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         MARKETING VIRALE
                                                                un articolo di
                                                                  francescoc




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nobrandagency.com                                                      marketing alternativo


From: francescoc@hotmail.com
Subject: tonight at 9 pm
Date: July, 4 1996
To: Karol@me.com

Hi dear,
i miss u.

i’m still writing my paper about a new web marketing tactic. My work is getting
more and more influential between the alternative marketing communities. Yeah,
Nobrand Agency is growing up.

I love my job, but don’t forget U’r the sweetest thing in my life.

Tonight at 9 pm, i’ll be back to Rome.

I Love U
francescoc

PS: Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com




Probabilmente è iniziato proprio così. Un messaggio e-mail e un’emozione
condivisa su web. Ma tra le righe c’è qualcosa di più: chiara e immediata arriva al
destinatario la notizia della nascita di un nuovo servizio di posta elettronica,
gratuito     e   di   qualità;   lo   stesso   servizio   utilizzato   dal   mittente   che,
involontariamente, lo consiglia al destinatario e a tutte le persone che contatta via
e-mail.


Era il 4 luglio del 1996, quando i fondatori di Hotmail Jack Smith e Sabeer Bhatia
lanciarono quella che passerà alla storia come la prima azione di marketing virale
di successo. Nessun video, nessun sistema di sharing peer to peer, niente giochini
divertenti e sofisticati, nè tanto meno contenuti html avanzati. Soltanto questo
testo alla fine di ogni messaggio inviato da una casella di posta hotmail.com:


PS
Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com.


Ad inserire il messaggio si capisce subito che è la stessa azienda fornitrice del
servizio, ma non importa: a dare il consiglio, in definitiva, è il mittente dell’e-
mail. E lo fa proprio nel momento in cui sta effettivamente utilizzando il servizio
proposto.
Il risultato?
Dopo 18 mesi Hotmail raggiunge quota 8,7 milioni di utenti.


Da quel momento sono passati più di 10 anni ed oggi il marketing virale ha assunto
aspetti e strumenti sensibilmente diversi che saranno oggetto di analisi in questo
lavoro.
Prima di iniziare la disamina della tecnica di marketing che sta rivoluzionando il
Web, rileggi con attenzione la “e-mail scintilla” di Hotmail: non si può non
sorridere pensando allo stupore e alla soddisfazione dei suoi fondatori quando
neanche un anno e mezzo dopo, grazie a quel semplice PS, ricavarono circa 400
milioni di dollari dalla vendita di Hotmail.
Complimenti sentiti e buon decimo compleanno, marketing virale!


Il termine Marketing Virale fu utilizzato per la prima volta da Tim Draper di
Hotmail per definire il successo avuto dal servizio di posta nella seconda metà del
1996 e per tutto il 1997: il patron di Hotmail parlò di “network-enhanced word of
mouth”, sottolineandone il legame col tradizionale passaparola e l'importanza
giocata dalle reti digitali.
Da allora si è iniziato a parlare di viral marketing o buzz marketing o word of
mouse, per indicare il modello attraverso cui un messaggio commerciale si diffonde
esponenzialmente attraverso le        segnalazioni   o referral dei clienti     stessi.
L’aggettivo virale va, quindi, riferito alla modalità di propagazione del messaggio:
come un virus la diffusione avviene da una cellula all’altra in modo rapido,
esponenziale ed utilizzando le risorse delle cellule raggiunte per i propri scopi.


Ma il concetto di Marketing Virale, va al di là del semplice passaparola spontaneo,
ormai caratteristico della Rete. Per parlare di marketing è necessario un intervento
diretto dell’azienda: scintilla aziendale (marketing) e diffusione (virale) da parte
dei destinatari del messaggio.


Soltanto qualora ricorrano queste due condizioni un’azione di marketing virale si
può definire codified buzz. Si definisce, al contrario, uncodified buzz l’azione
dell’azienda che associa il proprio brand a contenuti già esistenti e già diffusi
spontaneamente in un momento precedente all’intervento aziendale.



