1. LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL PONTE DEL PIANO
Un vecchio adagio recita “fra Borgo e Castello Sassoferrato do’ ello?”, alludendo scherzosamente
all’impianto urbano del paese, che si estende su una collina occupando livelli diversi. Il Castello,
con la sua Rocca medievale, domina il paesaggio dall’alto, mentre il Borgo è in posizione per lo
più pianeggiante, ed è attraversato da tre fiumi, il Sentino, il Sanguerone e il Marena, che si
uniscono a formare una bellissima cascata di forma semicircolare. Il vecchio adagio farebbe pensare
che Sassoferrato sia formato da due rioni, il Borgo e il Castello, ma in realtà il Borgo è diviso a sua
volta dal fiume in due parti, collegate fra loro grazie alla presenza di alcuni ponti: una di queste due
zone è detta Santa Maria, dal nome della bella Chiesa che costituisce il punto focale del rione
omonimo e della piazza S. Ugo, appunto la Chiesa di Santa Maria del Ponte del Piano. Non si
conosce esattamente la data di costruzione della Chiesa, con certezza si sa soltanto che inizialmente
aveva le dimensioni di una grande cappella, oggi diventata l’abside, riservata alle celebrazioni
religiose dei frati Agostiniani, di cui nel 1389 venne ultimato il Convento, che in quell’epoca si
trovava fuori della cerchia urbana. Non esistevano ancora la sacrestia, né il campanile, che verranno
aggiunti nel corso degli anni successivi e fino al XVII secolo, insieme ad altri corpi di fabbrica.
Quello che concorse ad ampliare in modo consistente la Chiesa di Santa Maria fu la consuetudine
delle famiglie nobili di Sassoferrato di farsi costruire al suo interno cappelle funerarie per seppellire
i propri defunti, cappelle di cui le famiglie conserveranno lo ius patronatum per molto tempo.
Soltanto nei primi anni del XVII secolo fu terminata la costruzione, grazie all’opera benefattrice di
Monsignor Vittorio Merolli, che innalzerà la parte centrale e l’abside, porterà il numero delle
cappelle da 12 a 14 e farà costruire la grande facciata barocca, in cotto e travertino, su cui ancora
oggi è inciso In honorem B. Virg. Mariae Victorius Merullius Abb(as) Anno Salutis MDCXVIII
D(icavit): “Vittorio Merolli Abate dedicò (questa facciata) in onore della Beata Vergine Maria,
nell’anno del Signore 1618”. Vittorio Merolli fu archiatra pontificio durante il pontificato di Paolo
V, che lo onorò di una sua visita a Sassoferrato: per ricordare l’evento, Merolli fece apporre sulla
facciata della Chiesa lo stemma in pietra del Papa con l’iscrizione Paulus V P.O.M.. Nel corso dei
secoli la Chiesa ha subito numerose traversie, in parte dovute alle conseguenze dei devastanti
terremoti che scossero varie parti d’Italia nel XVII secolo, in parte imposte dal regime napoleonico
che espulse tutti i religiosi da Sassoferrato, per cui gli Agostiniani dovettero abbandonare Chiesa e
Convento nel 1810, sostituiti una decina di anni dopo dai monaci Silvestrini che però, a causa di un
altro decreto, stavolta del re Vittorio Emanuele II, furono costretti anch’essi a lasciare il paese: il
Monastero fu incamerato dal demanio e in seguito venduto all’asta a privati, nonostante la
scomunica papale che colpiva gli acquirenti di beni degli ordini religiosi soppressi. A Sassoferrato
2. rimase soltanto un monaco, Padre Bernardo Corsini, che per vivere e per continuare a svolgere il
suo ufficio si costruì, con l’aiuto finanziario della sorella, una casa di fronte all’ingresso laterale
della Chiesa, e per molti decenni questa rimase l’abitazione del parroco di Santa Maria. Dal punto
di vista architettonico la Chiesa presenta una sola navata, fiancheggiata ai lati da cappelle: delle
quattordici volute dal Merolli oggi ne rimangono soltanto undici, di cui cinque sul lato destro e sei
sul lato sinistro.
A sinistra la pianta della Chiesa nel 1700; a destra pianta della Chiesa nel 1982, anno di
pubblicazione del volume La Chiesa di Santa Maria del Ponte del Piano e i Monasteri
Silvestrini di Sassoferrato, di P. Giuseppe Menghini, da cui sono tratti i disegni.
