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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTA’ DI ECONOMIA
RELAZIONE DI LAUREA IN ECONOMIA E DIREZIONE DELLE IMPRESE
Le strategie di contrazione
Relatore:
Roberto Schiesari
Candidato:
Davide Spinelli
Materia :
Economia e Direzione delle Imprese
Matricola: 705980
Anno Accademico 2013/2014
Introduzione
I Le strategie di Corporate di un’impresa
1.1 Mono - Business e Multi - Business
II Le strategie di sviluppo
2.1 Concentrazione
2.2 Diversificazione
III Le strategie di stabilità
3.1 Attesa da buona posizione
3.2 Attesa da posizione debole
IV Strategie di contrazione
4.1 I principi fondamentali del Turnaround e le varie fasi
4.2 Recessione
4.3 Cambiamenti della tecnologia
4.4 Responsabilità del Management
4.5 Caso Nissan : un Turnaround eccellente
4.6 Caso Xerox
4.7 Caso Ansaldo Spa
V Strategie di contrazione : Captive o Cessione
VI Strategie di contrazione : Fallimento o Liquidazione
Conclusioni
Bibliografia
Introduzione
Negli ultimi anni, in particolare modo nella recente crisi, il management delle
imprese ha incontrato una molteplicità di problemi che mai si erano verificati
prima. Nel mercato passato esistevano diversi tipi di gestione delle imprese oltre
che a delle barriere che in una qualche maniera proteggevano le stesse ma, nel
mercato odierno molte di quest’ultime sono cadute dando il via alla competitività
tra le varie imprese di vari paesi. Inoltre il progresso tecnologico ha fatto si che
lo sviluppo raggiungesse livelli inimmaginabili e di rapida esecuzione.
Nel 2008-2009 l’economia ha dovuto affrontare la recessione mettendo a dura
prova la sopravvivenza di molte imprese, anche quelle più forti. E’ emerso da ciò
che le imprese non potevano più avere delle strategie focalizzate solo a lungo
termine ma che queste dovevano avere un alto livello di flessibilità in grado di
poter fronteggiare e contrastare gli eventuali ostacoli che il mercato giorno per
giorno gli potesse riservare e inoltre di poter cogliere le varie opportunità sempre
più rare e sempre più contese.
Il futuro delle aziende è nelle loro mani ed è determinante per loro avere un
ottimo Management che sappia riconoscere i cambiamenti del mercato,
affrontarli in maniera adeguata e sapendo prendere decisioni opportune in base ai
propri livelli di conoscenza, scelte strategiche e leadership.
Ovviamente il compito del Management è quello di aumentare al massimo le
possibilità di successo e profitto della propria impresa ed esse vengono
perseguite con alcune caratteristiche fondamentali. La capacità di distinguersi
rispetto alle altre imprese è un punto di forza fondamentale per poter permettere
all’azienda di creare valore non solo per i propri azionisti ma per tutti gli
stakeholder presenti sul mercato; creando dei vantaggi competitivi che le altre
aziende non hanno dando cosi modo all’azienda di crescere e alle altre imprese di
riprendersi dallo svantaggio che hanno subito; capacità di adattamento a tutte le
minacce e alle opportunità che si presentano dal mercato e un’impresa che riesce
ad essere “elastica” nell’adattarsi ha un grande punto a suo favore.
L’idea di fondo è cercare di capire cosa succede nel processo decisionale e nel
spiegare quali decisioni vengono prese e che conseguenze generano.
I Le strategie di Corporate di un’impresa
1.1 Mono-business e Multi-business
Nel mercato odierno ci sono un’infinità di imprese con svariate tipologie di
business ed ognuna di esse adotta una propria Corporate Strategy attraverso il
proprio management. Però bisogna prima identificare la quantità di business che
un’impresa è intenzionata ad affrontare. Può essere mono - business
concentrandosi su un’unica business unit oppure un’impresa multi - business che
intende concentrarsi su molteplici business unit, anche differenti l’uno dall’altro,
adottando quindi più strategie di corporate. Avere un solo business ha dei
vantaggi riguardo la specializzazione dell’impiego che si va a focalizzare su
quell’unica business unit, eccellendo quindi in qualità, efficienza ed efficacia. Lo
svantaggio che può sorgere è caratterizzato dal fatto che convogliare tutte le
proprie risorse in un unico settore senza differenziarsi e questo tipo di scelta può
comportare un livello di vulnerabilità nell’andamento del proprio ciclo
economico. La modalità multi - business invece consente di avere una
diversificazione delle tipologie di business - unit avendo cosi la capacità di
operare in vari settori che possono essere simili o differenti, indipendenti o
complementari tra loro. La scelta delle imprese di essere mono / multi – business
può nascere da varie decisioni. Alcune imprese dopo la loro nascita hanno avuto
uno sviluppo ingrandendosi e di conseguenza aumentano le loro dimensioni
decidono di avere più linee di prodotti e quindi più Business Unit, ma altrettante
imprese di grandi dimensioni possono decidere di mantenere tutto il loro operato
su una singola Business Unit ( vedi imprese come McDonald’s, Ferrero, Coca
Cola ecc. )
Prendiamo in esame un’impresa che operi nel mercato in un unico settore
attraverso due combinazioni di fattori quali : i fattori esterni, opportunità e
minacce, si definiscono l’attrattività del settore mentre i fattori interni, le forze e
le debolezze, si definiscono la posizione competitiva. Attraverso una matrice
possiamo definire le tre tipologie di strategie di corporate che possono essere
utilizzate:
• Strategia di sviluppo
• Strategia di stabilità
• Strategia di contrazione
Elaborazione personale prendendo le informazioni dal libro, Pellicelli G (2014), Strategia
d’impresa, , Terza Edizione, Egea
Nel ciclo economico dell’impresa si ha come obiettivo naturale l’ampliamento dei
volumi, con la necessità di ampliare anche le dimensioni dell’impresa stessa per
poter creare spazi all’interno dell’organizzazione.
Ovviamente nel corso del tempo ci si trova ad un determinato stadio di crescita in
cui l’impresa si pone la domanda se sia utili continuare nello sviluppo, e se la
risposta è positiva, continuare nello stesso settore o in altri.
Al fine di agevolare l’interpretazione di questi processi di sviluppo e per poter
comprendere maggiormente una classificazione ragionata delle diverse opzioni
strategiche, possiamo fare riferimento a due variabili esplicative: (a) le aree di
business e (b) le aree geografiche.
Fonte: Figura prelevata dal testo di Ramusino E. e Onetti A., Strategia d'impresa. Obiettivi,
contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione
Occorre precisare che le strategia comportate non entrano in gioco solamente
nella fasi in cui vi sia una crescita dimensionale dell’impresa. L’eventuale
decisione di ingresso in un nuovo mercato con un nuovo business può essere
dettata dall’uscita da altre attività detenute precedentemente, senza che questa
portino una crescita per l’azienda. Uno spostamento da monte a valle o viceversa
lungo la filiera produttiva non per forza esprime sintomo di integrazione verticale
qualora si abbandonino altre attività precedentemente detenute. Possiamo quindi
pensare le strategie cooptare come decisioni di “riposizionamento” anche se
queste non hanno un effetto additivo o di crescita sulle attività dell’impresa, ma
hanno come obiettivo primario quello di riqualificare il loro posizionamento
strategico sul mercato .1
II Le strategie di sviluppo
2.1 Concentrazione
Le strategie di sviluppo si concentrano principalmente sulle azienda mono –
business ma anche sulle azienda multi – business. Se l’azienda è della prima
tipologia adotterà una strategia di concentrazione, opzione adottata quando il
ritmo di espansione è molto elevato, altrimenti la strategia utilizzata nel settore in
cui opera in più settori, dove l’attrattività è scarsa, in questa campo vi si trovano
aziende con bassa redditività, si userà una strategia di diversificazione.
Nel primo caso viene adottata quando il settore preso in considerazione ha molta
attrattività nei confronti delle altri imprese e vi possono essere due differenti
tipologie :
✓ Integrazione verticale
✓ Integrazione orizzontale
Si parla di integrazione verticale quando un’impresa cresce e sviluppo lungo la
sua filiera produttiva, internalizzando le varie attività, e le fasi ad essa connesse,
diverse da quelle originariamente svolte. Più è sviluppato il collegamento con la
propria filiera produttiva e maggiore sarà il grado di integrazione verticale.
Ramusino E., Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo,1
innovazione, Il Sole 24Ore, Milano, pp. 318-320
La scelta di questa strategia si ripercuote sull’equilibrio economico dell’impresa,
dando la possibilità al fatturato di crescere, questo perché consente un maggior
controllo sulle fase della produzione e non avendo il problema di controllare
perché eseguite da società esterne.
Questa interazione può avvenire per linee interne o esterne all’impresa prendendo
atto come obiettivi quello di limare il più possibile le incertezze, riducendo di
costi di approvvigionamento delle materie prime, semilavorati e di tutte le
componenti necessarie alla produzione consentendo una stabilità nel processo
produttivo fino alla fase finale che è la vendita. Questa tipologia di strategia non è
molto utilizzata perché si preferiscono altre modalità (alcune forme di
partnership). I vantaggi che questa strategia porta sono:
✓ aumenta la forza contrattuale dell’impresa a creare barriere per la
concorrenza all’entrata nel mercato
✓ Aumento del valore aggiunto (dato dalla differenza tra il valore dei
prodotti finiti e il costo delle materie prime necessarie per realizzare la
produzione)
✓ Stimolo della domanda e migliora l’efficienza aziendale
✓ Maggior controllo sul ciclo produttivo (l’azienda riduce la sua dipendenza
dall’esterno)
Però questa strategia mostra anche degli svantaggi:
✓ Reazione negativa del cliente
✓ Difficoltà di prevedere la domanda e cambiamenti nella tecnologia
✓ Rischio di “blocco dell’apprendimento) in quanto l’impresa
internalizzando più fasi della filiera tecnologica-produttiva può non
specializzarsi in nessuna attività cioè non essere innovativa, originale e
competitiva in alcuna fase
✓ Aumento dei costi fissi e della rigidità aziendale
Questo tipo di integrazione consente di poter operare in svariati punti della
filiera produttiva andando quindi ad identificare un articolo bisogno in cui
l’impresa sente di dover svolgere un attività in sostituzione di imprese clienti, e
cosi facendo determinando la tipologia di integrazione che può essere di due
tipologie: a monte o a valle .2
Fonte: Decisioni di integrazione verticale preso da Ramusino E. e Onetti A. (2009), Strategia
d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione
Ramusino E. e Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni,2
sviluppo, innovazione, Il Sole 24ore, Milano, pp. 325-327
In definitiva la strategia di integrazione verticale la si può utilizzare quando
l’impresa spenderebbe meno producendo internamente il prodotto di cui necessita
piuttosto che acquistarlo sul mercato da un’impresa cliente, quando l’impresa si
trova in presenza di un forte potere di mercato dei fornitori o dei clienti
dell’azienda (esempio: quando vi sono pochi fornitori dell’impresa e questi
potrebbero applicare dei prezzi maggiori rispetto a quelli di mercato) e infine
quando la domanda di mercato presenta dei tassi di crescita certi e stabili nel
lungo periodo.
La seconda strategia, l’integrazione orizzontale, opera in maniera completamente
differente estendendo le proprie attività in altre zone geografiche, in altri mercati
ponendo come alcuni obiettivi l’acquisizione di possibili concorrenti che abbiano
le medesime attività o eventualmente stringere alleanze con essi ecc. Si ha
integrazione orizzontale quando l’impresa espande l’attività a prodotti, processi e
know-how esistenti affini alla filiera tecnologica-produttiva già esistente. Tra le
produzioni integrate sussistono vincoli tecnologici (stessa concezione dei cicli di
lavorazione , fasi comuni di lavorazione, tecnologie simili) e di mercato (stesse
politiche di distribuzione, promozione, ecc…). Per esempio è integrazione
orizzontale quando un’impresa che produce lavatrici acquista un’impresa che
produce frigoriferi, oppure crea nuove unità produttive che producono
lavastoviglie.
Quindi l’obiettivo principale è quello di aumentare la quota di mercato relativa
detenuta dall’impresa rafforzando cosi la propria posizione e il proprio potere di
mercato. Inoltre è possibile tramite questa strategia migliorare l’efficacia e
l’efficienza in quanto l’azienda sfrutta la familiarità della produzione su cui si
sviluppa.
Anche qui si può operare per linee interne attraverso nuovi investimenti da parte
dell’impresa o per linee esterne puntando su acquisizioni di altre imprese, join
venture. Questa strategia porta i seguenti vantaggi:
✓ Favorisce l’espansione territoriale con ampliamento della quota di mercato
✓ Favorisce la specializzazione e la complementarietà
✓ Maggior valutabilità dei rischi da parte degli organi imprenditoriali
✓ Attività congiunta di più imprese per la soddisfazione del mercato
✓ Favorisce il coordinamento tra le varie linee di prodotto
Però anch’essa presenta degli svantaggi:
✓ Il problema che vari prodotti si contendono lo stesso mercato
✓ L’eventualità del verificarsi di situazioni di monopolio
✓ Aumento dei rischi relativi alla concentrazione su un solo settore
✓ L’aumento delle dimensioni aziendali può comportare sia difficoltà nel
controllare il processo di crescita sia un aumento delle attività burocratiche
In definitiva la strategia di integrazione orizzontale la si può utilizzare nelle
situazioni in cui l’impresa voglia preservare la posizione competitiva acquisita,
rendendo più difficile l’ingresso nel settore dei nuovi potenziali concorrenti,
quando ci vuole difendere da andamenti sfavorevoli del mercato e quando si
cerca di sfruttare considerazioni potenziali di domanda non soddisfatta (fase di
sviluppo del ciclo di vita del prodotto).
2.2 Diversificazione
Nella seconda tipologia di strategia, ovvero quella della diversificazione può
essere attuata attorno allo stesso nucleo dell’impresa, stessi clienti, stessi
mercati ecc, oppure non avendo una relazione di questo tipo ma concentrandosi
semplicemente alla massimizzazione del valore per gli azionisti. Si cerca in una
qualche maniera di far interagire due business per far si che creino maggior
valore insieme anziché creare valore lasciandoli separati a se stessi.
Un’impresa diversifica le sue attività produttiva ogni qualvolta, senza
abbandonare le vecchie linee di prodotti, incluse produzioni intermedie, che
sono sufficientemente differenti dalle produzioni precedenti ed implicano,
quindi qualche differenza rilevante nei programmi di produzione o di
distribuzione. La diversificazione viene spesso trattata a proposito dei processi
di crescite delle imprese, dove la crescita è il modo in cui essa acquisisce,
mantiene e sviluppa il proprio vantaggio competitivo. Per diversificare quindi si
intende la crescita basati su nuovi prodotti e nuovi mercati.
Cosi possiamo suddividere la strategia di diversificazione in due tipologie:
✓ Diversificazione concentrica
✓ Diversificazione Conglomerata
I motivi della diversificazione posso essere svariati ma alcuni scelte più
frequentemente vengano associate a questa tipologia di strategia:
✓ Nella crescita dell’impresa e miglioramento del rendimento medio del
capitale investito nelle attività produttive
✓ Nella ripartizione (riduzione) del rischio
✓ Nella ricerca di un maggior potere di mercato e di stabilizzare il flusso delle
vendite
✓ Nella flessibilità che si viene a sviluppare nei confronti dei mutamenti
ambientali
Nella prima tipologia di diversificazione si ha l’impresa che detiene una forte
posizione e forza competitiva situata però in un settore che detiene un basso
livello di attrattività, il che comporta un notevole successo di questa strategia.
La diversificazione concentrica incentra principalmente la sua forza in un
nucleo centrale intorno al quale costruisce intorno a se delle cerchie di attività
complementari le quali verranno affiancate ad altrettante attività e cosi via. Il
nucleo di per se può essere rappresentato dalla tecnologia, dai prodotti o dai
servizi, dalla presenza in più mercati geografici, dai segmenti dei clienti o da
una rete distributiva efficiente.
Questo tipo di strategia può essere realizzata per linee interne all’impresa o per
linee esterne operando l’acquisizione di altre imprese o in join venture.
