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Canali gratuiti. Articolo sulle scuole.
La scuola è uno dei primi luoghi in cui si entra in contatto con i libri ed è l’istituzione
per l’istruzione collettiva della gioventù e per la preparazione specifica in una
determinata disciplina, arte o professione. Quindi le raccolte legate agli istituti
scolastici sono messe a disposizione degli studenti con il fine di educarli alla lettura,
all’ascolto e alla cultura. Gli insegnanti hanno un ruolo determinante, perché sono in
grado di condizionare le scelte future dei lettori che hanno davanti con mezzi che
vanno dai semplici consigli durante l’attività scolastica o extrascolastica, alle
decisioni sui libri di testo. Alla voce ‘Libri di testo’ dell’URL del MIUR
http://www.istruzione.it/web/istruzione/libri#trasmissione si legge «L’adozione dei
libri di testo, come stabilisce l’art. 7 del Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994,
rientra nei compiti attribuiti al collegio dei docenti, dopo aver sentito il parere dei
consigli di interclasse o di classe. La prima fase di valutazione dei testi rappresenta
quindi un’occasione importantissima per la partecipazione dei genitori alle attività
scolastiche e per la loro collaborazione con il corpo insegnante. Nella normativa di
riferimento viene infatti auspicata la costituzione di comitati misti, formati da
docenti, genitori e studenti, per operare un’analisi preliminare sia dei testi già in uso
che delle nuove proposte editoriali.». Oggi questo potere sembra essere alquanto
limitato a causa del fatto che i ragazzi sono, come si usa dire, Net-geners (nati
digitali), imparano cioè ad usare il web prima che a leggere i libri, con tutti i vantaggi
ma anche i rischi che questo fatto comporta. Grazie alle caratteristiche di internet,
non ultima la multimedialità, essi hanno il ‘dono’ di potersi dedicare
contemporaneamente a più attività (in tanti cercano materiale da studiare per la
scuola e nel frattempo chattano, scaricano musica, etc.), sono cioè multitasking, ma
sono incapaci di concentrarsi per periodi lunghi su testi strutturati e complessi. Le
biblioteche per ragazzi invece, organizzate e dirette da insegnanti, si sforzano di
essere luoghi dello slow reading, dove regnano calma e silenzio, necessari per
immergersi senza distrazioni nel mondo della lettura, che insegnano come porsi nei
confronti di un testo scritto per poter sviluppare le proprie conoscenze e le capacità
critiche. Oggi i programmi scolastici prevedono un’alfabetizzazione informatica, da
realizzare usando il computer per ricerche, esercizi, e altre attività, ma spesso
mancano i mezzi e le risorse per realizzare tutto questo e gli insegnanti perdono
ancora di più quel potere di persuasione del quale si è detto precedentemente.
Confrontando il secolo scorso e quello presente, si nota una netta differenza per
quanto riguarda la formazione scolastica, i suoi scopi, i suoi limiti. La previsione è
quella di una formazione estesa e condivisa in un futuro non troppo lontano, perché si
ritiene che, se il ventesimo secolo è stato il secolo dell’alfabetizzazione di massa, il
ventunesimo sarà definito come quello della formazione permanente, caratterizzato,
come sostiene Vincenzo Sarracino, dall’estensione delle conoscenze già acquisite, da
«un apprendimento diffuso, a livello verticale, tra i vari gradi della scuola e le varie
classi d’età e, a livello orizzontale, nella scuola e nell’extrascuola, nella formazione
professionale e nelle molteplici altre agenzie culturali e formative formali e informali
(musei, associazioni, teatri, enti locali, famiglie, circoli culturali, partiti ed
organizzazioni politiche, chiese, gruppi spontanei, ecc.).» (Vincenzo Sarracino,
L’educazione verso il terzo millennio (1990-1999), in Vincenzo Sarracino,
Enricomaria Corbi, Storia della scuola e delle istituzioni educative (1830-1999),
Napoli, Liguori, 1999, 131-132). Tale previsione sembra essere però per il momento
lontana dall’avverarsi, perché mancano i finanziamenti necessari da parte dello Stato,
che impone tagli sempre più numerosi alla cultura, e perché, in mancanza di
un’adeguata comunicazione e integrazione tra i vari istituti scolastici, certamente non
è possibile realizzare nemmeno alcuna collaborazione di carattere continuativo con
istituzioni extrascolastiche. Di fatto il passaggio dal secolo dell’alfabetizzazione a
quello dell’estensione delle conoscenze non è ancora avvenuto.
