Progettazione Strutturale Antincendio - A.A.2014/15
Facolta' di Ingegneria - Universita' di Roma La Sapienza
Prof. Ing. Franco Bontempi
Ing. Giordana Gai
Elaborato di Luigi Trinchieri
1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
Corso di laurea in Ingegneria della Sicurezza e Protezione Civile
APPUNTI DEL CORSO DI
PROGETTAZIONE STRUTTURALE
ANTINCENDIO
Anno Accademico 2014/2015
Studente: Luigi Trincheri
Matricola: 1254160
Docenti:
Prof. Ing. Franco Bontempi
Ing. Chiara Crosti
Ing. Giordana Gai
5. Università degli studi di Roma La Sapienza
Facoltà di ingegneria
Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
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Come in una qualsiasi attività ingegneristica, anche nel campo della progettazione strutturale
antincendio è necessario procedere ad una raccolta dei dati d’interesse che riguardano l’analisi del
problema strutturale, attraverso la quale valutano le interazioni tra la struttura e le condizioni al
contorno nella quale essa è inserita.
La struttura è caratterizzata dai suoi aspetti locali e globali e fissato un qualunque istante di
osservazione t=t*
essa presenterà una determinata configurazione strutturale.
In particolare, la struttura può essere vista come un sistema composto da una configurazione attiva
ed una configurazione passiva.
La configurazione strutturale passiva riguarda tutti quegli aspetti della struttura che non subiscono
dei cambiamenti di stato in tempi rapidi;
Alcuni elementi strutturali che possono considerarsi della configurazione passiva di una struttura
sono ad esempio le travature, i pilastri, gli elementi di fondazione ecc.., i quali, sono progettati ed
eserciti in maniera tale che essi assolvano la loro funzione in maniera continuativa nel tempo e che
non possono essere modificati se non attraverso operazioni che richiedono tempi di intervento
relativamente elevati.
La configurazione passiva, al contrario, riguarda invece tutti quegli aspetti della struttura che
possono modificare il loro stato in tempi relativamente brevi;
Si pensi, ad esempio, agli impianti in dotazione alla struttura oppure alle porte ed alle finestre
attraverso i quali possono essere determinati dei cambiamenti nella configurazione strutturale (sia
in termini di elementi sia in termini di condizioni ambientali interne) attraverso delle semplici
operazioni.
In una visione di sistema anche l’uomo che interagisce con la struttura deve essere considerato
come un elemento principale della configurazione attiva della struttura.
Se questo non sembra ovvio, tuttavia riveste notevole importanza se si considera, come si vedrà in
seguito, l’accadimento di alcune azioni incidentali come ad esempio l’incendio.
Per quanto riguarda invece le condizioni al contorno, l’insieme dei vincoli e dei carichi con la loro
natura, definisce lo scenario di carico definito come la possibile combinazione delle azioni1
statiche, quasi statiche e dinamiche che la struttura deve sopportare sia in fase di esercizio sia in
fase di emergenza.
Un carico di natura generica (variazione di temperatura, incremento di pressione, accelerazioni
dovute a sisma) presenta una evoluzione nel tempo e quindi lo scenario di carico deve tener conto
di come evolve nel tempo la sollecitazione che agisce sulla struttura.
In particolare, la sollecitazione sarà caratterizzata da una precisa scala temporale che definisce
l’intervallo di azione della stessa;
Ad esempio, l’azione incendio con la variazione di temperatura è un’azione che ha una scala
temporale dell’ordine delle ore, se si considera un’esplosione la scala temporale è dell’ordine del
1
Le azioni possono essere:
− statiche (neve, vento) :sono di tipo stazionarie cioè non dipendenti dal tempo, ovvero non presentano effetti
inerziali sulla struttura;
− quasi statiche (incendio, effetti ambientali), prevede una sollecitazione non costante nel tempo (non stazionarie)
e non provoca effetti inerziali sulla struttura;
− dinamiche (sisma, esplosione) e quindi non stazionarie cioè dipendenti dal tempo, entrano in gioco le
accelerazioni della struttura.
−
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secondo, se si considerano gli effetti ambientali indotti in una struttura inserita in un ambiente
aggressivo, allora la scala temporale è dell’ordine degli anni e così via…
Nello scenario di carico bisogna quindi pesare ad un andamento temporale cioè a come si sviluppa
l’azione, è chiaro poi che il carico sarà caratterizzato oltre che dalla sua dinamica anche dalla sua
distribuzione spaziale ovvero da come esso è disposto sulla struttura.
L’insieme della configurazione strutturale con i suoi aspetti passivi e attivi e lo scenario di carico
definisce lo scenario di contingenza, il quale è costituito da due fattori.
Uno riguarda la struttura e come essa si trova in un determinato periodo di osservazione e l’altro
riguarda come si sviluppa lo scenario di carico previsto per la struttura oggetto di analisi.
Da questo quadro semplicistico e generale, possono inoltre essere evidenziate altre osservazioni
che aggiungono delle ulteriori complessità in funzione dell’azione accidentale che si considera.
1.1. Interazione tra azione e struttura:
Data una certa struttura con le sue caratteristiche (geometrie, materiali,ecc..) ed una sollecitazione
(sisma, incendio, ecc..) quello che si può pensare di fare in un problema di analisi è quello di
raccogliere i dati basati sulle considerazioni fatte in precedenza ed elaborarli attraverso dei modelli
di calcolo con l’obiettivo di caratterizzare la risposta strutturale della struttura.
Questo processo così lineare può andar bene se si considerano solo alcuni scenari di carico;
In generale, non è da escludere l’ipotesi che la struttura mentre subisce un’azione non interagisca
con l’azione stessa.
Nel caso del sisma, se si considera un edificio con assenza di protezione attiva, la struttura subisce
passivamente l’azione per tutta la durata temporale del fenomeno
Se nella struttura si inserisce un dispositivo di protezione attiva (es. pistone oleodinamico), che in
condizioni di esercizio è disattivato e si attiva in condizioni di emergenza, allora quando si verifica
il sisma la struttura non subisce più passivamente l’azione incidentale ma interagisce con essa
modificando la sua configurazione.
Quindi nel caso di una struttura solo passiva l’arrivo del sisma non modifica la configurazione della
struttura e quest’ultima subisce passivamente l’azione incidentale, mentre la presenza di un
dispositivo di protezione attiva fa nascere un’interazione struttura-azione attraverso la quale la
struttura modifica la sua configurazione in modo tale da reagire all’azione incidentale.
In questa ottica un aspetto molto importante che si deve valutare con attenzione è quello della
presenza dell’uomo, che come discusso in precedenza, deve essere considerato come un elemento
della configurazione attiva della struttura.
Questo aspetto in certi tipi di azione può essere trascurato (ad esempio nel sisma) mentre in altri
tipi di azione questo aspetto assume una notevole importanza.
In particolare, se consideriamo l’azione incendio, dal punto di vista strutturale questa azione a
differenza del sisma (essendo quasi statica) è certamente meno impegnativa ma se si sposta
l’azione su come l’azione può svilupparsi all’interno della struttura appare ovvio che l’azione può
interagire su come è fatta la configurazione strutturale con quest’ultima che risulta fortemente
condizionata dal comportamento umano.
In particolare, si pensi ad esempio all’azione tempestiva dei vigili del fuoco che possono
controllare e spegnere l’incendio con conseguente modifica dello sviluppo temporale dell’evento,
oppure, nel caso opposto, si pensi agli errori che possono essere commessi da parte dell’uomo nella
fase di evacuazione (ad esempio lasciare delle porte tagliafuoco aperte) che possono aumentare
anche considerevolmente la dimensione del fenomeno con conseguente estensione dell’azione in
più punti della struttura.
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Questo concetto dimostra come nel caso di incendio si aggiunge una nuova dimensione alla
complessità del fenomeno e ci si rende conto immediatamente che analizzare un problema di
resistenza al fuoco diventi in realtà molto complicato.
Ad esempio, se considero un’azione di tipo sisma allora si dovrà considerare la struttura con i suoi
aspetti passivi ed al massimo qualora presenti, si dovranno analizzare i controlli attivi in dotazione
alla struttura, nel caso dell’incendio invece oltre alla configurazione passiva della struttura si
dovranno analizzare i controlli attivi ai quali si aggiunge anche la necessaria analisi del
comportamento delle persone.
Da quanto detto, se si ha un problema di sicurezza nei confronti di un’azione incidentale quello che
possiamo subito riconoscere è se il problema che abbiamo di fronte è più o meno complesso.
Le due dimensioni principali di un problema strutturale in caso di incendio, o in generale in caso di
una generica azione incidentale, sono date dal grado di linearità e dal livello di interazione-
feedback-retroazioni delle grandezze che caratterizzano il problema in analisi.
Tali grandezze possono essere messe in relazione tra di loro e possono essere analizzate attraverso
il diagramma di Perrow (figura 2) con il quale si evidenziano le proprietà generali si un sistema
ovvero:
“un sistema è tanto più complesso quando presenta al suo interno comportamenti non lineari
ovvero quanto più le connessioni tra i vari elementi del sistema sono strette.”
Fig.02: Diagramma di Perrow
In questo diagramma man mano che cresce la non linearità del problema e il grado di connessione
delle grandezze ci si sposta verso situazioni più complesse ovvero più difficili da gestire.
Le connessioni (strette-lasche), in termini generali riguardano come le parti del sistema sono
connesse, più gli elementi del nostro sistema sono segmentati più è facile progettare il nostro
sistema,
Le strutture connesse quindi non segmentate sono più delicate.
