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"Dopo 8 anni di attacchi missilistici e il rifiuto da parte di Hamas di rinnovare la tregua, Israele ha deciso di
fare ciò che qualsiasi altro stato avrebbe fatto da tempo: difendere i suoi cittadini, cercare di fermare il
continuo attacco proveniente da Gaza, cambiare la situazione sul terreno così da garantire il proprio diritto
alla sicurezza.
Il conflitto è sempre doloroso: auspichiamo la fine delle sofferenze dei civili innocenti da ambo le parti e
sosteniamo l’Italia nel suo sforzo umanitario. Ma non possiamo fare a meno di notare come questo scontro
sia reso particolarmente duro a causa dell’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas. Resta in noi la
speranza che da questo conflitto possa uscire un Medioriente meno tormentato dall’odio integralista e
meglio predisposto alla pace.
Hamas è un gruppo terroristico particolarmente distruttivo, come riconosciuto dalla stessa Unione Europea.
Esso non rappresenta solo se stesso: i suoi stretti rapporti con l’Iran, la Siria e gli Hezbollah e la presenza a
Gaza di Al Qaeda, rendono questo confronto un episodio decisivo nella guerra delle democrazie contro il
terrorismo. Tutti noi speriamo che presto si ritorni a una situazione di quiete, ma, proprio per questo,
pensiamo che sia indispensabile evitare che Hamas torni a bombardare i cittadini israeliani e che cessi la
sua politica di esportazione dell’odio e dell’intolleranza.
Per questo, l’ufficio di presidenza dell’Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Israele ha ritenuto di
dover promuovere una manifestazione “con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”. La manifestazione si
terrà, nella forma di una maratona oratoria, mercoledì 14 gennaio, dalle h. 18:30 alle h. 20:00, di fronte a
Montecitorio".
Ufficio di presidenza: On. Enrico Pianetta, On. Fiamma Nirenstein, On. Gianni Vernetti, Sen. Rossana Boldi
L’ “Israele Day” si farà. Lo ha promosso l’Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele per il prossimo
14 gennaio alle 18.30 davanti a Montecitorio. Su l’Occidentale, qualche giorno fa, ci eravamo chiesti se non
fosse giunto il momento di manifestare pubblicamente il nostro sostegno alla democrazia israeliana
impegnata in una dolorosa e difficile operazione di guerra contro il terrorismo di Hamas. Ci sembrava già
allora che il momento fosse giunto e la valanga, di commenti contrari, rabbiosi, violenti e spesso folli, ci
hanno rafforzato in questa convinzione.
L’Occidentale aderisce dunque alla manifestazione del 14 gennaio a Roma e invita tutti i suoi lettori a
partecipare. Personalmente ne sento la necessità proprio nel momento in cui Israele è passata all’offensiva
contro i suoi nemici. Facile (e neppure sempre) essere dalla parte di Israele quando subisce in silenzio,
quando i missili cadono sulle scuole e sulle abitazioni per mesi e senza reazioni. Quella sembra essere
l’Israele che la comunità internazionale preferisce. Vi ricordate durante la guerra del Golfo del ’91, quando
Tel Aviv e Gerusalemme erano prese di mira dai missili iracheni e Israele scelse di non reagire per non
minare la coalizione anti-irachena composta anche da paesi arabi? Fu quello forse il periodo un cui gli
israeliani riscossero il massimo di simpatie nel mondo: mentre se ne stavano zitti e accucciati nei bagni e
nei rifugi, con le maschere antigas e le sirene d’allarme.
Poi quei momenti passano e i falsi miti su Israele riprendono rapidamente piede: sono come i nazisti, sono
come Golia contro Davide, sono una macchina da guerra assassina e sproporzionata. In questi giorni di
offensiva contro la Gaza, questi miti hanno raggiunto vette inaudite, radicandosi nel senso comune, sui
giornali, persino nelle classi politiche e di governo.
Di fronte ai morti civili, ai bambini uccisi durante questa guerra è certo difficile mantenere lucidità di
giudizio ma è più indispensabile che mai. E’ un po’ di lucidità basta a per rispondere a domande molto
semplici: può un paese sopportare che il suo territorio venga colpito incessantemente da missili e che la sua
popolazione civile sia messa ogni giorno a rischio e costretta a vivere nei rifugi? Quale dei nostri paesi
europei, pronti a chiedere a Israele di fermarsi, avrebbe sopportato altrettanto a lungo una minaccia del
genere? Perché la comunità internazionale si mobilita in massa e le diplomazie di mezzo mondo fanno a
gara nel proporre tregue e piani di pace solo quando Israele alla fine decide di reagire? Perché lo stesso
attivismo non si registra mentre Hamas bombarda Israele ogni giorno? Perché Tony Blair, rappresentante
del “Quartetto” Medio Oriente, non ha mai messo piede nella striscia di Gaza?