Per avere un’idea della circolazione e della diffusione dei libri nelle scuole, è utile
analizzare anche per sommi capi la storia delle biblioteche scolastiche. Bisogna
constatare che solo dopo l’istituzione delle Regioni, dopo il conseguente
decentramento amministrativo e la formazione dei distretti scolastici, le biblioteche
scolastiche sono state oggetto, a partire dagli anni Ottanta, di provvedimenti
innovativi, comunque non sufficientemente incisivi. Nel periodo precedente, la
dipendenza delle biblioteche scolastiche dal comune (che doveva far fronte alle spese
per le raccolte e per la struttura delle biblioteche) al quale apparteneva la scuola,
prescritta dalla legge Casati del 1859, aveva creato disuguaglianze tra zone ricche e
zone povere del Paese. Non fu particolarmente efficace la circolare del 1909 con la
quale l’allora Ministero della Pubblica Istruzione riconosceva e approvava le
iniziative del Comitato per le bibliotechine gratuite per le scuole elementari del
Regno, comitato sorto due anni prima, grazie all’iniziativa della maestra Clara
Cavalieri Archivolti, perché si limitava ad appoggiare un’iniziativa isolata. Primo
tentativo di rendere omogenei gli aspetti organizzativi delle biblioteche scolastiche fu
la legge, sempre del 1909, contenente il regolamento delle biblioteche speciali
governative non aperte al pubblico, tra le quali anche quelle dell’istruzione media
superiore; la legge, però, non era valida per tutte le biblioteche scolastiche, perché
creava discriminazioni a favore delle biblioteche degli istituti superiori, che già
avevano un patrimonio consistente, rispetto alle biblioteche degli istituti di grado
inferiore, meno nobili e sicuramente meno fornite. Solo il decreto del 1917, che
prevedeva l’obbligo per ogni Comune di istituire la biblioteca per gli alunni in
ciascuna classe elementare, esclusa la prima, ottenne qualche risultato positivo. In
seguito nessun altro provvedimento si può ritenere utile, nemmeno la riforma Gentile
del 1924, che prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di una biblioteca per i professori e
una per gli alunni, perché troppo settoriale. In sostanza, nonostante la biblioteca
scolastica rappresenti uno dei primi centri di diffusione del libro e della cultura con il
quale gli studenti entrano in contatto, essa è stata sempre trascurata da politici e
legislatori. Le raccolte che ne fanno parte sono state create perlopiù agli inizi del
Novecento grazie ai doni di famiglie benestanti, non per mezzo di interventi
governativi, che si limitavano a gestire il posseduto nel modo più economico
possibile, e i libri che arrivavano erano spesso maltrattati a tal punto da risultare
inservibili. Sono stati realizzati alcuni censimenti delle biblioteche scolastiche, per
poterle enumerare e confrontare, al fine di renderle poi, tramite ulteriori
provvedimenti, omogenee sotto ogni punto di vista, cercando così di offrire a tutti gli
alunni, a prescindere da dove sorgeva la propria scuola e la relativa biblioteca, una
base di partenza simile per affrontare il futuro, ma tali censimenti sono stati utili a
metà, perché non sono serviti concretamente ad eliminare i difetti e a sopperire alle
carenze delle biblioteche scolastiche. Negli anni Settanta del Novecento il D.P.R. n.
417/74 prevedeva, nell’articolo 113, che il personale dichiarato inidoneo
all’insegnamento per motivi di salute fosse utilizzato per la gestione della biblioteca
dell’istituto di appartenenza, e che un docente ne fosse il direttore, potendo così
ampliare l’orario d’apertura e l’utenza, ma tale provvedimento riempì le strutture di
insegnanti che, seppure in possesso di un’ottima preparazione pedagogica, non
avevano competenze biblioteconomiche e per essi non erano previsti corsi di
aggiornamento, né obblighi di frequenza presso scuole di archivistica o
biblioteconomia. Si può quindi comprendere che, in assenza di personale adatto, i
libri delle biblioteche scolastiche non circolavano poi molto, che le raccolte finivano
per invecchiare, e che la biblioteca stessa, alla fine, rappresentava solo un’inutile
aggravio sul bilancio scolastico. L’inversione di tendenza si è verificata negli anni
Ottanta del Novecento, grazie ad una legge (555/1983) che prevedeva l’istituzione di
due profili professionali all’interno della biblioteca scolastica: il docente bibliotecario
e l’assistente di biblioteca. Nel 1995 il ministro Giancarlo Lombardi varò il “Piano
per la promozione della lettura nelle scuole di ogni ordine e grado”, visto che la
lettura era finalmente considerata la principale attività di formazione della scuola. Da
qui in poi si sono susseguiti una serie di provvedimenti a livello nazionale per
promuovere e finanziare le scuole e le biblioteche scolastiche, tra i quali la C.M.