Nella seconda tipologia di diversificazione invece viene attuata quando il settore
in cui opera l’impresa non consente una diversificazione o quando
semplicemente il corporate ha come obiettivi di entrare in settori completamente
differenti da i settori di partenza, ponendosi delle domande per effettuare delle
scelte logiche su come attuare questo tipo di strategia, ragionando su quali sono
i settori in cui investire i capitali e in quali settori esiste il maggior potenziale di
sviluppo nel breve ma soprattutto nel lungo periodo. Gli obiettivi che il
management si prefigge possono essere molto diversi: il management valuta le
capacità delle propria azienda confrontandole con quelle delle altre e cercando i
fattori migliori che si possano combinare insieme per ottenere il massimo dei
risultati. Per esempio affiancare imprese che hanno una forte disponibilità
liquida ad altre imprese che hanno un livello potenziale molto elevato le quali
però non hanno a disposizione la liquidità per poter esprimere al meglio quel
potenziale e non potendo cosi fare gli investimenti necessari, cosi facendo
unisce aspetti positivi e negativi di due imprese con situazioni differenti
ottenendo benefici per entrambi le imprese. Molte volte il management
prendono decisioni che riguardano l’acquisizione di particolari imprese le quali
hanno una grande capacità di reperimento delle risorse finanziare ovvero con un
alto livello di indebitamento che consente quindi all’impresa che acquista di
poter reperire con mino difficoltà risorse finanziare sul mercato che altrimenti
da sola non riuscirebbe a reperire o che non gli verrebbero concesse dalle
istituzioni finanziarie.
3. Le strategia di stabilità
3.1 Attesa da buona posizione
A livello di strategia di stabilità si va ad analizzare la posizione competitiva che
l’impresa ha nel settore. In questo caso si presuppone che l’impresa detenga una
buona posizione però si ritrovi in un mercato o settore che sta attraversando un
momento di crisi o semplicemente un momento di stagnazione il quale comporta
un calo dell’attrattività per nuove imprese a causa degli scenari turbolenti che
inducono a non rischiare ad entrare in quel settore.
Quando l’impresa si trova davanti una situazione di questo tipo può operare due
scelte sostanzialmente:
1. La prima scelta è quella di preoccuparsi più dell’aspetto interno a se
stessa piuttosto che occuparsi di quello che accade al di fuori del
proprio sistema, cosi facendo cerca di rafforzare le proprie strategie e i
punti di forza e cerca di eliminare le lacune e i punti deboli maggiori;
generalmente si opera con le classiche procedure di riduzione dei costi
delle materie prime, del lavoro, si cerca di migliorare l’efficienza e la
produttività;
2. La seconda scelta invece è molto più ponderata e fa ricorso alla
prudenza, dove il management cerca di valutare i possibili scenari
futuri che si possono presentare e valute tutte le possibili mosse da
effettuare nel caso si preveda un rialzo del settore e quindi investire in
esso oppure se il settore può presentare una contrazione allora adottare
strategie per difendere la propria posizione nel mercato.
3.2 Attesa da cattiva posizione
In questa situazione invece l’impresa rispetto a prima non ha una buona posizione
competitiva ma detiene una posizione medio - debole nel settore il quale presenta
a sua volta con una media attrattività. Attraverso un’analisi SWOT si può dedurre
come l’impresa detenga delle modeste forze ma altrettante debolezze e la quale si
ritrova in un settore che presenta a sua volta modeste opportunità ma altrettante
minacce ed insidie.
Quando l’impresa si trova davanti una situazione di questo tipo può operare due
scelte sostanzialmente:
1. La prima scelta è quella di analizzare le possibili minacce incombenti nel
settore e se l’impresa scopra che tale minacce sono reali attende di vedere
le conseguenze che queste portano comportandosi come “spettatore”
ovvero aspettando che la minaccia si configuri anche se cosi facendo
rinuncia completamente alle proprie strategie bloccando i propri
investimenti e i propri processi decisionali più importanti;
2. La seconda scelta invece è più incentrata nel rimandare o semplicemente
ridurre tutti quei costi destinati alla ricerca e allo sviluppo, alla pubblicità
e ad altre business – unit cercando di perseguire come obiettivo la
stabilizzazione dei ricavi. In questa situazione il management si ritrova a
dover affrontare una situazione molto delicata, nella quale si possono
determinare le sorti dell’impresa nel futuro. Esso può riuscire ad affrontare
la crisi e a respingere le minacce nel breve termine preservando il valore
dell’impresa e mantenendo un certo livello di attrattività che consenta in
un secondo momento in eventuale acquisizione da parte di altre imprese,
altrimenti se il periodo di declino si protrae nel lungo periodo allora in
quel caso le scelte del management non saranno state efficaci e il destino
dell’impresa è pressoché inesorabile e determinato.
4. Strategia di contrazione
Le strategie di contrazione vengono utilizzare nel momento in cui l’impresa è in
carenza di risorse disponibili ma allo stesso presenza un forte dinamismo da parte
dell’utente. Il primo passo necessario per poter attuare questa strategia, consiste
nell’individuazione di quelle aree aziendali più deboli le quali necessitano
maggiormente di essere supportate.
Vi possono essere due fasi distinte, dove nella prima si procede con un’analisi
delle modalità di funzionamento dell’attività andando a verificare in quali aree si
necessita dell’intervento (come la riduzione dei costi, l’aumento della produttività,
la diminuzione del personale addetto, il rinvio degli investimenti ecc). Nel caso in
cui l’attività d’impresa debba essere abbandonata, allora si può procedere con la
seconda fase, dove è previsto un azzeramento degli investimenti nelle aree
precedentemente individuate tramite la prima fase e di conseguenza procedere con
la dismissione delle attività.3
4.1 I principi fondamentali del Turnaround e le varie fasi
I continui cambiamenti del mercato e della domanda alimentati dalla
competizione, dalla globalizzazione dei mercati e dalla continua innovazione
tecnologica, pongono svariate imprese ad un bivio in cui devono decidere se
soccombere al mercato e ai nuovi concorrenti oppure se trovare una soluzione per
potersi ripensare e reinventare per affrontare le nuove sfide che si presentano
all’orizzonte.
Il turnaround si rende fondamentale in seguito al verificarsi di specifici fattori e
situazioni che risultano imprevedibili per l’impresa:
• mutamenti dovuti allo scenario: innovazione tecnologica, sviluppo del
mercato, competizione più forte, nuovi canali distributivi, ecc;
• situazione aziendali: nuovo management, situazione economica-
finanziaria negativa, ecc;
• andamento della domanda: calo della domanda di mercato, ricerca di
nuovi mercati e nuovi segmenti, ecc;
• introduzione di nuovi strumenti legislativi: nuove regolamentazioni del
settore di appartenenza (politiche di distribuzioni, normative, ecc) che
inducono un nuovo posizionamento da parte dell’impresa.
Gori E. (2004), La pianificazione e il controllo strategico nelle aziende ospedaliere pubbliche,3
Franco Angei, Milano, pp. 83
Lo spiriti imprenditoriale già da se contiene al proprio interno una propensione al
cambiamento al mettersi continuamente in gioco e in alcune circostanze di
reinventare laddove l’impresa risulti obsoleta dopo qualche tempo .4
Uno dei motivi che sta alla base della strategie del turnaround è la possibilità di
poter dare all’impresa la chance di continuare a sopravvivere nel mercato e di
continuare a competere, producendo, vendendo e generando profitto.
Per evitare che questo processo venga avviato troppo tardi, quando la situazione
risulta irreversibile, il management deve in maniera opportuna effettuare costanti
controlli per poter prendere visione della situazione attuale e poter leggere in
anticipo eventuali scenari che possono dover scaturire l’avvio del Turnaround.
L’analisi fornisce dei dati concreti ma molto spesso è l’intuito del management
che consentirà di prevedere in anticipo alcune situazioni che altrimenti alcuni dati
non mostrerebbero in maniera cosi chiara.
Come ogni processo, esso necessita del suo tempo, e il giusto timing di attuazione
è fondamentale per non rischiare di arrivare in ritardo o nel caso opposto di
effettuare il processo troppo prima, mossi dalla fretta e dalla conseguente
improvvisazione, che possono scaturire scelte errate con ripercussioni gravi per
l’impresa stessa.
Non esiste un procedimento standard univoco per tutto per le tipologie di imprese,
ma ognuna di esse adottare in base alla propria struttura e ai propri bisogni, alcune
decisioni per poter attuare il processo di turnaround. Alcuni fattori sono tuttavia
comuni in tutte le diverse imprese presenti sul mercato dal quale si può partire
con un’analisi per poi attuare le proprie scelte strategiche .5
Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare4
l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano, pp. 64-65
Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare5
l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano, pp. 80-82
Condizionamenti del processi di riprogettazione dell’impresa.
Fonte: immagine presa dal libro “Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e
reinventare l’impresa”.
Questa tipologia di strategia viene utilizzata quando nel mercato si vengono a
creare degli scenari di recessione economica e crisi, il che comporta un
riassestamento delle strategie di corporate utilizzate dall’impresa. Queste
decisioni devono essere ponderate e necessitano di un’analisi SWOT che rilevi6
forze e debolezze dell’impresa. Principalmente la strategie è caratterizzata da due
fasi:
La prima fase cerca di migliorare l’efficienza riducendo i costi, migliorando la
produttività, riducendo il personale, eliminando impianti e strutture obsolete, ecc.
Se questo tipo di scelta porta dei risultati a vantaggio dell’impresa allora essa
decide di rimanere nel mercato riducendo sensibilmente la propria forza e la
propria competitività.
Cap.10 Le strategia di corporate in un’impresa single-business, par. 10.5 Le strategie di6
contrazione, G.PELLICELLI, STRATEGIE D’IMPRESA Terza Edizione, Egea, Analisi
SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica usato
per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e
le minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altra situazione in cui
un'organizzazione o un individuo debba svolgere una decisione per il raggiungimento di un
obiettivo. L'analisi può riguardare l'ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o
esterno di un'organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).
Se nonostante queste scelte la situazione dov’essere rimanere invariata o
peggiorare allora la strategia si porta alla seconda fase di scelte disponendo di 3
opzioni: La prima è una scelta dove si avvia un Turnaround o inversione di
marcia, la seconda si procede con la rinuncia a competere nel settore scelto
dall’impresa e si procede con la messa di essa in posizione captive o scegliendo
l’opzione di vendita, la terza infine si procede con la decisione più drastica
decidendo di abbandonare il settore uscendo definitivamente dal mercato con una
procedura di fallimento o di liquidazione.
Questa tipologia di strategia può essere portata avanti dall’imprese per un breve
periodo o per un periodo medio - lungo a seconda della situazione in cui versa
l’impresa e dalle condizioni del mercato e del settore in cui l’impresa stessa
opera.
Ovviamente questi processi sono frutto del lavoro del management che deve
essere in grado di poter prevedere in tempo e di saper affrontare in maniera
adeguata i vari scenari che gli si vanno a presentare. Molto spesso però queste
condizioni possono provenire dall’esterno ovvero dall’evoluzione dei mercati,
dalle tendenze del settore, da innovazioni tecnologiche ed altri fattori.
Il management dovrebbe essere sempre preparato e reattivo a rispondere a
qualsiasi tipo di minaccia gli si presenti, tenendo conto del fatto che il futuro non
si può prevedere, esso può e deve operare secondo una logica e evitando di
utilizzare l’istinto, il quale può essere utilizzato quando le condizioni sono stabili,
ben definite e le variabili non cambiano, ma in contesto di crisi allora il
management deve costruire scenari per il futuro, pianificare varie strategie per i
possibili scenari, definire quali opzioni strategiche sono necessarie e quali no e
saper gestire in maniera adeguata il portafoglio di azioni.
Lo scenario di crisi può avere in sostanza 3 tipologie di opzioni: la recessione, i
cambiamenti tecnologici e le responsabilità del management.
Fonte: Elaborazione personale prelevando le informazioni da Pellicelli G. (2014), Strategie
d’impresa, Terza Edizione, Egea, Milano.
4.2 Recessione7
Quando si ha uno scenario di recessione vi sono diversi modi di affrontarla, in
base alla condizione in cui si trova l’impresa. Essa può avere una condizione
forte, una condizione mediamente forte mettendo alla prova le capacità del
management oppure quando l’impresa si ritrova con una condizione debole
nello scenario. Mentre la vita dell’impresa passa attraverso dei periodo di
crescita e declino, per poter parlare di recessione è necessario individuare un
fenomeno caratterizzato da un trend negativo protratto nel tempo con una
situazione di forse instabilità, risultati economici negativi e carenza di liquidità
seguita a momento di insolvenza.
La crisi aziendale mette in luce un forte scostamento tra le performance
economiche-finanziare effettivamente prodotte in quel preciso momento sul
Recessione : In economia la recessione è una condizione macroeconomica caratterizzata da7
livelli di attività produttiva (PIL) più bassi di quelli che si potrebbero ottenere usando
completamente ed in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione in contrasto al
concetto di crescita economica.
RECESSIONE
CAMBIAMENTI
TECNOLOGICI
RESPONSABILITA’
DEL MANAGEMENT
CRISI
mercato rispetto a quelle che la stessa impresa desidera produrre ma che
inevitabilmente non riesce a fare.
4.3 Cambiamenti nella tecnologia
Il secondo scenario può riguardare i cambiamenti tecnologici che possono
modificare e talvolta stravolgere un’intera struttura minando quindi alla stabilità
dei leader di mercato portandoli al declino e rendendo possibile l’ascesa di altri
competitor.
Si intende per cambiamento tecnologico una qualunque variazione del livelli di
conoscenze tecniche o organizzative, cioè di tecnologie, detenute da una
organizzazione. Se la variazione della quantità o dell’uso di una data tecnologia è
in “qualche modo” finalizzata al raggiungimento di un obiettivo concreto, il
cambiamento tecnologico diventa innovazione tecnologica.
Condizione
dell’ impresa
Strategia del
Turnaround
Azioni avviate
nel Turnaround
Condizione forte Attacco Investire in vista della ripresa del ciclo
Acquisire quote di mercato:
Acquistare imprese concorrenti;
Concorrenza aggressiva;
Migliorare le attività chiave
Strategie di espansione
Condizione
mediamente
forte
Management
all’altezza
della situazione
Essere pronti nella fase di
ripresa del ciclo
Razionalizzare il portafoglio prodotti/
servizi.
Razionalizzare/adattare la struttura
organizzativa per aumentare la flessibilità e
l’efficacia del controllo.
Ridurre gli effetti di future onde cicliche:
cambiare il mix dei prodotti/servizi e il mix
Dei mercati geografici.
Condizione debole Sopravvivenza Ridurre i costi operativi: lavoro,
capacità produttiva, scorte, marketing .
Ridurre gli oneri finanziari.
Disinvestire.
Un chiaro esempio lo si ritrova negli ultimi anni 90’ dove la rivoluzione
tecnologica a livello digitale a messo in seria difficoltà imprese leader nei loro
settori anche a partire dal 1800. Per esempio aziende come Eastman Kodak, Fuji
Photo e altri pochi concorrenti che erano leader nel settore della fotografia
tradizionale, si ritrovarono improvvisamente molti imprese high-tech che
potevano garantire gli stessi servizi migliorando diversi aspetti come la qualità,
la rapidità di esecuzione, il costo e altri fattori determinanti per poter primeggiare
in quel settore. Altro caso celebre è quella dell’enciclopedia Britannica, la più
famosa al mondo oltre che essere anche una delle più costose. Essa si ritrovo in
crisi perché altre imprese fornivano lo stesso bene e servizio ad un costo
nettamente minore ma soprattutto a livello di portabilità del prodotto offrivano
un bene di dimensioni notevolmente inferiori ad essa rendendo quindi più
accessibili ai consumatori la disponibilità di possedere tale bene.
4.4 Responsabilità del management
Negli scenari peggiori le conseguenze che un’impresa subisce dipendono molto
spesso dalle decisioni dei vertici, da decisioni prese dal management che possono
determinare in maniera netta la sopravvivenza o meno dell’impresa stessa.