                                                                                     2
L’obiettivo ultimo del Codified Viral Marketing è quello di modificare o influenzare
il comportamento d’acquisto dei consumatori, facendo leva sulle reti sociali di
influenza e utilizzando un budget limitato.
La logica di base non è niente di nuovo: grazie all’influenza sociale, amici,
conoscenti e colleghi di lavoro possono diventare lo strumento più efficace per
l’orientamento al consumo e le decisioni d’acquisto dei clienti. Un meccanismo già
descritto negli anni ’40 da Katz e Lazarsfeld nel libro "Personal influence": i flussi
di comunicazione informativa possono essere indirizzati su alcuni opinion leader,
cioè verso persone dotate di un tale carisma da riuscire ad influenzare il
comportamento e le idee di un gran numero di individui.
È il Word of Mouth (WOM) o passaparola: una comunicazione orale tra un
comunicatore ed un ricevitore, il cui messaggio viene percepito dal destinatario
come informazione non commerciale 1.


Dagli anni ’40 ad oggi, il passaparola ne ha fatta di strada e con esso anche le
strategie e tecniche di marketing che cercano di sfruttare il suo potere di influenza
sui clienti. Per comprendere le differenze tra il WOM tradizionale e il Viral
Marketing, che può essere a pieno titolo considerato il moderno passaparola,
risultano significative le parole del Modzelewski: il marketing virale differisce dalla
tradizionale comunicazione verbale grazie alla presenza di esternalità positive
insite in un network di tipo on-line. Gli effetti positivi derivanti dai network si
presentano quando “l'acquirente dell'ultima unità di un bene ha un beneficio più
alto rispetto all'acquirente del primo, perché la vendita delle prima unità ha creato
dei benefici in una dimensione collegata”. In parole semplici, al crescere degli
utilizzatori di un servizio, cresce la sua utilità per il singolo. Un tale meccanismo
finisce inevitabilmente per influenzare in modo considerevole l’adozione e la
diffusione di merci e di servizi on line.
Alla luce di queste considerazioni può essere letta la definizione di Viral Marketing
di Phelps: “il processo di comunicazione che incoraggia una comunicazione onesta
in un network di consumatori”.
Per comprendere appieno il significato e la portata del nuovo passaparola on-line
risultano, inoltre, evidenti le convinzioni a tal riguardo di due dei guru del
Marketing Virale:


1
 ARNDT, Role of product-related conversation in the diffusion of a new product,
1967.


                                                                                     3
Seth Godin, ex Vice Presidente Direct Marketing di Yahoo e autore del bestseller
"Unleashing the ideasvirus", afferma e descrive chiaramente come un'idea possa
essere contagiosa al pari di un virus e trasmettersi per contatto da un individuo
all’altro. Alcuni consumatori agiranno come dei veri e propri "portatori-sani"
dell’idea-virus, diffondendo l’epidemia presso i propri simili. Ne consegue che,
dopo l’iniziale fase di lancio, la relazione che più conta è quella tra cliente e
cliente, e non più quella tra cliente ed azienda, come accade (o accadeva) per il
marketing tradizionale.


Malcolm Gladwell, giornalista e autore del libro "The tipping point”, applica le
stesse convinzioni a qualsiasi fenomeno sociologico. Proprio come nelle epidemie,
la diffusione di un libro, di un prodotto o di un'idea, conosce un momento in cui
tutto cambia improvvisamente e si innescano gigantesche reazioni a catena che
modificano la situazione circostante. Questo momento è il tipping point, punto
critico oltre il quale il fenomeno epidemico esplode e contagia masse enormi di
individui.


È proprio l’esatta comprensione delle diverse modalità per il raggiungimento del
tipping point che guidano verso la corretta progettazione di un’azione di Marketing
Virale.
Secondo Gladwell esistono tre fattori che determinano il raggiungimento del
tipping point:


   -      DIFFUSORI: soggetti capaci di diffondere il messaggio influenzando i
          destinatari;
   -      STICKINESS: la realizzazione di un messaggio sticky (vischioso), in grado di
          restare nella memoria di lungo periodo del ricevente;
   -      NETWORK: un ambiente nel quale il messaggio possa diffondersi in modo
          semplice ed efficace.


DIFFUSORI
La letteratura evidenzia numerose tipologie di soggetti in grado di far girare la
voce on-line: Godin parla di Powerful Sneezers e Promiscuous Sneezers; Gladwell
di Mavens, Connectors e Persuaders; Phepls di Viral Mavens e Infrequent Senders.
Le diverse categorie di moltiplicatori virali possono essere ricondotte a due ruoli



                                                                                    4
fondamentali nel passaparola:


    -   leader di opinione riconosciuti, coloro che agiscono spesso autonomamente
        su un vasto network professionale;
    -   diffusori sociali, chi si adopera per far girare un messaggio tra i propri
        contatti o tra gli appartenenti alla propria comunità.


