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Arte longobarda.
Invasa l’Italia sotto la guida di re Alboino (568), il popolo germanico orientale dei
Longobardi portò con sé la propria tradizione artistica germanica, anche se già
influenzata da elementi bizantini durante il lungo soggiorno del popolo in Pannonia
(VI secolo, od. Romania); tale matrice rimase a lungo visibile soprattutto negli
elementi ornamentali dell'arte (simbolismo, decori fitomorfi e zoomorfi). In seguito
al radicarsi dello stanziamento in Italia, ebbe inizio un processo di fusione tra
l'elemento germanico e quello latino-bizantino, dando vita a una società indistinta,
che, da lì a breve, sarebbe emersa come "italiana".
Per "arte longobarda" si intende la produzione artistica prodotta in Italia durante il
dominio longobardo (Langobardia Maior, 568-774), con residuale permanenza
nell'Italia meridionale fino al X-XI secolo (Langobardia Minor, 568-1053):
indipendentemente, quindi, dall'origine etnica dei vari artefici, tra l'altro spesso
impossibile da definire.

Croce di
Gisulfo, VII
secolo, 11 cm,
Cividale,
Museo
archeologico
nazionale.

Croce di
Agilulfo,
inizio in.
VII
secolo,
22,5x15
cm
Monza,
Museo
del
Duomo.

Copertura di Evangeliario di Teodolinda, 603, oro,
gemme, cammei incisi, perle, h 30 cm, Monza, Tesoro
del Duomo
Arte longobarda. Oreficeria.
Stile policromo
Un primo stile, detto policromo, risale agli Unni (IV sec.) e trova precedenti nelle popolazioni stanziate sul Mar Nero. Si
contraddistingue dall'uso di pietre levigate (spesso rosse come granati e almandini), incastonate nell'oro, sia isolate, sia a
distanze ravvicinate, ricoprendo quasi l'intera superficie con sottili strisce di metallo prezioso tra un castone e l'altro. La tecnica
raggiunse un apice all'epoca di Childerico e più o meno contemporaneamente si diffuse anche in Italia e Spagna tramite i Goti (2
1/2 V sec.). In Spagna le forme usate furono meno elaborate e meno ricche. Questa tecnica, oltre all'ampia diffusione, ebbe una
vita molto lunga, essendo usata ancora dai Franchi e dai Longobardi nel VII secolo.

Stile animalistico
Un secondo stile è quello animalistico, che venne portato ad alti livelli nel bacino del Mare del Nord e nella Scandinavia, prima di
diffondersi in tutta Europa. I manufatti tipici in questo stile sono fibbie e guarnizioni varie ed hanno analogia con produzioni
simili in province romane quali la Britannia e la Pannonia. In queste opere le figure geometriche invadono tutta la superficie
ed a seconda dei risultati si hanno tre sottodivisioni:
Lo stile animalistico I: caratterizzato da una disposizione degli elementi scomposta ed asimmetrica; gli elementi zoomorfi sono
essenziali ma realistici, spesso presentano elementi umani e i temi geometrici sono regolari.
Lo stile animalistico II: sviluppatosi successivamente su influsso dell'arte bizantina, presenta maggiore regolarità e fluidità del
disegno; gli elementi zoomorfi diventano più stilizzati, fino a venire assorbiti in inestricabili motivi a nastro.
Lo stile animalistico III: caratteristico dei paesi scandinavi dal 700 in poi, che riprende alcuni elementi del primo stile e tende a
risaltare le forme di animali aggrovigliate, secondo i codici decorativi irlandesi.
Le varie fasi stilistiche nascono anche dall'esigenza di proteggere e mascherare i miti pagani dalla diffusione del
Cristianesimo.
Arte longobarda.

Lamina di Agilulfo, 590-612, bronzo smaltato e dorato, Museo Nazionale di
Bargello, Firenze

Fibula, VII secolo, 7 cm. Parma, Museo nazionale
di antichità

Corona Ferrea di Teodolinda, VI sec., Duomo di Monza
Cavaliere, lastrina in bronzo dorato
dello Scudo di Stabio, VII secolo.
Berna, Historisches Museum.

Fibula di Nocera Umbra, VI sec., 18,7
cm, Roma, Museo alto medievale
Arte longobarda. Architettura

Capitello “a fibula”, VII sec.

Chiesa di Sant'Eusebio, cripta, VII sec., Pavia.
Capitello a foglie
d’acqua, VII sec.
Arte longobarda. Architettura
La Chiesa di Sant’Eusebio nacque come cattedrale ariana per volontà del re Rotari nel corso del VII secolo, e in seguito
intitolata a Sant’Eusebio dopo la conversione al cattolicesimo. Nel 1920 l’antica chiesa, già sconsacrata, fu abbattuta per
consentire la costruzione del palazzo delle poste. Rimane in vita l’antica cripta, uno spazio suddiviso da cinque navate e coperte
da volte a crociera.
I capitelli della cripta sono realizzati in un nuovo stile derivante dall’ oreficeria orientale, dando origine alle tipologie “a fibula
alveolata” e “a foglie d’acqua” o “ad ali di cicala”.
Il tipo “a fibula” è formato da un parallelepipedo appena allargato alle due estremità. Sulla sua superficie ci sono due file
sovrapposte di triangoli incassati, mentre i bordi sono maggiormente rilevati. Con ogni probabilità questi alveoli erano in origine
occupati da pietre rosse o vetri policromi.
Il tipo “a foglie d’acqua” o “ad ali di cicala” rielabora in modo astratto forme naturali o vegetali e anche in questo caso
prevedeva l’incasso di pietre colorate.
La rottura con la tradizione classica è evidente: un elemento dell’oreficeria è per la prima volta applicato ad una parte della
struttura portante. In altre parole, la forma del capitello viene ad essere non solo modificata da un gusto caratteristico dell’arte
longobarda, ma viene ricreato ex novo.
La primitiva chiesa ariana volle infatti arricchire la struttura con elementi decisamente “altri” rispetto a qualsiasi legame col
culto cattolico.