Il management ha la maggior parte di responsabilità nella fase del declino che
può essere dettata da incapacità di prendere decisioni nei momenti cruciali, di
non riuscire a prevedere gli scenari futuri che si possono presentare all’orizzonte
per l’impresa, scarse capacità a livello tecnologico, di marketing o finanziare o
semplicemente non saper fronteggiare conflitti interni come cambi di asset a
livello dirigenziale.
Il management ha la responsabilità anche quando non è in grado di fronteggiare
le eccessive dimensioni che un’impresa assume nel corso del suo ciclo vitale il
che comporta molto spesso una difficile gestione causata da dimensioni
importanti o per un indebitamente elevato per poter mantenere in piedi la
struttura.
Una dimensione molto grande dell’impresa può permettere di tenere sotto
controllo la situazione ma se questa non viene gestita in maniera adeguata allora
la caduta può essere molto forte e brusca.
Inoltre un’impresa di grandi dimensioni deve avere sotto controllo la propria
situazione finanziaria attraverso controlli sistemaci e ponderati in base ai settori
che ritiene maggiormente a rischio. Questo controllo viene meno quando
l’impresa opera molto con la diversificazione delle proprie business – unit
rendendo molto oneroso e dispendioso un controllo incrociato di tutti gli aspetti
economici e finanziari.
Maggiori sono le dimensioni di un’impresa maggiori sono i costi fissi che questa
deve sostenere per poter operare in tranquillità ed adempiere a tutti i propri
obiettivi. Se vengono a mancare economia di scala, se si ha un eccessivo
indebitamento e una continua perdita di competitività.
L’errore che molte imprese commettono è quello di vivere sulle vittorie
conseguite nel passato, ovvero di operare continui investimenti su prodotti vecchi
che hanno ottenuto successo nei cicli passati senza pensare alle possibili
conseguenze che il mercato può offrire come cambiamenti della domanda,
cambiamenti delle scelte dei consumatori, nascita di nuove imprese, avvento di
nuove tecnologie e di prodotti sostituti rendendo cosi il mercato ancora più
concorrenziale e rendendo inevitabile la perdita di quote di mercato e di
competitività dell’impresa stessa.
Secondo Goldston ( 1992 ) il compito principale deve essere quello di saper8
leggere i sintomi di crisi, come un medico prevede i sintomi di un ammalato, lo
stesso deve fare il management sapendosi muovere per tempo e sapendo adottare
le strategie migliori per poter per lo meno frenare o se possibile bloccare il
disastro. I sintomi principali sono riconoscibili in perdite di ricavi, perdita di
quote di mercato, i manager migliori che vanno a lavorare per altre
imprese,l’impresa non è più in grado di generare liquidità a sufficienza da
Cap. 18 Le strategie del Turnaround par. 18.1 Le cause del declino e le responsabilità del8
management, Fonte: Goldston M. “The Turnaround Prescription. Repositioning Troubled
Companies, Free Press, Boston 1992.
utilizzare in periodo di crisi o se la genera la sperpera in breve tempo per poter
limitare i danni della crisi, perdita della capacità operativa con conseguenza
perdita di immagine dei prodotti che vengono sostituiti o “cannibalizzati” da altri
prodotti di altre imprese più competitive.
Molte tecniche possono essere necessarie al riposizionamento di
un'Organizzazione. Sovente l'intervento di Turnaround comporta l'applicazione
di un mix di tecniche in base alla fase della crisi, alle caratteristiche
dell'Organizzazione ed alle cause della sofferenza. Le più diffuse tecniche che
pervadono il processo di Turnaround sono conosciute come:
• Il Retrenchment (ridimensionamento) attraverso una strategia di
ampio respiro composta da azioni di breve termine dedicate alla riduzione
delle perdite finanziarie, la stabilizzazione del declino e la lotta ai problemi
che hanno determinato le scarse performance dell'Organizzazione[1]. Il
contenuto essenziale della strategia di ridimensionamento è la riduzione
degli scopi e delle dimensioni dell'organizzazione che può essere ottenuto
attraverso la vendita degli assets non strategici, l'abbandono di mercati
eccessivamente competitivi, la dismissione di linee produttive a bassa
redditività, il ricorso massiccio al lean manufacturing ed all'outsourcing. In
buona sostanza il Retrenchment non è altro che un'operazione di recupero
dell'efficienza e di ri-focalizzazione sul "core business".[2] A scapito di
quanti possano credere il contrario, se vengono vinte le resistenze iniziali ai
"tagli", i risultati operativi derivanti dal retrenchment spesso comportano
un migliore posizionamento dell'organizzazione nel mercato.[3]
• Il Repositioning (riposizionamento), conosciuto anche come
strategia imprenditoriale, è focalizzato sulla creazione di valore attraverso
l'innovazione nei prodotti e/o nei processi aziendali, la variazione
del marketing mix, l'esplorazione di nuovi mercati, un'attenta strategia
di corporate communication fino alla variazione della mission al fine di
recuperare l'immagine dell'Organizzazione.[4] La più brillante operazione di
repositioning degli ultimi anni è sicuramente stata quella successiva
all'acquisizione di Audi da parte del Gruppo Volkswagen.
• Il Replacement (sostituzione) è una strategia che comporta la
sostituzione del Top Management fino ad includere il ricambio del Chief
Executive Officer (CEO). Molto popolare nei paesi anglosassoni, il
replacement in strutture a conduzione padronale (molto diffuso nel sistema
Italiano) può rappresentare un'opzione pericolosa. Spesso il replacement in
certe realtà comporta una decisa resistenza, accompagnata dall'obbligo di
selezionare il nuovo management nell'ambito familiare, con conseguenze
spesso imprevedibili senza un'attenta attività suppletiva di coaching e
di mentoring dedicata. Tuttavia in letteratura si apprezza il vantaggio di
sfruttare la novità rappresentata dal nuovo management nella gestione
degli stakeholders, la naturale propensione al cambiamento e l'apporto di
background ed esperienza mutuate da esperienze diverse.[5] In ogni caso
vale la pena di sottolineare che il nuovo CEO può causare problemi nella
fidelizzazione del personale e nei rapporti interni all'Organizzazione che
possono vanificare il processo di Turnaround.[6]In conclusione, il
replacement è subordinato alla reputazione del CEO da sostituire: in caso di
CEO "chiacchierati" od incapaci di una visione imparziale (nella
valutazione delle cause della crisi e delle performance del personale) molto
spesso la sostituzione è un atto dovuto alla buona riuscita del Turnaround.[7]
• Il Renewal (rinnovamento), l'Organizzazione pone in essere un
percorso di azioni a lungo termine sulla base di percorsi di miglioramento
progressivo tipici dei sistemi di gestione della Qualità ed in particolare
dell'accezione Giapponese comunemente nota come Kaizen. Il primo passo
di un processo di renewal è l'analisi delle strutture esistenti e dei processi in
essere misurandone la flessibilità e l'efficacia nell'adattamento alle nuove
condizioni dell'ambiente competitivo. Gli outputs tipici di un percorso di
renewal sono la rivisitazione del budget aziendale, la chiusura progressiva
di divisioni improduttive, lo sviluppo di nuovi prodotti, la variazione
dell'area strategica d'affari con aperture a nuovi mercati o nuovi settori di
business.[1] Molto spesso il renewal è applicato durante la fase di
rivitalizzazione delle Organizzazioni che hanno superato la fase acuta di
crisi.
4.5 Caso Nissan : un Turnaround eccellente9
La casa automobilista Nissan è una delle più famose e potenti del mondo,
essendo un’impresa molto forte nel suo paese il Giappone ma è presente anche in
altrettanti mercati mondiali esportando fortemente i propri profitti e i propri
servizi. Però negli anni 2000 la società affronta un periodo di crisi molto
profondo con il rischio di un fallimento che avrebbe un effetto clamoroso oltre
che storico. L’impresa arrivava da un periodo di 7 anni in cui non produceva
redditività o comunque aveva un basso livello di redditività oltre che un calo
molto forte delle quote di mercato in tutti i paese in qui esportava. La sorte
dell’impresa sembrava abbastanza segnata quando Carlos Goshan , vice10
presidente esecutivo della casa automobilista francese Renault, venne in soccorso
Caso Nissan, La Nissan Motor Co. Ltd. è una casa automobilistica giapponese, si tratta della9
seconda casa nipponica in ordine di grandezza, dopo la Toyota. Attualmente fa parte del
gruppo Renault ed è guidata da Carlos Ghosn. Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/
headlines/vftt_ghosn.shtml
Carlos Goshan, Carlos Ghosn è un imprenditore brasiliano, amministratore delegato dei gruppi10
automobilistici Renault e Nissan. Nato in Brasile il 9 marzo 1954 da una famiglia di
origine libanese, si è laureato in Ingegneria alla Ecole Polytechnique di Parigi. Assunto
alla Michelin nel 1978 è stato presidente e CEO di Michelin North America.
Dopo aver lavorato, dal 1996 in vari ruoli alla Renault in Francia fino alla posizione di
vicepresidente esecutivo, è stato nominato amministratore delegato della Nissan
Motor in Giappone nel 1999 dopo l'acquisto da parte della Renault del 44% dell'azienda.
della Nissan. Carlos Goshan si trasferì a Nissan quando la Renault ha11
acquistato una quota del 37 per cento nella società nel periodo in cui soffriva la
maggior crisi. Nata nel 1954 , laureato francese all’Ecole Polytechnique , con
una laurea in ingegneria . È entrato in Michelin nel 1978 e servito come
presidente e amministratore delegato di Michelin North America. Entra in
Renault nel 1996 dove divenne vicepresidente esecutivo.
Il suo piano di ristrutturazione della Nissan era ben chiaro e definitivo. Esso
operò dei tagli, molto poco giapponese a livello di etica, dovendo tagliare i
fornitori e di introducendo la responsabilità nei ranghi della casa
automobilistica . Si potrebbe pensare che queste azioni , aggravate dalla sua
incapacità di parlare giapponese , lo avrebbero reso impopolare . Ma invece
Ghosn è diventato un eroe in Giappone per il suo Turnaround di Nissan che ha
riportato l'azienda dalla difficoltà al ritorno alla redditività .
Il lavoro di Goshan si conferma anche nei numeri, trasformando una perdita di
5,5 miliardi dollari nell'anno fiscale 2000 a un profitto 2,7 miliardi dollari
nell’anno successivo , al di sopra delle aspettative da parte degli analisti. Ha
tagliato 20 miliardi dollari di debito di Nissan e potenziato il prezzo delle azioni
del 30 per cento . "Abbiamo fatto in due anni quello che avevamo programmato
per tre ", disse Goshan . La crescita continua in quali Ghosn chiama il suo "180
piano " – ha prodotto come risultato 1 milione di unità vendute in tre anni , con
un margine operativo dell'8 per cento e il debito pari a 0 entro il 2003 . Molto
lontano dal mettere a repentaglio il futuro di Nissan , ha investito in un nuovo
stabilimento a Canton , Mississippi ( aprendo il successivo a maggio ), ed
espandendo la linea del modello , tra cui la reintroduzione della vettura Z .In
questo caso la strategia Turnaround ha avuto successo perché da una situazione
molto critica si è riusciti ad ottenere il massimo risultato possibile riportando
l’azienda in una situazione nettamente migliori rispetto a quella di partenza.
Ghosn C., Riès P., Shift inside Nissan’s history revival, Currency Dooubleday, New York, 200311
4.6 Caso Xerox : un Turnaround inefficace12
Xerox Corporation è una delle più grandi aziende produttrici
di stampanti e fotocopiatrici. È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati
Uniti, nel 1906. In origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come
produttrice di carta per fotografia. In seguito sviluppò la prima
fotocopiatrice xerografica del mondo, commercializzata nel 1959,
denominata Xerox 914. Negli anni settanta la Xerox produceva anche computer.
Tutt'oggi la Xerox possiede un grande centro di ricerche a Palo
Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox è presente in 192 paesi e territori
nel mondo.
Iniziò ad avere difficoltà gestionali subendo, quindi delle perdite.
Successivamente si verificò un dimezzamento del prezzo delle azioni. Si innescò
così un circolo vizioso nel quale alle perdite d’esercizio seguiva la riduzione del
valore di mercato che contribuiva ad incrementare ulteriormente le perdite.
Caso Xerox, Fonte : È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati Uniti, nel 1906. In12
origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come produttrice di carta per fotografia. In
seguito sviluppò la prima fotocopiatrice xerografica del mondo, commercializzata nel 1959,
denominata Xerox 914. Negli anni settanta la Xerox produceva anche computer. Tutt'oggi la
Xerox possiede un grande centro di ricerche a Palo Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox
è presente in 192 paesi e territori nel mondo.
Xerox attribuì la situazione di crisi allo sforzo finanziario sostenuto per
riorganizzare la forza di vendita e alla paura dei consumatori legata alla
situazione poco favorevole in cui versava la società. Secondo gli analisti, le
ragioni della crisi erano individuate nelle cause interne come la cattiva gestione
finanziaria e le irregolarità contabili. Thoman lasciò la carica di CEO che fu
ricoperta da Allaire. Contemporaneamente Mulchay divenne COO e presidente.

Mulchay e Allaire annunciarono una strategia di Turnaround che includeva tagli
nei costi derivanti dalla riduzione della forza lavoro.
Le cause della crisi furono i primi problemi nell’impresa iniziarono a verificarsi
nel momento in cui Thoman, Presidente della Xerox, assunse la decisione di
riorganizzare l’apparato amministrativo e la forza di vendita ma non comunicò
adeguatamente ai diretti interessati i cambiamenti che intendeva apportare, i
riflessi che queste modifiche avrebbero procurato sulle routine e sulla società nel
suo complesso. Il piano di Thoman, pur potendo considerarsi valido, non
produsse i benefici sperati poiché non fu implementato nella maniera più corretta
per via della mancanza di supporto del personale a tutti i livelli.

Mulchay, in fase riorganizzava, comprese che il problema di fondo della Xerox
risiedeva nella distanza comunicazionale che si era venuta a creare tra la
direzione e la restante parte delle risorse umane. Quando ormai il processo di
Turnaround era stato completato Mulchay dichiarò che l’elemento che garantiva
il successo della strategia adottata per superare la crisi era il continuo
interscambio informativo con il personale e con i clienti.
La strategia di Turnaround, prima di rendere noto il piano di riorganizzazione,
Allaire e Mulchay incontrarono il maggior numero di dipendenti di Xerox negli
USA e all’estero per prepararli ai cambiamenti che stavano per verificarsi nella
società e per spiegare al personale la situazione nella quale versava Xerox, quello
che la leadership aveva intenzione di fare. Ciò al fine di creare in loro fiducia
nella capacità di Mulchay di attuare il Turnaround. Allaire presentò il piano di
ristrutturazione e al fine di ridurre i debiti, egli propose di incrementare le entrate
attraverso la dismissione di alcuni rami della società.

Xerox vendette le proprie operazioni cinesi, ma la vendita non ebbe nessun
impatto di tipo operativo su Xerox, ma comportò solo una permanente riduzione
delle vendite.Si verificarono continue perdite, licenziamenti dei dipendenti ed
un’esternalizzazione della produzione per ufficio.

Il giorno successivo all’annuncio delle perdite, Xerox comunicò che Mulchay
sarebbe divenuta CEO della società. Nonostante le perdite, Xerox rese noto di
aver ottenuto un incremento dei flussi di cassa, rilevanti riduzioni delle spese di
capitale e di decremento dei debiti.
Dopo aver subito perdite e aver effettuato tagli nei posti di lavoro, iniziarono a
manifestarsi i primo risultati positivi della riorganizzazione e della
ristrutturazione.

Mulchay dichiarò che il suo obiettivo non era quello di riportare Xerox al
profitto, ma di assicurarsi che questo fosse reinvestito nello sviluppo di prodotti,
tecnologie e soluzioni in grado di generare vendite e opportunità di crescita
presenti e future. Questa strategia produsse i primi effetti positivi. Xerox
continuò a lavorare mantenendo i costi a livelli bassi e riducendo gli investimenti
nelle attività no - core. La società continuava così a percorrere la strada del
miglioramento.

Attualmente la strategia di crescita di Xerox si basa su tre direttrici : le soluzioni
a colori, i servizi e la stampa digitale.