Interessante a tal riguardo è lo studio, condotto per la prima volta nel 1999 e
aggiornato annualmente,       della società di      consulenza    statunitense   Burson-
Martseller. Dalle ricerche sugli opinion leader on line è emersa una categoria di
utenti, denominati E-fluentials, che genera e stimola la maggior parte dei
contenuti virali su aziende, prodotti e brand. Le caratteristiche di questo gruppo di
influenzatori sono:


    -   un livello di attività su internet (e-mail, newsgroup, forum, ecc.) molto
        superiore alla media degli internauti;
    -   una propensione a divulgare la propria esperienza di prodotto ben oltre le
        proprie conoscenze personali: in media un e-fluential condivide la propria
        esperienza con altri 14 individui;
    -   una maggior propensione a divulgare esperienze negative. Se una notizia
        positiva viene condivisa in media con 11 persone, una negativa con ben 17;
    -   un’attenta attività di info-commerce prima di procedere ad un acquisto,
        con un ricorso massiccio ai siti aziendali e a siti di opinioni sul prodotto,
        verificando la legittimità di queste ultime e smascherando quelle
        aziendali2;


L’analisi di Burson-Martseller è andata al di là dell’individuazione del gruppo di E-
fluentials: recentemente è stato scoperto un loro sottogruppo con caratteristiche
tali da risultare estremamente più influente e virale degli E-fluential stessi. I
cosiddetti Tech-fluentials: grandi utilizzatori e consumatori di tecnologie avanzate
che condividono in media con ben 15 persone l’esperienza di prodotto (sia on line
che off line). E se l’esperienza è negativa le persone contattate salgono a 17!



2
 Significativo a tal riguardo il caso dei flog (fake blog) di Wal-Mart, realizzati da
Edelman e smascherati nell’ottobre 2006 non senza conseguenze per la famosa
agenzia di relazioni pubbliche.


                                                                                        5
Da quanto detto sulle diverse tipologie di diffusori, diventa fondamentale da una
parte avere una reputazione positiva tra individui influenti, dall’altra “colpirli”
subito con l’azione virale per accelerare il raggiungimento del fatidico tipping
point.




STICKINESS
La progettazione di un virale di successo non può, naturalmente, prescindere dalla
creazione di un messaggio in grado di propagarsi spontaneamente e soprattutto che
rimanga nella memoria di lungo periodo del destinatario.
La stickiness (o vischiosità) del messaggio dipende da fattori sia strategici che
operativi, ma in ultima analisi risiede nella straordinarietà del messaggio, per dirla
con parole care a Seth Godin e alle sue mucche viola.
È soltanto il pubblico che fa di un video, un video virale. In questo sembra che il
Marketing Virale sia, in fondo, fatto di un’anima onesta: il cliente resta Re.


Quindi: una volta raggiunta l’attenzione degli influenzatori, spera di aver creato un
messaggio creativo e vischioso per il destinatario.


Ma che tipo di messaggio piace al visitatore della Rete? E quali tipologie di virale
risultano più efficaci?
Per rispondere a questi interrogativi non si può prescindere da una classificazione
delle azioni virali.
Le letteratura ricorre a distinzioni dipendenti dal mezzo di diffusione, dal
contenuto del messaggio e dal ruolo del diffusore virale.
Così, a seconda che la partecipazione del trasmettitore sia attiva o passiva si parla
di Active o Frictionless Viral Marketing. Di quest’ultimo tipo è la già analizzata
“azione madre” di Hotmail: il trasmettitore, già cliente, non ha la possibilità di
evitare la diffusione del messaggio, che prescinde quindi dalla sua volontà (il PS
alla fine dei messaggi e-mail inviati con hotmail.com viene aggiunto in modo
automatico ed è, quindi, fuori dal controllo del mittente).
Un trasmettitore partecipativo con piene facoltà di controllo sul messaggio virale,
dà, invece, luogo ad un’azione che può essere classificata come Active Viral
Marketing. All’interno di questa macro-classe rientrano diverse sotto-classificazioni
legate al grado di coinvolgimento e alle motivazioni che spingono il trasmettitore a
diventare un influenzatore. Si parlerà di:



                                                                                    6
-   Social Viral Marketing nel caso in cui a spingere il virale sia il desiderio da
       parte del trasmettitore di un riconoscimento sociale, inteso come
       appartenenza ad una cerchia ristretta e privilegiata di utenti. La case
       history di Gmail ne è la testimonianza più recente;
   -   Viral Marketing in senso stretto, se il consumatore ottiene un’utilità
       maggiore con la crescita del prodotto in termini di clienti utilizzatori. È il
       caso dei sistemi di instant messaging come MSN Messenger, Yahoo
       Messenger, Skype.
   -   Incited Viral Marketing, quando vengono utilizzati dei meccanismi di
       incentivazione economica che spingono il trasmettitore a divulgare il
       messaggio.