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Un problema di analisi in generale è un problema lineare nel suo processo, che ha un inizio che
coincide nell’acquisizione di dati, ha una fase di calcolo ed infine una fase di valutazione ed
interpretazione dei risultati.
Un problema di design invece comporta l’introduzione di ulteriori aspetti ed in generale ingloba le
fasi proprie di un processo di analisi (figura 3).
Fig.03: Schematizzazione processo di progetto
In particolare a seguito del processo di analisi (ad esempio analisi della risposta strutturale di una
particolare struttura) vi sarà una fase di interpretazione dei risultati forniti dall’analisi che devono
portare il progettista ad esprimere un giudizio mediante un confronto tra gli obiettivi ricercati ed i
risultati ottenuti dall’analisi.
In caso di giudizio positivo il processo si arresta e la soluzione ipotizzata in partenza soddisfa gli
obiettivi imposti mentre in caso di giudizio negativo si eseguiranno delle nuove iterazioni agendo
mediante una fase di raffinamento del progetto mediante l’introduzione di varianti e soluzioni
alternative che possono riguardare i materiali e la configurazione della struttura nonché mediante
una ridistribuzione dei carichi che si effettuata attraverso l’analisi dei carichi.
In generale quindi un problema di design rispetto ad un problema di analisi è un processo iterativo
e non lineare che avviene mediante un loop di raffinamento attraverso il quale si ricerca la
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soluzione che meglio soddisfa i requisiti tecnico-economici che il progettista si pone nei confronti
del problema.
In generale, quindi, il processo descritto può identificare:
-1 soluzione
-n soluzioni
- nessuna soluzione
Ciò risalta il fatto che il processo di analisi è un processo concettualmente lineare mentre il
processo di progettazione è invece è un processo iterativo e tendenzialmente si possono avere più
iterazioni.
In particolare la progettazione è avviata mediante l’identificazione di una soluzione iniziale (k=0)
che è composta da due aspetti:
-la concezione della struttura (conceptual design)
-predimensionamento
La concezione dell’opera (concenptual design) è una fase che precede il predimensionamento e
raccoglie tutti quegli aspetti di natura qualitativa che vogliamo che la struttura sia in grado di
esercire nella sua vita utile.
Una concezione strutturale rappresenta quindi una fase di progetto con la quale si esplicitano le
funzionalità legate all’esercizio dell’opera.
Attraverso questa fase si fissa quindi la genetica propria della struttura in relazione agli scenari di
carico ed agli eventi che in essa nel tempo possono svilupparsi.
Nella fase di predimensionamento (soluzione con k=0) l’attenzione si sposta sugli aspetti
quantitativi attraverso la definizione delle dimensioni iniziali alla struttura per poi procedere con
la fase di calcolo (analisi strutturale propriamente detta) dove i risultati che si ottengono saranno
valutati in base agli obiettivi prefissati.
In quest’ottica, l’analisi strutturale si configura come una fase interna al ciclo di progettazione (più
o meno pesante) ed in generale rappresenta il motore di calcolo delle k iterazioni di progetto.
1.2. Progettazione Prestazionale:
Il processo di progettazione visto in precedenza può essere contestualizzato in una visione più
amplia che raccoglie i principi e le tecniche proprie della progettazione prestazionale.
In questo contesto, il processo di progettazione mantiene sempre la sua natura iterativa ma alcuni
suoi aspetti possono essere ampliati e valutati mediante la definizione di alcuni livelli logici che
riguardano i diversi aspetti di un progetto.
In particolare la progettazione prestazionale può essere schematizzata come un processo
sequenziale (figura 04) che raccoglie i seguenti livelli:
Il livello 0 riguarda la definizione dell’oggetto della progettazione da parte del committente che
specifica in termini qualitativi e non tecnici i requisiti dell’oggetto
Il passo successivo (livello 1) è una traduzione in termini tecnici dell’oggetto che viene svolta da
tecnici incaricati dal committente i quali identificano i requisiti che l’opera deve possedere in
funzione delle necessità del committente.
Attraverso queste due fasi si definisce quindi completamente l’oggetto della progettazione che
viene prima definito nei suoi aspetti qualitativi e poi tradotto in aspetti tecnici.
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Fig.04: Schematizzazione progettazione prestazionale
Il livello successivo (2) identifica in una fase di precedente alla progettazione, quelle che sono le
qualità, in termini generali, che l’opera deve possedere.
Queste qualità sono legate alle caratteristiche dell’opera ed alla sua funzionalità (ad esempio, opera
strategica, ospedale), nonché alle caratteristiche di esercizio (aspetti operativi, presenza di persone)
Una volta definite le qualità della struttura, si identificano delle quantità rappresentative della
qualità della struttura (livello 3).
Questi parametri rappresentano quindi degli indicatori della qualità dell’opera che devono essere
costantemente monitorati e verificati durante tutto il processo di progettazione.
Ad esempio, se si progetta un ponte i parametri quantitativi che possono essere presi in
considerazione sono ad esempio la deformabilità, la resistenza.
Fissate le qualità ed i parametri con cui essa può essere misurata, dovranno essere opportunamente
stabilite delle soglie con cui si analizza il comportamento strutturale (livello 4).
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In sintesi quindi i livello 0 e 1 definiscono l’oggetto, mentre i livelli 2,3, e 4 identificano la qualità
dell’oggetto e come essa deve essere misurata.
In generale quindi si parte da aspetti, più generali e qualitativi per poi arrivare ad una traduzione
tecnica e quantitativa delle caratteristiche dell’opera.
Attraverso questi passaggi quindi è possibile procedere all’individuazione della soluzione
progettuale (livello 5), attraverso la quale si individuano la genetica e le proprietà della struttura
(conceptual design e predimensionamento) e si fissano le caratteristiche e le dimensioni iniziali
della struttura (progetto di tentativo )
Attraverso questi dati si procede alla verifica della soluzione progettuale (livello 6) effettuata
mediante i principi e le tecniche dell’analisi progettuale ed infine i risultati ottenuti dall’analisi
vengono interpretati e giudicati per valutare la rispondenza dell’opera agli obiettivi identificati in
precedenza (livello 7).
Livelli di modifica della soluzione progettuale:
Lo schema così riportato permette di evidenziare tutti i livelli di modifica della soluzione
progettuale, in quanto, se i risultati ottenuti dal progetto di tentativo non soddisfano i requisiti del
progetto, è possibile avviare una fase di modifica della soluzione con la quale è possibile svolgere
un raffinamento del progetto avendo a disposizione una rappresentazione sistemica che evidenzia
tutti gli aspetti del progetto.
In particolare, la fase di raffinamento della soluzione può essere svolta agendo su tutti i livelli
ripercorrendo lo schema in senso inverso.
Il livello più basso di modifica potrebbe riguardare il cambiamento della struttura
(vincoli,dimensioni,materiali ecc..) oppure, ad un livello successivo, possono essere ripensate le
soglie che discriminano il comportamento strutturale (ad esempio, mi accorgo che i requisiti sono
troppo restrittivi e posso dilatare alcuni parametri).
In quest’ultimo caso, la modifica delle soglie deve essere svolte mediante dei giudizi ingegneristici
che servono a ponderare le considerazioni in funzione delle caratteristiche dell’opera.
In un livello successivo di modifica, ci si potrebbe chiedere se nel misurare la qualità, oltre ad
avere scelto i giusti valori delle soglie, abbiamo scelto una quantità che misura correttamente il
comportamento perché magari possono essere sati scelti dei parametri di misurazione non coerenti
con le reali caratteristiche dell’opera.
Successivamente è possibile anche rivedere la definizione in termini generali della qualità
dell’oggetto.
Infine, il livello di modifica più alto riguarda la considerazione sul fatto che l’oggetto e la sua
traduzione in termini tecnici devono essere modificate.
Quelle discusse sono tutte le soluzioni di modifica possibili e sono di volta in volta di ordine logico
più alto che caratterizzano la fasi in cui si articola la progettazione prestazionale.
2. QUALITA’ STRUTTURALI:
Considerando una qualsiasi struttura, su di essa agiscono dei carichi caratterizzati da una
distribuzione spaziale e da un andamento temporale.
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Un modo per sintetizzare il comportamento strutturale è rappresentare come la struttura risponde in
funzione del carico.
In particolare una generica qualità strutturale può essere analizzata mediante la costruzione di un
diagramma2
(figura 05) che riporta in ascissa il campo di variazione di una grandezza cinematica
(risposta strutturale:freccia,drift, ecc..) ed in ordinata il campo di variazione del carico che agisce
sulla struttura considerata (grandezza statica).
La risposta strutturale può essere determinata mediante analisi a carico imposto (si aumenta il
carico e si trova lo spostamento corrispondente) oppure mediante analisi a spostamento imposto (si
fissa lo spostamento e si ricava il carico corrispondente a tale spostamento)
Fig.05: Analisi delle qualità strutturali
La risposta strutturale tracciata nel grafico evidenzia che la struttura al crescere del carico presenta
un comportamento elastico lineare fino ad un certo valore del moltiplicatore di carico superato il
quale la struttura subisce una crisi fino ad arrivare al collasso a causa della rottura e della
separazione dei materiali.
In particolare la risposta strutturale è caratterizzato da un punto di massimo (punto critico) che
rappresenta la massima capacità portante della struttura.