L’analisi dei bilanci e il fenomeno della crisi e del successivo Turnaround è
spiegato anche dall’analisi dell’andamento dei principali indici economici,
patrimoniali e finanziari. Si sono presi in considerazione alcuni indici, tra cui : il
ROE, il ROI, il Leverage, l’ Incidenza della gestione non caratteristica, il
Solvency Ratio.Il ROE ed il ROI presentano valori negativi negli anni della crisi,
mentre tornano ad essere positivi e a crescere in seguito al Turnaround. L’indice
che esprime l’incidenza della gestione non caratteristica assume il valore
minimo, mentre raggiunge valori elevati nel periodo successivo al Turnaround.

Dall’analisi dei bilanci della Xerox si evince che nell’ambito delle aree della13
Tratto da “ The Inside Story of Management Fiasco at Xerox ”, Business Week, 5 Marzo 201113
gestione non caratteristica, la gestione finanziaria incide negativamente sulla
formazione del risultato netto d’esercizio. L’elevata differenza tra totale impieghi
e capitale proprio segnala l’ampio ricorso al capitale di terzi.

Il Leverage cresce qualora l’impresa sia sottocapitalizzata. Ciò produce effetti
negativi anche sulla gestione finanziaria attraverso il sostenimento di maggiori
costi. La cattiva capitalizzazione dell’impresa è confermata anche dal Solvency
Ratio che esprime il grado di autonomia finanziaria dell’impresa.
Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità . I ricavi è sceso dell'1% a 5,26
miliardi dollari . L'utile netto è cresciuto del 2 % a 286 milioni dollari . I risultati
dei primi nove mesi del 2013 erano altrettanto negativi. Azionisti Xerox hanno
sofferto per anni . Negli ultimi cinque , l' S&P 500 è crescita del 80% , a fronte di
Xerox al solo 38 % .
In questo caso la strategia Turnaround non ha avuto il successo sperato perché si
è vero che da una situazione molto critica si è riusciti ad ottenere un
miglioramento riportando l’azienda in una situazione leggermente migliore
rispetto a quella di partenza ma e anche vero che si sono dovuti fare molti tagli a
livello di personale, a livello di capitali si è dovuti ricorrere a capitali esteri
indebitandosi molto e quindi esponendo l’impresa ad un rischio elevato
denotando quindi una cattiva capitalizzazione. Tutte queste scelte sono senza
dubbio negative a livello di management che non è riuscito ad essere all’altezza
per applicare in maniera adeguata la strategia di Turnaround.
4.7 Il caso Ansaldo14
L’Ansaldo Nucleare S.p.A. è un'azienda italiana che opera nel settore nucleare,
realizzando centrali nucleari di terza generazione raffreddate ad acqua. Il suo
amministratore delegato è Roberto Adinolfi.
Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema italiano14
(Alessandro Danovi, Giuffrè Editore) Ansaldo è una società industriale, sorta
a Sampierdarena (quartiere di Genova) nel 1853 con la ragione sociale di Gio. Ansaldo &
C. società in accomandita semplice
È stata creata nel 1989 dalla fusione tra NIRA e AMN. Nel 1999 diventa una
divisione di Ansaldo Energia, e il 1º novembre 2005 viene trasformata in
una SpA controllata al 100% da Ansaldo Energia. Ha 170 dipendenti, in
maggioranza i tecnici che lavoravano nella Divisione Nucleare di Ansaldo
Energia e ha come sede Genova.
Con i referendum del 1987 l'Ansaldo Nucleare ha tentato di conservare le sue
competenze in campo nucleare lavorando per l'esportazione di centrali all'estero.
Il 26 aprile 1986 il drammatico incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, in
Ucraina, provocò una fortissima ondata emotiva in tutto l’Occidente. In Italia,
dopo l’esito di un referendum sulla legittimità del nucleare, sono sospesi i lavori
della centrale di Montalto di Castro al fine di consentire una verifica della
sicurezza e delle ipotesi di riconversione. Poiché gli esperti dell’AIEA (Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica) giudicano Montalto sicura e cosi il
Governo decide a maggioranza la ripresa dei lavori ma all’indomani si apre la
crisi politica. Nei giorni seguenti, la maggioranza si ricompatta su un
orientamento fortemente anti-nuclearista; il Parlamento decide una moratoria di
cinque anni per la costruzione di nuovi impianti nucleari e il Governo dispone la
definitiva interruzione dei lavori della centrale di Montalto. Successivamente,
nonostante autorevoli e positive attestazioni dell’AIEA sulla sicurezza della
centrale di Caorso, il CIPE dispone la chiusura definitiva anche delle centrali già
in esercizio, assumendo una posizione senza riscontro in nessun altro Paese. 

All’epoca dei fatti, il nucleare costituisce il core-business di Ansaldo, sicché in
uno scenario che prevedeva la cancellazione di tutti i programmi già avviati si
mettono in pericolo 1.500 posti di lavoro a Genova e 1.000 a Milano, insieme ad
un portafoglio ordini di circa due miliardi di Euro.
Il tutto in tempi estremamente ravvicinati e non prevedibili.

Difatti, Ansaldo si trovava ad operare in una situazione di monopolio nella
produzione di impianti e componenti per le centrali nucleari, caratterizzata da
alcuni elementi dominanti:
• Elevata priorità strategica, costituendo la produzione di energia il core -
business del gruppo
• Elevate barriere all’uscita a causa di diversi elementi: impianti specializzati,
• sunk cost d’uscita, interdipendenze strategiche con le altre unità aziendali
operanti nelle fonti energetiche convenzionali
• barriere emotive derivanti dall’impegno profuso dal management e dalle
risorse umane di ogni livello
• Ostacoli politici all’uscita
Per prepararsi al cambiamento strategico, reso necessario dalla cancellazione
repentina del core - business, i vertici di Ansaldo elaborano, una visione basata
su tre elementi: 

• un maggiore equilibrio tra le aree di business;
• una maggiore diversificazione delle attività
• una configurazione multi - domestica strutturata
I fattori che resero efficace l’intervento di Turnaround sono stati principalmente:
le risorse umane, la motivazione del management e l’incredibile eccellenza
tecnologica.
Le risorse umane in queste situazioni rappresentano il miglior asset dell’impresa
e quello più determinante.
La motivazione del management è fondamentale perché è colui che sta al vertice
dell’impresa ed e da lui che partono tutte le iniziative per la realizzazione
strategica, per la mission aziendale, sulle capacità di valorizzazione, di
motivazione delle risorse, di selezione di nuovi business
L’incredibile eccellenza tecnologica gioca un ruolo molto importante, infatti
Ansaldo effettua numerosi investimenti con lo scopo di migliorare il proprio
patrimonio tecnologico e produttivo.
Il caso Ansaldo però presenta delle anomalie come caso di Turnaround.
Innanzitutto si osserva che il Turnaround costituisce di norma la risposta di
un’impresa che reagisce ad una crisi, più o meno graduale, le cui origini possono
provenire da fattori interni o da fattori esterni; invece, la crisi di Ansaldo è
avvenuta non per ragioni interne, piuttosto per un evento straordinario non
prevedibile dalla gestione e dalle previsioni. Sono numerosi i casi di imprese che
incorrono in una crisi per motivi del tutto esterni: decisioni politiche avverse,
catastrofi naturali, takeover ostili ecc. sono eventi troppo frequenti per
considerarli anomali. Inoltre, sebbene le interferenze politiche giochino un ruolo
preminente nella partita, la probabilità di una responsabilità del management pare
difficile da escludere.
Ecco perché il caso Ansaldo viene considerato anomalo: essendo stato cancellato
per decisione governativa il core business, bisognava trovare qualcos’altro. In
generale, il Turnaround a seguito dell’annullamento del core business deve essere
perseguito con successo. In proposito si osserva che il Turnaround della divisione
nucleare in realtà consiste (né poteva essere diversamente date le gravi
interferenze politiche) in un turnabout, cioè in un drastico ridimensionamento
delle strutture e del campo d’azione. Per di più è indubbio che senza il sostegno
delle strutture del gruppo, ben difficilmente il presidio nucleare avrebbe potuto
raggiungere l’autosufficienza economica, in assenza in Italia di un mercato per il
nucleare. Ne consegue che Ansaldo, se non avesse potuto far leva su attività
diverse dal nucleare, sarebbe con ogni probabilità andata incontro al fallimento.

La conclusione che se ne può trarre è che il Turnaround, quando comporta il
cambiamento del core business, è realizzabile solo in imprese di rilevanti
dimensioni e dotati di significative risorse.
ANSALDO PRIMA E DOPO IL TURNAROUND
Fonte: Elaborazione personale
Nei grafici riportati qui sopra viene mostrata la situazione per quanto riguarda il
fatturato della Spa Ansaldo prima e dopo il Turnaround per analizzare al meglio
come la società abbia modificato i settori in cui investire riducendo quelli in cui si
era presentata una crisi di settore, in questo caso, il core business dell’azienda
ovvero l’energia nucleare.
In questi grafici invece viene mostrato il portafoglio che l’impresa Ansaldo Spa
presenta prima e dopo la crisi e prima e dopo il Turnaround effettuato dal
management.
PORTAFOGLIO PER AREA BUSINESS ANSALDO SPA
PRIMA E DOPO IL TURNAROUND
Fonte: Elaborazione personale
5. Strategie di contrazione: Captive o Cessione
La seconda azione della strategia di contrazione è quando l’impresa si trova in
una posizione competitiva debole trovandosi in un settore stagnante o in declino
nel quale l’impresa non ha la possibilità di avviare o di non avviare una strategia
di Turnaround e si ritrova di fronte ad una scelta nella quale deve assumere una
posizione di tipo captive oppure cedere:
• CAPTIVE: La posizione captive consiste sostanzialmente nel caso in cui
l’impresa si trasforma in un sub-fornitore nei confronti dei maggiori
clienti, avendo come proposti contratti a lungo termine. L’impresa in
questo modo ha la possibilità di ridurre i costi delle funzioni che
maggiormente assorbono gli investimenti ( per esempio il marketing
oppure la R&S ) anche se cosi facendo viene a mancare la propria
indipendenza legando le proprie sorti a quelle dell’impresa-cliente a cui si
è affidata.
Un caso famoso degli anni 70 fu quello di Celanese dove i suoi prodotti
maggiormente venduti erano a base a di carta. Nel corso del tempo però
ebbe difficoltà a mantenere la posizione sul mercato e per affrontare
questo nuovo scenario decise di passare da impresa indipendente a sub-
fornitore di altre imprese che precedentemente erano sue rivali sul
mercato, una su tutte Kimberly Clark.
• CESSIONE: Se la capacità competitiva dell’impresa non può essere
recuperata e si prevede un’ulteriore declino del settore, allora le
successive fasi della strategia convergono nel processo di vendite cedendo
l’impresa ad un’altra impresa che abbia attuato nelle sue strategie una
tipologia di strategia di tipo orizzontale cercando di creare sinergie o
comunque di avere la capacità di gestire meglio l’impresa acquistata. In
questo caso si procede con una cessione totale dell’impresa.
La cessione totale non è l’unica soluzione ma vi può essere anche una cessione
parziale nel caso in cui l’impresa valuti molto difficile una ripresa ( Turnaround )
e non voglia completamente abbandonare un settore di mercato, allora l’impresa
procederà con una cessione parziale. Nel caso in cui la business unit presa in
considerazione faccia parte di un gruppo, allora l’abbandono può avvenire
attraverso l’assorbimento del lavoro e degli impianti da un’altra business unit e
mettendo in vendita di conseguenza la rimanenti attività tangibili e intangibili.
6. Strategia di contrazione : Fallimento o Liquidazione
L’ultima azione è la più drastica della strategia di contrazione è quando le
condizioni del mercato e del settore analizzato sono particolarmente disastrose e
irreversibili, il che comporta un Turnaround impossibile ed una cessione molto
improbabile. L’unica soluzione che può essere presa in questo tipo di situazione
sono l’abbandono ( fallimento ) o la liquidazione:
• FALLIMENTO: Nel primo caso viene scelta la soluzione del fallimento
perché non esistono i presupposti per poter tentare un recupero di una
situazione critica. È una fase molto difficile soprattutto a livello di
management perche mette in luce il fallimento da parte della mission che
si era prefissata in precedenza. L’iter di fallimento è differente in base al
paese in cui si dichiara il procedimento, ma in linea di massima l’impresa
chiede di essere in qualche maniera tutelata nei confronti dei creditori,
successivamente consegna i libri contabili al Tribunale fallimentare per
dichiarare la cessazione definitiva dell’attività.
• LIQUIDAZIONE: Un’alternativa al fallimento può essere la liquidazione
che consiste sostanzialmente nella separazione delle varie attività che
l’impresa detiene e la loro successiva vendita. Al termine di questo
processo l’azienda non esiste più. Anche questa, come quella precedente, è
una decisione molto sofferta e pagata a caro prezzo perché se non attuata
per tempo può comportare un costo a livello di perdite in termini
economici ma anche perdite a livello di immagine sia come impresa e
soprattutto a livello di management. Molto spesso le imprese scelgono di
liquidare prima che la situazione peggiori più di quanto non lo sia già
evitando in rischio di finire in situazioni molto più difficili da risolvere,
anche se molte volte vi sono presenti degli ostacoli a questo tipo di
soluzione come i dipendenti dell’impresa atessa e altri stakeholder.
CONCLUSIONI
In conclusione possiamo affermare che, per poter applicare ed ottenere un
Turnaround di successo, tutto dipenda dallo sviluppo delle strategie in maniera
ponderata analizzando tutti i possibili scenari che potrebbero presentarsi in futuro.
Il secondo aspetto ovviamente riguarda l’applicazione di tali strategie come
vengono impiegate, con le giuste tempistiche, e in base al livello di crisi che
l’azienda in questione sta attraversando.
Spesso però ci sono casi in cui l’impresa versa in condizioni molto difficoltose
nelle quali nemmeno il più efficace e preparato Turnaround può riuscire
nell’impresa di risollevare l’impresa, quindi come casi eccellenti di successo vi
sono anche casi in cui il processo non ha avuto esito positivo. Il Turnaround è in
ogni caso un’operazione estremamente delicata e, influenzata da numerose
variabili, per questo è un’operazione con un alto profilo di rischio, che necessita di
operatori altamente specializzati.
In conclusione appare un processo difficile, ma non impossibile da realizzare se
basato su alcuni presupposti: l'utilizzo di un management preparato, la validità del
piano di risanamento, la bontà del processo di comunicazione, la fiducia degli
stakeholders, l'efficacia del controllo. In sintesi, si potrebbe ritenere che il successo
del piano sia legato alla scrupolosità con la quale viene sviluppato, alla volontà e
alla determinazione di volerlo realizzare, alla capacità di controllarlo e adattarlo in
funzione dell'evoluzione dell'ambiente e delle finalità da raggiungere.
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
G.PELLICELLI, STRATEGIE D’IMPRESA Terza Edizione, Egea (2014)
Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema
italiano (Alessandro Danovi, Giuffrè Editore)
Ramusino E., Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse,
azioni, sviluppo, innovazione, Il Sole 24Ore, Milano
Gori E. (2004), La pianificazione e il controllo strategico nelle aziende
ospedaliere pubbliche, Franco Angei, Milano
Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e
reinventare l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano
Cap. 18 Le strategie del Turnaround par. 18.1 Le cause del declino e le
responsabilità del management, Fonte: Goldston M. “The Turnaround
Prescription. Repositioning Troubled Companies, Free Press, Boston 1992.
Ghosn C., Riès P., Shift inside Nissan’s history revival, Currency Dooubleday,
New York, 2003
Caso Nissan, La Nissan Motor Co. Ltd. è una casa automobilistica giapponese, si
tratta della seconda casa nipponica in ordine di grandezza, dopo la Toyota.
Attualmente fa parte del gruppo Renault ed è guidata da Carlos Ghosn.
Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/headlines/vftt_ghosn.shtml
Caso Xerox, Fonte : È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati Uniti,
nel 1906. In origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come produttrice
di carta per fotografia. In seguito sviluppò la prima fotocopiatrice xerografica del
mondo, commercializzata nel 1959, denominata Xerox 914. Negli anni settanta la
Xerox produceva anche computer. Tutt'oggi la Xerox possiede un grande centro
di ricerche a Palo Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox è presente in
192 paesi e territori nel mondo.