La realtà è che bisognerebbe domandarsi se ha senso una tregua con Hamas, quella che festeggia il suo 21°
compleanno con una farsa in cui ci si prende gioco di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito mentre
pattugliava il suo territorio nel giugno 2006 e ancora nelle mani dei miliziani. Se ha senso una tregua con un
organizzazione che insegna nelle scuole materne la religione del martirio e del terrorismo suicida. Che
fucila decine di prigionieri palestinesi accusati di collaborare con Israele per paura che l’esercito possa
liberali. E che non fa mistero del suo obiettivo finale e costitutivo: la distruzione dello Stato di Israele.
Per questo è necessario che Israele possa arrivare a questa tregua avendo conquistato alcuni obiettivi
strategici sul campo che la rendano più credibile e vincolante rispetto al passato. Lo scopo dell’operazione
“Piombo Fuso” è infatti chiaro: distruggere le basi di lancio dei missili di Hamas e ridurre il più possibile il
numero dei lanci, colpire le sue infrastrutture militari, chiudere i tunnel che assicurano il suo
approvvigionamento di armi. Se si costringe Israele a fermarsi in senza che questi obiettivi siano assicurati
la si condanna alla sconfitta. Una tregua frettolosa, fatta solamente in nome dell’urgenza umanitaria
sarebbe una vittoria per Hamas. E ne avremmo una immediata controprova quando i suoi capi, usciti dai
nascondigli, si mostreranno alle tv di tutto il mondo facendo il segno della V di vittoria. Proprio come fecero
i leader di Hezbollah dopo la tregua che mise fine alla guerra in Libano del 2006.
Tutto questo ha un costo, come ogni guerra. Ma non mi sembra che si possa accusare Israele di aver voluto
e cercato questo terribile esito. L’esercito israeliano ha rinunciato all’effetto sorpresa facendo piovere
volantini (1 e 2) su Gaza per mettere in allarme la popolazione civile; ha messo su youtube le riprese dove si
evidenzia l’accuratezza della sua aereonautica; ha ingaggiato una pericolosa operazione di terra proprio per
ridurre il più possibile le vittime civili, sapendo che depositi di armi e missili e nascondigli di miliziani si
trovano nei sottoscala e nelle cantine di abitazioni, scuole e ospedali. L’intelligence israeliana ha dato prova
di grande efficacia nel colpire lì dove era indispensabile cercando di evitare al massimo il coinvolgimento di
civili. Dovrebbe essere evidente a chiunque ragioni con un minimo di lucidità e di logica che Israele ha tutto
l’interesse, se volete anche solo strategico-militare, di ridurre al minimo le perdite civili, mente Hamas ha
esattamente l’interesse contrario: è la sua principale arma di mediatica (dichiarazione su scudi umani) e di
pressione e a questo scopo allena e condiziona da anni la sua popolazione.
Si dice che la reazione di Israele sia comunque sproporzionata rispetto alle poche vittime e ai danni prodotti
dai razzi Qassam lanciati a centinaia da Hamas. Ma quale sarebbe il numero di vittime israeliane che la
comunità internazionale, l’Onu o la Ue, ritengono adeguata ad una reazione militare? Qualcuno è in grado
di quantificarle? Si dice che i razzi Qassam sono poco più che petardi ma a parte che non è così, Hamas si è
rivelata in grado di lanciare anche i missili di fabbricazione siriana Grad che hanno gittata e potenza molto
maggiori: sono arrivati a 30 km da Tel Aviv e vicno alla centrale nucleare di Dimona.
E cosa si intende per proporzionalità? Che ad ogni missile sparato da Hamas su Sderot o Ashkelon, Israele
ne spari uno a casaccio su Gaza? Questo sarebbe più tollerabile agli occhi degli osservatori occidentali? O
non sembrerebbe più una pura e semplice vendetta, un bestiale occhio per occhio?