Queste tipologie di azioni virali possono essere realizzate utilizzando i diversi
strumenti a disposizione. Secondo un’indagine condotta da Marketing Sherpa
(www.marketingsherpa.com), la compagnia statunitense di ricerche di marketing,
nel marzo 2006 su 790 viral marketers, l’efficacia dei vari strumenti può essere
così riassunta:


STRUMENTO             RISULTATO        RISULTATO
                      OTTIMO           MODERATO
Cool Micro-sites      53%              40%
Video clips           47%              40%


On line games         39%              48%


Audio clips           34%              48%


Tell a friend boxes   30%              50%


Encouraging email     29%              53%
forwarding
Offering e-cards      20%              43%




                                                                                    7
I migliori risultati sono da attribuire ai Cool Microsites e ai video virali. Sono
proprio i Video Clip che hanno avuto il trend maggiore nell’ultimo anno: +16%
rispetto al 2005, quando il 31% dei viral marketers aveva usato lo strumento video.
Una scelta molto utile e di grande impatto per le aziende intenzionate a diffondere
e veicolare messaggi legati indirettamente al proprio brand: la stickiness è
assicurata dalla peculiarità dello strumento, tradizionalmente di intrattenimento;
il budget è estremamente limitato, secondo un’indagine condotta da Marketing
Experiments (www.marketingexperiments.com), il giornale on line del MEC Labs
Group, l’investimento totale per la realizzazione di un video non supera i 10.000
dollari e raggiunge in media un click-through dell’ 1,78% (ben 7,5 volte superiore
all’efficacia di un banner tradizionale 480 X 60).


NETWORK
Importanza fondamentale per la buona riuscita di un virale è rivestita
dall’ambiente nel quale viene diffuso.
A tal riguardo è utile l’indicazione data da Justin Kirby, co-autore del libro
“Connected marketing: The Viral, The Buzz and Word of Mouth Revolution”,
secondo il quale negli ultimi 12 mesi (NDR si scrive ad ottobre 2006) si è verificato
un grande cambiamento nella modalità di condivisione di contenuti su web. La
scintilla è stata innescata dalla crescita esponenziale dei networking sites e delle
community on line. Un evento che ha modificato in modo significativo il processo di
seeding (o semina) delle azioni di marketing virale. Ne consegue che oggi una
presenza attiva con il proprio virale su uno dei grandi siti di network, risulta essere
di gran lunga preferibile (senza escludere una strategia integrata) alla finora
indispensabile presenza, spesso anche a pagamento, su uno dei siti di Viral Sharing
(tipo Bore Me o Kontraband). Tale considerazione non è altro che la constatazione
e la riaffermazione del passaggio verso il cosiddetto Web 2.0. Ma c’è chi va anche
oltre ipotizzando il nuovo paradigma del Web 3.0: sovrani incontrastati saranno i
siti user-generated content, una multimedialità diffusa e, senza ombra di dubbio,
il Marketing Virale.
Insomma, morale della storia per ottenere una diffusione immediata e completa
del virale: entra in una community on line e sfrutta il potere positivo del network.



                                                                                       8
Non resta che dare i fatidici 10 comandamenti del virale:


     1. punta sulla semplicità di fruizione e di condivisione;
     2. pianifica la campagna specificatamente per uno dei siti di network;
     3. includi nel virale un segreto che scopriranno soltanto i più curiosi e
         “smanettoni” (è tra di loro che si nascondono i Tech-Fluentials);
     4. considera di utilizzare una celebrità: ti assicurerai un buon da gossip;
     5. inserisci il logo del tuo brand in modo che non sia possibile escluderlo dal
         virale senza perdere stickiness;
     6. includi sempre gli hotlink del virale: invia ad un amico, permanent link,
         posta sul tuo blog;
     7. lavora sulla memoria di lungo periodo del destinatario;
     8. non limitare l’azione esclusivamente ad Internet. È di gran lunga preferibile
         un approccio cross-mediale per sfruttare le peculiarità dei diversi canali;
     9. inserisci una call to action semplice per avere dei risultati di breve termine;
     10. dillo a tutti i tuoi amici.