Tratto da “ The Inside Story of Management Fiasco at Xerox ”, Business Week, 5
Marzo 2011
Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema
italiano (Alessandro Danovi, Giuffrè Editore) Ansaldo è una società industriale,
sorta a Sampierdarena (quartiere di Genova) nel 1853 con la ragione sociale
di Gio. Ansaldo & C. società in accomandita semplice
Fonte:http://finance.yahoo.com/news/xerox-ceo-turnaround-plan-fails-152007245.html
Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/headlines/vftt_ghosn.shtml
Fonte: http://finance.yahoo.com/news/xerox-ceo-turnaround-plan-
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Strategie di Contrazione

  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA’ DI ECONOMIA RELAZIONE DI LAUREA IN ECONOMIA E DIREZIONE DELLE IMPRESE Le strategie di contrazione Relatore: Roberto Schiesari Candidato: Davide Spinelli Materia : Economia e Direzione delle Imprese Matricola: 705980 Anno Accademico 2013/2014
  • 2. Introduzione I Le strategie di Corporate di un’impresa 1.1 Mono - Business e Multi - Business II Le strategie di sviluppo 2.1 Concentrazione 2.2 Diversificazione III Le strategie di stabilità 3.1 Attesa da buona posizione 3.2 Attesa da posizione debole IV Strategie di contrazione 4.1 I principi fondamentali del Turnaround e le varie fasi 4.2 Recessione 4.3 Cambiamenti della tecnologia 4.4 Responsabilità del Management 4.5 Caso Nissan : un Turnaround eccellente 4.6 Caso Xerox 4.7 Caso Ansaldo Spa V Strategie di contrazione : Captive o Cessione VI Strategie di contrazione : Fallimento o Liquidazione Conclusioni Bibliografia
  • 3. Introduzione Negli ultimi anni, in particolare modo nella recente crisi, il management delle imprese ha incontrato una molteplicità di problemi che mai si erano verificati prima. Nel mercato passato esistevano diversi tipi di gestione delle imprese oltre che a delle barriere che in una qualche maniera proteggevano le stesse ma, nel mercato odierno molte di quest’ultime sono cadute dando il via alla competitività tra le varie imprese di vari paesi. Inoltre il progresso tecnologico ha fatto si che lo sviluppo raggiungesse livelli inimmaginabili e di rapida esecuzione. Nel 2008-2009 l’economia ha dovuto affrontare la recessione mettendo a dura prova la sopravvivenza di molte imprese, anche quelle più forti. E’ emerso da ciò che le imprese non potevano più avere delle strategie focalizzate solo a lungo termine ma che queste dovevano avere un alto livello di flessibilità in grado di poter fronteggiare e contrastare gli eventuali ostacoli che il mercato giorno per giorno gli potesse riservare e inoltre di poter cogliere le varie opportunità sempre più rare e sempre più contese. Il futuro delle aziende è nelle loro mani ed è determinante per loro avere un ottimo Management che sappia riconoscere i cambiamenti del mercato, affrontarli in maniera adeguata e sapendo prendere decisioni opportune in base ai propri livelli di conoscenza, scelte strategiche e leadership. Ovviamente il compito del Management è quello di aumentare al massimo le possibilità di successo e profitto della propria impresa ed esse vengono perseguite con alcune caratteristiche fondamentali. La capacità di distinguersi rispetto alle altre imprese è un punto di forza fondamentale per poter permettere all’azienda di creare valore non solo per i propri azionisti ma per tutti gli stakeholder presenti sul mercato; creando dei vantaggi competitivi che le altre aziende non hanno dando cosi modo all’azienda di crescere e alle altre imprese di riprendersi dallo svantaggio che hanno subito; capacità di adattamento a tutte le minacce e alle opportunità che si presentano dal mercato e un’impresa che riesce ad essere “elastica” nell’adattarsi ha un grande punto a suo favore.
  • 4. L’idea di fondo è cercare di capire cosa succede nel processo decisionale e nel spiegare quali decisioni vengono prese e che conseguenze generano. I Le strategie di Corporate di un’impresa 1.1 Mono-business e Multi-business Nel mercato odierno ci sono un’infinità di imprese con svariate tipologie di business ed ognuna di esse adotta una propria Corporate Strategy attraverso il proprio management. Però bisogna prima identificare la quantità di business che un’impresa è intenzionata ad affrontare. Può essere mono - business concentrandosi su un’unica business unit oppure un’impresa multi - business che intende concentrarsi su molteplici business unit, anche differenti l’uno dall’altro, adottando quindi più strategie di corporate. Avere un solo business ha dei vantaggi riguardo la specializzazione dell’impiego che si va a focalizzare su quell’unica business unit, eccellendo quindi in qualità, efficienza ed efficacia. Lo svantaggio che può sorgere è caratterizzato dal fatto che convogliare tutte le proprie risorse in un unico settore senza differenziarsi e questo tipo di scelta può comportare un livello di vulnerabilità nell’andamento del proprio ciclo economico. La modalità multi - business invece consente di avere una diversificazione delle tipologie di business - unit avendo cosi la capacità di operare in vari settori che possono essere simili o differenti, indipendenti o complementari tra loro. La scelta delle imprese di essere mono / multi – business può nascere da varie decisioni. Alcune imprese dopo la loro nascita hanno avuto uno sviluppo ingrandendosi e di conseguenza aumentano le loro dimensioni decidono di avere più linee di prodotti e quindi più Business Unit, ma altrettante imprese di grandi dimensioni possono decidere di mantenere tutto il loro operato su una singola Business Unit ( vedi imprese come McDonald’s, Ferrero, Coca Cola ecc. )
  • 5. Prendiamo in esame un’impresa che operi nel mercato in un unico settore attraverso due combinazioni di fattori quali : i fattori esterni, opportunità e minacce, si definiscono l’attrattività del settore mentre i fattori interni, le forze e le debolezze, si definiscono la posizione competitiva. Attraverso una matrice possiamo definire le tre tipologie di strategie di corporate che possono essere utilizzate: • Strategia di sviluppo • Strategia di stabilità • Strategia di contrazione Elaborazione personale prendendo le informazioni dal libro, Pellicelli G (2014), Strategia d’impresa, , Terza Edizione, Egea Nel ciclo economico dell’impresa si ha come obiettivo naturale l’ampliamento dei volumi, con la necessità di ampliare anche le dimensioni dell’impresa stessa per poter creare spazi all’interno dell’organizzazione.
  • 6. Ovviamente nel corso del tempo ci si trova ad un determinato stadio di crescita in cui l’impresa si pone la domanda se sia utili continuare nello sviluppo, e se la risposta è positiva, continuare nello stesso settore o in altri. Al fine di agevolare l’interpretazione di questi processi di sviluppo e per poter comprendere maggiormente una classificazione ragionata delle diverse opzioni strategiche, possiamo fare riferimento a due variabili esplicative: (a) le aree di business e (b) le aree geografiche. Fonte: Figura prelevata dal testo di Ramusino E. e Onetti A., Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione Occorre precisare che le strategia comportate non entrano in gioco solamente nella fasi in cui vi sia una crescita dimensionale dell’impresa. L’eventuale decisione di ingresso in un nuovo mercato con un nuovo business può essere dettata dall’uscita da altre attività detenute precedentemente, senza che questa portino una crescita per l’azienda. Uno spostamento da monte a valle o viceversa lungo la filiera produttiva non per forza esprime sintomo di integrazione verticale
  • 7. qualora si abbandonino altre attività precedentemente detenute. Possiamo quindi pensare le strategie cooptare come decisioni di “riposizionamento” anche se queste non hanno un effetto additivo o di crescita sulle attività dell’impresa, ma hanno come obiettivo primario quello di riqualificare il loro posizionamento strategico sul mercato .1 II Le strategie di sviluppo 2.1 Concentrazione Le strategie di sviluppo si concentrano principalmente sulle azienda mono – business ma anche sulle azienda multi – business. Se l’azienda è della prima tipologia adotterà una strategia di concentrazione, opzione adottata quando il ritmo di espansione è molto elevato, altrimenti la strategia utilizzata nel settore in cui opera in più settori, dove l’attrattività è scarsa, in questa campo vi si trovano aziende con bassa redditività, si userà una strategia di diversificazione. Nel primo caso viene adottata quando il settore preso in considerazione ha molta attrattività nei confronti delle altri imprese e vi possono essere due differenti tipologie : ✓ Integrazione verticale ✓ Integrazione orizzontale Si parla di integrazione verticale quando un’impresa cresce e sviluppo lungo la sua filiera produttiva, internalizzando le varie attività, e le fasi ad essa connesse, diverse da quelle originariamente svolte. Più è sviluppato il collegamento con la propria filiera produttiva e maggiore sarà il grado di integrazione verticale. Ramusino E., Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo,1 innovazione, Il Sole 24Ore, Milano, pp. 318-320
  • 8. La scelta di questa strategia si ripercuote sull’equilibrio economico dell’impresa, dando la possibilità al fatturato di crescere, questo perché consente un maggior controllo sulle fase della produzione e non avendo il problema di controllare perché eseguite da società esterne. Questa interazione può avvenire per linee interne o esterne all’impresa prendendo atto come obiettivi quello di limare il più possibile le incertezze, riducendo di costi di approvvigionamento delle materie prime, semilavorati e di tutte le componenti necessarie alla produzione consentendo una stabilità nel processo produttivo fino alla fase finale che è la vendita. Questa tipologia di strategia non è molto utilizzata perché si preferiscono altre modalità (alcune forme di partnership). I vantaggi che questa strategia porta sono: ✓ aumenta la forza contrattuale dell’impresa a creare barriere per la concorrenza all’entrata nel mercato ✓ Aumento del valore aggiunto (dato dalla differenza tra il valore dei prodotti finiti e il costo delle materie prime necessarie per realizzare la produzione) ✓ Stimolo della domanda e migliora l’efficienza aziendale ✓ Maggior controllo sul ciclo produttivo (l’azienda riduce la sua dipendenza dall’esterno) Però questa strategia mostra anche degli svantaggi: ✓ Reazione negativa del cliente ✓ Difficoltà di prevedere la domanda e cambiamenti nella tecnologia
  • 9. ✓ Rischio di “blocco dell’apprendimento) in quanto l’impresa internalizzando più fasi della filiera tecnologica-produttiva può non specializzarsi in nessuna attività cioè non essere innovativa, originale e competitiva in alcuna fase ✓ Aumento dei costi fissi e della rigidità aziendale Questo tipo di integrazione consente di poter operare in svariati punti della filiera produttiva andando quindi ad identificare un articolo bisogno in cui l’impresa sente di dover svolgere un attività in sostituzione di imprese clienti, e cosi facendo determinando la tipologia di integrazione che può essere di due tipologie: a monte o a valle .2 Fonte: Decisioni di integrazione verticale preso da Ramusino E. e Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione Ramusino E. e Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni,2 sviluppo, innovazione, Il Sole 24ore, Milano, pp. 325-327
  • 10. In definitiva la strategia di integrazione verticale la si può utilizzare quando l’impresa spenderebbe meno producendo internamente il prodotto di cui necessita piuttosto che acquistarlo sul mercato da un’impresa cliente, quando l’impresa si trova in presenza di un forte potere di mercato dei fornitori o dei clienti dell’azienda (esempio: quando vi sono pochi fornitori dell’impresa e questi potrebbero applicare dei prezzi maggiori rispetto a quelli di mercato) e infine quando la domanda di mercato presenta dei tassi di crescita certi e stabili nel lungo periodo. La seconda strategia, l’integrazione orizzontale, opera in maniera completamente differente estendendo le proprie attività in altre zone geografiche, in altri mercati ponendo come alcuni obiettivi l’acquisizione di possibili concorrenti che abbiano le medesime attività o eventualmente stringere alleanze con essi ecc. Si ha integrazione orizzontale quando l’impresa espande l’attività a prodotti, processi e know-how esistenti affini alla filiera tecnologica-produttiva già esistente. Tra le produzioni integrate sussistono vincoli tecnologici (stessa concezione dei cicli di lavorazione , fasi comuni di lavorazione, tecnologie simili) e di mercato (stesse politiche di distribuzione, promozione, ecc…). Per esempio è integrazione orizzontale quando un’impresa che produce lavatrici acquista un’impresa che produce frigoriferi, oppure crea nuove unità produttive che producono lavastoviglie. Quindi l’obiettivo principale è quello di aumentare la quota di mercato relativa detenuta dall’impresa rafforzando cosi la propria posizione e il proprio potere di mercato. Inoltre è possibile tramite questa strategia migliorare l’efficacia e l’efficienza in quanto l’azienda sfrutta la familiarità della produzione su cui si sviluppa. Anche qui si può operare per linee interne attraverso nuovi investimenti da parte dell’impresa o per linee esterne puntando su acquisizioni di altre imprese, join venture. Questa strategia porta i seguenti vantaggi:
  • 11. ✓ Favorisce l’espansione territoriale con ampliamento della quota di mercato ✓ Favorisce la specializzazione e la complementarietà ✓ Maggior valutabilità dei rischi da parte degli organi imprenditoriali ✓ Attività congiunta di più imprese per la soddisfazione del mercato ✓ Favorisce il coordinamento tra le varie linee di prodotto Però anch’essa presenta degli svantaggi: ✓ Il problema che vari prodotti si contendono lo stesso mercato ✓ L’eventualità del verificarsi di situazioni di monopolio ✓ Aumento dei rischi relativi alla concentrazione su un solo settore ✓ L’aumento delle dimensioni aziendali può comportare sia difficoltà nel controllare il processo di crescita sia un aumento delle attività burocratiche In definitiva la strategia di integrazione orizzontale la si può utilizzare nelle situazioni in cui l’impresa voglia preservare la posizione competitiva acquisita, rendendo più difficile l’ingresso nel settore dei nuovi potenziali concorrenti, quando ci vuole difendere da andamenti sfavorevoli del mercato e quando si cerca di sfruttare considerazioni potenziali di domanda non soddisfatta (fase di sviluppo del ciclo di vita del prodotto).
