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un modello di
COMUNITA TERAPEUTICA DEMOCRATICA
UN’ORGANIZZAZIONE CHE SI REINVENTA OGNI GIORNO
dott. FERDINANDO TROINA
“Comunità …(luogo) … il cui scopo immediato
è la piena partecipazione alla vita quotidiana di
tutti i suoi appartenenti, mentre l’obiettivo
finale è la reintegrazione dell’individuo nella
vita sociale” (Main 1983).
LA PATOLOGIA GENERA CONFLITTO
 Psicosi
 Disordini di personalità
CONFLITTI E ANTINOMIE
NEL LAVORO DI COMUNITÀ:
Cura/Custodia,
Autonomia/Dipendenza,
Permissività/Autoritarismo
Socializzazione/Isolamento,
Biologico/Mentale
Terapia/Riabilitazione
PROCESSI DIFENSIVI
 modello SERRA
Istituzioni gestite con atteggiamento liberale,
dove i residenti sono considerati come dotati di
complete capacità potenziali e fortemente
sollecitati a svilupparle
 modello DEPOSITO
Strutture gestite con stile paternalistico, dove i
residenti vengono vissuti come irreparabilmente
danneggiati, dipendenti e totalmente bisognosi di
cure
MODELLO SERRA
Negazione della patologia
 Pazienti e operatori vengono messi
terribilmente sotto pressione cercando di
realizzare compiti irrealistici e votandosi a
continue frustrazioni
MODELLO DEPOSITO
Negazione delle potenzialità
 Operatori zelanti accudiscono i pazienti
rendendoli totalmente passivi e dipendenti
nascondendo la disperazione dietro la
routine
IL PARADOSSO DELLE CTA
Creare un microcosmo sociale che sia capace di
accogliere quella follia che il mondo esterno non
è in grado di tollerare, ma che sia al tempo
stesso capace di aiutare i suoi membri a
rinunciare a una casa accogliente per tornare a
vivere nel mondo esterno
Il problema evidentemente non è come abolire i
conflitti, ma come contenerli perché non
divengano distruttivi pur conservando la loro
funzione dinamica, che è quella di mobilizzare il
pensiero
I PRINCIPI SUI QUALI SI SVILUPPA LA CULTURA
OPERATIVA DI UNA COMUNITÀ TERAPEUTICA
I principi sui quali si sviluppa tutta la cultura operativa di una
comunità terapeutica
Democratizzazione
Tolleranza
Comunalismo
Confronto con la realtà
DEMOCRATIZZAZIONE
 Responsabilizzazione di ognuno attraverso
decisioni assembleari e multidisciplinari.
La divisione del potere decisionale tra operatori e
pazienti
DEMOCRATIZZAZIONE
 Riunioni del mattino, Community meeting
 Case Manager
 Conduzione dei gruppi
 Visiting
DEMOCRATIZZAZIONE
 All’interno del Community Meeting e della
relazione con il proprio Case
Manager, l’utente è invitato a prendersi la
responsabilità del proprio percorso
terapeutico e dell’organizzazione di tutta la
comunità
COMUNALISMO
 Atmosfera relazionale caratterizzata da
condivisione confidenza e aperta
comunicazione.
L'individuo viene valutato quindi dal punto di vista
gruppale e l'enfasi terapeutica é posta sul 'fare
con' il paziente piuttosto che sul 'fare al', come
in ospedale; gli operatori pertanto fanno le cose
con il residente: insieme a lui/lei cucinano,
pranzano, puliscono, fanno la spesa, ecc..
COMUNALISMO
 Attività e laboratori
Sport
gruppo benessere
gruppi artigianali
Arteterapia
Danzaterapia
TOLLERANZA
 Flessibilità ed accettazione dei comportamenti devianti
da parte di tutti.
La struttura comunitaria come terreno per rivivere
sentimenti e comportamenti appresi nel passato in contesti
poco favorevoli allo sviluppo psicologico e maturativo del
soggetto. Dove può essere reso possibile al residente far
rivivere, sul teatro della comunità, i personaggi del mondo
dei suoi oggetti interni con i quali le cose andarono male.
La comunità pertanto deve essere organizzata in modo
che tutti i suoi componenti tollerino un'ampia gamma di
comportamenti ansiogeni, che sembrano devianti secondo
le norme 'comuni'. Nelle risposte da parte degli altri a tali
comportamenti emergono i problemi di tutti.