Nella fase post-critica, attraverso delle analisi a spostamento imposto è possibile ricavare il
percorso di equilibrio della risposta strutturale (ramo post-critico) finché la struttura si lacera a
causa della perdita di resistenza.
Note queste definizioni possono essere analizzate le qualità strutturali di una generica struttura.
Il diagramma successivo (figura 06) evidenzia le qualità che devono essere analizzate in una
struttura:
2
Grafico tratto dagli appunti del corso di Progettazione strutturale antincendio tenuto dal Prof. F. Bontempi presso la
Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” - Roma
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Fig.06: Analisi delle qualità strutturali
2.1. Qualità Elementari
Le qualità elementari sono quelle che permettono di giudicare la struttura e vengono ordinate in
funzione della loro importanza in termini di progettazione:
Rigidezza:
La Rigidezza di una struttura è caratterizzata dal modulo di rigidezza K e rappresenta il coefficiente
angolare della tangente rappresentativa del primo tratto del percorso di equilibrio.
Dove rappresenta il moltiplicatore dei carichi (analisi con carico imposto) , f è la freccia
(risposta strutturale) misurata in cm e K è il coefficiente di rigidezza espressa in cm-1
La rigidezza è la prima qualità con cui si giudica una struttura per i seguenti motivi:
Le strutture civili devono essere poco deformabili per essere utilizzate in quanto le strutture molto
flessibili, non permettono il comfort da parte dell’utilizzatore.
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Inoltre questo requisito fa parte di una famiglia più amplia di requisiti3
che prendono il nome di
SLE (stato limite di esercizio) cioè l’insieme degli aspetti e delle considerazioni che fanno parte del
normale esercizio della struttura.
I requisiti fondamentali riguardano:
- drift 7max (globale e di interpiano)
- frequenza proprie di vibrazione dell’edificio
- frequenza proprie di vibrazione del solaio
Lo stato limite ultimo è legato al concetto di resistenza della struttura.
I requisiti fondamentali riguardano:
- capacità portante, inteso come valore massimo di resistenza raggiungibile;
-assenza di instabilità, ovvero il valore per cui la struttura si instabilizza deve essere
sufficientemente lontano dalla capacità portante richiesta;
- duttilità
Resistenza
Il secondo parametro di interesse per una struttura riguarda la capacità portante ovvero la
resistenza.
La resistenza è rappresentata dal punto di massimo nel percorso di equilibrio proprio di una
struttura soggetta ad un carico, una struttura deve essere sufficientemente resistente per supportare i
carichi limite che la struttura può espedire nel suo esercizio.
Duttilità:
Il concetto di duttilità dal punto di vista qualitativo, considerando un generico percorso di
equilibrio può essere considerata come l’incremento della quantità cinematica al variare del carico.
In termini quantitativi essa può essere espressa come il rapporto tra l’incremento della quantità
cinematica all’aumentare del carico rispetto al valore iniziale della quantità cinematica.
Considerando come quantità cinematica di una struttura la freccia, è possibile quantificare la
duttilità come:
La duttilità è una delle proprietà essenziali che occorre valutare in caso di situazioni estreme
Un comportamento infinitamente duttile è rappresentato da un comportamento elasto-plastico4
indefinito.
8 Allo stato limite di esercizio (SLE) appartengono tutte le considerazioni che fanno parte della risposta strutturale
in termini di comportamento elastico lineare.
Nello S.L.U. (stato limite ultimo) si considerano livelli di carico più intensi in corrispondenza dei quali si può avere
il collasso e riguarda tutti gli aspetti della risposta strutturale in campo plastico
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Nessun materiale è infinitamente duttile, per contro, un materiale perfettamente fragile è quello in
cui quando si raggiunge la massima capacità portante si ha la rottura immediata (figura 07).
Fig.07: comportamenti estremi materiali
Nella realtà le situazioni presenteranno delle caratteristiche intermedie.
Stabilità:
La struttura deve essere stabile ovvero non dovrebbe presentare instabilità.
Le instabilità possono esistere sia in campo elastico sia in campo plastico ed improvvisamente la
struttura non segue più il percorso di equilibrio primario ma presenta delle brusche cadute della
capacità portante ancor prima di raggiungere nel percorso di equilibrio principale il punto con
massima capacità portante.
I rami secondari portano sempre ad un cedimento della resistenza e quindi in una struttura sono
presenti diversi punti critici (punti critici di biforcazione) oltre al punto critico limite (massima
capacità portante).
In generale, i fenomeni di instabilità risultano molto pesanti in quanto quasi sempre essi hanno
carattere di fragilità.
In particolare una rottura duttile presenta sempre dei segni premonitori mentre una rottura fragile
dovuta a instabilità non presenta segni premonitori e non si ha cognizione di cosa può accadere.
2.2. Qualità non elementari (sistemiche):
Attraverso le qualità elementari possono essere svolte delle verifiche elemento per elemento
mentre con le qualità non elementari le analisi riguardano tutto il sistema strutturale nel suo
complesso.
4
Il comportamento elasto-plastico si può ottenere attraverso delle tecniche di approssimazione del percorso di
equilibrio. Ad esempio è possibile approssimare la curva attraverso una curva bilatera trapezoidale che approssima
il comportamento elastico-lineare ed il comportamento plastico.
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Robustezza strutturale:
Per illustrare il concetto di robustezza strutturale consideriamo le due situazioni discusse in seguito:
Caso a (figura 08): supponiamo che sotto un certo carico si sviluppi un’instabilità locale , in queste
condizioni l’instabilità provoca il collasso globale della struttura e la struttura si rovescia e collassa
Figura 08
Caso b (figura 09):
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Figura 09:sviluppo instabilità locale
In questo caso si instabilizza solo la colonna centrale, (sviluppo instabilità locale).
In queste condizioni l’instabilità della colonna provoca un abbassamento degli orizzontamenti con
conseguente deformazioni del telaio.
La completa perdita di capacità portante della colonna centrale provoca infine una migrazione del
carico verso le colonne esterne
In queste condizioni si possono verificare due scenari alternativi:
- Le colonne esterne possono incassare l’incremento di carico (figura 10a ):le colonne
raddoppiano il carico di compressione e sono inflesse, la struttura incassa un collasso
locale ma non subisce un collasso globale (figura 10b)
Figura 10a Figura 10b: ridistribuzione del carico
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- Il collasso della colonna centrale provoca il progressivo collasso degli orizzontamenti
quindi al cedimento di una colonna (elemento) segue il collasso in cascata del resto della
struttura
Il fenomeno di instabilità induce a ragionare su diversi aspetti, in particolare si sono evidenziati tre
diversi comportamenti strutturali che non possono essere discriminati e interpretati mediante le
qualità elementari.
La distinzione può essere svolta considerando che in un caso il collasso locale viene incassato dalla
struttura che globalmente non collassa mentre nell’altro un collasso locale provoca il collasso
globale, istantaneo oppure in sequenza, della struttura.
Nel primo caso si parla di strutture robuste ovvero strutture che riescono a ridistribuire il carico
all’interno della struttura trovando un’altra configurazione di equilibrio in seguito ad un collasso
locale.
La robustezza strutturale presenta differenti aspetti e definizioni:
- Dal punto di vista qualitativo la robustezza strutturale si riferisce alla capacità di incassare
un danno/collasso locale ed il danno/collasso resta limitato ovvero non si propaga.
- Dal punto di vista quantitativo, è necessario introdurre un metrica che risulta fondamentale
nell’ambito di un approccio comparativo per la valutazione di soluzioni progettuali
alternative5
(figura 11):
Figura 11: valutazione della robustezza strutturale
I grafici riportati sintetizzano un confronto comparativo tra due soluzioni progettuali ( struttura A
vs struttura B).
5
Grafico tratto dalle dispende del corso di Progettazione strutturale antincendio tenuto dal Prof. F. Bontempi presso la
Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” - Roma
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Mentre in condizioni nominali la soluzione blu è migliore di quella rossa, fissando un determinato
livello di danno nelle due strutture si evidenzia che la struttura a subisce un degrado della qualità
maggiore rispetto alla struttura B
Il giudizio quindi attraverso il concetto di robustezza strutturale non deve essere svolto sul sistema
integro ma considerando come evolve la qualità strutturale in funzione di intensità/magnitudo
progressivamente crescenti.
Analizzando il grafico a destra, relativo alla robustezza strutturale, si nota immediatamente che in
condizioni nominali la soluzione A è migliore della soluzione B, tuttavia queste caratteristiche si
invertono considerando livelli di danno crescenti; in effetti, a partire da un certo di livello di danno
in poi, la soluzione B presenta un degrado della qualità meno marcato rispetto alla soluzione A.
Esempio:
Figura 12: esempio della trave appoggiata
Nella struttura A (struttura isostatica) un cedimento locale provoca il collasso globale di tutta la
struttura.
Nella struttura B (iperstatica) un cedimento locale può non causare il collasso globale della
struttura;
In particolare, se il carico si ridistribuisce e la struttura si porta ad una nuova configurazione di
equilibrio, non si ha un collasso mentre se il carico non si ridistribuisce la struttura può subire un
collasso progressivo a seguito del cedimento degli altri vincoli.
In generale, tutte le strutture isostatiche6
non sono robuste, mentre le strutture iperstatiche
potrebbero essere robuste se il carico si ridistribuisce e la struttura si porta ad una nuova
configurazione di equilibrio evitando così un collasso progressivo.