In realtà il concetto di proporzionalità ha senso solo se collegato agli obiettivi che si vogliono raggiungere. E
se gli obiettivi sono quelli elencati sopra e che il governo israeliano ha chiaramente enunciato all’inizio della
guerra, allora la proporzionalità appare assicurata. Specie quando ogni sforzo diplomatico e di persuasione
è precedentemente fallito.
2 Opinioni:
a.b.
Roma, 9 gen. (Apcom) - "Quale membro dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele, ribadisco
non solo la mia vicinanza e solidarietà verso lo Stato e il popolo d'Israele per gli attacchi che da tempo
subiscono ad opera di Hamas, ma anche il pieno diritto di Israele all'autodifesa. Invece non approvo, anzi
considero politicamente sbagliata e moralmente inaccettabile, la condotta scelta dal governo di
Gerusalemme per l'operazione cosiddetta 'Piombo fuso', che com'era inevitabile date le sue caratteristiche
sta mietendo centinaia di vittime innocenti tra la popolazione civile di Gaza". Roberto Della Seta, senatore
del Pd, motiva così in una lettera ai coordinatori dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele
(Pianetta, Nirenstein, Boldi, Vernetti) le ragioni per le quali non parteciperà all'Israele Day, la
manifestazione di solidarietà con Israele in programma a Roma mercoledì 14 gennaio. "E' innegabile che
non vi sia proporzione alcuna tra questo, chiamiamolo così, 'effetto collaterale' dell'azione militare a Gaza e
le conseguenze sui civili dei missili sparati per anni da Hamas in territorio israeliano. Inoltre - continua
l'esponente del Pd - l'orrenda circostanza dell'uso dei civili come 'scudi umani' da parte di Hamas non
cancella la responsabilità politica e morale del governo di Israele per gli spaventosi costi umani, totalmente
prevedibili, dell'azione in atto". "Per queste ragioni, e malgrado mi senta fino in fondo 'filo-israeliano' -
conclude Della Seta - non posso aderire all'iniziativa convocata per mercoledì 14 gennaio".
a.c.
Tutti i neonazisti amici di Hamas, non solo qui, in questo forum, ma dovunque, hanno un nuovo
mantra: i missili di Hamas sono inoffensivi, sono poco più che petardi. Ci vadano loro, allora, a prenderseli
sulla testa a decine al giorno. Ci vada Pincopallo. Poi discutiamo.

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  • 1. "Dopo 8 anni di attacchi missilistici e il rifiuto da parte di Hamas di rinnovare la tregua, Israele ha deciso di fare ciò che qualsiasi altro stato avrebbe fatto da tempo: difendere i suoi cittadini, cercare di fermare il continuo attacco proveniente da Gaza, cambiare la situazione sul terreno così da garantire il proprio diritto alla sicurezza. Il conflitto è sempre doloroso: auspichiamo la fine delle sofferenze dei civili innocenti da ambo le parti e sosteniamo l’Italia nel suo sforzo umanitario. Ma non possiamo fare a meno di notare come questo scontro sia reso particolarmente duro a causa dell’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas. Resta in noi la speranza che da questo conflitto possa uscire un Medioriente meno tormentato dall’odio integralista e meglio predisposto alla pace. Hamas è un gruppo terroristico particolarmente distruttivo, come riconosciuto dalla stessa Unione Europea. Esso non rappresenta solo se stesso: i suoi stretti rapporti con l’Iran, la Siria e gli Hezbollah e la presenza a Gaza di Al Qaeda, rendono questo confronto un episodio decisivo nella guerra delle democrazie contro il terrorismo. Tutti noi speriamo che presto si ritorni a una situazione di quiete, ma, proprio per questo, pensiamo che sia indispensabile evitare che Hamas torni a bombardare i cittadini israeliani e che cessi la sua politica di esportazione dell’odio e dell’intolleranza. Per questo, l’ufficio di presidenza dell’Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Israele ha ritenuto di dover promuovere una manifestazione “con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”. La manifestazione si terrà, nella forma di una maratona oratoria, mercoledì 14 gennaio, dalle h. 18:30 alle h. 20:00, di fronte a Montecitorio". Ufficio di presidenza: On. Enrico Pianetta, On. Fiamma Nirenstein, On. Gianni Vernetti, Sen. Rossana Boldi L’ “Israele Day” si farà. Lo ha promosso l’Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele per il prossimo 14 