione dell’1 agosto 2013”), la CONSOB ha chiarito, con riferimento all’attività svolta dalle banche e imprese di investimento che svolgono attività di gestione dei portali (di seguito, i “Gestori di Diritto”), che “l’attività di gestione di portali on line implica la prestazione di servizi di investimento quantomeno di tipo ‘esecutivo’”. Non meno chiaramente, la CONSOB ha altresì osservato, con riferimento ai gestori dei portali diversi dai Gestori di Diritto, che “l’attività del portale è riconducibile alla ricezione e trasmissione di ordini in esenzione facoltativa rispetto all’applicazione della Direttiva MiFID, come previsto dall’art. 3 della citata Direttiva” 01 . Con riferimento alla disciplina generale delle regole di condotta applicabili agli intermediari nell’ambito della prestazione dei servizi e delle attività di investimento, si ricorda brevemente, nel limitato spazio qui a disposizione, come il contenuto di siffatti obblighi di condotta si atteggi diversamente a seconda del servizio di volta in volta effettivamente prestato (oltre che, naturalmente, della tipologia di clienti a cui il servizio è offerto). In particolare, in caso di prestazione dei servizi di consulenza e gestione di portafogli, gli intermediari sono tenuti, come 01. L’art. 3 della MiFID prevede quanto segue: “1. Gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la presente direttiva alle persone rispetto alle quali essi sono lo Stato membro d'origine che: • non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti, e • non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d'investimento collettivo e l'attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e • nell'ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a: i. imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva, ii. enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2000/12/CE, iii. succursali di imprese ...
  • 54. 54Aspetti giuridici del crowdfunding noto, a “profilare” il cliente e ad effettuare il c.d. “test di adeguatezza” in relazione all’operazione da realizzarsi o suggerita all’investitore; in caso di prestazione dei servizi di investimento c.d. esecutivi (i.e. diversi dalla consulenza e dalla gestione di portafogli) gli intermediari, pur non essendo obbligati ad effettuare il predetto test di adeguatezza, sono comunque tenuti alla profilatura del cliente, nonché ad effettuare il diverso test di “appropriatezza”. Le due valutazioni – di “adeguatezza” e “appropriatezza” – sono profondamente differenti per contenuti e finalità. Nel primo caso, infatti l’intermediario è tenuto a raccogliere un set più completo di informazioni dal cliente (ad es., anche sulla situazione finanziaria dell’investitore e sui suoi obiettivi di investimento); nel secondo caso, invece, è sufficiente raccogliere un set significativamente più ridotto di informazioni (in particolare, sulla conoscenza ed esperienza dell’investitore in relazione al tipo di strumento finanziario oggetto dell’operazione). Ancor più significativamente, qualora sia richiesto all’intermediario dalla normativa di effettuare il predetto test di adeguatezza e quest’ultimo si concluda con esito negativo, è previsto che lo stesso intermediario non possa procedere con l’esecuzione dell’operazione valutata inadeguata in relazione al singolo cliente; di contro, qualora l’intermediario sia tenuto ad effettuare soltanto un test di appropriatezza e quest’ultimo abbia esito negativo, l’investitore può comunque eseguire l’operazione, previa necessaria informativa in relazione all’esito negativo della valutazione di appropriatezza condotta dall’intermediario. Dunque, dalla qualificazione dell’attività prestata da un intermediario in termini di consulenza seguono conseguenze molto rilevanti, di per sé idonee a mettere in crisi il paradigma di semplicità dell’investimento tramite portali online. di investimento o di enti creditizi che sono autorizzati in un paese terzo e che sono tenuti ad ottemperare e ottemperano a norme prudenziali considerate dalle autorità competenti almeno altrettanto rigorose quanto quelle stabilite nella presente direttiva, nella direttiva 2000/12/CE o nella direttiva 93/6/CEE, iv. organismi d'investimento collettivo autorizzati in virtù della legislazione di uno Stato membro a vendere quote al pubblico, nonché ai dirigenti di siffatti organismi, v. società di investimento a capitale fisso, quali definite all'articolo 15, paragrafo 4 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, i cui titoli sono quotati o negoziati in un mercato regolamentato in uno Stato membro, ... ...