Durabilità:
La durabilità è un attribuito sistemico della struttura che misura il degrado di una generica
qualità strutturale in una struttura soggetta ai diversi agenti che nel suo esercizio possono
6
Una struttura isostatica è una struttura che ha solo un modo per stabilire al suo interno un equilibrio, mentre una
struttura iperstatica è una struttura che ha la possibilità di stabilire al suo interno più condizioni di equilibrio. Fra tutte le
configurazioni possibili sarà adottata quella associata alla minima energia di deformazione (caso di struttura elastica-
lineare)
Struttura A
Struttura B
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Facoltà di ingegneria
Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 20 di 167
ridurne le sue proprietà fisiche, chimiche e meccaniche con conseguente degrado della
prestazioni in termini di resitenza,capacità portante,stabilità, rigidezza.
Pertanto la durabilità può essere misurata in un piano Qualità-tempo.
Figura 13: degrado della qualità strutturale nel tempo
All’istante iniziale t0 , la struttura parte con un certo livello di “qualità” e nel tempo
sicuramente la qualità diminuisce.
Al fine di ridurre il degrado della qualità è necessario intraprendere in fase progettuale
delle opportune strategie di protezione e svolgere nel tempo delle operazioni di
manutenzione al fine di ripristinare la qualità strutturale al valore ottimale.
Figura 14: effetto di recupero mediante azioni di manutenzione
Resilienza:
La Resilienza è una qualità strutturale sistemica che misura la capacità di una struttura di
ripristinare la sua funzionalità in seguito ad un incidente.
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 21 di 167
Così come per la durabilità è possibile materializzare questo concetto attraverso un piano qualità
strutturale –tempo:
Figura 15: schematizzazione resilienza
La struttura ad un certo istante t0 subisce un evento indesiderato
(sisma,incendio,esplosione,atto terroristico…) con conseguente degrado istantaneo della
sua prestazione.
La resilienza misura la capacità di rispristinare la sua prestazione in relazione al tempo
impiegato per ripristinarsi alle normali condizioni la sua misura è inversamente
proporzionale all’area A.
Una struttura ad alta resilienza è quella che presenta un elevato gradiente di recupero della
qualità mentre una struttura a bassa resilienza è quella che presenta tempi di recupero
molto elevati.
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 22 di 167
3. QUADRO NORMATIVO NAZIONALE
Fino a pochi anni fa, la progettazione antincendio era svolta attraverso la mera applicazione di
regole prescrittive.
Questa impostazione, se da un lato permetteva un’applicazione uniforme su tutto il territorio,
dall’altro lato non sempre garantiva un livello di sicurezza tarato sulle reali necessità di una
struttura.
Per questo motivo sono nati dei decreti con cui si è cominciato a pensare di affrontare la disciplina
della prevenzione incendio in maniera differente con l’obiettivo di ottenere delle soluzioni migliori
in funzione delle esigenze di ogni singolo caso specifico.
Infatti se le norme di natura prescrittiva potevano essere implementate in alcune strutture, per altre
nascevano delle problematiche di applicazione (ad esempio edifici storici, opere strategiche, ecc..).
Per questi motivi l’impostazione progettuale del problema si è spostata da un approccio di tipo
prescrittivo verso un approccio di natura prestazionale, attraverso il quale, la struttura deve essere
caratterizzata da una prestazione misurabile che giustifichi l’adozione delle misure di sicurezza
previste in un progetto.
Tuttavia i due diversi approcci nell’impostazione progettuale non si sovrappongono in quanto
laddove l’applicazione delle regole prescrittive non consentono una convergenza della soluzione
progettuale si adotta il metodo prestazionale, il quale, attraverso i principi e le tecniche
dell’ingegneria della sicurezza, garantisce un livello di sicurezza ritenuto accettabile.
In particolare, la differenza tra i due tipi di approcci possono essere sintetizzate dalla figura
successiva:
Figura 16: metodo prescrittivo vs metodo prestazionale
Con il metodo prescrittivo la soluzione progettuale è individuata dalla scelta degli elementi
costituenti caratterizzati da specifici requisiti funzionali mentre nel metodo prestazionale vengono
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 23 di 167
prima fissati gli obiettivi che deve soddisfare il sistema analizzato e successivamente vengono
individuati gli elementi costituenti del progetto.
In Italia, l’attuale panorama normativo consente di seguire ciascuna delle due strade con
le limitazioni indicate nel seguito.
• Se l’attività è normata7
l’approccio da seguire è quello
prescrittivo e si devono verificare i singoli requisiti posti in carico agli elementi costituenti.
• Se l’attività non è normata oppure se l’applicazione integrale
dei criteri prescrittivi è ostacolata da vincoli di natura tecnica/economica può essere adottato
l’istituto della deroga dove è consentito l’utilizzo dell’approccio prestazionale secondo le
indicazioni contenute nel D.M. 09/05/2007
Nel caso di attività non normata deve essere valutata la rispondenza al controllo dei vigili del
fuoco mediante la consultazione del D.P.R 151 2011 che individua le attività soggette alla
disciplina della prevenzione incendi ed opera una sostanziale semplificazione relativamente agli
adempimenti da parte dei soggetti interessati.
Il D.P.R. nà151 del 2011, nell’allegato I, esemplifica le 80 attività soggette al controllo dei vigili
del fuoco suddividendole in 3 categorie (figura 17)
Figura 17: stralcio allegato I al D.P.R. 151/2011
7
Un’attività è normata se la tipologia costruttiva rientra nei campi di applicazione delle specifiche regole
tecniche di prevenzione incendi
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 24 di 167
Categoria A:
Sono state inserite quelle attività dotate di 'regola tecnica' di riferimento e contraddistinte da un
limitato livello di complessità, legato alla consistenza dell'attività, all'affollamento ed ai
quantitativi di materiale presente;
Categoria B:
sono state inserite le attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore
livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di
riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la
categoria 'superiore';
Categoria C:
Sono state inserite le attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla
presenza o meno della 'regola tecnica‘.
Se l’attività rientra nel D.P.R. 151/2011, per la verifica dei requisiti di resistenza al fuoco delle
strutture ci si deve riferire al Decreto del Ministro dell’interno 9 marzo 2007 che reca la libera
scelta tra i due tipi di approccio:
1. In caso il progettista opti per l’approccio prescrittivo, la verifica al fuoco dei singoli elementi
strutturali andrà condotta con riferimento al cimento termico derivante dall’applicazione della ISO
834 per un periodo di tempo funzione del carico di incendio specifico di progetto, da calcolare con
le modalità previste dal DM 9/3/2007.
2. In caso di utilizzo di un approccio prestazionale, oltre alla verifica dell’intera struttura per tutta
la durata dell’incendio “naturale” preso a riferimento, il progettista dovrà ripetere l’analisi per
singoli elementi con riferimento all’incendio standard
Infine, nel caso in cui si abbia una normativa non normata e non soggetta ai vigili del fuoco la
normativa di riferimento è data dalle NTC 2008 (Decreto del Ministro delle infrastrutture 14
gennaio 2008) che, in maniera del tutto analoga a quanto fatto dal DM 9/3/2007, definisce 5 livelli
di progettazione strutturale a caldo. Mentre il DM 9/3/2007 esclude l’applicabilità del 1° livello
“nessun requisito di resistenza al fuoco” (si ricorda che il DM 9/3/2007 è applicabile ad attività
“soggette” “non normate”), il la NTC2008 lascia il progettista libero di scegliere il livello che
richiede più idoneo per la struttura.
In sintesi le normative di riferimento nel campo della progettazione strutturale antincendio sono
date da:
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 25 di 167
Nei paragrafi successivi saranno analizzati gli aspetti contenuti in tali norme che hanno dei riflessi
molto importanti nel campo della progettazione strutturale antincendio
3.1. D.M. 09/03/2007 PRESTAZIONI DI RESISTENZA AL
FUOCO DELLE COSTRUZIONI
Stabilisce i criteri per determinare le prestazioni di resistenza al fuoco che devono possedere le
costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei VV.F., ad esclusione delle
attività per le quali tali prestazioni sono espressamente stabilite da specifiche regole tecniche di
prevenzione incendi.
Le costruzioni devono essere progettate, realizzate e gestite in modo da garantire:
1. la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso agli
occupanti;
2. la limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle opere vicine;
3. la possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro
modo;
4. la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.
I requisiti di protezione delle costruzioni dagli incendi, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
suddetti, sono garantiti attraverso l'adozione di misure e sistemi di protezione attiva e passiva.
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§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 26 di 167
3.1.1. Protezione passiva:
Le misure di protezione passiva sono finalizzate alla conservazione della capacità portante degli
elementi strutturali e al contenimento del fuoco in un ambiente confinato (compartimento) senza
propagazione in altri ambienti.
Tra le misure di protezione passiva sono da includere le misure atte a controllare la reazione al
fuoco dei materiali, che quantifica l’attitudine dei materiali ad innescarsi in caso di incendio ed a
propagare la fiamma.
In quest’ottica al fine di assicurare un idoneo livello di sicurezza, nella fase progettuale devono
essere considerati gli aspetti discussi in seguito.
Compartimentazione:
La compartimentazione è una strategia progettuale consiste nel suddividere la costruzione in
compartimenti in modo tale che il collasso di una parte della struttura non si propaghi alle parti
adiacenti.
L’immagine che segue (figura 18) mostra un buon esempio di questa strategia applicata nel settore
aerospaziale;
Figura 18: esempio di compartimentazione
Il velivolo subisce la perdita di un elemento della fusoliera, tuttavia, questa evenienza, seppur
grave, consente al velivolo di atterrare grazie ad una strategia di progetto che prevedeva la
suddivisione della struttura in più parti in maniera tale da limitare l’estensione del danno.