La Rinascenza liutprandea è un periodo della storia dell'arte longobarda situato nel decennio 730-740 circa, durante il regno di
Liutprando, volto ad introdurre nell'arte longobarda influssi dell'arte romana. Questo recupero di forme e stili antichi,
interpretati secondo la sensibilità "nordica" dei longobardi, si inserì nel filone che segna la continuità degli stilemi e dei motivi
dell'arte classica anche nell'alto medioevo, che proseguì con l'arte carolingia e ottoniana, grazie anche alla presenza di artisti
di formazione longobarda nei grandi cantieri dell'VIII e IX secolo.
La "rinascenza" ebbe come centro la città di Cividale del Friuli, dove resta il capolavoro architettonico di questa epoca, il
cosiddetto Tempietto longobardo, che conserva gran parte della decorazione originale dell'VIII secolo.
Arte longobarda. Scultura

Eadfrith, di Lindisfarne, Pagina con Chi e Rho, Vangelo
Di Matteo, fine VII sec., Londra, British Museum
Arte longobarda.
Scultura

Pluteo di Teodote con grifoni, dall'oratorio di Santa Maria Teodote alla Pusterla,
in. VIII sec., Pavia, Musei Civici.

Pluteo di Teodote con pavoni, dall'oratorio di Santa Maria
Teodote alla Pusterla, in. VIII sec., Pavia, Musei Civici.

Lastra con pavone, dalla chiesa di S.
Salvatore, Brescia, 2° ½ VIII secolo,Pavia,
Musei Civici
Arte longobarda. Scultura

Altare del duca
Rachis, 737-744,
Museo Cristiano,
Cividale del Friuli
(Udine).

Visitazione

Maiestas Domini (Maestà del Signore), lato anteriore.

Adorazione dei
Magi

Lato posteriore
Arte longobarda. Scultura

Maiestas Domini (Maestà del Signore), ricostruzione dell’originaria policromia
RATCHIS (Ratchis), NOBILE (hoh = hoch)
CAVALIERE (rit = ritter) PAGANO (hide
=heide) [= longobardo], MISE IN OPERA (bo
=bauthe) I RICCHISSIMI (maxima) DONI
(dona) DI DIO (di-Dei), CONCESSI
(concessa)
AL
SUBLIME
(sublimi)
PEMMONE (Pemmoni), AFFINCHÉ (ut)
DOVUNQUE
(ubique)
VENISSERO
RIFORMATE (reformarentur) LE CHIESE
(templa) A (ad) GLORIA (clarit-claritatem) DI
CRISTO (Xpi-Christi). INFATTI (nam) TRA
(inter) LE ALTRE (reliquas) ORNO' (ornabitornavit) LA CHIESA (domum) DEL BEATO
(beati) GIOVANNI (Iohannis) CON LA
PENDOLA (pendola-pendula) DEL MARMO
(marmoris) [= iconostasi] E (et) ARRICCHI'
(ditabit-ditavit) L'ALTARE (altare) CON IL
CIBORIO (tecurio) DALLA BELLA (pulchro)
COLORITURA (colore).

Datato tra il 737 e il 744, periodo in cui Rachis era duca del Friuli, e composto da quattro lastre di pietra d'Istria, l’altare
presenta alla sommità un'epigrafe latina e sui quattro lati decorazioni e vari soggetti religiosi: la Visita di Maria Vergine alla
cugina Elisabetta (Visitazione); l'Ascensione di Cristo in maestà entro una mandorla sorretta da quattro angeli (Maiestas
Domini ); l'Adorazione dei Magi. Sulla superficie sono presenti significative tracce di pigmenti, paste vitree e lamine d'oro.
Nelle scene le figure sono fortemente bidimensionali e si staccano nettamente dal piano di fondo, quasi un disegno a rilievo.
Questi caratteri, la marcata stilizzazione delle figure e il calligrafismo d'insieme fanno assomigliare l'altare ad un monumentale
cofanetto eburneo. In linea con l'horror vacui (paura del vuoto) che caratterizza tutta la scultura barbarica, gli spazi sono
riempiti con crocette, palmette, stelline e fiori.
Coerentemente a lo stile astrattizzante, le figure umane presentano alcune deformazioni, quali quelle delle grandi mani degli
angeli che sorreggono la mandorla. I volti sono caratterizzati dall‘assotigliarsi del mento (volti a "pera rovesciata").
L'antinaturalismo formale e il forte risalto cromatico che le superfici avevano in origine sottolineano con forza il valore sacro e
simbolico dell'opera. Si può notare inoltre come la sia utilizzata gerarchia dimensionale, dando una grandezza maggiore ai
personaggi di rilievo come Maria e Gesù.
Arte longobarda. Scultura
Risalente al periodo della Rinascenza liutprandea (730-740), il
Fonte battesimale del patriarca Callisto presenta una forma
ottagonale (l'otto era un numero legato alla resurrezione essendo 7,
che significava l'eternità, più uno, che rappresentava Dio) ed è
sormontato da un tegurio, composto da ampi archi a tutto sesto,
sostenuto da colonne corinzie.
Gli archi del tegurio sono adornati da iscrizioni e motivi vegetali,
animali e geometrici, mentre nella parte bassa sono presenti due
lastre con bassorilievi stilisticamente molto simili all'altare del
duca Ratchis (forse dello stesso autore) e iconograficamente legati
al sacramento del battesimo (pavoni e grifoni alla fonte, leoni ed
agnelli, simboli cristologici e degli Evangelisti, ecc.).