  • 12. 2.2 Diversificazione Nella seconda tipologia di strategia, ovvero quella della diversificazione può essere attuata attorno allo stesso nucleo dell’impresa, stessi clienti, stessi mercati ecc, oppure non avendo una relazione di questo tipo ma concentrandosi semplicemente alla massimizzazione del valore per gli azionisti. Si cerca in una qualche maniera di far interagire due business per far si che creino maggior valore insieme anziché creare valore lasciandoli separati a se stessi. Un’impresa diversifica le sue attività produttiva ogni qualvolta, senza abbandonare le vecchie linee di prodotti, incluse produzioni intermedie, che sono sufficientemente differenti dalle produzioni precedenti ed implicano, quindi qualche differenza rilevante nei programmi di produzione o di distribuzione. La diversificazione viene spesso trattata a proposito dei processi di crescite delle imprese, dove la crescita è il modo in cui essa acquisisce, mantiene e sviluppa il proprio vantaggio competitivo. Per diversificare quindi si intende la crescita basati su nuovi prodotti e nuovi mercati. Cosi possiamo suddividere la strategia di diversificazione in due tipologie: ✓ Diversificazione concentrica ✓ Diversificazione Conglomerata I motivi della diversificazione posso essere svariati ma alcuni scelte più frequentemente vengano associate a questa tipologia di strategia: ✓ Nella crescita dell’impresa e miglioramento del rendimento medio del capitale investito nelle attività produttive ✓ Nella ripartizione (riduzione) del rischio
  • 13. ✓ Nella ricerca di un maggior potere di mercato e di stabilizzare il flusso delle vendite ✓ Nella flessibilità che si viene a sviluppare nei confronti dei mutamenti ambientali Nella prima tipologia di diversificazione si ha l’impresa che detiene una forte posizione e forza competitiva situata però in un settore che detiene un basso livello di attrattività, il che comporta un notevole successo di questa strategia. La diversificazione concentrica incentra principalmente la sua forza in un nucleo centrale intorno al quale costruisce intorno a se delle cerchie di attività complementari le quali verranno affiancate ad altrettante attività e cosi via. Il nucleo di per se può essere rappresentato dalla tecnologia, dai prodotti o dai servizi, dalla presenza in più mercati geografici, dai segmenti dei clienti o da una rete distributiva efficiente. Questo tipo di strategia può essere realizzata per linee interne all’impresa o per linee esterne operando l’acquisizione di altre imprese o in join venture. Nella seconda tipologia di diversificazione invece viene attuata quando il settore in cui opera l’impresa non consente una diversificazione o quando semplicemente il corporate ha come obiettivi di entrare in settori completamente differenti da i settori di partenza, ponendosi delle domande per effettuare delle scelte logiche su come attuare questo tipo di strategia, ragionando su quali sono i settori in cui investire i capitali e in quali settori esiste il maggior potenziale di sviluppo nel breve ma soprattutto nel lungo periodo. Gli obiettivi che il management si prefigge possono essere molto diversi: il management valuta le capacità delle propria azienda confrontandole con quelle delle altre e cercando i fattori migliori che si possano combinare insieme per ottenere il massimo dei risultati. Per esempio affiancare imprese che hanno una forte disponibilità liquida ad altre imprese che hanno un livello potenziale molto elevato le quali però non hanno a disposizione la liquidità per poter esprimere al meglio quel
  • 14. potenziale e non potendo cosi fare gli investimenti necessari, cosi facendo unisce aspetti positivi e negativi di due imprese con situazioni differenti ottenendo benefici per entrambi le imprese. Molte volte il management prendono decisioni che riguardano l’acquisizione di particolari imprese le quali hanno una grande capacità di reperimento delle risorse finanziare ovvero con un alto livello di indebitamento che consente quindi all’impresa che acquista di poter reperire con mino difficoltà risorse finanziare sul mercato che altrimenti da sola non riuscirebbe a reperire o che non gli verrebbero concesse dalle istituzioni finanziarie. 3. Le strategia di stabilità 3.1 Attesa da buona posizione A livello di strategia di stabilità si va ad analizzare la posizione competitiva che l’impresa ha nel settore. In questo caso si presuppone che l’impresa detenga una buona posizione però si ritrovi in un mercato o settore che sta attraversando un momento di crisi o semplicemente un momento di stagnazione il quale comporta un calo dell’attrattività per nuove imprese a causa degli scenari turbolenti che inducono a non rischiare ad entrare in quel settore. Quando l’impresa si trova davanti una situazione di questo tipo può operare due scelte sostanzialmente: 1. La prima scelta è quella di preoccuparsi più dell’aspetto interno a se stessa piuttosto che occuparsi di quello che accade al di fuori del proprio sistema, cosi facendo cerca di rafforzare le proprie strategie e i punti di forza e cerca di eliminare le lacune e i punti deboli maggiori; generalmente si opera con le classiche procedure di riduzione dei costi
  • 15. delle materie prime, del lavoro, si cerca di migliorare l’efficienza e la produttività; 2. La seconda scelta invece è molto più ponderata e fa ricorso alla prudenza, dove il management cerca di valutare i possibili scenari futuri che si possono presentare e valute tutte le possibili mosse da effettuare nel caso si preveda un rialzo del settore e quindi investire in esso oppure se il settore può presentare una contrazione allora adottare strategie per difendere la propria posizione nel mercato. 3.2 Attesa da cattiva posizione In questa situazione invece l’impresa rispetto a prima non ha una buona posizione competitiva ma detiene una posizione medio - debole nel settore il quale presenta a sua volta con una media attrattività. Attraverso un’analisi SWOT si può dedurre come l’impresa detenga delle modeste forze ma altrettante debolezze e la quale si ritrova in un settore che presenta a sua volta modeste opportunità ma altrettante minacce ed insidie. Quando l’impresa si trova davanti una situazione di questo tipo può operare due scelte sostanzialmente: 1. La prima scelta è quella di analizzare le possibili minacce incombenti nel settore e se l’impresa scopra che tale minacce sono reali attende di vedere le conseguenze che queste portano comportandosi come “spettatore” ovvero aspettando che la minaccia si configuri anche se cosi facendo rinuncia completamente alle proprie strategie bloccando i propri investimenti e i propri processi decisionali più importanti;
  • 16. 2. La seconda scelta invece è più incentrata nel rimandare o semplicemente ridurre tutti quei costi destinati alla ricerca e allo sviluppo, alla pubblicità e ad altre business – unit cercando di perseguire come obiettivo la stabilizzazione dei ricavi. In questa situazione il management si ritrova a dover affrontare una situazione molto delicata, nella quale si possono determinare le sorti dell’impresa nel futuro. Esso può riuscire ad affrontare la crisi e a respingere le minacce nel breve termine preservando il valore dell’impresa e mantenendo un certo livello di attrattività che consenta in un secondo momento in eventuale acquisizione da parte di altre imprese, altrimenti se il periodo di declino si protrae nel lungo periodo allora in quel caso le scelte del management non saranno state efficaci e il destino dell’impresa è pressoché inesorabile e determinato. 4. Strategia di contrazione Le strategie di contrazione vengono utilizzare nel momento in cui l’impresa è in carenza di risorse disponibili ma allo stesso presenza un forte dinamismo da parte dell’utente. Il primo passo necessario per poter attuare questa strategia, consiste nell’individuazione di quelle aree aziendali più deboli le quali necessitano maggiormente di essere supportate. Vi possono essere due fasi distinte, dove nella prima si procede con un’analisi delle modalità di funzionamento dell’attività andando a verificare in quali aree si necessita dell’intervento (come la riduzione dei costi, l’aumento della produttività, la diminuzione del personale addetto, il rinvio degli investimenti ecc). Nel caso in cui l’attività d’impresa debba essere abbandonata, allora si può procedere con la seconda fase, dove è previsto un azzeramento degli investimenti nelle aree
  • 17. precedentemente individuate tramite la prima fase e di conseguenza procedere con la dismissione delle attività.3 4.1 I principi fondamentali del Turnaround e le varie fasi I continui cambiamenti del mercato e della domanda alimentati dalla competizione, dalla globalizzazione dei mercati e dalla continua innovazione tecnologica, pongono svariate imprese ad un bivio in cui devono decidere se soccombere al mercato e ai nuovi concorrenti oppure se trovare una soluzione per potersi ripensare e reinventare per affrontare le nuove sfide che si presentano all’orizzonte. Il turnaround si rende fondamentale in seguito al verificarsi di specifici fattori e situazioni che risultano imprevedibili per l’impresa: • mutamenti dovuti allo scenario: innovazione tecnologica, sviluppo del mercato, competizione più forte, nuovi canali distributivi, ecc; • situazione aziendali: nuovo management, situazione economica- finanziaria negativa, ecc; • andamento della domanda: calo della domanda di mercato, ricerca di nuovi mercati e nuovi segmenti, ecc; • introduzione di nuovi strumenti legislativi: nuove regolamentazioni del settore di appartenenza (politiche di distribuzioni, normative, ecc) che inducono un nuovo posizionamento da parte dell’impresa. Gori E. (2004), La pianificazione e il controllo strategico nelle aziende ospedaliere pubbliche,3 Franco Angei, Milano, pp. 83
  • 18. Lo spiriti imprenditoriale già da se contiene al proprio interno una propensione al cambiamento al mettersi continuamente in gioco e in alcune circostanze di reinventare laddove l’impresa risulti obsoleta dopo qualche tempo .4 Uno dei motivi che sta alla base della strategie del turnaround è la possibilità di poter dare all’impresa la chance di continuare a sopravvivere nel mercato e di continuare a competere, producendo, vendendo e generando profitto. Per evitare che questo processo venga avviato troppo tardi, quando la situazione risulta irreversibile, il management deve in maniera opportuna effettuare costanti controlli per poter prendere visione della situazione attuale e poter leggere in anticipo eventuali scenari che possono dover scaturire l’avvio del Turnaround. L’analisi fornisce dei dati concreti ma molto spesso è l’intuito del management che consentirà di prevedere in anticipo alcune situazioni che altrimenti alcuni dati non mostrerebbero in maniera cosi chiara. Come ogni processo, esso necessita del suo tempo, e il giusto timing di attuazione è fondamentale per non rischiare di arrivare in ritardo o nel caso opposto di effettuare il processo troppo prima, mossi dalla fretta e dalla conseguente improvvisazione, che possono scaturire scelte errate con ripercussioni gravi per l’impresa stessa. Non esiste un procedimento standard univoco per tutto per le tipologie di imprese, ma ognuna di esse adottare in base alla propria struttura e ai propri bisogni, alcune decisioni per poter attuare il processo di turnaround. Alcuni fattori sono tuttavia comuni in tutte le diverse imprese presenti sul mercato dal quale si può partire con un’analisi per poi attuare le proprie scelte strategiche .5 Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare4 l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano, pp. 64-65 Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare5 l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano, pp. 80-82
  • 19. Condizionamenti del processi di riprogettazione dell’impresa. Fonte: immagine presa dal libro “Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare l’impresa”. Questa tipologia di strategia viene utilizzata quando nel mercato si vengono a creare degli scenari di recessione economica e crisi, il che comporta un riassestamento delle strategie di corporate utilizzate dall’impresa. Queste decisioni devono essere ponderate e necessitano di un’analisi SWOT che rilevi6 forze e debolezze dell’impresa. Principalmente la strategie è caratterizzata da due fasi: La prima fase cerca di migliorare l’efficienza riducendo i costi, migliorando la produttività, riducendo il personale, eliminando impianti e strutture obsolete, ecc. Se questo tipo di scelta porta dei risultati a vantaggio dell’impresa allora essa decide di rimanere nel mercato riducendo sensibilmente la propria forza e la propria competitività. Cap.10 Le strategia di corporate in un’impresa single-business, par. 10.5 Le strategie di6 contrazione, G.PELLICELLI, STRATEGIE D’IMPRESA Terza Edizione, Egea, Analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altra situazione in cui un'organizzazione o un individuo debba svolgere una decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L'analisi può riguardare l'ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno di un'organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).
  • 20. Se nonostante queste scelte la situazione dov’essere rimanere invariata o peggiorare allora la strategia si porta alla seconda fase di scelte disponendo di 3 opzioni: La prima è una scelta dove si avvia un Turnaround o inversione di marcia, la seconda si procede con la rinuncia a competere nel settore scelto dall’impresa e si procede con la messa di essa in posizione captive o scegliendo l’opzione di vendita, la terza infine si procede con la decisione più drastica decidendo di abbandonare il settore uscendo definitivamente dal mercato con una procedura di fallimento o di liquidazione. Questa tipologia di strategia può essere portata avanti dall’imprese per un breve periodo o per un periodo medio - lungo a seconda della situazione in cui versa l’impresa e dalle condizioni del mercato e del settore in cui l’impresa stessa opera. Ovviamente questi processi sono frutto del lavoro del management che deve essere in grado di poter prevedere in tempo e di saper affrontare in maniera adeguata i vari scenari che gli si vanno a presentare. Molto spesso però queste condizioni possono provenire dall’esterno ovvero dall’evoluzione dei mercati, dalle tendenze del settore, da innovazioni tecnologiche ed altri fattori. Il management dovrebbe essere sempre preparato e reattivo a rispondere a qualsiasi tipo di minaccia gli si presenti, tenendo conto del fatto che il futuro non si può prevedere, esso può e deve operare secondo una logica e evitando di utilizzare l’istinto, il quale può essere utilizzato quando le condizioni sono stabili, ben definite e le variabili non cambiano, ma in contesto di crisi allora il management deve costruire scenari per il futuro, pianificare varie strategie per i possibili scenari, definire quali opzioni strategiche sono necessarie e quali no e saper gestire in maniera adeguata il portafoglio di azioni. Lo scenario di crisi può avere in sostanza 3 tipologie di opzioni: la recessione, i cambiamenti tecnologici e le responsabilità del management.
  • 21. Fonte: Elaborazione personale prelevando le informazioni da Pellicelli G. (2014), Strategie d’impresa, Terza Edizione, Egea, Milano. 4.2 Recessione7 Quando si ha uno scenario di recessione vi sono diversi modi di affrontarla, in base alla condizione in cui si trova l’impresa. Essa può avere una condizione forte, una condizione mediamente forte mettendo alla prova le capacità del management oppure quando l’impresa si ritrova con una condizione debole nello scenario. Mentre la vita dell’impresa passa attraverso dei periodo di crescita e declino, per poter parlare di recessione è necessario individuare un fenomeno caratterizzato da un trend negativo protratto nel tempo con una situazione di forse instabilità, risultati economici negativi e carenza di liquidità seguita a momento di insolvenza. La crisi aziendale mette in luce un forte scostamento tra le performance economiche-finanziare effettivamente prodotte in quel preciso momento sul Recessione : In economia la recessione è una condizione macroeconomica caratterizzata da7 livelli di attività produttiva (PIL) più bassi di quelli che si potrebbero ottenere usando completamente ed in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione in contrasto al concetto di crescita economica. RECESSIONE CAMBIAMENTI TECNOLOGICI RESPONSABILITA’ DEL MANAGEMENT CRISI
  • 22. mercato rispetto a quelle che la stessa impresa desidera produrre ma che inevitabilmente non riesce a fare. 4.3 Cambiamenti nella tecnologia Il secondo scenario può riguardare i cambiamenti tecnologici che possono modificare e talvolta stravolgere un’intera struttura minando quindi alla stabilità dei leader di mercato portandoli al declino e rendendo possibile l’ascesa di altri competitor. Si intende per cambiamento tecnologico una qualunque variazione del livelli di conoscenze tecniche o organizzative, cioè di tecnologie, detenute da una organizzazione. Se la variazione della quantità o dell’uso di una data tecnologia è in “qualche modo” finalizzata al raggiungimento di un obiettivo concreto, il cambiamento tecnologico diventa innovazione tecnologica. Condizione dell’ impresa Strategia del Turnaround Azioni avviate nel Turnaround Condizione forte Attacco Investire in vista della ripresa del ciclo Acquisire quote di mercato: Acquistare imprese concorrenti; Concorrenza aggressiva; Migliorare le attività chiave Strategie di espansione Condizione mediamente forte Management all’altezza della situazione Essere pronti nella fase di ripresa del ciclo Razionalizzare il portafoglio prodotti/ servizi. Razionalizzare/adattare la struttura organizzativa per aumentare la flessibilità e l’efficacia del controllo. Ridurre gli effetti di future onde cicliche: cambiare il mix dei prodotti/servizi e il mix Dei mercati geografici. Condizione debole Sopravvivenza Ridurre i costi operativi: lavoro, capacità produttiva, scorte, marketing . Ridurre gli oneri finanziari. Disinvestire.
  • 23. Un chiaro esempio lo si ritrova negli ultimi anni 90’ dove la rivoluzione tecnologica a livello digitale a messo in seria difficoltà imprese leader nei loro settori anche a partire dal 1800. Per esempio aziende come Eastman Kodak, Fuji Photo e altri pochi concorrenti che erano leader nel settore della fotografia tradizionale, si ritrovarono improvvisamente molti imprese high-tech che potevano garantire gli stessi servizi migliorando diversi aspetti come la qualità, la rapidità di esecuzione, il costo e altri fattori determinanti per poter primeggiare in quel settore. Altro caso celebre è quella dell’enciclopedia Britannica, la più famosa al mondo oltre che essere anche una delle più costose. Essa si ritrovo in crisi perché altre imprese fornivano lo stesso bene e servizio ad un costo nettamente minore ma soprattutto a livello di portabilità del prodotto offrivano un bene di dimensioni notevolmente inferiori ad essa rendendo quindi più accessibili ai consumatori la disponibilità di possedere tale bene. 4.4 Responsabilità del management Negli scenari peggiori le conseguenze che un’impresa subisce dipendono molto spesso dalle decisioni dei vertici, da decisioni prese dal management che possono determinare in maniera netta la sopravvivenza o meno dell’impresa stessa. Il management ha la maggior parte di responsabilità nella fase del declino che può essere dettata da incapacità di prendere decisioni nei momenti cruciali, di non riuscire a prevedere gli scenari futuri che si possono presentare all’orizzonte per l’impresa, scarse capacità a livello tecnologico, di marketing o finanziare o semplicemente non saper fronteggiare conflitti interni come cambi di asset a livello dirigenziale. Il management ha la responsabilità anche quando non è in grado di fronteggiare le eccessive dimensioni che un’impresa assume nel corso del suo ciclo vitale il che comporta molto spesso una difficile gestione causata da dimensioni importanti o per un indebitamente elevato per poter mantenere in piedi la struttura.