Continuità:
La continuità rappresenta un ulteriore strategia progettuale che pone l’attenzione sulla vulnerabilità
di una struttura in presenza di un’azione incidentale.
In particolare, la strategia della continuità (figura 19) prevede l’aumento delle connessioni delle
parti strutturali in maniera tale che le azioni si possano trasferire dalla parte collassata a quelle
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§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 27 di 167
adiacenti, ovvero, la costruzione possegga al suo interno una ridondanza di percorsi atti a
trasmettere l’azione.
Figura 19: esempio di continuità
Il Bombardiere B17 Fortezza Volante, durante la Seconda Guerra Mondiale dopo aver subito una
collisione in volo con un altro velivolo, riesce comunque ad atterrare; questa capacità di incassare
un collasso strutturale (collapse resistant structure), è legata alla conformazione altamente
iperstatica della fusoliera di questo tipo di aereo.
Collassi strutturali favorevoli e sfavorevoli:
Un ulteriore aspetto relativo alla protezione passiva è relativo alla possibilità di progettare le
strutture in maniera tale che esse possano subire diversi tipi di collassi (figura 20):
un collasso di tipo favorevole (inward collapse) è un collasso per implosione mentre un outward
collapse (collasso per espansione) è un collasso sfavorevole in quanto la struttura nel suo
sbandamento può compromettere la funzionalità delle strutture ad essa adiacenti con la possibilità,
di propagare l’azione.
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 28 di 167
Figura 20 : tipologie di collassi
Una buona strategia di progettazione consiste quindi ne garantire modi di collassi favorevoli
attraverso il confinamento del meccanismo di collasso.
In particolare, un collasso favorevole è caratterizzato da un meccanismo di collasso no sway figura
21) che presenta un confinamento del collasso (la struttura implode)
Al contrario un collasso di tipo sway è potenzialmente capace di coinvolgere strutture vicine, con la
possibilità di provocare collassi a catena, ovvero una crisi progressiva.
Figura 21 : differenze nelle tipologie di collassi
3.1.2. Requisiti ed obiettivi di una struttura antincendio
L’allegato I del D.M. 09/03/2007 fissa i requisiti e gli obiettivi che una struttura antincendio deve
possedere, inoltre identifica una serie di grandezze che il progettista deve individuare e gestire
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 29 di 167
affinché la struttura, una parte della struttura oppure un elemento strutturale siano caratterizzati8
da
un’adeguata capacità portante ed una sufficiente resistenza al fuoco
Tali grandezze sono specificate nella definizioni contenute nell’allegato I ed in particolare
riguardano:
Carico d’incendio: definito come il potenziale termico netto della totalità dei materiali
combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione
alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1
MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente.
Il carico d’incendio è dato da:
q= Σι gi ⋅ Hi ⋅ mi ⋅ ψi
dove:
− gi è la massa dell’i-esimo materiale combustibile [kg],
− Hi potere calorifico inferiore dell’i-esimo materiale combustibile [MJ/kg];
− mi fattore di partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari
a 0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri
materiali combustibili;
− ȥi fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale
combustibile pari a:
0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente progettati per resistere al
fuoco;
0,85 per i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non appositamente
progettati per resistere al fuoco;
Carico d’incendio specifico: carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda.
E’ espresso in MJ/m2 ed è calcolato come:
8
Capacità portante in caso di incendio: attitudine della struttura, di una parte della struttura o di un
elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco con
riferimento alle altre azioni agenti.
Resistenza al fuoco: una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un adeguato
livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso di
incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di
compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia
non strutturali, come porte e tramezzi.
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§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 30 di 167
Carico d’incendio specifico di progetto: carico d’incendio specifico corretto in base ai parametri
indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione
presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della resistenza al fuoco
delle costruzioni ed è espresso dalla seguente relazione:
qf ,d = δq1 ⋅δq 2 ⋅δn ⋅qf
dove:
-įq1 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del
compartimento e i cui valori sono definiti nella tabella 1
Superficie lorda
del compartimento (m2
) įq1
Superficie lorda
del compartimento (m2
) įq1
A 500 1,00 2.500 ” A 5.000 1,60
500 ” A 1.000 1,20 5.000 ” A 10.000 1,80
1.000 ” A 2.500 1,40 A • 10.000 2,00
Tabella 1
9q2 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del
compartimento e i cui valori sono definiti nella tabella 2:
Classi
di
rischio
Descrizione @q2
I Aree che presentano un basso rischio di incendio in termini di probabilità di inne-
sco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell’incendio
da parte delle squadre di emergenza
0,80
II Aree che presentano un moderato rischio di incendio in termini di probabilità
d’innesco, velocità di propagazione di un incendio e possibilità di controllo
dell’incendio stesso da parte delle squadre di emergenza
1,00
III Aree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilità d’innesco,
velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell’incendio da par-
te delle squadre di emergenza
1,20
Tabella 2
− δn = ∏δni è il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione e
prevenzione (presenza di impianti, ecc.);
Strategia antincendio @ni
con sistema ad acqua o schiuma An1 0,54
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con altro sistema automatico An2 0,72
con sistema ad acqua o schiuma
e protezione esterna
An3 0,48
con altro sistema
automatico e protezione
esterna
An4 0,64
Gestione della sicurezza antincendio (§ 9),
soluzione conforme almeno per il livello di prestazione II [1]
An5 0,90
Protezione attiva, controllo di fumi e calore (§ 12),
soluzione conforme per il livelli di prestazione III
An6 0,90
Protezione attiva, IRAI (§ 11),
soluzione conforme almeno per il livello di prestazione III
An7 0,85
Operatività antincendio (§ 13),
soluzione conforme almeno per il livello di prestazione IV
An8 0,81
[1] Gli addetti antincendio devono garantire la presenza continuativa durante le 24 ore.
Tabella 3
Classe di resistenza al fuoco: intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di
incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità
di compartimentazione.
Per la determinazione della classe di resistenza al fuoco di una struttura, noti i parametri prima
indicati, il D.M. richiede che alla struttura sia associato un livello di prestazione che in funzione del
carico d’incendio specifico di progetto identifica la corrispondente classe di resistenza al fuoco.ȱLe
richieste di prestazione da richiedere ad una costruzione, in funzione degli obiettivi di sicurezza,
sono individuate nei seguenti livelli:
Livello I
Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguente
della perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio di
incendio sia trascurabile
Livello II
Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo
sufficiente all’evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all' esterno
della costruzione
Livello III
Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo
congruo con la gestione dell’emergenza
Livello IV
Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine
dell'incendio, un limitato danneggiamento della costruzione
Livello V
Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine
dell'incendio, il mantenimento della totale funzionalità della
costruzione stessa
Tabella 4: livelli di prestazione
Per la scelta del livello di prestazione e successivamente l’identificazione della classe di resistenza
al fuoco deve essere condotta attraverso un giudizio ingegneristico combinato con le indicazioni e
le limitazioni fornite nell’allegato.
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Ad esempio, se si considera una struttura che richiede il livello III di prestazione allora la classe di
resistenza al fuoco è determinata dalla seguente tabella in funzione del carico d’incendio specifico
di progetto:
BCDEFGE HE EIFPIHEQ RSPFETEFE HE SDQUPVVQ
WšXY`a BbCRRP cdEIe
fgh ipqrstgsr u vww xy€‚ w
fgh ipqrstgsr u ƒww xy€‚ v„
fgh ipqrstgsr u …ww xy€‚ ƒw
fgh ipqrstgsr u †„w xy€‚ …w
fgh ipqrstgsr u ‡ww xy€‚ †„
fgh ipqrstgsr u ˆww xy€‚ ‡w
fgh ipqrstgsr u vƒww xy€‚ ˆw
fgh ipqrstgsr u v‰ww xy€‚ vƒw
fgh ipqrstgsr u ƒ†ww xy€‚ v‰w
pqrstgsr u ƒ†ww xy€‚ ƒ†w
Tabella 5: classi di resistenza al fuoco per livello di prestazione III
3.1.3. Scenari e incendi convenzionali di progetto
L’azione del fuoco e definita attraverso una valutazione degli scenari di incendio, che permettono
di fare riferimento a modelli di fuoco espressi nel dominio temperatura-tempo (curve temperatura-
tempo).
Tali modelli descrivono la temperatura media di un compartimento soggetto ad un incendio
generalizzato, con temperatura uniformemente distribuita nell’ambiente.
Si distinguono due tipologie di curve temperatura-tempo:
• Nominali- curve che danno una rappresentazione convenzionale dell’incendio per scenari
differenziati (incendio cellulosico, da idrocarburi e per elementi esterni ad un compartimento) e che
non tengono in conto la fase di raffreddamento;
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• Naturali- curve che descrivono lo sviluppo dell’incendio in base a parametri fisici e che tengono
conto della potenza rilasciata (RHR).
Tali modelli descrivono sia la fase di riscaldamento, sia la fase di raffreddamento.
Nell’ipotesi di applicazione di un approccio prestazionale, tuttavia, la curva da adottare non sarà
una curva nominale caratterizzata da un andamento sempre monotono crescente ma verrà utilizzato
un modello che sia rappresentativo della situazione reale.
In particolare, un incendio reale non stabilisce un aumento continuo della temperatura ma sarà
caratterizzato, in generale, da una dinamica che prevede una fase di crescita, una fase stazionaria ed
una fase di decadimento (figura 15).