Buon compleanno Viral!


PS
Tutti i miei articoli sono su www.nobrandagency.com




                                                                                       9

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Marketing Virale

  • 1. nobrandagency.com l’agenzia di marketing alternativo e comunicazione creativa MARKETING VIRALE un articolo di francescoc VUOI RICEVERE TUTTI GLI ARTICOLI DI MARKTING ALTERNATIVO? INVIAMI IL TUO INDIRIZZO E-MAIL E IL TUO NOME.
  • 2. nobrandagency.com marketing alternativo From: francescoc@hotmail.com Subject: tonight at 9 pm Date: July, 4 1996 To: Karol@me.com Hi dear, i miss u. i’m still writing my paper about a new web marketing tactic. My work is getting more and more influential between the alternative marketing communities. Yeah, Nobrand Agency is growing up. I love my job, but don’t forget U’r the sweetest thing in my life. Tonight at 9 pm, i’ll be back to Rome. I Love U francescoc PS: Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com Probabilmente è iniziato proprio così. Un messaggio e-mail e un’emozione condivisa su web. Ma tra le righe c’è qualcosa di più: chiara e immediata arriva al destinatario la notizia della nascita di un nuovo servizio di posta elettronica, gratuito e di qualità; lo stesso servizio utilizzato dal mittente che, involontariamente, lo consiglia al destinatario e a tutte le persone che contatta via e-mail. Era il 4 luglio del 1996, quando i fondatori di Hotmail Jack Smith e Sabeer Bhatia lanciarono quella che passerà alla storia come la prima azione di marketing virale di successo. Nessun video, nessun sistema di sharing peer to peer, niente giochini divertenti e sofisticati, nè tanto meno contenuti html avanzati. Soltanto questo testo alla fine di ogni messaggio inviato da una casella di posta hotmail.com: PS Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com. Ad inserire il messaggio si capisce subito che è la stessa azienda fornitrice del servizio, ma non importa: a dare il consiglio, in definitiva, è il mittente dell’e-
  • 3. mail. E lo fa proprio nel momento in cui sta effettivamente utilizzando il servizio proposto. Il risultato? Dopo 18 mesi Hotmail raggiunge quota 8,7 milioni di utenti. Da quel momento sono passati più di 10 anni ed oggi il marketing virale ha assunto aspetti e strumenti sensibilmente diversi che saranno oggetto di analisi in questo lavoro. Prima di iniziare la disamina della tecnica di marketing che sta rivoluzionando il Web, rileggi con attenzione la “e-mail scintilla” di Hotmail: non si può non sorridere pensando allo stupore e alla soddisfazione dei suoi fondatori quando neanche un anno e mezzo dopo, grazie a quel semplice PS, ricavarono circa 400 milioni di dollari dalla vendita di Hotmail. Complimenti sentiti e buon decimo compleanno, marketing virale! Il termine Marketing Virale fu utilizzato per la prima volta da Tim Draper di Hotmail per definire il successo avuto dal servizio di posta nella seconda metà del 1996 e per tutto il 1997: il patron di Hotmail parlò di “network-enhanced word of mouth”, sottolineandone il legame col tradizionale passaparola e l'importanza giocata dalle reti digitali. Da allora si è iniziato a parlare di viral marketing o buzz marketing o word of mouse, per indicare il modello attraverso cui un messaggio commerciale si diffonde esponenzialmente attraverso le segnalazioni o referral dei clienti stessi. L’aggettivo virale va, quindi, riferito alla modalità di propagazione del messaggio: come un virus la diffusione avviene da una cellula all’altra in modo rapido, esponenziale ed utilizzando le risorse delle cellule raggiunte per i propri scopi. Ma il concetto di Marketing Virale, va al di là del semplice passaparola spontaneo, ormai caratteristico della Rete. Per parlare di marketing è necessario un intervento diretto dell’azienda: scintilla aziendale (marketing) e diffusione (virale) da parte dei destinatari del messaggio. Soltanto qualora ricorrano queste due condizioni un’azione di marketing virale si può definire codified buzz. Si definisce, al contrario, uncodified buzz l’azione dell’azienda che associa il proprio brand a contenuti già esistenti e già diffusi spontaneamente in un momento precedente all’intervento aziendale. 2