288/99 che avviò il Programma per la promozione e lo sviluppo delle biblioteche
scolastiche nell’ambito di progetti speciali per l’autonomia scolastica, e non ultimi i
protocolli d’intesa tra MiBAC e MIUR del 2000, e tra MIUR e AIB, e a livello
internazionale nel 1999 è stato redatto il Manifesto IFLA UNESCO per le biblioteche
scolastiche, rinnovato poi nel 2003. La biblioteca scolastica di oggi è stata in alcuni
casi dotata di un servizio di educazione dell’utenza, che offre gli strumenti per un
primo approccio corretto a questa istituzione. Tra di essi troviamo la guida ai servizi
(orari, modalità di accesso etc.), la guida alla consultazione dell’OPAC e una alla
ricerca in internet, e tutto questo serve anche a definire il comportamento che gli
utenti sono tenuti ad avere nella biblioteca, perché la biblioteca scolastica non può
presupporre l’utenza, come accade per tutte le altre biblioteche, ma la deve costruire.
La costruzione dell’utenza avviene non solo nel comportamento da tenere in
biblioteca, ma soprattutto al di fuori di essa: il personale impegnato in questo tipo di
biblioteca fa in modo che, anche dopo aver terminato l’obbligo scolastico, si
mantenga la corretta abitudine di documentarsi ed esercitare la critica e la coscienza
sempre, attraverso la lettura. Peccato però che questa serie di provvedimenti e di
principi non trovi riscontro nelle realtà quotidiane di tutte le biblioteche scolastiche,
dove permane una scarsità di risorse che azzera qualunque buona intenzione.
Per saperne di più:
. Valeria Baudo, Come cambiano i servizi bibliotecari per ragazzi, Milano, Editrice
Bibliografica, 2008;
. Per una rassegna dei provvedimenti legislativi: Massimo Fiore, La storia delle
biblioteche scolastiche in Italia: dall’unità ai giorni nostri, Verona, CLEUP, 2005;
. Maria Motta, Biblioteche scolastiche: una risorsa per la didattica della ricerca, in
«Bollettino AIB», 2003, n 3;
. Il testo del Manifesto IFLA UNESCO è consultabile all’URL dell’AIB
http://www.aib.it/aib/commiss/cnbse/manif.htm

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Articolo 2 biblioteche scolastiche

  • 1. Canali gratuiti. Articolo sulle scuole. La scuola è uno dei primi luoghi in cui si entra in contatto con i libri ed è l’istituzione per l’istruzione collettiva della gioventù e per la preparazione specifica in una determinata disciplina, arte o professione. Quindi le raccolte legate agli istituti scolastici sono messe a disposizione degli studenti con il fine di educarli alla lettura, all’ascolto e alla cultura. Gli insegnanti hanno un ruolo determinante, perché sono in grado di condizionare le scelte future dei lettori che hanno davanti con mezzi che vanno dai semplici consigli durante l’attività scolastica o extrascolastica, alle decisioni sui libri di testo. Alla voce ‘Libri di testo’ dell’URL del MIUR http://www.istruzione.it/web/istruzione/libri#trasmissione si legge «L’adozione dei libri di testo, come stabilisce l’art. 7 del Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, rientra nei compiti attribuiti al collegio dei docenti, dopo aver sentito il parere dei consigli di interclasse o di classe. La prima fase di valutazione dei testi rappresenta quindi un’occasione importantissima per la partecipazione dei genitori alle attività scolastiche e per la loro collaborazione con il corpo insegnante. Nella normativa di riferimento viene infatti auspicata la costituzione di comitati misti, formati da docenti, genitori e studenti, per operare un’analisi preliminare sia dei testi già in uso che delle nuove proposte editoriali.». Oggi questo potere sembra essere alquanto limitato a causa del fatto che i ragazzi sono, come si usa dire, Net-geners (nati digitali), imparano cioè ad usare il web prima che a leggere i libri, con tutti i vantaggi ma anche i rischi che questo fatto comporta. Grazie alle caratteristiche di internet, non ultima la multimedialità, essi hanno il ‘dono’ di potersi dedicare contemporaneamente a più attività (in tanti cercano materiale da studiare per la scuola e nel frattempo chattano, scaricano musica, etc.), sono cioè multitasking, ma sono incapaci di concentrarsi per periodi lunghi su testi strutturati e complessi. Le biblioteche per ragazzi invece, organizzate e dirette da insegnanti, si sforzano di essere luoghi dello slow reading, dove regnano calma e silenzio, necessari per immergersi senza distrazioni nel mondo della lettura, che insegnano come porsi nei confronti di un testo scritto per poter sviluppare le proprie conoscenze e le capacità