Figura 22 : confronto curva nominale e curva naturale
Le curve naturali sono determinate mediante i modelli di incendio di tipo:
-sperimentali
-numerici semplificati
-numerici avanzati
La cui analisi è riportata nei capitoli successivi.
3.1.4. Criteri di progettazione degli elementi strutturali resistenti
al fuoco
Attraverso l’utilizzo del metodo prestazionale le caratteristiche del progetto devono essere ricercate
mediante una visione olistica del sistema.
In particolare la capacità del sistema strutturale in caso di incendio si determina sulla base della
capacità portante propria degli elementi strutturali singoli, di porzioni della struttura e dell’intero
sistema costruttivo, comprese le condizioni di carico e di vincolo, tenendo conto della eventuale
presenza di materiali protettivi.
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Inoltre le deformazioni imposte o impedite devono essere opportunamente prese in considerazione,
ad esempio, se si considera una trave in acciaio vincolata da due cerniere, l’aumento della
temperatura nel tempo provocherebbe l’espansione dell’elemento.
Tale espansione tuttavia risulta ostacolata dai vincoli per cui si sviluppano delle reazioni uguali e
contrarie (dilatazione impedita) che introducono un’azione assiale di compressione in grado di
portare anche a condizioni di instabilità.
3.2. D.M. 9/05/2007 ATTUAZIONE DELL’APPROCCIO
INGENGERISTICO ALLA SICUREZZA ANTINCENDIO
Questa normativa definisce gli aspetti procedurali e i criteri da adottare per valutare il livello di
rischio e progettare le conseguenti misure compensative, utilizzando l’approccio ingegneristico
alla sicurezza antincendio, al fine di soddisfare gli obiettivi della prevenzione incendi.
Tale metodo rappresenta quindi un’alternativa all’utilizzo del metodo prescrittivo nei contesti che
presentano delle difficoltà di applicazione di natura tecnica ed economica dei requisiti prescrittivi
come gli insediamenti di tipo complesso o a tecnologia avanzata, di edifici di particolare rilevanza
architettonica e/o costruttiva, compresi quelli pregevoli per arte o storia o ubicati in ambiti
urbanistici di particolare specificità.
Le tecniche ed i principi raccolte in questa norma consentono di:
o Individuare i provvedimenti da adottare ai fini del rilascio del
certificato di prevenzione incendi nel caso di attività non regolate da specifiche
disposizioni antincendio;
o Ricercare le misure di sicurezza alternative che si ritengono
idonee a compensare il rischio aggiuntivo nell’ambito del procedimento di deroga.
Il metodo prestazionale, come specificato nell’allegato I del decreto, è caratterizzato da tre fasi
(figura 24).
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Figura 23 : quadro sintetico del metodo ingegneristico
La prima fase riguarda un’analisi qualitativa che prevede la definizione del progetto e degli
obiettivi di sicurezza, l’individuazione dei livelli di prestazione e la scelta degli scenari di incendio
di progetto.
Identificazione degli obiettivi di sicurezza:
Dopo aver stabilito lo scopo del progetto, in particolare la destinazione e le modalità d'impiego
dell'attività, il progettista specifica gli obiettivi di sicurezza antincendio, in relazione alle specifiche
esi- genze dell’attività in esame ed alle finalità della progettazione.
Con gli obiettivi di sicurezza antincendio si specificano qualitativamente, ad esempio, il livello di
salvaguardia dell'incolumità delle persone, il massimo danno tollerabile all'attività ed al suo
contenuto, la continuità d'esercizio a seguito di un evento incidentale.
Definizione delle soglie di prestazione (develop performance criteria):
Il passo successivo consiste nella traduzione degli obiettivi antincendio in soglie di prestazione
(performance criteria). Si tratta di soglie di tipo quantitativo e qualitativo rispetto alle quali si può
svolgere la valutazione oggettiva di sicurezza antincendio.
Con la scelta delle soglie di prestazione si rendono quindi quantitativi gli effetti termici sulle
strutture, la propagazione dell'incendio, i danni alle persone, ai beni ed all'ambiente.
Tali soglie di prestazione devono poter essere utilizzate nella seconda fase della metodologia di
progettazione FSE per discriminare in modo oggettivo le soluzioni progettuali che soddisfano gli
obiettivi antincendio da quelle che invece non raggiungono le prestazioni richieste.
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Individuazione degli scenari di incendio di progetto:
Gli scenari di incendio rappresentano la schematizzazione degli eventi che pos - sono
ragionevolmente verificarsi nell'attività in relazione alle caratteristiche del focolare, dell’edificio e
degli occupanti.
La scelta degli scenari di incendio consiste nella identificazione dei possibili eventi di incendio
attraverso la valutazione degli incendi realisticamente ipotizzabili nelle condizioni di esercizio
previste, scegliendo i più gravosi per lo sviluppo e la propagazione dell’incendio, la conseguente
sollecitazione strutturale, la salvaguardia degli occupanti e la sicurezza delle squadre di soccorso.
Questa attività è svolta attraverso delle considerazioni che includono i seguenti fattori:
• caratteristiche dell’edificio (geometria del locale, condizioni
di ventilazione interna ed esterna);
• stato delle porte e delle finestre, (eventuale rottura di vetri,
ecc.);
• stato, tipo e quantitativo del combustibile;
• configurazione e posizione del combustibile;
• tasso di crescita del fuoco e picco della potenza termica
rilasciata (HRR max);
• tasso di sviluppo dei prodotti della combustione;
• condizioni delle persone presenti (affollamento, stato psico-
fisico, presenza
di disabili, ecc.).
Molto importante risulta la considerazione relative agli aspetti delle condizioni delle persone
presenti, in quanto, come già accennato, le persone devono essere considerate come un elemento
della configurazione attiva della struttura che interagisce fortemente con l’azione incidentale
In particolare l’accadimento di un incendio inizialmente localizzato potrebbe assumere dimensioni
maggiori e investire più punti della struttura a causa del comportamento umano di non facile
valutazione nell’ambito della scenarizzazione.
La seconda fase riguarda un’analisi quantitativa attraverso la quale si definisce il progetto da
sottoporre all’applicazione da parte dei vigili del fuoco.
In particolare questa fase è caratterizzata da alcune sottofasi sintetizzate in seguito (figura 25):
37. Università degli studi di Roma La Sapienza
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Appunti del corso di Progettazione Strutturale Antincendio
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Figura 24: schematizzazione analisi quantitativa
In questa fase si calcolano gli effetti che gli scenari d'incendio di progetto determinerebbero
nell'attività per ciascuna soluzione progettuale elaborata nella fase precedente.
A tal fine possono essere impiegati modelli di calcolo analitici o numerici: l’applicazione del
modello fornisce i risultati quantitativi che consentono di descrivere l’evoluzione dell’incendio e
dei suoi effetti sulle strutture, sugli occupanti o sull'ambiente.
Ottenuti i risultati della modellazione, si verifica il rispetto delle soglie di prestazione per le
soluzioni progettuali per ciascuno scenario d'incendio di progetto e le soluzioni progettuali che non
rispettano tutte le soglie di prestazione per ogni scenario di incendio di progetto devono essere
scartate.
Infine la terza fase riguarda gli aspetti relativi all’esercizio dell’oggetto come il controllo e la
gestione del livello di sicurezza e la pianificazione delle emergenze nonché gli aspetti relativi alla
manutenzione dei sistemi di protezione previsti nel progetto.
3.3. D.M. 14/01/2008 NORME TECNICHE PER LE
COSTRUZIONI
Le azioni agenti sulle costruzioni sottoposte ad incendio sono di duplice natura:
meccaniche e termiche.
I valori assunti dalle azioni citate vanno inquadrati nella particolare circostanza in cui si manifesta
un incendio.
Nella versione del D.M. 2005 l’incendio, al pari di esplosioni ed urti, andava inteso tra le “azioni
accidentali”, esemplificando chiaramente sia la natura incidentale dell’evento sia la rarità dello
Rfire Sfire
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stesso cui, allo stato attuale non è possibile associare una probabilità di accadimento nel campo
civile.
Nella versione del D.M. 2008 l’incendio rientra tra le “azioni eccezionali”, evidenziando soltanto il
carattere di estrema rarità dell’evento.
3.3.1. Azioni meccaniche:
Le azioni meccaniche sono responsabili delle sollecitazioni agenti sulla struttura.
Esse sono di molteplice natura e si differenziano sostanzialmente per la durata della loro
applicazione rispetto alla vita media di un’opera civile.
Nel caso di incendio si considerano le seguenti categorie:
- G azioni permanenti (pesi propri, spinte permanenti delle terre e dell’acqua)
- P azioni di precompressione
- Q azioni variabili (sovraccarichi, neve, vento)
- Ad azioni indirette (dilatazioni termiche impedite o differenziate)
Di ognuna delle dette azioni deve essere determinato il valore caratteristico k, nonché il
coefficiente parziale di sicurezza ‘ per le azioni permanenti e di precompressione e i coefficienti di
combinazione ’ delle azioni variabili.
I valori caratteristici delle azioni sono quei valori che hanno probabilità del 5% di essere superati, i
coefficienti ‘ tengono conto del fatto che è possibile che sulle strutture possano agire azioni di
entità superiore ai valori caratteristici, mentre i coefficienti ’ tengono conto della probabilità della
presenza contemporanea di più azioni variabili all’atto dell’incendio.
