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Indice
Introduzione
PARTE PRIMA: DIDATTICA
Capitolo primo
Situazioni didattiche e sistemi complessi
Capitolo secondo
Docente e ricercatore
Capitolo terzo
Insegnamento, apprendimento
Capitolo quarto
I saperi
Capitolo quinto
Insegnante, studente, sapere
Capitolo sesto
Situazioni didattiche
Capitolo settimo
Modelli e strategie
Capitolo ottavo
Dirigere e regolare il proprio apprendimento
Capitolo nono
Progettazione
Capitolo decimo
Rapporto micro-macro
PARTE SECONDA: TECNOLOGIE
Capitolo undicesimo
Le tecnologie
Capitolo dodicesmo
Tecnologie e osservazione
Capitolo tredicesimo
Tinkering
Capitolo quattordicesimo
Coding
Capitolo quindicesimo
Robotica educativa
Capitolo sedicesimo
Tecnologie e inclusione
Conclusioni
Bibliografia
Sitografia
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Introduzione
Alcune opere di Escher sembrano evocare un significato di alie-
nazione. Monaci che vagano in eterni anelli salendo scalinate che
tor- nano sempre all’inizio; acqua che cade da una cascata e poi
discende risalendo verso l’origine della stessa; si percepisce un
senso di un “girare a vuoto” (Escher M.C., Salita e discesa,
litografia, 1960; Escher M.C., Cascata, litografia, 1961). Un
cercare di conquistare una meta che non si raggiunge mai. Il
riferimento a queste opere di Escher è utile per indicare un
obiettivo che sembra inarrivabile in am- bito didattico. Si tratta
dell’integrazione fra didattica e tecnologie. Le due opere di Escher
sembrano emanare un ulteriore significato che va oltre
l’interpretazione di ciò che è raffigurato e trasmette un senso di
disagio relativo al significato di costruzioni impossibili. Ma è pro-
prio una costruzione impossibile la realizzazione di questa integra-
zione? Sono anni che essa viene analizzata e che si sviluppano
tentativi di utilizzare le tecnologie nella scuola, ma sembra di
essere sempre al punto iniziale. Si ha l’impressione di andare
contro un muro di gomma che costantemente respinge. Il docente
prova, ma i suoi sforzi sembrano assorbiti; sono sforzi che non
incidono.
Forse la causa può risiedere in un approccio da rivedere?
Da sempre si afferma che il docente deve dedicarsi all’uso didat-
tico delle tecnologie e non deve essere un tecnologo. Ma cosa si in-
tende per tecnologo? Colui che deve interessarsi delle operazioni di
riparazione a fronte di malfunzionamenti, di rotture hardware, …?
Oppure colui che fa funzionare i dispositivi collegati, che aggiorna
il software di sistema, ..., che, in definitiva, sa operare con un pc e
ge- stisce la sua manutenzione?
Se ci si riferisce al primo, è ovvio che deve esserci un tecnico ed
è, altresì, ovvio che non deve essere il docente; ma si è fuori dal
rap- porto fra didattica e tecnologie.
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Se ci si riferisce al secondo, forse non si percepisce lo spessore
delle tecnologie: non è pensabile che un tecnologo sia colui che
svolga le operazioni elencate.
Non occorre impostare analisi per rivendicare che il ruolo di un
docente non è quello di fare manutenzione; però, svolgere quei
com- piti, non è neppure la mansione principale di un vero
tecnologo; quei compiti non ne esauriscono il profilo.
Un tecnologo in campo digitale, in riferimento alla scuola, è un
professionista che sa costruire con le tecnologie, in particolare con
quelle software. Se è così, forse è un po’ sbrigativo dire: «Io sono
un docente, non un tecnologo» (quasi si delineasse, per il secondo,
una figura di altro spessore). Se il “concorrente” è un tecnologo di
questo tipo, allora il docente pecca se non si impegna sul fronte
caratteristico del profilo di questo tecnologo.
Ma costruire cosa significa? Per anni ha significato:
multimedialità e ipertestualità e web. Il web ha rappresentato e
rappresenta tuttora il campo maggiormente frequentato per quanto
riguarda l’uso delle tec- nologie nella scuola. È bene ricordare che
il web è uno “strumento” per presentare e distribuire. Nei fatti
facilita il dialogo, non lo crea. Se è vero che il web può essere
gestito in modalità dialogica, tuttavia i costruttori del dialogo sono
le persone che dialogano. Una discus- sione online, ad esempio
con un web forum, è costruita dai parteci- panti; è il loro approccio
alla discussione che ne decreta il successo o l’insuccesso. Tuttavia
occorre riconoscere che il web ha contribuito allo sviluppo della
conoscenza della tecnologie; ha contribuito a quanto c’è di
diffuso, su questo versante, nella scuola. Però il web non esaurisce
l’approccio alle tecnologie nella didattica.