TOLLERANZA
 Una gestione delle regole che sappia evitare
la loro santificazione ma non dimentichi la
loro funzione di confine e sistema di
contenimento dell’ansia.
TOLLERANZA
 La consapevolezza che le regole in CTA,
come insegna l’esperienza - sembrano
“fatte per essere violate”, sia dai pazienti che
dagli operatori, da chi le subisce come da chi
le detta.
TOLLERANZA
Le regole poche, chiare e condivise, e
devono essere per la CT più o meno ciò che il
setting è per la terapia, ossia un sistema
normativo che deve esistere non per sé, per
essere obbedito, ma perché proprio la sua
violazione lo rende “parlante”, capace di
comunicare emozioni o processi inconsci che
altrimenti resterebbero muti, ….(Bollas 1987).
TOLLERANZA
 Un movente molto comune dell’aggressività,
che dà luogo ad aggressioni verbali ed
emotive e la vulnerabilità emotiva del
paziente
Qualsiasi situazione minacci di far emergere uno stato
emotivo che i pazienti vivono come insopportabile, ha perciò
un effetto molto potente e li rende ad essa estremamente
vulnerabili
TOLLERANZA
 Quando ci si confronta con un paziente
aggressivo e violento è sempre meglio tener
presente, mentre ci proteggiamo, che dietro
quella violenza può esserci qualcuno che in
realtà si sente molto debole e vulnerabile. La
stessa cosa vale se affrontiamo l’aggressività
verbale: un forte sentimento di odio può
mascherare un estremo bisogno del nostro
aiuto
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Parlare sempre in maniera diretta e "col cuore
in mano" al fine di fornire un continuo feedback
del comportamento dei singoli individui così
come sono visti dagli altri.
Misura atta a contrastare la tendenza a distorcere la
percezione della realtà, a negarla o a ritirarsi dalle proprie
difficoltà a relazionarsi con gli altri.
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Community meeting
 Gruppo Staff
 Gruppo multifamiliare
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Basaglia "il tipo di rapporto che viene ad
instaurarsi all'interno di questa comunità che
la renderà terapeutica, nella misura in cui
riuscirà a mettere a fuoco le dinamiche di
violenza e di esclusione presenti nell'istituto,
cosi come nell'intera società, creando i
presupposti per una graduale presa di
coscienza di questa violenza e di questa
esclusione."
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Community meeting
Soltanto una relazione autenticamente
equilibrata con i nostri pazienti può avere una
profondità veramente terapeutica. Questo
equilibrio comprende la rabbia realistica così
come la cura realistica.
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Community meeting
Gli operatori devono tenersi in equilibrio tra due
atteggiamenti ben distinti: essere sinceri anche
sulla propria aggressività, pur mantenendo vivo
il tentativo di comprendere i propri pazienti.
.
CONFRONTO CON LA REALTÀ
 Gruppo staff
Quando veniamo a contatto con la violenza noi
reagiamo ad essa: gli operatori devono
imparare a riconoscere le loro reazioni e a
parlarne in gruppo
.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Un gruppo di persone che dichiarano la
propria disponibilità a confrontarsi senza
pretendere di avere ragione e che, proprio in
relazione a questa rinuncia, a volte
raggiunge momenti di "saggezza", non da
parte di qualcuno in particolare ma del
gruppo nel suo insieme.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Il gruppo inizia ad avere la capacità di
formulare un pensiero che si compone
attraverso i contributi del pensiero di ognuno
dei suoi partecipanti, sia che parli, sia che
non riesca ad esprimere verbalmente le
proprie opinioni. Si tratta di un pensiero
complessivo, alla cui elaborazione ognun
può dare un contributo e che permette al
gruppo stesso di funzionare come una
"mente ampliada" (G.Badaracco).