Infatti l’antica cappella del SS. Crocifisso presso l’altare maggiore, la settima del lato sinistro, così
chiamata per la presenza di un Crocifisso ligneo del Quattrocento, fu sconsacrata e il suo nome fu
assegnato alla quinta (oggi diventata quarta) cappella sulla destra; la settima cappella sul lato destro
fu sacrificata per fare posto all’ingresso laterale della Chiesa, che si apre su un piccolo giardino di
forma irregolare, e così pure la prima cappella del lato destro, detta dello Spirito Santo, anch’essa
sostituita da un ingresso laterale. Nel corso del tempo le cappelle si sono arricchite di
pregevolissime opere d’arte di vari stili e materiali. Nella ex cappella di S. Nicola da Tolentino sono
presenti due opere di Giovan Francesco Guerrieri da Fossombrone, dipinte nel 1614 quando l’artista
aveva 26 anni, come egli stesso ha lasciato scritto su una delle tele (Franc. Guerrierus
Forosempronensis Aetatis suae Anno R. XXVI faciebat), che rappresentano due miracoli di S.
3. Nicola, rispettivamente “Il miracolo delle rose” e “Il miracolo della canna”; dello stesso autore è
anche la “Madonna della cintura”, in cui oltre alla Madonna sono raffigurati S. Agostino, sua madre
S. Monica ed altre figure, come il committente Nicolò Volponi e i suoi familiari.
Giovan Francesco Guerrieri: Il miracolo della rosa, Il miracolo della canna, Madonna della cintura (da sinistra a
destra).
Pregevolissimo è anche un dipinto a olio su tavola, eseguito da Ercole Ramazzani e raffigurante la
presentazione di Gesù al Tempio, eseguito nel XVI secolo, come anche il “Martirio di S. Caterina
d’Alessandria” dello stesso autore; al medesimo periodo appartiene una pala d’altare di scuola
marchigiana che rappresenta la Madonna del Soccorso, un dipinto molto suggestivo in cui la
Madonna impugna un bastone per scacciare un diavolo nero che tenta di afferrare un bambino, il
quale si aggrappa alla Madonna ai cui piedi è inginocchiata una giovane donna bionda, forse la
madre del bimbo.
La cappella della Madonna della Bella è affrescata con
l’immagine della Vergine Maria che tiene in braccio Gesù,
opera quattrocentesca del pittore Antonio Cimino; di poco
posteriore (1518) è una stupenda pala d’altare di Pietro
Paolo Agabiti che rappresenta la “Madonna in trono col
Bambino”, la cui sontuosa cornice sembra sia stata
realizzata dagli artigiani Pietrofrancesco e Pietro del
Borgo: sotto la pala si trovano alcuni quadri di piccole
dimensioni, attribuiti allo stesso Agabiti. La balaustra in
legno della cappella, di elaborata fattura, risale al 1934 ed
è opera dei fratelli Gubbiotti, la cui bottega all’epoca si
trovava proprio di fronte alla Chiesa. Di particolare
interesse è la cappella di S. Ugo, patrono di Sassoferrato, la cui festa si celebra il 26 luglio, con
grande partecipazione di fedeli: qui è custodito il grande sarcofago di marmo, risalente al 1698, che
4. custodisce le spoglie del Santo. Le pareti della cappella ospitano due quadri di grandi dimensioni
con episodi della vita e dei miracoli di S. Ugo, il miracolo dell’acqua e la restituzione della vista ad
un cieco. Nel 1981 sono state poste nella cappella undici formelle a bassorilievo in legno argentato
e dorato, dell’artista sassoferratese Ugo Gubbiotti, che raffigurano avvenimenti legati alla vita e ai
miracoli del Santo, fra cui quello della figlia dell’autore che da bambina si salvò da un incidente
automobilistico per intercessione di S. Ugo.
La Chiesa di Santa Maria è molto cara ai cittadini di Sassoferrato, non solo per le memorie e le
opere d’arte che custodisce, ma anche perchè è la “casa” del Santo protettore, il cui culto e la cui
devozione non sono mai venute meno nel corso di tanti secoli. Ora è chiusa per lavori di
consolidamento e restauro, ma tutti sperano che quanto prima sia riaperta alle funzioni e che il
giorno della festa patronale la statua del Santo possa di nuovo avviarsi per la tradizionale
processione per le vie del paese.