E allora cosa fare? La Metamorfosi di Escher può aiutarci (Fig.
1).
Figura 1: Metamorfosi (Escher M.C., litografia, 1939/40).
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Non soffermiamoci sul significato di metamorfosi, ma cogliamo
il senso di allontanamento dal punto iniziale per poi tornarci.
Le prime esperienze di introduzione delle tecnologie nella
scuola sono avvenute attraverso la proposta del metodo
informatico. Ora sembra di tornare all’inizio: «In the 2012, the UK
Government an- nounced that their national ICT (Information and
Communication Te- chnology) curriculum was being scrapped
because it is harmful and dull and recommended that it be replaced
by computer science K–
12. […]. In recent days, President Obama, Mark Zuckerberg, and
Mi- crosoft have all advocated for kids to learn coding. […].
Programming is the nervous system of the maker revolution. Not
only can new virtual products be invented, but programming is
required to bring life and intelligence to the physical artifacts a
tinkerer or en- gineer makes» (Libow Martinez S., Stager G.,
2013).
Nel testo si sostiene la necessità di tornare al coding, inteso non
solamente come costruzione programmi, ma come pensiero compu-
tazionale che lo sostiene. Per anni la scuola si è allontanata dal co-
ding, avvalorando tale posizione con variegate analisi. Così
facendo ha precluso la possibilità di proporre agli studenti vere
esperienze di tecnologie. Nel testo si propone un percorso verso la
realizzazione di artefatti con un approccio informatico, cercando di
far percepire la valenza di questo itinerario.
La struttura del volume prevede due sezioni: una dedicata alla
di- dattica e una al rapporto fra tecnologie e didattica.
Nella prima si analizzano temi quali: rapporto docente-
ricercatore; rapporto insegnamento-apprendimento; i saperi e la
didattica; rap- porto fra docente, studente e sapere; situazioni
didattiche; strategie che il docente mette in atto; regolare e dirigere
il proprio apprendi- mento; modalità di progettazione; livelli micro
e macro.
Nella seconda si parla di: tecnologie autonome e superiori;
tinke- ring, coding, robotica educativa, tecnologie e inclusione.
Il testo è permeato da continui riferimenti ai sistemi complessi
per ricordare costantemente la complessità dell’agire didattico.
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Conclusioni
Tecnologie
L’uso delle tecnologie, pur se non in modo massiccio, è entrato
nelle pratiche quotidiane scolastiche e anche in quelle del tempo
libero extra-scolastico e nel mondo lavorativo. Tutto ciò
rimanda a una forte domanda di saperi, non solo pedagogici, per
darne giusto e corretto significato negli ambiti dove il loro
utilizzo si incrocia con l’identità sociale e con quella
individuale. Si assiste a una sempre maggiore loro trasparenza
che estende il corpo e la mente degli individui creando un
sistema unico di gestione del proprio vivere; sono strumenti con
i quali si dialoga per mediare il proprio rapporto con il mondo.
Sono delle nostre protesi che utilizziamo a mo’ di una nostra
estensione, a volte in modo inconsapevole e perfettamente
integrate (cellulari, smartphone, tablet), altre volte indossandole
per coniugare
noi stessi a mondi nuovi, dilatati, che delineano una mixed area
dove il reale si mischia con il virtuale (ad esempio gli occhiali
per la realtà aumentata: indossandoli, a segmenti della realtà si
sommano segmenti virtuali aumentando il significato di quella
reale; è possibile fruire la realtà aumentata anche attraverso pc,
smartphone e tablet).
Il mondo del web, attraverso le applicazioni del cosiddetto web
2.0, asseconda questa linea di trasparenza cercando di creare
ambienti sempre più amichevoli che sono liberi, aperti a
relazioni comunicative, collaborative. Attraverso essi è
possibile creare dei luoghi per la formazione ufficiale
(accademica, scolastica, professionale) e ciascuno può creare
propri spazi per una autoformazione (PLE: Personal Learning
Environment). Oggi si assiste al fenomeno dei MOOC (Massive
Open Online Course). Sono dei corsi online aperti, pensati per
una formazione in rete che coinvolga un numero elevato di
utenti.