  • 2. critiche. Oggi i programmi scolastici prevedono un’alfabetizzazione informatica, da realizzare usando il computer per ricerche, esercizi, e altre attività, ma spesso mancano i mezzi e le risorse per realizzare tutto questo e gli insegnanti perdono ancora di più quel potere di persuasione del quale si è detto precedentemente. Confrontando il secolo scorso e quello presente, si nota una netta differenza per quanto riguarda la formazione scolastica, i suoi scopi, i suoi limiti. La previsione è quella di una formazione estesa e condivisa in un futuro non troppo lontano, perché si ritiene che, se il ventesimo secolo è stato il secolo dell’alfabetizzazione di massa, il ventunesimo sarà definito come quello della formazione permanente, caratterizzato, come sostiene Vincenzo Sarracino, dall’estensione delle conoscenze già acquisite, da «un apprendimento diffuso, a livello verticale, tra i vari gradi della scuola e le varie classi d’età e, a livello orizzontale, nella scuola e nell’extrascuola, nella formazione professionale e nelle molteplici altre agenzie culturali e formative formali e informali (musei, associazioni, teatri, enti locali, famiglie, circoli culturali, partiti ed organizzazioni politiche, chiese, gruppi spontanei, ecc.).» (Vincenzo Sarracino, L’educazione verso il terzo millennio (1990-1999), in Vincenzo Sarracino, Enricomaria Corbi, Storia della scuola e delle istituzioni educative (1830-1999), Napoli, Liguori, 1999, 131-132). Tale previsione sembra essere però per il momento lontana dall’avverarsi, perché mancano i finanziamenti necessari da parte dello Stato, che impone tagli sempre più numerosi alla cultura, e perché, in mancanza di un’adeguata comunicazione e integrazione tra i vari istituti scolastici, certamente non è possibile realizzare nemmeno alcuna collaborazione di carattere continuativo con istituzioni extrascolastiche. Di fatto il passaggio dal secolo dell’alfabetizzazione a quello dell’estensione delle conoscenze non è ancora avvenuto. Per avere un’idea della circolazione e della diffusione dei libri nelle scuole, è utile analizzare anche per sommi capi la storia delle biblioteche scolastiche. Bisogna constatare che solo dopo l’istituzione delle Regioni, dopo il conseguente decentramento amministrativo e la formazione dei distretti scolastici, le biblioteche scolastiche sono state oggetto, a partire dagli anni Ottanta, di provvedimenti
  • 3. innovativi, comunque non sufficientemente incisivi. Nel periodo precedente, la dipendenza delle biblioteche scolastiche dal comune (che doveva far fronte alle spese per le raccolte e per la struttura delle biblioteche) al quale apparteneva la scuola, prescritta dalla legge Casati del 1859, aveva creato disuguaglianze tra zone ricche e zone povere del Paese. Non fu particolarmente efficace la circolare del 1909 con la quale l’allora Ministero della Pubblica Istruzione riconosceva e approvava le iniziative del Comitato per le bibliotechine gratuite per le scuole elementari del Regno, comitato sorto due anni prima, grazie all’iniziativa della maestra Clara Cavalieri Archivolti, perché si limitava ad appoggiare un’iniziativa isolata. Primo tentativo di rendere omogenei gli aspetti organizzativi delle biblioteche scolastiche fu la legge, sempre del 1909, contenente il regolamento delle biblioteche speciali governative non aperte al pubblico, tra le quali anche quelle dell’istruzione media superiore; la legge, però, non era valida per tutte le biblioteche scolastiche, perché creava discriminazioni a favore delle biblioteche degli istituti superiori, che già avevano un patrimonio consistente, rispetto alle biblioteche degli istituti di grado inferiore, meno nobili e sicuramente meno fornite. Solo il decreto del 1917, che prevedeva l’obbligo per ogni Comune di istituire la biblioteca per gli alunni in ciascuna classe elementare, esclusa la prima, ottenne qualche risultato positivo. In seguito nessun altro provvedimento si può ritenere utile, nemmeno la riforma Gentile del 1924, che prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di una biblioteca per i professori e una per gli alunni, perché troppo settoriale. In sostanza, nonostante la biblioteca scolastica rappresenti uno dei primi centri di diffusione del libro e della cultura con il quale gli studenti entrano in contatto, essa è stata sempre trascurata da politici e legislatori. Le raccolte che ne fanno parte sono state create perlopiù agli inizi del Novecento grazie ai doni di famiglie benestanti, non per mezzo di interventi governativi, che si limitavano a gestire il posseduto nel modo più economico possibile, e i libri che arrivavano erano spesso maltrattati a tal punto da risultare inservibili. Sono stati realizzati alcuni censimenti delle biblioteche scolastiche, per poterle enumerare e confrontare, al fine di renderle poi, tramite ulteriori