  • 4. L’obiettivo ultimo del Codified Viral Marketing è quello di modificare o influenzare il comportamento d’acquisto dei consumatori, facendo leva sulle reti sociali di influenza e utilizzando un budget limitato. La logica di base non è niente di nuovo: grazie all’influenza sociale, amici, conoscenti e colleghi di lavoro possono diventare lo strumento più efficace per l’orientamento al consumo e le decisioni d’acquisto dei clienti. Un meccanismo già descritto negli anni ’40 da Katz e Lazarsfeld nel libro "Personal influence": i flussi di comunicazione informativa possono essere indirizzati su alcuni opinion leader, cioè verso persone dotate di un tale carisma da riuscire ad influenzare il comportamento e le idee di un gran numero di individui. È il Word of Mouth (WOM) o passaparola: una comunicazione orale tra un comunicatore ed un ricevitore, il cui messaggio viene percepito dal destinatario come informazione non commerciale 1. Dagli anni ’40 ad oggi, il passaparola ne ha fatta di strada e con esso anche le strategie e tecniche di marketing che cercano di sfruttare il suo potere di influenza sui clienti. Per comprendere le differenze tra il WOM tradizionale e il Viral Marketing, che può essere a pieno titolo considerato il moderno passaparola, risultano significative le parole del Modzelewski: il marketing virale differisce dalla tradizionale comunicazione verbale grazie alla presenza di esternalità positive insite in un network di tipo on-line. Gli effetti positivi derivanti dai network si presentano quando “l'acquirente dell'ultima unità di un bene ha un beneficio più alto rispetto all'acquirente del primo, perché la vendita delle prima unità ha creato dei benefici in una dimensione collegata”. In parole semplici, al crescere degli utilizzatori di un servizio, cresce la sua utilità per il singolo. Un tale meccanismo finisce inevitabilmente per influenzare in modo considerevole l’adozione e la diffusione di merci e di servizi on line. Alla luce di queste considerazioni può essere letta la definizione di Viral Marketing di Phelps: “il processo di comunicazione che incoraggia una comunicazione onesta in un network di consumatori”. Per comprendere appieno il significato e la portata del nuovo passaparola on-line risultano, inoltre, evidenti le convinzioni a tal riguardo di due dei guru del Marketing Virale: 1 ARNDT, Role of product-related conversation in the diffusion of a new product, 1967. 3
  • 5. Seth Godin, ex Vice Presidente Direct Marketing di Yahoo e autore del bestseller "Unleashing the ideasvirus", afferma e descrive chiaramente come un'idea possa essere contagiosa al pari di un virus e trasmettersi per contatto da un individuo all’altro. Alcuni consumatori agiranno come dei veri e propri "portatori-sani" dell’idea-virus, diffondendo l’epidemia presso i propri simili. Ne consegue che, dopo l’iniziale fase di lancio, la relazione che più conta è quella tra cliente e cliente, e non più quella tra cliente ed azienda, come accade (o accadeva) per il marketing tradizionale. Malcolm Gladwell, giornalista e autore del libro "The tipping point”, applica le stesse convinzioni a qualsiasi fenomeno sociologico. Proprio come nelle epidemie, la diffusione di un libro, di un prodotto o di un'idea, conosce un momento in cui tutto cambia improvvisamente e si innescano gigantesche reazioni a catena che modificano la situazione circostante. Questo momento è il tipping point, punto critico oltre il quale il fenomeno epidemico esplode e contagia masse enormi di individui. È proprio l’esatta comprensione delle diverse modalità per il raggiungimento del tipping point che guidano verso la corretta progettazione di un’azione di Marketing Virale. Secondo Gladwell esistono tre fattori che determinano il raggiungimento del tipping point: - DIFFUSORI: soggetti capaci di diffondere il messaggio influenzando i destinatari; - STICKINESS: la realizzazione di un messaggio sticky (vischioso), in grado di restare nella memoria di lungo periodo del ricevente; - NETWORK: un ambiente nel quale il messaggio possa diffondersi in modo semplice ed efficace. DIFFUSORI La letteratura evidenzia numerose tipologie di soggetti in grado di far girare la voce on-line: Godin parla di Powerful Sneezers e Promiscuous Sneezers; Gladwell di Mavens, Connectors e Persuaders; Phepls di Viral Mavens e Infrequent Senders. Le diverse categorie di moltiplicatori virali possono essere ricondotte a due ruoli 4