Fonte battesimale del patriarca Callisto, 730-740, 354
cm di altezza, calcare bianco, Cividale del Friuli, Museo
Cristiano
Arte longobarda. Scultura

Lastra sepolcrale (Pluteo) di S. Bertulfo, 730-744, 354 cm di
altezza, calcare, Bobbio, Cripta Abbazia di San Colombano.

Johannes magister, Lastra sepolcrale di S. Cumiano,
fronte 730-744 – retro IX sec., calcare, Bobbio, Museo di
S. Colombano.

Lastra sepolcrale (Pluteo) di S. Attala, 730-744,
calcare, Bobbio, Cripta Abbazia di San Colombano.
Arte longobarda. Architettura

Tempietto longobardo di Santa Maria in
Valle, ½ VIII sec., Cividale del Friuli (Udine).
Edificato verso la metà dell'VIII secolo nel luogo in cui sorgeva la gastaldia (palazzo del
gastaldo, signore della città) il Tempietto longobardo, oggi Chiesa di Santa Maria in Valle,
aveva la funzione di cappella palatina. L'iniziativa si deve probabilmente ad Astolfo, duca del
Friuli (744-749) e re dei Longobardi (749-756), e a sua moglie Giseltrude. Quando la
gastaldia fu trasformata in monastero il tempietto assunse la nuova denominazione mariana.
È composto da un'aula a base quadrata con una spaziosa volta a crociera, che si chiude con
un presbiterio, più basso, diviso da coppie di colonne in un loggiato a tre campate con volte
a botte parallele. Il lato ovest era l'antica parete d'ingresso e su questo lato rimangono
ancora cospicui resti di una straordinaria decorazione a stucchi e ad affresco. L'abside era
decorata a mosaico.
Arte longobarda. Architettura

La lunetta della porta è incorniciata tra intrecci di vitigni con grappoli. Al centro è raffigurato Cristo tra gli Arcangeli Michele e
Gabriele, mentre nello stesso registro si trova una fascia affrescata con Martiri. Sopra la lunetta del portale si sviluppa un fregio
di viticci, realizzato a giorno, incorniciato da rosette entro cui erano sistemate perle vitree.
Il Fregio al livello superiore è liberamente sovrapposto agli elementi architettonici dell'edificio. Al di sopra vi sono sei monumentali
figure a rilievo di Sante, in stucco, da collegare ai modelli classici, riletti secondo la cultura longobarda. I panneggi delle vesti
riccamente decorate hanno un andamento accentuatamente rettilineo che ricorda i modelli bizantini, dai quali però le Sante si
distaccano per il maggior senso del volume e per il verticalismo, ulteriormente marcato dalla lunghezza delle pieghe delle
tuniche.
La decorazione a stucco è rimasta incompiuta sulle pareti laterali ed era in origine policroma. La cappella è ornata da alcuni
cicli di affreschi realizzati in epoche diverse.
Arte longobarda. Architettura

Chiesa di Santa Sofia, VIII sec., Benevento.
Fondata dal duca longobardo Arechi II (760), fu costruita su modello della cappella palatina di Liutprando a
Pavia e divenne il tempio nazionale dei Longobardi, che, dopo la sconfitta di Desiderio ad opera di Carlo
Magno (774), si erano rifugiati nel Ducato di Benevento, (Ticinum geminum, la seconda Pavia), presso il quale
furono ospitate le reliquae langobardorum gentes. La chiesa ha pianta stellare, tre absidi circolari e doppio
deambulatorio sostenuto da sei colonne (interno) e dieci pilastri (esterno).
Arte longobarda. Architettura

Chiesa di Santa Maria foris portas, IX sec., Castelseprio
(Varese).

La costruzione sorge su una collina, in un'area già caratterizzata da
un sepolcreto preistorico. La struttura architettonica è stata datata,
grazie a complessi esami fisici e chimici, intorno al secondo quarto
del IX secolo, essendo assai difficoltosa la collocazione in base ad
elementi stilistici, non essendo rimasti esempi di confronto nella zona
relativi a quel periodo. Appartiene dunque all'età carolingia per
epoca di costruzione, ma a quella longobarda per concezione
ideale e per continuità architettonica, che rimanda alle basiliche
paleocristiane di Milano del IV-V secolo e che sarebbe proseguita
fino all'XI secolo.
La chiesa si presenta esternamente con una rustica semplicità,
preceduta da un atrio con un grande arco, aperto nel XVII secolo,
mentre in pianta presenta un'unica navata rettangolare, con
un'abside per ciascun lato oltre quello d'ingresso. Le tre absidi
sono tra loro uguali tranne che per la disposizione delle finestre.
All'esterno, esse sono rinforzate da contrafforti e coperte da bassi
spioventi semiconici.
Arte longobarda. Pittura.

Chiesa di Santa Maria foris portas, IX sec., Castelseprio (Varese).

Gli affreschi rappresentano scene dell'infanzia
di Cristo ispirate ai Vangeli apocrifi. La tecnica
compositiva lascia emergere uno schema
prospettico di ascendenza classica e una
realistica rappresentazione di ambienti, figure
umane e animali, testimoniando la permanenza,
in tarda età longobarda, di elementi artistici
classici .

Annuncio a Zaccaria
(particolare), affresco
nell'abside, fine VIII inizio IX sec.

L’affresco presenta modi legati alla Scuola di miniatura beneventana, caratterizzata da colori
luminosi e ricchi di lumeggiature e dal disegno piuttosto sciolto.
Arte carolingia e ottoniana.

Torhalle dellAbbazia di Lorsch, 760-90,
Lorsch, Germania.