  • 24. Una dimensione molto grande dell’impresa può permettere di tenere sotto controllo la situazione ma se questa non viene gestita in maniera adeguata allora la caduta può essere molto forte e brusca. Inoltre un’impresa di grandi dimensioni deve avere sotto controllo la propria situazione finanziaria attraverso controlli sistemaci e ponderati in base ai settori che ritiene maggiormente a rischio. Questo controllo viene meno quando l’impresa opera molto con la diversificazione delle proprie business – unit rendendo molto oneroso e dispendioso un controllo incrociato di tutti gli aspetti economici e finanziari. Maggiori sono le dimensioni di un’impresa maggiori sono i costi fissi che questa deve sostenere per poter operare in tranquillità ed adempiere a tutti i propri obiettivi. Se vengono a mancare economia di scala, se si ha un eccessivo indebitamento e una continua perdita di competitività. L’errore che molte imprese commettono è quello di vivere sulle vittorie conseguite nel passato, ovvero di operare continui investimenti su prodotti vecchi che hanno ottenuto successo nei cicli passati senza pensare alle possibili conseguenze che il mercato può offrire come cambiamenti della domanda, cambiamenti delle scelte dei consumatori, nascita di nuove imprese, avvento di nuove tecnologie e di prodotti sostituti rendendo cosi il mercato ancora più concorrenziale e rendendo inevitabile la perdita di quote di mercato e di competitività dell’impresa stessa. Secondo Goldston ( 1992 ) il compito principale deve essere quello di saper8 leggere i sintomi di crisi, come un medico prevede i sintomi di un ammalato, lo stesso deve fare il management sapendosi muovere per tempo e sapendo adottare le strategie migliori per poter per lo meno frenare o se possibile bloccare il disastro. I sintomi principali sono riconoscibili in perdite di ricavi, perdita di quote di mercato, i manager migliori che vanno a lavorare per altre imprese,l’impresa non è più in grado di generare liquidità a sufficienza da Cap. 18 Le strategie del Turnaround par. 18.1 Le cause del declino e le responsabilità del8 management, Fonte: Goldston M. “The Turnaround Prescription. Repositioning Troubled Companies, Free Press, Boston 1992.
  • 25. utilizzare in periodo di crisi o se la genera la sperpera in breve tempo per poter limitare i danni della crisi, perdita della capacità operativa con conseguenza perdita di immagine dei prodotti che vengono sostituiti o “cannibalizzati” da altri prodotti di altre imprese più competitive. Molte tecniche possono essere necessarie al riposizionamento di un'Organizzazione. Sovente l'intervento di Turnaround comporta l'applicazione di un mix di tecniche in base alla fase della crisi, alle caratteristiche dell'Organizzazione ed alle cause della sofferenza. Le più diffuse tecniche che pervadono il processo di Turnaround sono conosciute come: • Il Retrenchment (ridimensionamento) attraverso una strategia di ampio respiro composta da azioni di breve termine dedicate alla riduzione delle perdite finanziarie, la stabilizzazione del declino e la lotta ai problemi che hanno determinato le scarse performance dell'Organizzazione[1]. Il contenuto essenziale della strategia di ridimensionamento è la riduzione degli scopi e delle dimensioni dell'organizzazione che può essere ottenuto attraverso la vendita degli assets non strategici, l'abbandono di mercati eccessivamente competitivi, la dismissione di linee produttive a bassa redditività, il ricorso massiccio al lean manufacturing ed all'outsourcing. In buona sostanza il Retrenchment non è altro che un'operazione di recupero dell'efficienza e di ri-focalizzazione sul "core business".[2] A scapito di quanti possano credere il contrario, se vengono vinte le resistenze iniziali ai "tagli", i risultati operativi derivanti dal retrenchment spesso comportano un migliore posizionamento dell'organizzazione nel mercato.[3] • Il Repositioning (riposizionamento), conosciuto anche come strategia imprenditoriale, è focalizzato sulla creazione di valore attraverso l'innovazione nei prodotti e/o nei processi aziendali, la variazione del marketing mix, l'esplorazione di nuovi mercati, un'attenta strategia
  • 26. di corporate communication fino alla variazione della mission al fine di recuperare l'immagine dell'Organizzazione.[4] La più brillante operazione di repositioning degli ultimi anni è sicuramente stata quella successiva all'acquisizione di Audi da parte del Gruppo Volkswagen. • Il Replacement (sostituzione) è una strategia che comporta la sostituzione del Top Management fino ad includere il ricambio del Chief Executive Officer (CEO). Molto popolare nei paesi anglosassoni, il replacement in strutture a conduzione padronale (molto diffuso nel sistema Italiano) può rappresentare un'opzione pericolosa. Spesso il replacement in certe realtà comporta una decisa resistenza, accompagnata dall'obbligo di selezionare il nuovo management nell'ambito familiare, con conseguenze spesso imprevedibili senza un'attenta attività suppletiva di coaching e di mentoring dedicata. Tuttavia in letteratura si apprezza il vantaggio di sfruttare la novità rappresentata dal nuovo management nella gestione degli stakeholders, la naturale propensione al cambiamento e l'apporto di background ed esperienza mutuate da esperienze diverse.[5] In ogni caso vale la pena di sottolineare che il nuovo CEO può causare problemi nella fidelizzazione del personale e nei rapporti interni all'Organizzazione che possono vanificare il processo di Turnaround.[6]In conclusione, il replacement è subordinato alla reputazione del CEO da sostituire: in caso di CEO "chiacchierati" od incapaci di una visione imparziale (nella valutazione delle cause della crisi e delle performance del personale) molto spesso la sostituzione è un atto dovuto alla buona riuscita del Turnaround.[7] • Il Renewal (rinnovamento), l'Organizzazione pone in essere un percorso di azioni a lungo termine sulla base di percorsi di miglioramento progressivo tipici dei sistemi di gestione della Qualità ed in particolare
  • 27. dell'accezione Giapponese comunemente nota come Kaizen. Il primo passo di un processo di renewal è l'analisi delle strutture esistenti e dei processi in essere misurandone la flessibilità e l'efficacia nell'adattamento alle nuove condizioni dell'ambiente competitivo. Gli outputs tipici di un percorso di renewal sono la rivisitazione del budget aziendale, la chiusura progressiva di divisioni improduttive, lo sviluppo di nuovi prodotti, la variazione dell'area strategica d'affari con aperture a nuovi mercati o nuovi settori di business.[1] Molto spesso il renewal è applicato durante la fase di rivitalizzazione delle Organizzazioni che hanno superato la fase acuta di crisi. 4.5 Caso Nissan : un Turnaround eccellente9 La casa automobilista Nissan è una delle più famose e potenti del mondo, essendo un’impresa molto forte nel suo paese il Giappone ma è presente anche in altrettanti mercati mondiali esportando fortemente i propri profitti e i propri servizi. Però negli anni 2000 la società affronta un periodo di crisi molto profondo con il rischio di un fallimento che avrebbe un effetto clamoroso oltre che storico. L’impresa arrivava da un periodo di 7 anni in cui non produceva redditività o comunque aveva un basso livello di redditività oltre che un calo molto forte delle quote di mercato in tutti i paese in qui esportava. La sorte dell’impresa sembrava abbastanza segnata quando Carlos Goshan , vice10 presidente esecutivo della casa automobilista francese Renault, venne in soccorso Caso Nissan, La Nissan Motor Co. Ltd. è una casa automobilistica giapponese, si tratta della9 seconda casa nipponica in ordine di grandezza, dopo la Toyota. Attualmente fa parte del gruppo Renault ed è guidata da Carlos Ghosn. Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/ headlines/vftt_ghosn.shtml Carlos Goshan, Carlos Ghosn è un imprenditore brasiliano, amministratore delegato dei gruppi10 automobilistici Renault e Nissan. Nato in Brasile il 9 marzo 1954 da una famiglia di origine libanese, si è laureato in Ingegneria alla Ecole Polytechnique di Parigi. Assunto alla Michelin nel 1978 è stato presidente e CEO di Michelin North America. Dopo aver lavorato, dal 1996 in vari ruoli alla Renault in Francia fino alla posizione di vicepresidente esecutivo, è stato nominato amministratore delegato della Nissan Motor in Giappone nel 1999 dopo l'acquisto da parte della Renault del 44% dell'azienda.
  • 28. della Nissan. Carlos Goshan si trasferì a Nissan quando la Renault ha11 acquistato una quota del 37 per cento nella società nel periodo in cui soffriva la maggior crisi. Nata nel 1954 , laureato francese all’Ecole Polytechnique , con una laurea in ingegneria . È entrato in Michelin nel 1978 e servito come presidente e amministratore delegato di Michelin North America. Entra in Renault nel 1996 dove divenne vicepresidente esecutivo. Il suo piano di ristrutturazione della Nissan era ben chiaro e definitivo. Esso operò dei tagli, molto poco giapponese a livello di etica, dovendo tagliare i fornitori e di introducendo la responsabilità nei ranghi della casa automobilistica . Si potrebbe pensare che queste azioni , aggravate dalla sua incapacità di parlare giapponese , lo avrebbero reso impopolare . Ma invece Ghosn è diventato un eroe in Giappone per il suo Turnaround di Nissan che ha riportato l'azienda dalla difficoltà al ritorno alla redditività . Il lavoro di Goshan si conferma anche nei numeri, trasformando una perdita di 5,5 miliardi dollari nell'anno fiscale 2000 a un profitto 2,7 miliardi dollari nell’anno successivo , al di sopra delle aspettative da parte degli analisti. Ha tagliato 20 miliardi dollari di debito di Nissan e potenziato il prezzo delle azioni del 30 per cento . "Abbiamo fatto in due anni quello che avevamo programmato per tre ", disse Goshan . La crescita continua in quali Ghosn chiama il suo "180 piano " – ha prodotto come risultato 1 milione di unità vendute in tre anni , con un margine operativo dell'8 per cento e il debito pari a 0 entro il 2003 . Molto lontano dal mettere a repentaglio il futuro di Nissan , ha investito in un nuovo stabilimento a Canton , Mississippi ( aprendo il successivo a maggio ), ed espandendo la linea del modello , tra cui la reintroduzione della vettura Z .In questo caso la strategia Turnaround ha avuto successo perché da una situazione molto critica si è riusciti ad ottenere il massimo risultato possibile riportando l’azienda in una situazione nettamente migliori rispetto a quella di partenza. Ghosn C., Riès P., Shift inside Nissan’s history revival, Currency Dooubleday, New York, 200311
  • 29. 4.6 Caso Xerox : un Turnaround inefficace12 Xerox Corporation è una delle più grandi aziende produttrici di stampanti e fotocopiatrici. È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati Uniti, nel 1906. In origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come produttrice di carta per fotografia. In seguito sviluppò la prima fotocopiatrice xerografica del mondo, commercializzata nel 1959, denominata Xerox 914. Negli anni settanta la Xerox produceva anche computer. Tutt'oggi la Xerox possiede un grande centro di ricerche a Palo Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox è presente in 192 paesi e territori nel mondo. Iniziò ad avere difficoltà gestionali subendo, quindi delle perdite. Successivamente si verificò un dimezzamento del prezzo delle azioni. Si innescò così un circolo vizioso nel quale alle perdite d’esercizio seguiva la riduzione del valore di mercato che contribuiva ad incrementare ulteriormente le perdite. Caso Xerox, Fonte : È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati Uniti, nel 1906. In12 origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come produttrice di carta per fotografia. In seguito sviluppò la prima fotocopiatrice xerografica del mondo, commercializzata nel 1959, denominata Xerox 914. Negli anni settanta la Xerox produceva anche computer. Tutt'oggi la Xerox possiede un grande centro di ricerche a Palo Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox è presente in 192 paesi e territori nel mondo.
  • 30. Xerox attribuì la situazione di crisi allo sforzo finanziario sostenuto per riorganizzare la forza di vendita e alla paura dei consumatori legata alla situazione poco favorevole in cui versava la società. Secondo gli analisti, le ragioni della crisi erano individuate nelle cause interne come la cattiva gestione finanziaria e le irregolarità contabili. Thoman lasciò la carica di CEO che fu ricoperta da Allaire. Contemporaneamente Mulchay divenne COO e presidente.
 Mulchay e Allaire annunciarono una strategia di Turnaround che includeva tagli nei costi derivanti dalla riduzione della forza lavoro. Le cause della crisi furono i primi problemi nell’impresa iniziarono a verificarsi nel momento in cui Thoman, Presidente della Xerox, assunse la decisione di riorganizzare l’apparato amministrativo e la forza di vendita ma non comunicò adeguatamente ai diretti interessati i cambiamenti che intendeva apportare, i riflessi che queste modifiche avrebbero procurato sulle routine e sulla società nel suo complesso. Il piano di Thoman, pur potendo considerarsi valido, non produsse i benefici sperati poiché non fu implementato nella maniera più corretta per via della mancanza di supporto del personale a tutti i livelli.
 Mulchay, in fase riorganizzava, comprese che il problema di fondo della Xerox risiedeva nella distanza comunicazionale che si era venuta a creare tra la direzione e la restante parte delle risorse umane. Quando ormai il processo di Turnaround era stato completato Mulchay dichiarò che l’elemento che garantiva il successo della strategia adottata per superare la crisi era il continuo interscambio informativo con il personale e con i clienti. La strategia di Turnaround, prima di rendere noto il piano di riorganizzazione, Allaire e Mulchay incontrarono il maggior numero di dipendenti di Xerox negli USA e all’estero per prepararli ai cambiamenti che stavano per verificarsi nella società e per spiegare al personale la situazione nella quale versava Xerox, quello che la leadership aveva intenzione di fare. Ciò al fine di creare in loro fiducia nella capacità di Mulchay di attuare il Turnaround. Allaire presentò il piano di ristrutturazione e al fine di ridurre i debiti, egli propose di incrementare le entrate attraverso la dismissione di alcuni rami della società.

  • 31. Xerox vendette le proprie operazioni cinesi, ma la vendita non ebbe nessun impatto di tipo operativo su Xerox, ma comportò solo una permanente riduzione delle vendite.Si verificarono continue perdite, licenziamenti dei dipendenti ed un’esternalizzazione della produzione per ufficio.
 Il giorno successivo all’annuncio delle perdite, Xerox comunicò che Mulchay sarebbe divenuta CEO della società. Nonostante le perdite, Xerox rese noto di aver ottenuto un incremento dei flussi di cassa, rilevanti riduzioni delle spese di capitale e di decremento dei debiti. Dopo aver subito perdite e aver effettuato tagli nei posti di lavoro, iniziarono a manifestarsi i primo risultati positivi della riorganizzazione e della ristrutturazione.
 Mulchay dichiarò che il suo obiettivo non era quello di riportare Xerox al profitto, ma di assicurarsi che questo fosse reinvestito nello sviluppo di prodotti, tecnologie e soluzioni in grado di generare vendite e opportunità di crescita presenti e future. Questa strategia produsse i primi effetti positivi. Xerox continuò a lavorare mantenendo i costi a livelli bassi e riducendo gli investimenti nelle attività no - core. La società continuava così a percorrere la strada del miglioramento.
 Attualmente la strategia di crescita di Xerox si basa su tre direttrici : le soluzioni a colori, i servizi e la stampa digitale. L’analisi dei bilanci e il fenomeno della crisi e del successivo Turnaround è spiegato anche dall’analisi dell’andamento dei principali indici economici, patrimoniali e finanziari. Si sono presi in considerazione alcuni indici, tra cui : il ROE, il ROI, il Leverage, l’ Incidenza della gestione non caratteristica, il Solvency Ratio.Il ROE ed il ROI presentano valori negativi negli anni della crisi, mentre tornano ad essere positivi e a crescere in seguito al Turnaround. L’indice che esprime l’incidenza della gestione non caratteristica assume il valore minimo, mentre raggiunge valori elevati nel periodo successivo al Turnaround.