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 La grave patologia mentale non è dovuta ad
un trauma isolato (pensiero ricorrente sia nei
familiari che nei pazienti) quanto piuttosto ad
una "trappola" complessa di legami e gabbie
comunicative all'interno delle quali sono
imprigionati tutti i componenti del nucleo
familiare.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 A tale proposito G. Badaracco parla di
"interdipendenze patologiche e
patogene", situazioni in cui genitori e figli
rimangono bloccati nel proprio processo di
crescita.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Di fatti, chi si ammala psichicamente torna
ad essere piccolo e, quindi, meno
responsabile della propria vita. Questo,
implicitamente, sollecita il mantenimento di
un assetto costante della relazione con il/i
genitore/i che, quindi, riprende a svolgere la
funzione di contenitore (nei confronti del
figlio)
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Il problema è che ciò avviene in una forma
stabile e non evolutiva, in quanto non
permeabile ai continui aggiustamenti che il
passare del tempo richiederebbe in relazione
alla crescita del figlio
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Livelli generazionali diversi iniziano così a
confondersi: nelle situazioni simbiotiche non
c'è più un padre o una madre e un figlio o un
figlia, bensì due persone che formano un
tutt'uno e che sono in continua lotta per
imporre il proprio predominio l'una sull'altra.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Uno degli aspetti più affascinanti della teoria
e della pratica clinica di G. Badaracco, però,
è la convinzione genuina che in ognuna delle
persone che risultano avviluppate in tali
interdipendenze, a prescindere dall'età che
hanno e dal livello di cronicità del disturbo di
cui soffrono o in cui sono coinvolte, sia
presente, seppure nascosta sotto ampli strati
di patologia e rassegnazione, una "virtualità
sana".
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Essa rappresenta il modo in cui la persona
avrebbero potuto e voluto essere e non è
mai stata, almeno fino a questo momento. Si
tratta di una risorsa fondamentale per il
lavoro in gruppo.
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 I componenti di un nucleo familiare
patologico, infatti, non hanno occasione , nel
corso della loro vita, di tirarsi fuori dalla
propria situazione e di mettersi ad osservare
"dall'esterno" quello che accade tra loro
GRUPPI MULTIFAMILIARI
 Nel gruppo, invece, essi si possono
"rispecchiare metaforicamente" nel modo di
funzionare di uno, o più di uno, dei nuclei
familiari che si trovano di fronte e iniziare a
riflettere su come imparare a non ripetere
acriticamente, all'infinito, "gli stessi errori"
"La follia è una condizione umana. In noi la
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Comunità CTA Sant'Antonio, un modello di Comunita Terapeutica Democratica

  • 1. un modello di COMUNITA TERAPEUTICA DEMOCRATICA UN’ORGANIZZAZIONE CHE SI REINVENTA OGNI GIORNO dott. FERDINANDO TROINA
  • 2. “Comunità …(luogo) … il cui scopo immediato è la piena partecipazione alla vita quotidiana di tutti i suoi appartenenti, mentre l’obiettivo finale è la reintegrazione dell’individuo nella vita sociale” (Main 1983).
  • 3. LA PATOLOGIA GENERA CONFLITTO  Psicosi  Disordini di personalità
  • 4. CONFLITTI E ANTINOMIE NEL LAVORO DI COMUNITÀ: Cura/Custodia, Autonomia/Dipendenza, Permissività/Autoritarismo Socializzazione/Isolamento, Biologico/Mentale Terapia/Riabilitazione
  • 5. PROCESSI DIFENSIVI  modello SERRA Istituzioni gestite con atteggiamento liberale, dove i residenti sono considerati come dotati di complete capacità potenziali e fortemente sollecitati a svilupparle  modello DEPOSITO Strutture gestite con stile paternalistico, dove i residenti vengono vissuti come irreparabilmente danneggiati, dipendenti e totalmente bisognosi di cure
  • 6. MODELLO SERRA Negazione della patologia  Pazienti e operatori vengono messi terribilmente sotto pressione cercando di realizzare compiti irrealistici e votandosi a continue frustrazioni
  • 7. MODELLO DEPOSITO Negazione delle potenzialità  Operatori zelanti accudiscono i pazienti rendendoli totalmente passivi e dipendenti nascondendo la disperazione dietro la routine
  • 8. IL PARADOSSO DELLE CTA Creare un microcosmo sociale che sia capace di accogliere quella follia che il mondo esterno non è in grado di tollerare, ma che sia al tempo stesso capace di aiutare i suoi membri a rinunciare a una casa accogliente per tornare a vivere nel mondo esterno