Chiesa abbaziale di Corvey, 885, Corvey,
Germania. La terza torre visibile nel disegno
ricostruttivo è stata eliminata tra l’XI e il XII
sec.
Arte carolingia e ottoniana.

Cappella palatina, 794 - 805, Aquisgrana (Aachen),
Germania
Arte carolingia e ottoniana.

Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano
Commissionato dal vescovo Angilberto (824-59) per custodire il sarcofago porfireo con i corpi dei santi Ambrogio, Gervasio e
Protasio (visibili tuttora da una finestrella sul lato posteriore), l'altare ligneo, ricoperto di lastre d'oro e d'argento dorato
lavorate a sbalzo, pietre preziose, cammei romani di spoglio e smalti policromi cloisonnés, è un esempio di oreficeria
carolingia.
Il lato anteriore, tripartito, reca ventuno formelle, di cui: quelle della zona centrale formano una croce greca gemmata avente al
centro la Maiestas Domini entro la mandorla apocalittica e il Tetramorfo nei bracci, mentre le quattro formelle angolari
raffigurano, tre per parte, i dodici apostoli; le dodici formelle delle due zone laterali recano scene della Vita e della Passione di
Cristo. Le scene sono più vivaci e i personaggi mostrano di muoversi entro lo spazio.
Arte carolingia e ottoniana.

Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano

Sui lati brevi una cornice a smalti cloisonnés, pietre preziose e cammei di spoglio disegna una complessa geometria
simbolica, dividendo lo spazio in sedici zone recanti busti di santi martiri milanesi circondati da angeli e altri santi, e disegna al
centro una croce greca costituita da quattro bracci impreziositi da smalti policromi cloisonnés e pietre preziose culminanti
nella gemma ovale centrale.
Arte carolingia e ottoniana.

Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano
Il lato posteriore, tripartito e realizzato in lamina d’argento dorato, presenta al centro due
sportelli che chiudono la finestrella del reliquiario, ciascuno decorato da due medaglioni: i
due in alto presentano un arcangelo ciascuno (Michele a sinistra e Gabriele a destra); i due in
basso raffigurano, a sinistra, Ambrogio che incorona Angilberto che gli presenta il
modellino dell'altare, e a destra Ambrogio che incorona Vuolvino magister phaber in atto di
venerazione. I pannelli laterali rappresentano dodici scene con le Storie di Sant'Ambrogio.
Il ricordo del ruolo anche politico di Ambrogio richiama quello di Angilberto II, arcivescovo di
Milano e missus dominicus del carolingio Carlo il Calvo, mentre le scene con la Conversione
di un ariano ed i Funerali di San Martino di Tours (dedito alla lotta dell'arianesimo)
sottolineano l’antica alleanza antiariana tra Chiesa e Franchi. Le scene sono volutamente
semplificate, con personaggi distaccati nella composizione e una resa più raffinata.
Arte carolingia e ottoniana.
Voluto dal vescovo Lorenzo dopo il 494 e rinnovato dal
vescovo Angilberto II (824-859) per essere adeguato al
nuovo altare di Vuolvinio (835), Il ciborio si regge su
quattro colonne di porfido rosso di spoglio prelevate,
secondo la tradizione su commissione dello stesso
Ambrogio, da un tempio pagano dedicato all'imperatore
Valentiniano II e poste a sostegno del ciborio per indicare,
simbolicamente, in Cristo l’unico Imperator mundi. La
posteriore decorazione a stucco dei timpani (972-73)
raffigura su ogni lato una scena di omaggio inquadrata da
motivi simbolici vegetali: sul fronte verso i fedeli, Cristo in
trono trasmette le chiavi a San Pietro e il codice a San
Paolo;sul fronte rivolto al clero Sant'Ambrogio, tra i Santi
Gervasio e Protasio, riceve l'omaggio di due
ecclesiastici, uno dei quali gli dona il modellino del
ciborio; sul lato destro, dove si raccoglievano gli uomini,
Sant’Ambrogio è onorato dagli imperatori Ottone I e
Ottone II e sul lato sinistro, dove si raccoglievano le donne,
Maria Vergine è venerata dalle imperatrici Adelaide e
Teofano, rispettive mogli dei due imperatori. Agli angoli, in
corrispondenza dei quattro punti cardinali, quattro aquile
in altorilievo con le ali spiegate ed un pesce tra gli artigli
simboleggiano la prontezza del diffondere il messaggio
evangelico in ogni parte del mondo ogni volta che si
ripete il "miracolo" del sacramento eucaristico.
Le
composizioni
simmetriche
ed
equilibrate
esemplificano la raffinata e aristocratica arte ottoniana, il
cui programma iconografico è qui rivolto a sottolineare il
parallelismo tra i poteri religioso e civile e la
legittimazione del secondo da parte del primo.

Ciborio di Sant'Ambrogio, 972 - 973, porfido, marmo,
stucco policromo, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano
Arte carolingia e ottoniana.

Ciborio di Sant'Ambrogio, 972 - 973, Basilica di Sant'Ambrogio,
Milano, particolari dei timpani:
•Cristo in trono trasmette le chiavi a San Pietro e il codice a
San Paolo;
•Sant'Ambrogio, tra i Santi Gervasio e Protasio, riceve
l'omaggio di due ecclesiastici, uno dei quali gli dona il
modellino del ciborio;
•Sant’Ambrogio è onorato dagli imperatori Ottone I e Ottone II
•Maria Vergine è venerata dalle imperatrici Adelaide e Teofano
I rilievi sono tipici della Rinascenza ottoniana (887-1000), in cui
l’idea di renovatio imperii carolingia si riafferma prendendo
spunto soprattutto da modelli paleocristiani e bizantini
(linguaggio stilizzato, elaborato e colto) grazie al nuovo
prestigio internazionale di cui godeva l’Impero bizantino sotto
la diastia macedone (Rinascenza macedone, IX-XI secolo) e al
matrimonio tra Ottone II e la principessa Teòfano, figlia
dell’Imperatore bizantino Romano II.