 Dall’analisi dei bilanci della Xerox si evince che nell’ambito delle aree della13 Tratto da “ The Inside Story of Management Fiasco at Xerox ”, Business Week, 5 Marzo 201113
  • 32. gestione non caratteristica, la gestione finanziaria incide negativamente sulla formazione del risultato netto d’esercizio. L’elevata differenza tra totale impieghi e capitale proprio segnala l’ampio ricorso al capitale di terzi.
 Il Leverage cresce qualora l’impresa sia sottocapitalizzata. Ciò produce effetti negativi anche sulla gestione finanziaria attraverso il sostenimento di maggiori costi. La cattiva capitalizzazione dell’impresa è confermata anche dal Solvency Ratio che esprime il grado di autonomia finanziaria dell’impresa. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità . I ricavi è sceso dell'1% a 5,26 miliardi dollari . L'utile netto è cresciuto del 2 % a 286 milioni dollari . I risultati dei primi nove mesi del 2013 erano altrettanto negativi. Azionisti Xerox hanno sofferto per anni . Negli ultimi cinque , l' S&P 500 è crescita del 80% , a fronte di Xerox al solo 38 % . In questo caso la strategia Turnaround non ha avuto il successo sperato perché si è vero che da una situazione molto critica si è riusciti ad ottenere un miglioramento riportando l’azienda in una situazione leggermente migliore rispetto a quella di partenza ma e anche vero che si sono dovuti fare molti tagli a livello di personale, a livello di capitali si è dovuti ricorrere a capitali esteri indebitandosi molto e quindi esponendo l’impresa ad un rischio elevato denotando quindi una cattiva capitalizzazione. Tutte queste scelte sono senza dubbio negative a livello di management che non è riuscito ad essere all’altezza per applicare in maniera adeguata la strategia di Turnaround. 4.7 Il caso Ansaldo14 L’Ansaldo Nucleare S.p.A. è un'azienda italiana che opera nel settore nucleare, realizzando centrali nucleari di terza generazione raffreddate ad acqua. Il suo amministratore delegato è Roberto Adinolfi. Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema italiano14 (Alessandro Danovi, Giuffrè Editore) Ansaldo è una società industriale, sorta a Sampierdarena (quartiere di Genova) nel 1853 con la ragione sociale di Gio. Ansaldo & C. società in accomandita semplice
  • 33. È stata creata nel 1989 dalla fusione tra NIRA e AMN. Nel 1999 diventa una divisione di Ansaldo Energia, e il 1º novembre 2005 viene trasformata in una SpA controllata al 100% da Ansaldo Energia. Ha 170 dipendenti, in maggioranza i tecnici che lavoravano nella Divisione Nucleare di Ansaldo Energia e ha come sede Genova. Con i referendum del 1987 l'Ansaldo Nucleare ha tentato di conservare le sue competenze in campo nucleare lavorando per l'esportazione di centrali all'estero. Il 26 aprile 1986 il drammatico incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, provocò una fortissima ondata emotiva in tutto l’Occidente. In Italia, dopo l’esito di un referendum sulla legittimità del nucleare, sono sospesi i lavori della centrale di Montalto di Castro al fine di consentire una verifica della sicurezza e delle ipotesi di riconversione. Poiché gli esperti dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) giudicano Montalto sicura e cosi il Governo decide a maggioranza la ripresa dei lavori ma all’indomani si apre la crisi politica. Nei giorni seguenti, la maggioranza si ricompatta su un orientamento fortemente anti-nuclearista; il Parlamento decide una moratoria di cinque anni per la costruzione di nuovi impianti nucleari e il Governo dispone la definitiva interruzione dei lavori della centrale di Montalto. Successivamente, nonostante autorevoli e positive attestazioni dell’AIEA sulla sicurezza della centrale di Caorso, il CIPE dispone la chiusura definitiva anche delle centrali già in esercizio, assumendo una posizione senza riscontro in nessun altro Paese. 
 All’epoca dei fatti, il nucleare costituisce il core-business di Ansaldo, sicché in uno scenario che prevedeva la cancellazione di tutti i programmi già avviati si mettono in pericolo 1.500 posti di lavoro a Genova e 1.000 a Milano, insieme ad un portafoglio ordini di circa due miliardi di Euro. Il tutto in tempi estremamente ravvicinati e non prevedibili.
 Difatti, Ansaldo si trovava ad operare in una situazione di monopolio nella produzione di impianti e componenti per le centrali nucleari, caratterizzata da alcuni elementi dominanti:
  • 34. • Elevata priorità strategica, costituendo la produzione di energia il core - business del gruppo • Elevate barriere all’uscita a causa di diversi elementi: impianti specializzati, • sunk cost d’uscita, interdipendenze strategiche con le altre unità aziendali operanti nelle fonti energetiche convenzionali • barriere emotive derivanti dall’impegno profuso dal management e dalle risorse umane di ogni livello • Ostacoli politici all’uscita Per prepararsi al cambiamento strategico, reso necessario dalla cancellazione repentina del core - business, i vertici di Ansaldo elaborano, una visione basata su tre elementi: 
 • un maggiore equilibrio tra le aree di business; • una maggiore diversificazione delle attività • una configurazione multi - domestica strutturata I fattori che resero efficace l’intervento di Turnaround sono stati principalmente: le risorse umane, la motivazione del management e l’incredibile eccellenza tecnologica. Le risorse umane in queste situazioni rappresentano il miglior asset dell’impresa e quello più determinante. La motivazione del management è fondamentale perché è colui che sta al vertice dell’impresa ed e da lui che partono tutte le iniziative per la realizzazione strategica, per la mission aziendale, sulle capacità di valorizzazione, di motivazione delle risorse, di selezione di nuovi business
  • 35. L’incredibile eccellenza tecnologica gioca un ruolo molto importante, infatti Ansaldo effettua numerosi investimenti con lo scopo di migliorare il proprio patrimonio tecnologico e produttivo. Il caso Ansaldo però presenta delle anomalie come caso di Turnaround. Innanzitutto si osserva che il Turnaround costituisce di norma la risposta di un’impresa che reagisce ad una crisi, più o meno graduale, le cui origini possono provenire da fattori interni o da fattori esterni; invece, la crisi di Ansaldo è avvenuta non per ragioni interne, piuttosto per un evento straordinario non prevedibile dalla gestione e dalle previsioni. Sono numerosi i casi di imprese che incorrono in una crisi per motivi del tutto esterni: decisioni politiche avverse, catastrofi naturali, takeover ostili ecc. sono eventi troppo frequenti per considerarli anomali. Inoltre, sebbene le interferenze politiche giochino un ruolo preminente nella partita, la probabilità di una responsabilità del management pare difficile da escludere. Ecco perché il caso Ansaldo viene considerato anomalo: essendo stato cancellato per decisione governativa il core business, bisognava trovare qualcos’altro. In generale, il Turnaround a seguito dell’annullamento del core business deve essere perseguito con successo. In proposito si osserva che il Turnaround della divisione nucleare in realtà consiste (né poteva essere diversamente date le gravi interferenze politiche) in un turnabout, cioè in un drastico ridimensionamento delle strutture e del campo d’azione. Per di più è indubbio che senza il sostegno delle strutture del gruppo, ben difficilmente il presidio nucleare avrebbe potuto raggiungere l’autosufficienza economica, in assenza in Italia di un mercato per il nucleare. Ne consegue che Ansaldo, se non avesse potuto far leva su attività diverse dal nucleare, sarebbe con ogni probabilità andata incontro al fallimento.
 La conclusione che se ne può trarre è che il Turnaround, quando comporta il cambiamento del core business, è realizzabile solo in imprese di rilevanti dimensioni e dotati di significative risorse.
  • 36. ANSALDO PRIMA E DOPO IL TURNAROUND Fonte: Elaborazione personale Nei grafici riportati qui sopra viene mostrata la situazione per quanto riguarda il fatturato della Spa Ansaldo prima e dopo il Turnaround per analizzare al meglio come la società abbia modificato i settori in cui investire riducendo quelli in cui si era presentata una crisi di settore, in questo caso, il core business dell’azienda ovvero l’energia nucleare. In questi grafici invece viene mostrato il portafoglio che l’impresa Ansaldo Spa presenta prima e dopo la crisi e prima e dopo il Turnaround effettuato dal management.
  • 37. PORTAFOGLIO PER AREA BUSINESS ANSALDO SPA PRIMA E DOPO IL TURNAROUND Fonte: Elaborazione personale 5. Strategie di contrazione: Captive o Cessione La seconda azione della strategia di contrazione è quando l’impresa si trova in una posizione competitiva debole trovandosi in un settore stagnante o in declino nel quale l’impresa non ha la possibilità di avviare o di non avviare una strategia di Turnaround e si ritrova di fronte ad una scelta nella quale deve assumere una posizione di tipo captive oppure cedere: • CAPTIVE: La posizione captive consiste sostanzialmente nel caso in cui l’impresa si trasforma in un sub-fornitore nei confronti dei maggiori clienti, avendo come proposti contratti a lungo termine. L’impresa in questo modo ha la possibilità di ridurre i costi delle funzioni che maggiormente assorbono gli investimenti ( per esempio il marketing oppure la R&S ) anche se cosi facendo viene a mancare la propria indipendenza legando le proprie sorti a quelle dell’impresa-cliente a cui si è affidata.
  • 38. Un caso famoso degli anni 70 fu quello di Celanese dove i suoi prodotti maggiormente venduti erano a base a di carta. Nel corso del tempo però ebbe difficoltà a mantenere la posizione sul mercato e per affrontare questo nuovo scenario decise di passare da impresa indipendente a sub- fornitore di altre imprese che precedentemente erano sue rivali sul mercato, una su tutte Kimberly Clark. • CESSIONE: Se la capacità competitiva dell’impresa non può essere recuperata e si prevede un’ulteriore declino del settore, allora le successive fasi della strategia convergono nel processo di vendite cedendo l’impresa ad un’altra impresa che abbia attuato nelle sue strategie una tipologia di strategia di tipo orizzontale cercando di creare sinergie o comunque di avere la capacità di gestire meglio l’impresa acquistata. In questo caso si procede con una cessione totale dell’impresa. La cessione totale non è l’unica soluzione ma vi può essere anche una cessione parziale nel caso in cui l’impresa valuti molto difficile una ripresa ( Turnaround ) e non voglia completamente abbandonare un settore di mercato, allora l’impresa procederà con una cessione parziale. Nel caso in cui la business unit presa in considerazione faccia parte di un gruppo, allora l’abbandono può avvenire attraverso l’assorbimento del lavoro e degli impianti da un’altra business unit e mettendo in vendita di conseguenza la rimanenti attività tangibili e intangibili.
  • 39. 6. Strategia di contrazione : Fallimento o Liquidazione L’ultima azione è la più drastica della strategia di contrazione è quando le condizioni del mercato e del settore analizzato sono particolarmente disastrose e irreversibili, il che comporta un Turnaround impossibile ed una cessione molto improbabile. L’unica soluzione che può essere presa in questo tipo di situazione sono l’abbandono ( fallimento ) o la liquidazione: • FALLIMENTO: Nel primo caso viene scelta la soluzione del fallimento perché non esistono i presupposti per poter tentare un recupero di una situazione critica. È una fase molto difficile soprattutto a livello di management perche mette in luce il fallimento da parte della mission che si era prefissata in precedenza. L’iter di fallimento è differente in base al paese in cui si dichiara il procedimento, ma in linea di massima l’impresa chiede di essere in qualche maniera tutelata nei confronti dei creditori, successivamente consegna i libri contabili al Tribunale fallimentare per dichiarare la cessazione definitiva dell’attività. • LIQUIDAZIONE: Un’alternativa al fallimento può essere la liquidazione che consiste sostanzialmente nella separazione delle varie attività che l’impresa detiene e la loro successiva vendita. Al termine di questo processo l’azienda non esiste più. Anche questa, come quella precedente, è una decisione molto sofferta e pagata a caro prezzo perché se non attuata per tempo può comportare un costo a livello di perdite in termini economici ma anche perdite a livello di immagine sia come impresa e soprattutto a livello di management. Molto spesso le imprese scelgono di liquidare prima che la situazione peggiori più di quanto non lo sia già evitando in rischio di finire in situazioni molto più difficili da risolvere,
  • 40. anche se molte volte vi sono presenti degli ostacoli a questo tipo di soluzione come i dipendenti dell’impresa atessa e altri stakeholder. CONCLUSIONI In conclusione possiamo affermare che, per poter applicare ed ottenere un Turnaround di successo, tutto dipenda dallo sviluppo delle strategie in maniera ponderata analizzando tutti i possibili scenari che potrebbero presentarsi in futuro. Il secondo aspetto ovviamente riguarda l’applicazione di tali strategie come vengono impiegate, con le giuste tempistiche, e in base al livello di crisi che l’azienda in questione sta attraversando. Spesso però ci sono casi in cui l’impresa versa in condizioni molto difficoltose nelle quali nemmeno il più efficace e preparato Turnaround può riuscire nell’impresa di risollevare l’impresa, quindi come casi eccellenti di successo vi sono anche casi in cui il processo non ha avuto esito positivo. Il Turnaround è in ogni caso un’operazione estremamente delicata e, influenzata da numerose variabili, per questo è un’operazione con un alto profilo di rischio, che necessita di operatori altamente specializzati. In conclusione appare un processo difficile, ma non impossibile da realizzare se basato su alcuni presupposti: l'utilizzo di un management preparato, la validità del piano di risanamento, la bontà del processo di comunicazione, la fiducia degli stakeholders, l'efficacia del controllo. In sintesi, si potrebbe ritenere che il successo del piano sia legato alla scrupolosità con la quale viene sviluppato, alla volontà e alla determinazione di volerlo realizzare, alla capacità di controllarlo e adattarlo in funzione dell'evoluzione dell'ambiente e delle finalità da raggiungere.
  • 41. BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA G.PELLICELLI, STRATEGIE D’IMPRESA Terza Edizione, Egea (2014) Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema italiano (Alessandro Danovi, Giuffrè Editore) Ramusino E., Onetti A. (2009), Strategia d'impresa. Obiettivi, contesto, risorse, azioni, sviluppo, innovazione, Il Sole 24Ore, Milano Gori E. (2004), La pianificazione e il controllo strategico nelle aziende ospedaliere pubbliche, Franco Angei, Milano Foglio A. (2010), Turnaround. Ripensare e reinventare l'impresa: Ripensare e reinventare l’impresa, FrancoAngeli s.r.l., Milano Cap. 18 Le strategie del Turnaround par. 18.1 Le cause del declino e le responsabilità del management, Fonte: Goldston M. “The Turnaround Prescription. Repositioning Troubled Companies, Free Press, Boston 1992. Ghosn C., Riès P., Shift inside Nissan’s history revival, Currency Dooubleday, New York, 2003 Caso Nissan, La Nissan Motor Co. Ltd. è una casa automobilistica giapponese, si tratta della seconda casa nipponica in ordine di grandezza, dopo la Toyota.
  • 42. Attualmente fa parte del gruppo Renault ed è guidata da Carlos Ghosn. Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/headlines/vftt_ghosn.shtml Caso Xerox, Fonte : È stata fondata a Rochester, New York, negli Stati Uniti, nel 1906. In origine il suo nome era Haloid Company e iniziò come produttrice di carta per fotografia. In seguito sviluppò la prima fotocopiatrice xerografica del mondo, commercializzata nel 1959, denominata Xerox 914. Negli anni settanta la Xerox produceva anche computer. Tutt'oggi la Xerox possiede un grande centro di ricerche a Palo Alto, California (PARC).Ad inizio 2012 Xerox è presente in 192 paesi e territori nel mondo. Tratto da “ The Inside Story of Management Fiasco at Xerox ”, Business Week, 5 Marzo 2011 Tratto dal libro dal libro Crisi di impresa e risanamento finanziario nel sistema italiano (Alessandro Danovi, Giuffrè Editore) Ansaldo è una società industriale, sorta a Sampierdarena (quartiere di Genova) nel 1853 con la ragione sociale di Gio. Ansaldo & C. società in accomandita semplice Fonte:http://finance.yahoo.com/news/xerox-ceo-turnaround-plan-fails-152007245.html Fonte:https://www.gsb.stanford.edu/news/headlines/vftt_ghosn.shtml Fonte: http://finance.yahoo.com/news/xerox-ceo-turnaround-plan- fails-152007245.html