gennaio alle 18.30 davanti a Montecitorio. Su l’Occidentale, qualche giorno fa, ci eravamo chiesti se non fosse giunto il momento di manifestare pubblicamente il nostro sostegno alla democrazia israeliana impegnata in una dolorosa e difficile operazione di guerra contro il terrorismo di Hamas. Ci sembrava già allora che il momento fosse giunto e la valanga, di commenti contrari, rabbiosi, violenti e spesso folli, ci hanno rafforzato in questa convinzione. L’Occidentale aderisce dunque alla manifestazione del 14 gennaio a Roma e invita tutti i suoi lettori a partecipare. Personalmente ne sento la necessità proprio nel momento in cui Israele è passata all’offensiva contro i suoi nemici. Facile (e neppure sempre) essere dalla parte di Israele quando subisce in silenzio, quando i missili cadono sulle scuole e sulle abitazioni per mesi e senza reazioni. Quella sembra essere l’Israele che la comunità internazionale preferisce. Vi ricordate durante la guerra del Golfo del ’91, quando Tel Aviv e Gerusalemme erano prese di mira dai missili iracheni e Israele scelse di non reagire per non minare la coalizione anti-irachena composta anche da paesi arabi? Fu quello forse il periodo un cui gli israeliani riscossero il massimo di simpatie nel mondo: mentre se ne stavano zitti e accucciati nei bagni e nei rifugi, con le maschere antigas e le sirene d’allarme. Poi quei momenti passano e i falsi miti su Israele riprendono rapidamente piede: sono come i nazisti, sono come Golia contro Davide, sono una macchina da guerra assassina e sproporzionata. In questi giorni di offensiva contro la Gaza, questi miti hanno raggiunto vette inaudite, radicandosi nel senso comune, sui giornali, persino nelle classi politiche e di governo. Di fronte ai morti civili, ai bambini uccisi durante questa guerra è certo difficile mantenere lucidità di giudizio ma è più indispensabile che mai. E’ un po’ di lucidità basta a per rispondere a domande molto semplici: può un paese sopportare che il suo territorio venga colpito incessantemente da missili e che la sua
  • 2. popolazione civile sia messa ogni giorno a rischio e costretta a vivere nei rifugi? Quale dei nostri paesi europei, pronti a chiedere a Israele di fermarsi, avrebbe sopportato altrettanto a lungo una minaccia del genere? Perché la comunità internazionale si mobilita in massa e le diplomazie di mezzo mondo fanno a gara nel proporre tregue e piani di pace solo quando Israele alla fine decide di reagire? Perché lo stesso attivismo non si registra mentre Hamas bombarda Israele ogni giorno? Perché Tony Blair, rappresentante del “Quartetto” Medio Oriente, non ha mai messo piede nella striscia di Gaza? La realtà è che bisognerebbe domandarsi se ha senso una tregua con Hamas, quella che festeggia il suo 21° compleanno con una farsa in cui ci si prende gioco di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito mentre pattugliava il suo territorio nel giugno 2006 e ancora nelle mani dei miliziani. Se ha senso una tregua con un organizzazione che insegna nelle scuole materne la religione del martirio e del terrorismo suicida. Che fucila decine di prigionieri palestinesi accusati di collaborare con Israele per paura che l’esercito possa liberali. E che non fa mistero del suo obiettivo finale e costitutivo: la distruzione dello Stato di Israele. Per questo è necessario che Israele possa arrivare a questa tregua avendo conquistato alcuni obiettivi strategici sul campo che la rendano più credibile e vincolante rispetto al passato. Lo scopo dell’operazione “Piombo Fuso” è infatti chiaro: distruggere le basi di lancio dei missili di Hamas e ridurre il più possibile il numero dei lanci, colpire le sue infrastrutture militari, chiudere i tunnel che assicurano il suo approvvigionamento di armi. Se si costringe Israele a fermarsi in senza che questi obiettivi siano assicurati la si condanna alla sconfitta. Una tregua frettolosa, fatta solamente in nome dell’urgenza umanitaria sarebbe una vittoria per Hamas. E ne avremmo una immediata controprova quando i suoi capi, usciti dai nascondigli, si mostreranno alle tv di tutto il mondo facendo il segno della V di vittoria. Proprio come fecero i leader di Hezbollah dopo la tregua che mise fine alla guerra in Libano del 2006. Tutto questo ha un costo, come ogni guerra. Ma