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Arte longobarda, carolingia e ottoniana

  • 1. Arte longobarda. Invasa l’Italia sotto la guida di re Alboino (568), il popolo germanico orientale dei Longobardi portò con sé la propria tradizione artistica germanica, anche se già influenzata da elementi bizantini durante il lungo soggiorno del popolo in Pannonia (VI secolo, od. Romania); tale matrice rimase a lungo visibile soprattutto negli elementi ornamentali dell'arte (simbolismo, decori fitomorfi e zoomorfi). In seguito al radicarsi dello stanziamento in Italia, ebbe inizio un processo di fusione tra l'elemento germanico e quello latino-bizantino, dando vita a una società indistinta, che, da lì a breve, sarebbe emersa come "italiana". Per "arte longobarda" si intende la produzione artistica prodotta in Italia durante il dominio longobardo (Langobardia Maior, 568-774), con residuale permanenza nell'Italia meridionale fino al X-XI secolo (Langobardia Minor, 568-1053): indipendentemente, quindi, dall'origine etnica dei vari artefici, tra l'altro spesso impossibile da definire. Croce di Gisulfo, VII secolo, 11 cm, Cividale, Museo archeologico nazionale. Croce di Agilulfo, inizio in. VII secolo, 22,5x15 cm Monza, Museo del Duomo. Copertura di Evangeliario di Teodolinda, 603, oro, gemme, cammei incisi, perle, h 30 cm, Monza, Tesoro del Duomo
  • 2. Arte longobarda. Oreficeria. Stile policromo Un primo stile, detto policromo, risale agli Unni (IV sec.) e trova precedenti nelle popolazioni stanziate sul Mar Nero. Si contraddistingue dall'uso di pietre levigate (spesso rosse come granati e almandini), incastonate nell'oro, sia isolate, sia a distanze ravvicinate, ricoprendo quasi l'intera superficie con sottili strisce di metallo prezioso tra un castone e l'altro. La tecnica raggiunse un apice all'epoca di Childerico e più o meno contemporaneamente si diffuse anche in Italia e Spagna tramite i Goti (2 1/2 V sec.). In Spagna le forme usate furono meno elaborate e meno ricche. Questa tecnica, oltre all'ampia diffusione, ebbe una vita molto lunga, essendo usata ancora dai Franchi e dai Longobardi nel VII secolo. Stile animalistico Un secondo stile è quello animalistico, che venne portato ad alti livelli nel bacino del Mare del Nord e nella Scandinavia, prima di diffondersi in tutta Europa. I manufatti tipici in questo stile sono fibbie e guarnizioni varie ed hanno analogia con produzioni simili in province romane quali la Britannia e la Pannonia. In queste opere le figure geometriche invadono tutta la superficie ed a seconda dei risultati si hanno tre sottodivisioni: Lo stile animalistico I: caratterizzato da una disposizione degli elementi scomposta ed asimmetrica; gli elementi zoomorfi sono essenziali ma realistici, spesso presentano elementi umani e i temi geometrici sono regolari. Lo stile animalistico II: sviluppatosi successivamente su influsso dell'arte bizantina, presenta maggiore regolarità e fluidità del disegno; gli elementi zoomorfi diventano più stilizzati, fino a venire assorbiti in inestricabili motivi a nastro. Lo stile animalistico III: caratteristico dei paesi scandinavi dal 700 in poi, che riprende alcuni elementi del primo stile e tende a risaltare le forme di animali aggrovigliate, secondo i codici decorativi irlandesi. Le varie fasi stilistiche nascono anche dall'esigenza di proteggere e mascherare i miti pagani dalla diffusione del Cristianesimo.
  • 3. Arte longobarda. Lamina di Agilulfo, 590-612, bronzo smaltato e dorato, Museo Nazionale di Bargello, Firenze Fibula, VII secolo, 7 cm. Parma, Museo nazionale di antichità Corona Ferrea di Teodolinda, VI sec., Duomo di Monza Cavaliere, lastrina in bronzo dorato dello Scudo di Stabio, VII secolo. Berna, Historisches Museum. Fibula di Nocera Umbra, VI sec., 18,7 cm, Roma, Museo alto medievale
  • 4. Arte longobarda. Architettura Capitello “a fibula”, VII sec. Chiesa di Sant'Eusebio, cripta, VII sec., Pavia. Capitello a foglie d’acqua, VII sec.
  • 5. Arte longobarda. Architettura La Chiesa di Sant’Eusebio nacque come cattedrale ariana per volontà del re Rotari nel corso del VII secolo, e in seguito intitolata a Sant’Eusebio dopo la conversione al cattolicesimo. Nel 1920 l’antica chiesa, già sconsacrata, fu abbattuta per consentire la costruzione del palazzo delle poste. Rimane in vita l’antica cripta, uno spazio suddiviso da cinque navate e coperte da volte a crociera. I capitelli della cripta sono realizzati in un nuovo stile derivante dall’ oreficeria orientale, dando origine alle tipologie “a fibula alveolata” e “a foglie d’acqua” o “ad ali di cicala”. Il tipo “a fibula” è formato da un parallelepipedo appena allargato alle due estremità. Sulla sua superficie ci sono due file sovrapposte di triangoli incassati, mentre i bordi sono maggiormente rilevati. Con ogni probabilità questi alveoli erano in origine occupati da pietre rosse o vetri policromi. Il tipo “a foglie d’acqua” o “ad ali di cicala” rielabora in modo astratto forme naturali o vegetali e anche in questo caso prevedeva l’incasso di pietre colorate. La rottura con la tradizione classica è evidente: un elemento dell’oreficeria è per la prima volta applicato ad una parte della struttura