- Azioni permanenti (G)
Si può affermare che le azioni permanenti agiscono durante tutta la vita della
costruzione e la loro variazione nel tempo è così piccola da poterle considerare costanti:
Esempi di azioni permanenti sono:
- Pesi propri delle strutture
- Pesi propri degli elementi non strutturali fissi
- Spinte dell’acqua e delle terre (se costanti nel tempo)
- Pre-sollecitazioni (precompressione, pre-tensione…)
- Ritiro
- Viscosità
Azioni variabili (Q)
Le azioni variabili sono azioni che possono agire sulle strutture con valori istantanei
piuttosto variabili tra loro. Si distinguono in :
Azioni di lunga durata:
- Pesi propri di elementi non strutturali
- Pesi di oggetti collocati sulle strutture
- Carichi si esercizio di lunga durata
Azioni di breve durata:
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- Carichi di esercizio di breve durata
- Vento
- Neve
- Sisma
- Variazioni termiche ambientali
Azioni indirette (Ad)
Sono azioni derivanti dalle deformazioni termiche impedite in caso di incendio e risultano variabili
nel tempo.
- Le combinazioni di carico:
L’espressione generale della combinazione delle azioni per le verifiche strutturali in condizioni di
incendio, adottata in buona sostanza da tutte le vigenti normative (a meno di simbologie
leggermente differenti tra loro), è la seguente:
Ffi,d = ȖGA Gk + ȥ1,1 Qk,1+ Ȉ ȥ2,i Qk,i+ Ȉ Ad (t)
dove:
Gk valore caratteristico delle azioni permanenti;
Qk,1 valore caratteristico dell’azione variabile considerata come principale;
Qk,i valore caratteristico delle altre azioni variabili;
Ad (t) valori di progetto delle azioni derivanti dall’esposizione all’incendio;
ȖGA coeff. parziale di sicurezza per le azioni permanenti in situazioni eccezionali da porsi
uguale a 1;
ȥ1,1 coefficiente di combinazione dell’azione variabile considerata come principale;
ȥ2,i coefficiente di combinazione dell’azione variabile considerata come secondarie.
I valori dei coefficienti di combinazione dei carichi variabili per gli edifici in condizione di
incendio in Italia sono definiti nelle NTC 2008 (vedi tabella 4), con un completo allineamento ai
valori proposti da EN 1990 per i coefficienti di combinazione per il valore quasi-permanente
dell’azione variabile principale ȥ2,i
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Tabella 5:
3.3.2. Robustezza strutturale:
Le Norme Tecniche per le Costruzioni considerano l’incendio come azione eccezionale che può
interessare un’opera durante la propria vita nominale ed impongono di garantire il requisito di
“robustezza nei confronti di azioni eccezionali” definito come: “la capacita di evitare danni
sproporzionati rispetto all’entità delle cause innescanti quali incendio, esplosioni, urti.”
Quando non si effettuano verifiche specifiche nei confronti delle azioni eccezionali, la concezione
strutturale, i dettagli costruttivi ed i materiali usati dovranno essere tali da evitare che la struttura
possa essere danneggiata in misura sproporzionata rispetto alla causa.
In altri termini, una struttura è robusta se mostra un degrado regolare delle qualità con l’entità del
danneggiamento che subisce.
Una struttura e’ robusta se mostra un degrado regolare delle qualita’ (resistenza, rigidezza,
stabilita’…) con l’entita’ del danneggiamento che subisce. In una progettazione globale il
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requisito di robustezza puo’ essere valutato verifica ad esempio che la rimozione di un singolo
elemento, di una parte della struttura o di un danno localizzato si risolva al piu’ in un collasso
localizzato.
Le immagini successive (figura 26) esemplificano una verifica di robustezza strutturale, nel primo
caso la perdita di un elemento provoca il collasso globale della struttura mentre nel secondo caso il
danno rimane localizzato e la struttura non subisce un collasso generale.
Figura 25 : esempio di robustezza strutturale
Un ulteriore esempio è rappresentato dalla slide successiva:
Il grafico mette in relazione le performance della struttura con la negative cause (evento negativo)
con riferimento a due pilastri di cemento armato.
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Il primo è realizzato con un’armatura a spirale di acciaio al suo interno mentre il secondo è
realizzato attraverso una pila di lastre rettangolari.
Il cemento fornisce resistenza a compressione (comportamento asimmetrico) mentre l’acciaio
compensa la resistenza a trazione
Le armature disposte in maniera circolare conferiscono una prestazione nominale migliore rispetto
alle armature rettangolari (grado di continuità più alto) mentre se si considera un evento negativo,
ad esempio il taglio delle armature, le prestazioni si invertono in quanto nel primo caso si perde
completamente l’armatura mentre nel secondo caso il danno rimane confinato su una singola parte.
In corrispondenza di una prestazione minima è evidente come il secondo elemento sia migliore del
primo.
3.3.3. Analisi del comportamento meccanico:
Il comportamento meccanico della struttura viene analizzato tenendo conto della riduzione della
resistenza meccanica dei componenti dovuta al danneggiamento dei materiali per effetto della
temperatura.
In particolare, si dovranno analizzare le variazioni delle proprietà termo-fisiche dei materiali in
funzione della temperatura a cui essi sono esposti.
Considerando ad esempio l’acciaio, la tensione di snervamento sarà legata alla temperatura di
esercizio ed in generale essa varia all’aumentare della temperatura.
La riduzione delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio al crescere della temperatura è
sintetizzata dal successivo grafico
Fig.26: Riduzione caratteristiche meccaniche acciaio
Il grafico fornisce i fattori riduttivi per:
-tensione di snervamento (yield strenght);
- modulo di elasticità
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- limite di proporzionalità (fp) indica la correlazione di proporzionalità tra tensione e deformazione.
fino a 400° la tensione di snervamento non subisce alterazioni dopodiché si osserva un
abbattimento progressivo del livello di snervamento, quindi, al crescere della temperatura a parità
di carico la massima capacità portante diminuisce mentre per il modulo di elasticità, che fornisce
informazioni sulla rigidezza del materiale, arrivati a 100°C il materiale subisce un decremento
rispetto alla condizione nominale
Al crescere della temperatura si hanno delle riduzioni di resistenza e rigidezza quindi il collasso di
un elemento strutturale in acciaio può avvenire per problemi legati alla resistenza oppure per
problemi legati alla rigidezza.
In particolare, nel primo caso si ha la formazione di cerniere plastiche che rendono la struttura
labile
mentre nel secondo caso si presentano fenomeni di instabilità anticipata.
Le analisi del comportamento meccanico sono svolte mediante analisi non lineari e non stazionarie
ovvero delle analisi che vedono le caratteristiche della sollecitazione aggiornarsi al passare del
tempo.
L’azione incendio, come specificato nei paragrafi iniziali, è un’azione non stazionaria caratterizzata
da un andamento temporale dell’ordine delle ore e di conseguenza anche le caratteristiche delle
sollecitazione indotte negli elementi strutturali avranno dei valori che dipendono dal tempo.
Le analisi on stazionarie e non lineari consistono quindi nella considerare la non linearità dei
materiali (fig.20) al variare del tempo e della temperatura.
Fig.27 Legame Tensione-Deformazione per acciaio a T crescenti
Un ulteriore non linearità da considerare è costituita dalle non linearità di geometria consistono
nella definizione delle condizioni di equilibrio delle configurazioni deformate assunte
dall’elemento strutturale in funzione del tempo.
Tali tipologie di analisi vengono svolte mediante l’utilizzo di codici di calcolo i quali mediante dei
procedimenti iterativi, assumendo come input le caratteristiche dei materiali in funzione
dell’azione, aggiornano la matrice di rigidezza che ci consente (attraverso la sua inversione) di
ricavare gli spostamenti e le caratteristiche della sollecitazione.
Infine nel merito dell’analisi del comportamento strutturale, tale normativa precisa che si deve
tener conto degli effetti delle sollecitazioni iperstatiche dovute alle dilatazioni termiche contrastate,
che come discusso in precedenza, possono portare a delle condizioni di instabilità a causa delle
forza assiali di compressione.
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3.3.4. Verifiche di resistenza:
Le NTC 2008 infide identificano una procedura per la verifica di resistenza al fuoco degli elementi
strutturali che viene eseguita controllando che la resistenza meccanica venga mantenuta per il
tempo corrispondente alla classe di resistenza al fuoco della struttura con riferimento alla curva
nominale di incendio.
Nel caso di utilizzo di un metodo prestazionale, le verifiche vengono svolte con riferimento alla
curva naturale di incendio per l’intera durata dell’incendio, inclusa la fase di raffreddamento.
Tali verifiche possono essere svolte nei tre domini esemplificati nella figura successiva:
Fig.28 Verifiche di resistenza
3.4. D.M. 16/02/2007 CLASSIFICAZIONE DI RESISTENZA
AL FUOCO DI PRODOTTO ED ELEMENTI COSTRUTTIVI DI OPERE DA
COSTRUZIONE
Il campo di applicazione di questa norma riguarda i prodotto e gli elementi costruttivi per i quali
sono richiesti la resistenza al fuoco.