  • 55. 55Aspetti giuridici del crowdfunding b. La natura “illiquida” degli investimenti in quote di start-up innovative Gli strumenti finanziari emessi da start-up innovative costituiscono, per espresso riferimento normativo nel Regolamento, investimenti di natura illiquida 02 . Come noto, la CONSOB ha dedicato particolare attenzione alle regole di condotta applicabili alla distribuzione di prodotti illiquidi, attraverso l’adozione, tra l’altro, della Comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009, vero convitato di pietra della disciplina dell’equity crowdfunding, nell’ambito della quale (come già nell’ambitodella procedura di pubblica consultazione tenutasi in vista della definizione delle disposizioni in questione) non è mai richiamata. La Comunicazione sui prodotti illiquidi non si propone di introdurre nuove norme o nuovi obblighi in capo agli intermediari, enucleando piuttosto, almeno nella prospettiva dell’Autorità, meri criteri applicativi delle regole generali e dei doveri posti in capo agli intermediari dalla normativa – regole generali che dunque, come tali, appaiono poter trovare applicazione anche al caso di specie. Ben si comprende, allora, come la situazione possa cominciare ad apparire più complessa rispetto alla prospettiva – anche un po’ romantica – dell’investitore che “clicca” su un apposito pulsante (quasi una sorta di “mi piace”) all’interno di una pagina web e acquista, in questo modo, titoli rappresentativi del capitale di una start up innovativa. Nella Comunicazione sugli illiquidi, infatti – anche con riferimento alle valutazioni di mera appropriatezza – la CONSOB ha sottolineato che, nella prestazione di servizi aventi ad oggetto strumenti finanziari di siffatta natura, “dovranno essere tenute in debito conto le peculiari caratteristiche dei 02. Nell’art. 15 del Regolamento si prevede infatti che il gestore debba fornire agli investitori le informazioni relative all’investimento in strumenti finanziari emessi da start-up innovative riguardanti, tra l’altro, il “rischio di illiquidità”. Inoltre, nell’Allegato 3 al Regolamento – contenente le “informazioni sulla singola offerta” che devono essere pubblicate dal gestore sul portale – è previsto l’inserimento di un disclaimer volto a chiarire che “l’investimento in strumenti finanziari emessi da start-up innovative è illiquido e connotato da un rischio molto alto”. a condizione che le attività di tali persone siano regolamentate a livello nazionale. 2. Le persone escluse dall'ambito d'applicazione della presente direttiva a norma del paragrafo 1 non godono delle libertà di prestare servizi e/o di effettuare attività di investimento o di stabilire succursali previste, rispettivamente, dalle disposizioni dell'articolo 31 e dell'articolo 32.” ...
  • 56. 56Aspetti giuridici del crowdfunding prodotti illiquidi […] raffrontandole al grado di conoscenza finanziaria ed esperienza del cliente e verificando l’effettiva capacità di quest’ultimo di comprenderne gli specifici profili di rischio”. Va da sé che la effettiva applicabilità degli obblighi di cui alla Comunicazione sugli illiquidi andrà approfondita, caso per caso, con riferimento a tutti gli obblighi in questione (andrebbe, ad esempio, verificata la possibilità concreta di applicare gli obblighi di trasparenza nella fattispecie in esame). c. La portata “espansiva” della nozione di consulenza Nella Comunicazione sui prodotti illiquidi la CONSOB ha anche affermato che “non è escluso, in via astratta, che i servizi di collocamento o ricezione e trasmissione ordini (o di esecuzione di ordini o negoziazione per conto proprio) siano posti in essere senza essere accompagnati da consulenza. Tuttavia, nel caso, l’intermediario deve approntare meccanismi (contrattuali, organizzativi, procedurali, e di controllo) per rendere effettiva la conformazione dei propri collaboratori e dipendenti a contatto con la clientela a predefiniti modelli relazionali, nel presupposto che, di fatto, vista l’ampia nozione di consulenza resa dal legislatore in attuazione delle fonti comunitarie, può risultare elevato (specie quando si utilizzino forme di contatto non ‘automatiche’) il rischio che l’attività concretamente svolta sfoci nel presentare un dato strumento finanziario come adatto per quel cliente, integrando così la ‘consulenza in materia di investimenti’ ”. La nozione di consulenza, nell’accezione accolta dall’Autorità di Vigilanza di settore, ha dunque una portata significativamente pervasiva; essa può venire in rilievo, almeno in astratto, in ogni occasione di interazione “personalizzata” tra intermediario e cliente, soprattutto nell’ipotesi della prestazione di servizi aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. “illiquidi”.