I partecipanti provengono da varie aree geografiche nei diversi
continenti e accedono ai contenuti unicamente via web. La
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filosofia dei MOOC prevede che ci siano dei canovacci di
programma proposti e degli spunti di discussione per ciascun
segmento del programma, poi ciascuno, facendo riferimento
anche ai propri spazi personali (blog, wiki, …), che può
incamerare nell’ambiente, costruisce conoscenza collaborando
con gli altri. Inoltre, si sta delineando una nuova forma di web,
chiamata web 3.0, tuttavia non ben definibile, che riassume ed
estende tutto l’esistente nel web con insieme altre applicazioni
che vivono nelle rete (web semantico, mondi virtuali, realtà
aumentata, web potenziato). Si assiste, anche, a una nuova
domanda (in effetti già esistente nel passato e che ha seguitato a
vivere in realtà di nicchia) riferita ad un uso autonomo delle
tecnologie (Alessandri G., 2013). Il significato è ampio:
• significa studio della struttura delle stesse; le tecnologie
portano con loro della conoscenza che è quella che le ha
prodotte e, inoltre, non nascono per caso ma sono frutto di
congiunture che hanno permesso la loro comparsa;
pedagogicamente tale approccio fa capire che non esiste magia
in esse e permette un uso che non si limiti all’interfaccia, ma
che penetri più a fondo;
• significa costruire degli artefatti (applicazioni) con esse; ci si
riferisce all’uso del computer con la programmazione (il
coding); si riconosce la valenza formativa della progettazione e
della realizzazione di programmi; esistono strumenti che
facilitano questi processi permettendo la creazione di
animazioni, storie, micromondi, simulazioni, …;
• significa costruire dei robot e poi farli “vivere” nell’ambiente;
qui la valenza è duplice: riguarda l’aspetto della costruzione
fisica del dispositivo (non a livello elettronico) e del programma
che lo faccia muovere utilizzando un approccio fortemente
connesso all’esperienza. Sono affrontate situazioni collegate al
problema della gestione dello spazio, del corpo del robot nello
spazio, dell’interazione fra corpo e mondo;
• significa costruire applicazioni che guidino i robot via web.
In questo seconda prospettiva, si predica che le tecnologie da
trasparenti, come sono diventate, tornino ad essere sempre più
visibili. Inoltre occorre riflettere su un nuovo significato di
digital divide: non è più riferibile a una diversa possibilità di
accesso alle tecnologie, ma a diversi livelli di competenze
sull’uso delle stesse. Sempre più ci si orienta verso la
trasparenza delle tecnologie e ci si interessa solamente
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dell’interfaccia che permette di usarle a scatola chiusa. La
scuola, che dovrebbe abbattere le differenze, finisce per
perpetuare un digital divide competenziale in quanto troppo
spesso si limita a proporre un loro uso inconsapevole e
superficiale, prediligendo approcci poco orientati alla
costruzione con esse e delegando solo a percorsi specialistici
una formazione in questo settore. Tutto ciò poi comporterà che
le scelte, verso le quali una società si orienta sul versante delle
tecnologie, saranno sempre più dettate da ristretti gruppi.
Occorrerebbe, quindi, creare una soglia minima di preparazione,
estesa a tutti, affinché si possa generare una stabile massa
critica che possa orientare gli sviluppi nel settore. In definitiva
alla pedagogia, che ha come compito quello di osservare il
reale, di prevedere possibili sviluppi e di suggerire soluzioni
educative, si pone una domanda: deve educare a un uso
trasparente delle tecnologie, oppure deve rieducare a un loro
vero significato attraverso percorsi che conducano verso una
loro appropriazione storica, culturale, e verso aspetti formativi
collegati alla riscoperta degli aspetti computazionali (il coding)?
Infine, in tutti i settori lavorativi, esiste una massiccia presenza
di tecnologie e ciò richiede agli addetti (e fra questi gli
insegnanti) di appropriarsene, ricostruendo o rimodellando
continuamente le loro competenze; ciò potrà essere fatto in
maniera sempre meno “traumatica” se, a livello scolare, si sia
provveduto alla formazione di una mentalità flessibile e aperta
alla necessità che la propria mansione lavorativa futura dovrà
vivere a contatto con un continuo sviluppo tecnologico.
http://www.didafor.com
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APPRENDERE E PROGETTARE
SUPPORTI DIDATTICI
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Comitato scientifico
Guido Benvenuto (UniLaSapienza), Luigino Binanti (UniSalento),
Larry Hickman (UniCarbondale), Emilio Lastrucci (UniBasilicata),
Giuseppe Spadafora (UniCalabria), Ignazio Volpicelli (UniTorVergata)
I volumi sono sottoposti a referaggio.