  • 6. fondamentali nel passaparola: - leader di opinione riconosciuti, coloro che agiscono spesso autonomamente su un vasto network professionale; - diffusori sociali, chi si adopera per far girare un messaggio tra i propri contatti o tra gli appartenenti alla propria comunità. Interessante a tal riguardo è lo studio, condotto per la prima volta nel 1999 e aggiornato annualmente, della società di consulenza statunitense Burson- Martseller. Dalle ricerche sugli opinion leader on line è emersa una categoria di utenti, denominati E-fluentials, che genera e stimola la maggior parte dei contenuti virali su aziende, prodotti e brand. Le caratteristiche di questo gruppo di influenzatori sono: - un livello di attività su internet (e-mail, newsgroup, forum, ecc.) molto superiore alla media degli internauti; - una propensione a divulgare la propria esperienza di prodotto ben oltre le proprie conoscenze personali: in media un e-fluential condivide la propria esperienza con altri 14 individui; - una maggior propensione a divulgare esperienze negative. Se una notizia positiva viene condivisa in media con 11 persone, una negativa con ben 17; - un’attenta attività di info-commerce prima di procedere ad un acquisto, con un ricorso massiccio ai siti aziendali e a siti di opinioni sul prodotto, verificando la legittimità di queste ultime e smascherando quelle aziendali2; L’analisi di Burson-Martseller è andata al di là dell’individuazione del gruppo di E- fluentials: recentemente è stato scoperto un loro sottogruppo con caratteristiche tali da risultare estremamente più influente e virale degli E-fluential stessi. I cosiddetti Tech-fluentials: grandi utilizzatori e consumatori di tecnologie avanzate che condividono in media con ben 15 persone l’esperienza di prodotto (sia on line che off line). E se l’esperienza è negativa le persone contattate salgono a 17! 2 Significativo a tal riguardo il caso dei flog (fake blog) di Wal-Mart, realizzati da Edelman e smascherati nell’ottobre 2006 non senza conseguenze per la famosa agenzia di relazioni pubbliche. 5
  • 7. Da quanto detto sulle diverse tipologie di diffusori, diventa fondamentale da una parte avere una reputazione positiva tra individui influenti, dall’altra “colpirli” subito con l’azione virale per accelerare il raggiungimento del fatidico tipping point. STICKINESS La progettazione di un virale di successo non può, naturalmente, prescindere dalla creazione di un messaggio in grado di propagarsi spontaneamente e soprattutto che rimanga nella memoria di lungo periodo del destinatario. La stickiness (o vischiosità) del messaggio dipende da fattori sia strategici che operativi, ma in ultima analisi risiede nella straordinarietà del messaggio, per dirla con parole care a Seth Godin e alle sue mucche viola. È soltanto il pubblico che fa di un video, un video virale. In questo sembra che il Marketing Virale sia, in fondo, fatto di un’anima onesta: il cliente resta Re. Quindi: una volta raggiunta l’attenzione degli influenzatori, spera di aver creato un messaggio creativo e vischioso per il destinatario. Ma che tipo di messaggio piace al visitatore della Rete? E quali tipologie di virale risultano più efficaci? Per rispondere a questi interrogativi non si può prescindere da una classificazione delle azioni virali. Le letteratura ricorre a distinzioni dipendenti dal mezzo di diffusione, dal contenuto del messaggio e dal ruolo del diffusore virale. Così, a seconda che la partecipazione del trasmettitore sia attiva o passiva si parla di Active o Frictionless Viral Marketing. Di quest’ultimo tipo è la già analizzata “azione madre” di Hotmail: il trasmettitore, già cliente, non ha la possibilità di evitare la diffusione del messaggio, che prescinde quindi dalla sua volontà (il PS alla fine dei messaggi e-mail inviati con hotmail.com viene aggiunto in modo automatico ed è, quindi, fuori dal controllo del mittente). Un trasmettitore partecipativo con piene facoltà di controllo sul messaggio virale, dà, invece, luogo ad un’azione che può essere classificata come Active Viral Marketing. All’interno di questa macro-classe rientrano diverse sotto-classificazioni legate al grado di coinvolgimento e alle motivazioni che spingono il trasmettitore a diventare un influenzatore. Si parlerà di: 6