portante. In altre parole, la forma del capitello viene ad essere non solo modificata da un gusto caratteristico dell’arte longobarda, ma viene ricreato ex novo. La primitiva chiesa ariana volle infatti arricchire la struttura con elementi decisamente “altri” rispetto a qualsiasi legame col culto cattolico. La Rinascenza liutprandea è un periodo della storia dell'arte longobarda situato nel decennio 730-740 circa, durante il regno di Liutprando, volto ad introdurre nell'arte longobarda influssi dell'arte romana. Questo recupero di forme e stili antichi, interpretati secondo la sensibilità "nordica" dei longobardi, si inserì nel filone che segna la continuità degli stilemi e dei motivi dell'arte classica anche nell'alto medioevo, che proseguì con l'arte carolingia e ottoniana, grazie anche alla presenza di artisti di formazione longobarda nei grandi cantieri dell'VIII e IX secolo. La "rinascenza" ebbe come centro la città di Cividale del Friuli, dove resta il capolavoro architettonico di questa epoca, il cosiddetto Tempietto longobardo, che conserva gran parte della decorazione originale dell'VIII secolo.
  • 6. Arte longobarda. Scultura Eadfrith, di Lindisfarne, Pagina con Chi e Rho, Vangelo Di Matteo, fine VII sec., Londra, British Museum
  • 7. Arte longobarda. Scultura Pluteo di Teodote con grifoni, dall'oratorio di Santa Maria Teodote alla Pusterla, in. VIII sec., Pavia, Musei Civici. Pluteo di Teodote con pavoni, dall'oratorio di Santa Maria Teodote alla Pusterla, in. VIII sec., Pavia, Musei Civici. Lastra con pavone, dalla chiesa di S. Salvatore, Brescia, 2° ½ VIII secolo,Pavia, Musei Civici
  • 8. Arte longobarda. Scultura Altare del duca Rachis, 737-744, Museo Cristiano, Cividale del Friuli (Udine). Visitazione Maiestas Domini (Maestà del Signore), lato anteriore. Adorazione dei Magi Lato posteriore
  • 9. Arte longobarda. Scultura Maiestas Domini (Maestà del Signore), ricostruzione dell’originaria policromia RATCHIS (Ratchis), NOBILE (hoh = hoch) CAVALIERE (rit = ritter) PAGANO (hide =heide) [= longobardo], MISE IN OPERA (bo =bauthe) I RICCHISSIMI (maxima) DONI (dona) DI DIO (di-Dei), CONCESSI (concessa) AL SUBLIME (sublimi) PEMMONE (Pemmoni), AFFINCHÉ (ut) DOVUNQUE (ubique) VENISSERO RIFORMATE (reformarentur) LE CHIESE (templa) A (ad) GLORIA (clarit-claritatem) DI CRISTO (Xpi-Christi). INFATTI (nam) TRA (inter) LE ALTRE (reliquas) ORNO' (ornabitornavit) LA CHIESA (domum) DEL BEATO (beati) GIOVANNI (Iohannis) CON LA PENDOLA (pendola-pendula) DEL MARMO (marmoris) [= iconostasi] E (et) ARRICCHI' (ditabit-ditavit) L'ALTARE (altare) CON IL CIBORIO (tecurio) DALLA BELLA (pulchro) COLORITURA (colore). Datato tra il 737 e il 744, periodo in cui Rachis era duca del Friuli, e composto da quattro lastre di pietra d'Istria, l’altare presenta alla sommità un'epigrafe latina e sui quattro lati decorazioni e vari soggetti religiosi: la Visita di Maria Vergine alla cugina Elisabetta (Visitazione); l'Ascensione di Cristo in maestà entro una mandorla sorretta da quattro angeli (Maiestas Domini ); l'Adorazione dei Magi. Sulla superficie sono presenti significative tracce di pigmenti, paste vitree e lamine d'oro. Nelle scene le figure sono fortemente bidimensionali e si staccano nettamente dal piano di fondo, quasi un disegno a rilievo. Questi caratteri, la marcata stilizzazione delle figure e il calligrafismo d'insieme fanno assomigliare l'altare ad un monumentale cofanetto eburneo. In linea con l'horror vacui (paura del vuoto) che caratterizza tutta la scultura barbarica, gli spazi sono riempiti con crocette, palmette, stelline e fiori. Coerentemente a lo stile astrattizzante, le figure umane presentano alcune deformazioni, quali quelle delle grandi mani degli angeli che sorreggono la mandorla. I volti sono caratterizzati dall‘assotigliarsi del mento (volti a "pera rovesciata"). L'antinaturalismo formale e il forte risalto cromatico che le superfici avevano in origine sottolineano con forza il valore sacro e simbolico dell'opera. Si può notare inoltre come la sia utilizzata gerarchia dimensionale, dando una grandezza maggiore ai personaggi di rilievo come Maria e Gesù.
  • 10. Arte longobarda. Scultura Risalente al periodo della Rinascenza liutprandea (730-740), il Fonte battesimale del patriarca Callisto presenta una forma ottagonale (l'otto era un numero legato alla resurrezione essendo 7, che significava l'eternità, più uno, che rappresentava Dio) ed è sormontato da un tegurio, composto da ampi archi a tutto sesto, sostenuto da colonne corinzie. Gli archi del tegurio sono adornati da iscrizioni e motivi vegetali, animali e geometrici, mentre nella parte bassa sono presenti due lastre con bassorilievi stilisticamente molto simili all'altare del duca Ratchis (forse dello stesso autore) e iconograficamente legati al sacramento del battesimo (pavoni e grifoni alla fonte, leoni ed agnelli, simboli cristologici e degli Evangelisti, ecc.). Fonte battesimale del patriarca Callisto, 730-740, 354 cm di altezza, calcare bianco, Cividale del Friuli, Museo Cristiano