  • 4. provvedimenti, omogenee sotto ogni punto di vista, cercando così di offrire a tutti gli alunni, a prescindere da dove sorgeva la propria scuola e la relativa biblioteca, una base di partenza simile per affrontare il futuro, ma tali censimenti sono stati utili a metà, perché non sono serviti concretamente ad eliminare i difetti e a sopperire alle carenze delle biblioteche scolastiche. Negli anni Settanta del Novecento il D.P.R. n. 417/74 prevedeva, nell’articolo 113, che il personale dichiarato inidoneo all’insegnamento per motivi di salute fosse utilizzato per la gestione della biblioteca dell’istituto di appartenenza, e che un docente ne fosse il direttore, potendo così ampliare l’orario d’apertura e l’utenza, ma tale provvedimento riempì le strutture di insegnanti che, seppure in possesso di un’ottima preparazione pedagogica, non avevano competenze biblioteconomiche e per essi non erano previsti corsi di aggiornamento, né obblighi di frequenza presso scuole di archivistica o biblioteconomia. Si può quindi comprendere che, in assenza di personale adatto, i libri delle biblioteche scolastiche non circolavano poi molto, che le raccolte finivano per invecchiare, e che la biblioteca stessa, alla fine, rappresentava solo un’inutile aggravio sul bilancio scolastico. L’inversione di tendenza si è verificata negli anni Ottanta del Novecento, grazie ad una legge (555/1983) che prevedeva l’istituzione di due profili professionali all’interno della biblioteca scolastica: il docente bibliotecario e l’assistente di biblioteca. Nel 1995 il ministro Giancarlo Lombardi varò il “Piano per la promozione della lettura nelle scuole di ogni ordine e grado”, visto che la lettura era finalmente considerata la principale attività di formazione della scuola. Da qui in poi si sono susseguiti una serie di provvedimenti a livello nazionale per promuovere e finanziare le scuole e le biblioteche scolastiche, tra i quali la C.M. 288/99 che avviò il Programma per la promozione e lo sviluppo delle biblioteche scolastiche nell’ambito di progetti speciali per l’autonomia scolastica, e non ultimi i protocolli d’intesa tra MiBAC e MIUR del 2000, e tra MIUR e AIB, e a livello internazionale nel 1999 è stato redatto il Manifesto IFLA UNESCO per le biblioteche scolastiche, rinnovato poi nel 2003. La biblioteca scolastica di oggi è stata in alcuni casi dotata di un servizio di educazione dell’utenza, che offre gli strumenti per un
  • 5. primo approccio corretto a questa istituzione. Tra di essi troviamo la guida ai servizi (orari, modalità di accesso etc.), la guida alla consultazione dell’OPAC e una alla ricerca in internet, e tutto questo serve anche a definire il comportamento che gli utenti sono tenuti ad avere nella biblioteca, perché la biblioteca scolastica non può presupporre l’utenza, come accade per tutte le altre biblioteche, ma la deve costruire. La costruzione dell’utenza avviene non solo nel comportamento da tenere in biblioteca, ma soprattutto al di fuori di essa: il personale impegnato in questo tipo di biblioteca fa in modo che, anche dopo aver terminato l’obbligo scolastico, si mantenga la corretta abitudine di documentarsi ed esercitare la critica e la coscienza sempre, attraverso la lettura. Peccato però che questa serie di provvedimenti e di principi non trovi riscontro nelle realtà quotidiane di tutte le biblioteche scolastiche, dove permane una scarsità di risorse che azzera qualunque buona intenzione. Per saperne di più: . Valeria Baudo, Come cambiano i servizi bibliotecari per ragazzi, Milano, Editrice Bibliografica, 2008; . Per una rassegna dei provvedimenti legislativi: Massimo Fiore, La storia delle biblioteche scolastiche in Italia: dall’unità ai giorni nostri, Verona, CLEUP, 2005; . Maria Motta, Biblioteche scolastiche: una risorsa per la didattica della ricerca, in «Bollettino AIB», 2003, n 3; . Il testo del Manifesto IFLA UNESCO è consultabile all’URL dell’AIB http://www.aib.it/aib/commiss/cnbse/manif.htm