  • 8. - Social Viral Marketing nel caso in cui a spingere il virale sia il desiderio da parte del trasmettitore di un riconoscimento sociale, inteso come appartenenza ad una cerchia ristretta e privilegiata di utenti. La case history di Gmail ne è la testimonianza più recente; - Viral Marketing in senso stretto, se il consumatore ottiene un’utilità maggiore con la crescita del prodotto in termini di clienti utilizzatori. È il caso dei sistemi di instant messaging come MSN Messenger, Yahoo Messenger, Skype. - Incited Viral Marketing, quando vengono utilizzati dei meccanismi di incentivazione economica che spingono il trasmettitore a divulgare il messaggio. Queste tipologie di azioni virali possono essere realizzate utilizzando i diversi strumenti a disposizione. Secondo un’indagine condotta da Marketing Sherpa (www.marketingsherpa.com), la compagnia statunitense di ricerche di marketing, nel marzo 2006 su 790 viral marketers, l’efficacia dei vari strumenti può essere così riassunta: STRUMENTO RISULTATO RISULTATO OTTIMO MODERATO Cool Micro-sites 53% 40% Video clips 47% 40% On line games 39% 48% Audio clips 34% 48% Tell a friend boxes 30% 50% Encouraging email 29% 53% forwarding Offering e-cards 20% 43% 7
  • 9. I migliori risultati sono da attribuire ai Cool Microsites e ai video virali. Sono proprio i Video Clip che hanno avuto il trend maggiore nell’ultimo anno: +16% rispetto al 2005, quando il 31% dei viral marketers aveva usato lo strumento video. Una scelta molto utile e di grande impatto per le aziende intenzionate a diffondere e veicolare messaggi legati indirettamente al proprio brand: la stickiness è assicurata dalla peculiarità dello strumento, tradizionalmente di intrattenimento; il budget è estremamente limitato, secondo un’indagine condotta da Marketing Experiments (www.marketingexperiments.com), il giornale on line del MEC Labs Group, l’investimento totale per la realizzazione di un video non supera i 10.000 dollari e raggiunge in media un click-through dell’ 1,78% (ben 7,5 volte superiore all’efficacia di un banner tradizionale 480 X 60). NETWORK Importanza fondamentale per la buona riuscita di un virale è rivestita dall’ambiente nel quale viene diffuso. A tal riguardo è utile l’indicazione data da Justin Kirby, co-autore del libro “Connected marketing: The Viral, The Buzz and Word of Mouth Revolution”, secondo il quale negli ultimi 12 mesi (NDR si scrive ad ottobre 2006) si è verificato un grande cambiamento nella modalità di condivisione di contenuti su web. La scintilla è stata innescata dalla crescita esponenziale dei networking sites e delle community on line. Un evento che ha modificato in modo significativo il processo di seeding (o semina) delle azioni di marketing virale. Ne consegue che oggi una presenza attiva con il proprio virale su uno dei grandi siti di network, risulta essere di gran lunga preferibile (senza escludere una strategia integrata) alla finora indispensabile presenza, spesso anche a pagamento, su uno dei siti di Viral Sharing (tipo Bore Me o Kontraband). Tale considerazione non è altro che la constatazione e la riaffermazione del passaggio verso il cosiddetto Web 2.0. Ma c’è chi va anche oltre ipotizzando il nuovo paradigma del Web 3.0: sovrani incontrastati saranno i siti user-generated content, una multimedialità diffusa e, senza ombra di dubbio, il Marketing Virale. Insomma, morale della storia per ottenere una diffusione immediata e completa del virale: entra in una community on line e sfrutta il potere positivo del network. 8
  • 10. Non resta che dare i fatidici 10 comandamenti del virale: 1. punta sulla semplicità di fruizione e di condivisione; 2. pianifica la campagna specificatamente per uno dei siti di network; 3. includi nel virale un segreto che scopriranno soltanto i più curiosi e “smanettoni” (è tra di loro che si nascondono i Tech-Fluentials); 4. considera di utilizzare una celebrità: ti assicurerai un buon da gossip; 5. inserisci il logo del tuo brand in modo che non sia possibile escluderlo dal virale senza perdere stickiness; 6. includi sempre gli hotlink del virale: invia ad un amico, permanent link, posta sul tuo blog; 7. lavora sulla memoria di lungo periodo del destinatario; 8. non limitare l’azione esclusivamente ad Internet. È di gran lunga preferibile un approccio cross-mediale per sfruttare le peculiarità dei diversi canali; 9. inserisci una call to action semplice per avere dei risultati di breve termine; 10. dillo a tutti i tuoi amici. Buon compleanno Viral! PS Tutti i miei articoli sono su www.nobrandagency.com 9