non mi sembra che si possa accusare Israele di aver voluto e cercato questo terribile esito. L’esercito israeliano ha rinunciato all’effetto sorpresa facendo piovere volantini (1 e 2) su Gaza per mettere in allarme la popolazione civile; ha messo su youtube le riprese dove si evidenzia l’accuratezza della sua aereonautica; ha ingaggiato una pericolosa operazione di terra proprio per ridurre il più possibile le vittime civili, sapendo che depositi di armi e missili e nascondigli di miliziani si trovano nei sottoscala e nelle cantine di abitazioni, scuole e ospedali. L’intelligence israeliana ha dato prova di grande efficacia nel colpire lì dove era indispensabile cercando di evitare al massimo il coinvolgimento di civili. Dovrebbe essere evidente a chiunque ragioni con un minimo di lucidità e di logica che Israele ha tutto l’interesse, se volete anche solo strategico-militare, di ridurre al minimo le perdite civili, mente Hamas ha esattamente l’interesse contrario: è la sua principale arma di mediatica (dichiarazione su scudi umani) e di pressione e a questo scopo allena e condiziona da anni la sua popolazione. Si dice che la reazione di Israele sia comunque sproporzionata rispetto alle poche vittime e ai danni prodotti dai razzi Qassam lanciati a centinaia da Hamas. Ma quale sarebbe il numero di vittime israeliane che la comunità internazionale, l’Onu o la Ue, ritengono adeguata ad una reazione militare? Qualcuno è in grado di quantificarle? Si dice che i razzi Qassam sono poco più che petardi ma a parte che non è così, Hamas si è rivelata in grado di lanciare anche i missili di fabbricazione siriana Grad che hanno gittata e potenza molto maggiori: sono arrivati a 30 km da Tel Aviv e vicno alla centrale nucleare di Dimona. E cosa si intende per proporzionalità? Che ad ogni missile sparato da Hamas su Sderot o Ashkelon, Israele ne spari uno a casaccio su Gaza? Questo sarebbe più tollerabile agli occhi degli osservatori occidentali? O non sembrerebbe più una pura e semplice vendetta, un bestiale occhio per occhio?
  • 3. In realtà il concetto di proporzionalità ha senso solo se collegato agli obiettivi che si vogliono raggiungere. E se gli obiettivi sono quelli elencati sopra e che il governo israeliano ha chiaramente enunciato all’inizio della guerra, allora la proporzionalità appare assicurata. Specie quando ogni sforzo diplomatico e di persuasione è precedentemente fallito. 2 Opinioni: a.b. Roma, 9 gen. (Apcom) - "Quale membro dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele, ribadisco non solo la mia vicinanza e solidarietà verso lo Stato e il popolo d'Israele per gli attacchi che da tempo subiscono ad opera di Hamas, ma anche il pieno diritto di Israele all'autodifesa. Invece non approvo, anzi considero politicamente sbagliata e moralmente inaccettabile, la condotta scelta dal governo di Gerusalemme per l'operazione cosiddetta 'Piombo fuso', che com'era inevitabile date le sue caratteristiche sta mietendo centinaia di vittime innocenti tra la popolazione civile di Gaza". Roberto Della Seta, senatore del Pd, motiva così in una lettera ai coordinatori dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele (Pianetta, Nirenstein, Boldi, Vernetti) le ragioni per le quali non parteciperà all'Israele Day, la manifestazione di solidarietà con Israele in programma a Roma mercoledì 14 gennaio. "E' innegabile che non vi sia proporzione alcuna tra questo, chiamiamolo così, 'effetto collaterale' dell'azione militare a Gaza e le conseguenze sui civili dei missili sparati per anni da Hamas in territorio israeliano. Inoltre - continua l'esponente del Pd - l'orrenda circostanza dell'uso dei civili come 'scudi umani' da parte di Hamas non cancella la responsabilità politica e morale del governo di Israele per gli spaventosi costi umani, totalmente prevedibili, dell'azione in atto". "Per queste ragioni, e malgrado mi senta fino in fondo 'filo-israeliano' - conclude Della Seta - non posso aderire all'iniziativa convocata per mercoledì 14 gennaio". a.c. Tutti i neonazisti amici di Hamas, non solo qui, in questo forum, ma dovunque, hanno un nuovo mantra: i missili di Hamas sono inoffensivi, sono poco più che petardi. Ci vadano loro, allora, a prenderseli sulla testa a decine al giorno. Ci vada Pincopallo. Poi discutiamo.