  • 57. 57Aspetti giuridici del crowdfunding La posizione di cui sopra era stata d’altra espressa dalla CONSOB già in esito alle consultazioni condotte in occasione del recepimento della MiFID nel 2007; essa è stata quindi concretamente applicata dalla Consob in sede ispettiva e cià sia nella tornata di accertamenti ispettivi di vigilanza c.d. “conoscitivi”, condotti all’indomani del recepimento della MiFID, all’incirca nel biennio 2008/2010, sia nel corso degli accertamenti condotti successivamente, cui sono anche seguiti procedimenti e provvedimenti sanzionatori fondati anche sul mancato rispetto delle regole di condotta proprie della prestazione del servizio di consulenza, con riferimento a talune fattispecie che l’Autorità ha ritenuto di ricomprendere nella predetta nozione “ampia” di consulenza. 2.Le regole di condotta applicabili alle banche e alle imprese di investimento nell’ambito dell’equity crowdfunding I brevissimi e necessariamente parziali cenni in materia di regole di condotta sopra riassunti consentono di mettere in luce come si possa determinare una diversa configurazione delle regole di condotta applicabili alle banche e alle imprese di investimento – con differenti conseguenze applicative e interpretative – a seconda dei contesti in cui può venire in rilievo la prestazione di servizi di investimento da parte delle stesse in relazione alle quote / azioni di start-up innovative. Anche la CONSOB, peraltro, è risultata abbastanza chiara sul punto, avendo osservato, nella Comunicazione dell’1 agosto 2013, “che l’attività di gestione di portali on line implica la prestazione di servizi di investimento quantomeno di tipo ‘esecutivo”. La CONSOB ha dunque espressamente riconosciuto che il rapporto tra intermediario e cliente può diversamente atteggiarsi a seconda delle attività in concreto prestate dalla
  • 58. 58Aspetti giuridici del crowdfunding banca / impresa di investimento a beneficio del cliente, con la conseguenza che il servizio prestato dall’intermediario non deve essere necessariamente ricondotto alla categoria dei servizi di natura esecutiva (i.e. collocamento, ricezione e trasmissione di ordini, etc.). In linea con quanto sopra, la CONSOB ha altresì osservato che “i gestori di diritto potranno prescegliere le concrete modalità di svolgimento della propria attività, graduando l’applicazione delle regole di condotta in ragione dei tipi di servizi di investimento effettivamente prestati nei confronti della clientela e della tipologia di investitori serviti”. Questa formulazione normativa, tuttavia, segna anche un limite per gli intermediari, i quali dovranno necessariamente prestare particolare attenzione al modello di business e organizzativo adottato nella prestazione del servizio e, soprattutto, al grado di “personalizzazione” del rapporto intrattenuto con l’investitore. Non è infatti escluso, a tale riguardo, che l’attività dell’intermediario possa tradursi, in punto di fatto, in un’attività di consulenza (soprattutto nella sua accezione ampia), che richieda l’effettuazione di una valutazione di adeguatezza ai sensi della disciplina sopra richiamata. Peraltro, nel documento di consultazione emanato con riferimento al testo del Regolamento, la CONSOB aveva già chiarito che nella relazione con l’intermediario “si applicano le regole dettate dal Tuf sullo svolgimento dei servizi di investimento (in particolare, l’investitore sarà opportunamente profilato e assistito dalle regole di appropriatezza o di adeguatezza a seconda del tipo di relazione che instaurerà con l’intermediario)”. Ove possano ravvisarsi elementi di personalizzazione di tale rapporto, sussisteranno verosimilmente gli estremi per la
  • 59. 59Aspetti giuridici del crowdfunding prestazione del servizio di consulenza e, quindi, per ritenere sussistente in capo al relativo intermediario l’obbligo di effettuare una valutazione di adeguatezza dell’operazione da realizzare, previa acquisizione delle informazioni richieste dalla normativa, con il conseguente divieto di effettuare la medesima operazione in caso di giudizio di inadeguatezza. a. Alcune ipotesi esemplificative di contatti “personalizzati” tra cliente e intermediario, con conseguente (possibile se non probabile) prestazione del servizio di consulenza. Fermo restando che i predetti temi si pongono tanto con riferimento all’ipotesi di portali gestiti da “gestori di diritto”, quanto con riferimento a portali gestiti da “gestori autorizzati” (diversi, quindi, da banche e imprese di investimento), si osserva come, in tale ultimo caso, la concreta natura della relazione tra gli intermediari coinvolti e l’investitore potrebbe essere influenzata da almeno due fattori. Rileverebbe infatti, al riguardo, innanzitutto l’individuazione dell’intermediario esecutore, tenuto conto che la normativa sembra lasciare aperta la possibilità che a svolgere tale ruolo sia un intermediario con cui l’investitore intrattiene già un rapporto contrattuale. La CONSOB ha osservato, in esito alla consultazione sui contenuti del Regolamento, che è rimessa alla discrezionalità ed alla libera autodeterminazione dei gestori la scelta in merito alla banca o all’impresa di investimento cui trasmettere l’ordine, fermo restando l’obiettivo di evitare una eccessiva frammentazione delle sottoscrizioni. Possono quindi immaginarsi situazioni in cui l’investitore intrattiene già un rapporto a carattere anche personalizzato con l’intermediario esecutore dell’operazione su quote/azioni di start-up innovative (magari essendo già stato anche “profilato” da tale intermediario), ovvero sia stato indirizzato al portale