  • 9. Il problema evidentemente non è come abolire i conflitti, ma come contenerli perché non divengano distruttivi pur conservando la loro funzione dinamica, che è quella di mobilizzare il pensiero
  • 10. I PRINCIPI SUI QUALI SI SVILUPPA LA CULTURA OPERATIVA DI UNA COMUNITÀ TERAPEUTICA I principi sui quali si sviluppa tutta la cultura operativa di una comunità terapeutica Democratizzazione Tolleranza Comunalismo Confronto con la realtà
  • 11. DEMOCRATIZZAZIONE  Responsabilizzazione di ognuno attraverso decisioni assembleari e multidisciplinari. La divisione del potere decisionale tra operatori e pazienti
  • 12. DEMOCRATIZZAZIONE  Riunioni del mattino, Community meeting  Case Manager  Conduzione dei gruppi  Visiting
  • 13. DEMOCRATIZZAZIONE  All’interno del Community Meeting e della relazione con il proprio Case Manager, l’utente è invitato a prendersi la responsabilità del proprio percorso terapeutico e dell’organizzazione di tutta la comunità
  • 14. COMUNALISMO  Atmosfera relazionale caratterizzata da condivisione confidenza e aperta comunicazione. L'individuo viene valutato quindi dal punto di vista gruppale e l'enfasi terapeutica é posta sul 'fare con' il paziente piuttosto che sul 'fare al', come in ospedale; gli operatori pertanto fanno le cose con il residente: insieme a lui/lei cucinano, pranzano, puliscono, fanno la spesa, ecc..
  • 15. COMUNALISMO  Attività e laboratori Sport gruppo benessere gruppi artigianali Arteterapia Danzaterapia
  • 16. TOLLERANZA  Flessibilità ed accettazione dei comportamenti devianti da parte di tutti. La struttura comunitaria come terreno per rivivere sentimenti e comportamenti appresi nel passato in contesti poco favorevoli allo sviluppo psicologico e maturativo del soggetto. Dove può essere reso possibile al residente far rivivere, sul teatro della comunità, i personaggi del mondo dei suoi oggetti interni con i quali le cose andarono male. La comunità pertanto deve essere organizzata in modo che tutti i suoi componenti tollerino un'ampia gamma di comportamenti ansiogeni, che sembrano devianti secondo le norme 'comuni'. Nelle risposte da parte degli altri a tali comportamenti emergono i problemi di tutti.
  • 17. TOLLERANZA  Una gestione delle regole che sappia evitare la loro santificazione ma non dimentichi la loro funzione di confine e sistema di contenimento dell’ansia.
  • 18. TOLLERANZA  La consapevolezza che le regole in CTA, come insegna l’esperienza - sembrano “fatte per essere violate”, sia dai pazienti che dagli operatori, da chi le subisce come da chi le detta.
  • 19. TOLLERANZA Le regole poche, chiare e condivise, e devono essere per la CT più o meno ciò che il setting è per la terapia, ossia un sistema normativo che deve esistere non per sé, per essere obbedito, ma perché proprio la sua violazione lo rende “parlante”, capace di comunicare emozioni o processi inconsci che altrimenti resterebbero muti, ….(Bollas 1987).
  • 20. TOLLERANZA  Un movente molto comune dell’aggressività, che dà luogo ad aggressioni verbali ed emotive e la vulnerabilità emotiva del paziente Qualsiasi situazione minacci di far emergere uno stato emotivo che i pazienti vivono come insopportabile, ha perciò un effetto molto potente e li rende ad essa estremamente vulnerabili
  • 21. TOLLERANZA  Quando ci si confronta con un paziente aggressivo e violento è sempre meglio tener presente, mentre ci proteggiamo, che dietro quella violenza può esserci qualcuno che in realtà si sente molto debole e vulnerabile. La stessa cosa vale se affrontiamo l’aggressività verbale: un forte sentimento di odio può mascherare un estremo bisogno del nostro aiuto
  • 22. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Parlare sempre in maniera diretta e "col cuore in mano" al fine di fornire un continuo feedback del comportamento dei singoli individui così come sono visti dagli altri. Misura atta a contrastare la tendenza a distorcere la percezione della realtà, a negarla o a ritirarsi dalle proprie difficoltà a relazionarsi con gli altri.
  • 23. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Community meeting  Gruppo Staff  Gruppo multifamiliare
  • 24. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Basaglia "il tipo di rapporto che viene ad instaurarsi all'interno di questa comunità che la renderà terapeutica, nella misura in cui riuscirà a mettere a fuoco le dinamiche di violenza e di esclusione presenti nell'istituto, cosi come nell'intera società, creando i presupposti per una graduale presa di coscienza di questa violenza e di questa esclusione."