  • 11. Arte longobarda. Scultura Lastra sepolcrale (Pluteo) di S. Bertulfo, 730-744, 354 cm di altezza, calcare, Bobbio, Cripta Abbazia di San Colombano. Johannes magister, Lastra sepolcrale di S. Cumiano, fronte 730-744 – retro IX sec., calcare, Bobbio, Museo di S. Colombano. Lastra sepolcrale (Pluteo) di S. Attala, 730-744, calcare, Bobbio, Cripta Abbazia di San Colombano.
  • 12. Arte longobarda. Architettura Tempietto longobardo di Santa Maria in Valle, ½ VIII sec., Cividale del Friuli (Udine). Edificato verso la metà dell'VIII secolo nel luogo in cui sorgeva la gastaldia (palazzo del gastaldo, signore della città) il Tempietto longobardo, oggi Chiesa di Santa Maria in Valle, aveva la funzione di cappella palatina. L'iniziativa si deve probabilmente ad Astolfo, duca del Friuli (744-749) e re dei Longobardi (749-756), e a sua moglie Giseltrude. Quando la gastaldia fu trasformata in monastero il tempietto assunse la nuova denominazione mariana. È composto da un'aula a base quadrata con una spaziosa volta a crociera, che si chiude con un presbiterio, più basso, diviso da coppie di colonne in un loggiato a tre campate con volte a botte parallele. Il lato ovest era l'antica parete d'ingresso e su questo lato rimangono ancora cospicui resti di una straordinaria decorazione a stucchi e ad affresco. L'abside era decorata a mosaico.
  • 13. Arte longobarda. Architettura La lunetta della porta è incorniciata tra intrecci di vitigni con grappoli. Al centro è raffigurato Cristo tra gli Arcangeli Michele e Gabriele, mentre nello stesso registro si trova una fascia affrescata con Martiri. Sopra la lunetta del portale si sviluppa un fregio di viticci, realizzato a giorno, incorniciato da rosette entro cui erano sistemate perle vitree. Il Fregio al livello superiore è liberamente sovrapposto agli elementi architettonici dell'edificio. Al di sopra vi sono sei monumentali figure a rilievo di Sante, in stucco, da collegare ai modelli classici, riletti secondo la cultura longobarda. I panneggi delle vesti riccamente decorate hanno un andamento accentuatamente rettilineo che ricorda i modelli bizantini, dai quali però le Sante si distaccano per il maggior senso del volume e per il verticalismo, ulteriormente marcato dalla lunghezza delle pieghe delle tuniche. La decorazione a stucco è rimasta incompiuta sulle pareti laterali ed era in origine policroma. La cappella è ornata da alcuni cicli di affreschi realizzati in epoche diverse.
  • 14. Arte longobarda. Architettura Chiesa di Santa Sofia, VIII sec., Benevento. Fondata dal duca longobardo Arechi II (760), fu costruita su modello della cappella palatina di Liutprando a Pavia e divenne il tempio nazionale dei Longobardi, che, dopo la sconfitta di Desiderio ad opera di Carlo Magno (774), si erano rifugiati nel Ducato di Benevento, (Ticinum geminum, la seconda Pavia), presso il quale furono ospitate le reliquae langobardorum gentes. La chiesa ha pianta stellare, tre absidi circolari e doppio deambulatorio sostenuto da sei colonne (interno) e dieci pilastri (esterno).
  • 15. Arte longobarda. Architettura Chiesa di Santa Maria foris portas, IX sec., Castelseprio (Varese). La costruzione sorge su una collina, in un'area già caratterizzata da un sepolcreto preistorico. La struttura architettonica è stata datata, grazie a complessi esami fisici e chimici, intorno al secondo quarto del IX secolo, essendo assai difficoltosa la collocazione in base ad elementi stilistici, non essendo rimasti esempi di confronto nella zona relativi a quel periodo. Appartiene dunque all'età carolingia per epoca di costruzione, ma a quella longobarda per concezione ideale e per continuità architettonica, che rimanda alle basiliche paleocristiane di Milano del IV-V secolo e che sarebbe proseguita fino all'XI secolo. La chiesa si presenta esternamente con una rustica semplicità, preceduta da un atrio con un grande arco, aperto nel XVII secolo, mentre in pianta presenta un'unica navata rettangolare, con un'abside per ciascun lato oltre quello d'ingresso. Le tre absidi sono tra loro uguali tranne che per la disposizione delle finestre. All'esterno, esse sono rinforzate da contrafforti e coperte da bassi spioventi semiconici.
  • 16. Arte longobarda. Pittura. Chiesa di Santa Maria foris portas, IX sec., Castelseprio (Varese). Gli affreschi rappresentano scene dell'infanzia di Cristo ispirate ai Vangeli apocrifi. La tecnica compositiva lascia emergere uno schema prospettico di ascendenza classica e una realistica rappresentazione di ambienti, figure umane e animali, testimoniando la permanenza, in tarda età longobarda, di elementi artistici classici . Annuncio a Zaccaria (particolare), affresco nell'abside, fine VIII inizio IX sec. L’affresco presenta modi legati alla Scuola di miniatura beneventana, caratterizzata da colori luminosi e ricchi di lumeggiature e dal disegno piuttosto sciolto.
  • 17. Arte carolingia e ottoniana. Torhalle dellAbbazia di Lorsch, 760-90, Lorsch, Germania. Chiesa abbaziale di Corvey, 885, Corvey, Germania. La terza torre visibile nel disegno ricostruttivo è stata eliminata tra l’XI e il XII sec.
  • 18. Arte carolingia e ottoniana. Cappella palatina, 794 - 805, Aquisgrana (Aachen), Germania