Una volta definito il livello di performance atteso nei confronti della resistenza della struttura
portanti il passo successivo è quello della scelta progettuale che soddisfa il livello stesso
I metodi per la definizione della resistenza al fuoco sono naturalmente quelli definiti dal
D.M. 16/02/2007, ovvero:
a) Sperimentale – ci si basa sui risultati delle prove di resistenza al fuoco; nel caso di prove
effettuate secondo Circ. 91/61, si deve tener conto del periodo di validità delle stesse;
diversamente, per prove europee, per l’estensione dei risultati (ovvero l’impiego degli stessi fuori
dal diretto campo di applicazione) si deve fare riferimento al relativo Fascicolo Tecnico del
produttore.
b) Analitico – seguendo le indicazioni del D.M. 16/02/2007, si possono definire le soluzioni
per la progettazione e l’adeguamento di strutture esistenti.
c) Tabellare – in questo caso ci si può riferire a situazioni esistenti; per la realizzazione
di pareti leggere e/o di soffitti a membrana, invece, e possibile fare riferimento ai soli
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dati sperimentali o calcoli.
Metodo sperimentale:
Per quanto riguarda la valutazione sperimentale della resistenza al fuoco di un prodotto
o di un elemento strutturale, il D.M. 16 febbraio 2007 - Classificazione di resistenza al
fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione stabilisce che i
requisiti prestazionali sono da determinarsi conformemente alle procedure di prova armonizzate
riportate nelle specifiche norme EN.
Sulla base di uno o piu rapporti di prova il laboratorio redige il Rapporto di Classificazione
che attesta la classe del prodotto o dell’ elemento costruttivo oggetto della prova.
In ogni rapporto di classificazione e indicato il Campo di Applicazione Diretta nel quale
sono elencate le possibili varianti rispetto al campione classificato, varianti che conservano
le prestazioni di resistenza al fuoco certificate senza che sia necessaria una ulteriore
valutazione da parte del professionista.
In caso di varianti al campione classificato che non rientrano nel campo di applicazione
diretta, il produttore e tenuto a predisporre il Fascicolo Tecnico ed a renderlo disponibile
al professionista per la sua certificazione (Campo di Applicazione Estesa).
Metodo analitico:
l’allegato C del D.M. 16 febbraio 2007 - Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti
ed elementi costruttivi di opere da costruzione indica le modalità per la classificazione di
resistenza al fuoco in base ai risultati di calcoli effettuati per via analitica. Stabilisce che le
valutazioni analitiche sono da condursi con riferimento ai metodi riportati nei seguenti eurocodici
strutturali:
EN 1991-1-2 “Azioni sulle strutture – Parte 1-2 :Azioni generali – Azioni sulle strutture esposte al
fuoco”;
EN 1992-1-2 “Progettazione delle strutture di calcestruzzo– Parte 1-2 : Regole generali –
Progettazione strutturale contro l’incendio”;
EN 1993-1-2 “Progettazione delle strutture di acciaio – Parte 1-2 : Regole generali –Progettazione
strutturale contro l’incendio”;
EN 1994-1-2 “Progettazione delle strutture miste acciaio calcestruzzo – Parte 1-2 : Regole generali
– Progettazione strutturale contro l’incendio”;
EN 1995-1-2 “Progettazione delle strutture di legno – Parte 1-2 : Regole generali – Progettazione
strutturale contro l’incendio”;
EN 1996-1-2 “Progettazione delle strutture di muratura – Parte 1-2 : Regole generali –
Progettazione strutturale contro l’incendio”;
EN 1999-1-2 “Progettazione delle strutture di alluminio – Parte 1-2 : Regole generali –
Progettazione strutturale contro l’incendio”.
Tali norme sono da usarsi congiuntamente alle appendici contenenti i parametri degli Eurocodici
definiti a livello nazionale (NDPs).
Metodo tabellare:
L’Allegato D del D.M. 16 Febbraio 2007 riporta le 16 nuove tabelle che consentono la
classificazione degli elementi costruttivi resistenti al fuoco.
L’utilizzo di tali tabelle e limitato alla sola verifica di resistenza al fuoco con condizioni di
incendio standard ed e soggetto a limitazioni d’uso indicate in calce alle tabelle.
I valori riportati sono il risultato di campagne sperimentali e di elaborazioni numeriche e si
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§ !#$ %' ()01) %$ 20)3##45$) 6#0!##!04' §#$(%$) Pag. 46 di 167
riferiscono alle tipologie costruttive e ai materiali di maggior impiego; sono da considerarsi come
condizione sufficiente per garantire il requisito di resistenza al fuoco ed in genere sono alquanto
cautelativi corrispondendo alla più sfavorevole condizione di carico e di geometria ammessa dalla
tabella.
Pur essendo valori cautelativi, non consentono tuttavia estrapolazioni o interpolazioni tra gli stessi
ovvero modifiche delle condizioni di utilizzo.
In relazione alle tabelle per la protezione di colonne, travi e tiranti in acciaio, riportate al
punto D.7 dell’Allegato D al DM 16/02/2007 è opportuno sottolineare che il loro impiego e
permesso fino al 25/09/2010, ovvero anche oltre tale data per quelle costruzioni il cui progetto
sia stato presentato al competente Comando provinciale dei Vigili del Fuoco prima di suddetta
data.
Pertanto il dimensionamento degli spessori protettivi per strutture in acciaio può oggi
essere effettuato esclusivamente secondo il Metodo Analitico, con riferimento all’Eurocodice UNI
EN 1993-1-2, utilizzando i parametri termofisici dei sistemi protettivi determinati secondo la
norma UNI EN 13381-4, e secondo il Metodo Sperimentale, facendo riferimento a prove di
laboratorio condotte conformemente alla norma UNI EN 13381-4.
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4. L’AZIONE INCENDIO E LA SUA MODELLAZIONE
4.1. Principi della combustione:
La combustione è una reazione chimica sufficientemente rapida che avviene tra una sostanza
combustibile ed un comburente e da luogo allo sviluppo di calore, all’emissione di radiazioni
luminose (fiamma), alla formazione di fumi e gas.
Talvolta, per particolari combustibili, si può avere una combustione senza sviluppo di fiamma
superficiale.
Fig.29 Triangolo del fuoco
Le condizione necessarie per lo sviluppo della combustione sono le seguenti:
• presenza del combustibile,
• presenza del comburente (es. ossigeno),
• presenza di una sorgente di calore (fiammifero, sigaretta, scintilla, ecc).
Questi tre fattori si rappresentano graficamente tramite il triangolo del fuoco o triangolo della
combustione, condizione indispensabile per la combustione è che siano presenti tutti e tre i fattori
in particolari situazioni.
Per interrompere una reazione di combustione è sufficiente l’eliminazione di almeno uno dei tre
elementi del ‘’triangolo’’:
• separazione: ossia allontanamento del combustibile dal comburente, previa adozione di
barriere non infiammabili, getti d’acqua, mezzi meccanici, sabbia, …,
• soffocamento: ossia eliminazione del contatto tra comburente e combustibile o riduzione
della concentrazione di comburente in aria,
• raffreddamento: ossia la riduzione della temperature del focolaio al di sotto del valore di
accensione, ottenibile applicando alla zona dell’incendio delle sostanze come l’acqua, che
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riscaldandosi e/o trasformandosi, sottraggono grandi quantità di energia alla reazione di
combustione.
Nella quasi totalità dei casi il comburente è rappresentato dall’ossigeno contenuto nell’aria, gli
incendi vengono caratterizzati dal tipo di combustibile e dalla sorgente d’innesco.
In particolare gli incendi vengono distinti in quattro classi, secondo lo stato fisico dei materiali
combustibili:
• Classe A: incendi di materiali solidi
• Classe B: incendi di liquidi infiammabili
• Classe C: incendi di gas infiammabili
• Classe D: incendi di metalli combustibili
• incendi di natura elettrica
4.2. Fasi di sviluppo di un incendio
I fuochi di progetto sono caratterizzati solitamente in termini delle seguenti variabili rispetto al
tempo:
- Tasso di rilascio di calore (HRR);
- Tasso di produzione di sostanze tossiche;
- Tasso di produzione del fumo
- Tempo di accadimento degli eventi chiave quale il flashover.
L’incendio può essere descritto utilizzando il valore istantaneo di una o più delle variabili sopra
descritte, durante il periodo dello sviluppo e della propagazione dell’incendio stesso.
In generale, un incendio si sviluppa dal momento dell’innesco sino ad una fase detta di “sviluppo
completo”, ed infine decade per esaurimento del combustibile.
In particolare, un incendio è caratterizzato dalle seguenti fasi:
- Ignizione
- Crescita (fase di sviluppo fino al flashover)
- Fase a sviluppo completo- questa fase può essere controllata:
• Dal combustibile, quando nell’ambiente dove si sviluppa l’incendio vi è una presenza
pressochè illimitata di ossigeno per la combustione; in tal caso il quantitativo di materiale
che brucia è funzione esclusivamente del materiale combustibile stesso e quindi, delle sue
proprietà chimiche e fisiche (pezzatura, disposizione spaziale all’interno del locale)
• Dalla comburente, in questo caso si parla di incendi controllati dalla ventilazione, per
indicare che la combustione dipende essenzialmente dall’apporto di ossigeno per la
combustione;
- Fase di decadimento
Il flashover9
è caratterizzato da una transizione veloce, da un fuoco localizzato alla combustione di
tutte le sostanze combustibili presenti all’interno di un compartimento.
9
La ISO TR 13387-2 “Fire Safety Engineering-Part 2: Design Fire Scenarios and Design Fires”, indica che il
flashover è una fase in corrispondenza della quale la temperatura dello strato di gas caldi a soffitto raggiunge
i 600 °C e il flusso termico a livello del pavimento è pari a 20kW/m2