  • 25. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Community meeting Soltanto una relazione autenticamente equilibrata con i nostri pazienti può avere una profondità veramente terapeutica. Questo equilibrio comprende la rabbia realistica così come la cura realistica.
  • 26. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Community meeting Gli operatori devono tenersi in equilibrio tra due atteggiamenti ben distinti: essere sinceri anche sulla propria aggressività, pur mantenendo vivo il tentativo di comprendere i propri pazienti. .
  • 27. CONFRONTO CON LA REALTÀ  Gruppo staff Quando veniamo a contatto con la violenza noi reagiamo ad essa: gli operatori devono imparare a riconoscere le loro reazioni e a parlarne in gruppo .
  • 28. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Un gruppo di persone che dichiarano la propria disponibilità a confrontarsi senza pretendere di avere ragione e che, proprio in relazione a questa rinuncia, a volte raggiunge momenti di "saggezza", non da parte di qualcuno in particolare ma del gruppo nel suo insieme.
  • 29. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Il gruppo inizia ad avere la capacità di formulare un pensiero che si compone attraverso i contributi del pensiero di ognuno dei suoi partecipanti, sia che parli, sia che non riesca ad esprimere verbalmente le proprie opinioni. Si tratta di un pensiero complessivo, alla cui elaborazione ognun può dare un contributo e che permette al gruppo stesso di funzionare come una "mente ampliada" (G.Badaracco).
  • 30. GRUPPI MULTIFAMILIARI  La grave patologia mentale non è dovuta ad un trauma isolato (pensiero ricorrente sia nei familiari che nei pazienti) quanto piuttosto ad una "trappola" complessa di legami e gabbie comunicative all'interno delle quali sono imprigionati tutti i componenti del nucleo familiare.
  • 31. GRUPPI MULTIFAMILIARI  A tale proposito G. Badaracco parla di "interdipendenze patologiche e patogene", situazioni in cui genitori e figli rimangono bloccati nel proprio processo di crescita.
  • 32. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Di fatti, chi si ammala psichicamente torna ad essere piccolo e, quindi, meno responsabile della propria vita. Questo, implicitamente, sollecita il mantenimento di un assetto costante della relazione con il/i genitore/i che, quindi, riprende a svolgere la funzione di contenitore (nei confronti del figlio)
  • 33. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Il problema è che ciò avviene in una forma stabile e non evolutiva, in quanto non permeabile ai continui aggiustamenti che il passare del tempo richiederebbe in relazione alla crescita del figlio
  • 34. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Livelli generazionali diversi iniziano così a confondersi: nelle situazioni simbiotiche non c'è più un padre o una madre e un figlio o un figlia, bensì due persone che formano un tutt'uno e che sono in continua lotta per imporre il proprio predominio l'una sull'altra.
  • 35. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Uno degli aspetti più affascinanti della teoria e della pratica clinica di G. Badaracco, però, è la convinzione genuina che in ognuna delle persone che risultano avviluppate in tali interdipendenze, a prescindere dall'età che hanno e dal livello di cronicità del disturbo di cui soffrono o in cui sono coinvolte, sia presente, seppure nascosta sotto ampli strati di patologia e rassegnazione, una "virtualità sana".
  • 36. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Essa rappresenta il modo in cui la persona avrebbero potuto e voluto essere e non è mai stata, almeno fino a questo momento. Si tratta di una risorsa fondamentale per il lavoro in gruppo.
  • 37. GRUPPI MULTIFAMILIARI  I componenti di un nucleo familiare patologico, infatti, non hanno occasione , nel corso della loro vita, di tirarsi fuori dalla propria situazione e di mettersi ad osservare "dall'esterno" quello che accade tra loro
  • 38. GRUPPI MULTIFAMILIARI  Nel gruppo, invece, essi si possono "rispecchiare metaforicamente" nel modo di funzionare di uno, o più di uno, dei nuclei familiari che si trovano di fronte e iniziare a riflettere su come imparare a non ripetere acriticamente, all'infinito, "gli stessi errori"
  • 39. "La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed e presente come lo è la ragione. Il problema è che la società per dirsi civile dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia……… " (Basaglia) GRAZIE