  • 19. Arte carolingia e ottoniana. Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano Commissionato dal vescovo Angilberto (824-59) per custodire il sarcofago porfireo con i corpi dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio (visibili tuttora da una finestrella sul lato posteriore), l'altare ligneo, ricoperto di lastre d'oro e d'argento dorato lavorate a sbalzo, pietre preziose, cammei romani di spoglio e smalti policromi cloisonnés, è un esempio di oreficeria carolingia. Il lato anteriore, tripartito, reca ventuno formelle, di cui: quelle della zona centrale formano una croce greca gemmata avente al centro la Maiestas Domini entro la mandorla apocalittica e il Tetramorfo nei bracci, mentre le quattro formelle angolari raffigurano, tre per parte, i dodici apostoli; le dodici formelle delle due zone laterali recano scene della Vita e della Passione di Cristo. Le scene sono più vivaci e i personaggi mostrano di muoversi entro lo spazio.
  • 20. Arte carolingia e ottoniana. Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano Sui lati brevi una cornice a smalti cloisonnés, pietre preziose e cammei di spoglio disegna una complessa geometria simbolica, dividendo lo spazio in sedici zone recanti busti di santi martiri milanesi circondati da angeli e altri santi, e disegna al centro una croce greca costituita da quattro bracci impreziositi da smalti policromi cloisonnés e pietre preziose culminanti nella gemma ovale centrale.
  • 21. Arte carolingia e ottoniana. Vuolvino, Altare di Sant'Ambrogio, 824 - 859, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano Il lato posteriore, tripartito e realizzato in lamina d’argento dorato, presenta al centro due sportelli che chiudono la finestrella del reliquiario, ciascuno decorato da due medaglioni: i due in alto presentano un arcangelo ciascuno (Michele a sinistra e Gabriele a destra); i due in basso raffigurano, a sinistra, Ambrogio che incorona Angilberto che gli presenta il modellino dell'altare, e a destra Ambrogio che incorona Vuolvino magister phaber in atto di venerazione. I pannelli laterali rappresentano dodici scene con le Storie di Sant'Ambrogio. Il ricordo del ruolo anche politico di Ambrogio richiama quello di Angilberto II, arcivescovo di Milano e missus dominicus del carolingio Carlo il Calvo, mentre le scene con la Conversione di un ariano ed i Funerali di San Martino di Tours (dedito alla lotta dell'arianesimo) sottolineano l’antica alleanza antiariana tra Chiesa e Franchi. Le scene sono volutamente semplificate, con personaggi distaccati nella composizione e una resa più raffinata.
  • 22. Arte carolingia e ottoniana. Voluto dal vescovo Lorenzo dopo il 494 e rinnovato dal vescovo Angilberto II (824-859) per essere adeguato al nuovo altare di Vuolvinio (835), Il ciborio si regge su quattro colonne di porfido rosso di spoglio prelevate, secondo la tradizione su commissione dello stesso Ambrogio, da un tempio pagano dedicato all'imperatore Valentiniano II e poste a sostegno del ciborio per indicare, simbolicamente, in Cristo l’unico Imperator mundi. La posteriore decorazione a stucco dei timpani (972-73) raffigura su ogni lato una scena di omaggio inquadrata da motivi simbolici vegetali: sul fronte verso i fedeli, Cristo in trono trasmette le chiavi a San Pietro e il codice a San Paolo;sul fronte rivolto al clero Sant'Ambrogio, tra i Santi Gervasio e Protasio, riceve l'omaggio di due ecclesiastici, uno dei quali gli dona il modellino del ciborio; sul lato destro, dove si raccoglievano gli uomini, Sant’Ambrogio è onorato dagli imperatori Ottone I e Ottone II e sul lato sinistro, dove si raccoglievano le donne, Maria Vergine è venerata dalle imperatrici Adelaide e Teofano, rispettive mogli dei due imperatori. Agli angoli, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, quattro aquile in altorilievo con le ali spiegate ed un pesce tra gli artigli simboleggiano la prontezza del diffondere il messaggio evangelico in ogni parte del mondo ogni volta che si ripete il "miracolo" del sacramento eucaristico. Le composizioni simmetriche ed equilibrate esemplificano la raffinata e aristocratica arte ottoniana, il cui programma iconografico è qui rivolto a sottolineare il parallelismo tra i poteri religioso e civile e la legittimazione del secondo da parte del primo. Ciborio di Sant'Ambrogio, 972 - 973, porfido, marmo, stucco policromo, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano
  • 23. Arte carolingia e ottoniana. Ciborio di Sant'Ambrogio, 972 - 973, Basilica di Sant'Ambrogio, Milano, particolari dei timpani: •Cristo in trono trasmette le chiavi a San Pietro e il codice a San Paolo; •Sant'Ambrogio, tra i Santi Gervasio e Protasio, riceve l'omaggio di due ecclesiastici, uno dei quali gli dona il modellino del ciborio; •Sant’Ambrogio è onorato dagli imperatori Ottone I e Ottone II •Maria Vergine è venerata dalle imperatrici Adelaide e Teofano I rilievi sono tipici della Rinascenza ottoniana (887-1000), in cui l’idea di renovatio imperii carolingia si riafferma prendendo spunto soprattutto da modelli paleocristiani e bizantini (linguaggio stilizzato, elaborato e colto) grazie al nuovo prestigio internazionale di cui godeva l’Impero bizantino sotto la diastia macedone (Rinascenza macedone, IX-XI secolo) e al matrimonio tra Ottone II e la principessa Teòfano, figlia dell’Imperatore bizantino Romano II.